Prefazione.
L’idea di quest’opera ha preso inizio da alcune conferenze sul liberalismo, tenute ai seminaristi di Écône. Lo scopo di queste conferenze era quello di illuminare l’intelligenza di questi futuri sacerdoti sull’errore più grave e più nocivo dei tempi moderni e di permettere loro di avere un giudizio conforme alla verità e alla fede su tutte le conseguenze e le manifestazioni del liberalismo ateo e del cattolicesimo liberale.
I cattolici liberali veicolano gli errori liberali all’interno della Chiesa e nelle società ancora alquanto cattoliche. […] Perché il cattolico liberale ha un’erronea concezione dell’atto di fede, come ben dimostra Dom Sarda (cap. VII) (1). La fede non è più una dipendenza oggettiva dall’autorità di Dio, ma un sentimento soggettivo, che di conseguenza rispetta tutti gli errori e specialmente gli errori religiosi.
Louis Veuillot, nel suo capitolo XXIII (2), mostra a ragione che il principio fondamentale dell’89 è l’indipendenza religiosa, la secolarizzazione della Società, in definitiva la libertà religiosa. […]
E mentre veniva portato a termine questo lavoro, ad Assisi si compiva la più abominevole manifestazione del cattolicesimo liberale, prova tangibile che il Papa e coloro che l’approvano hanno una falsa nozione della fede, una nozione modernista, che farà vacillare tutto l’edificio della Chiesa. Il Papa in persona lo annuncia nella sua allocuzione del 22 dicembre 1986 ai membri della Curia.
Al fine di custodire e proteggere la fede cattolica da questa peste del liberalismo, questo libro mi sembra giungere proprio a proposito, facendo eco alle parole di Nostro Signore: «Colui che crederà sarà salvato, colui che non crederà sarà condannato»; è questa fede che il Verbo di Dio incarnato ha preteso da tutti, se vogliono essere salvati. È questa che Gli è valsa la morte, e dopo di lui a tutti i martiri e testimoni che l’hanno professata.
Con il liberalismo religioso non ci sono più né martiri né missionari, ma rivenduglioli di religione, intorno al calumet di una pace puramente verbale!
Lungi da noi questo liberalismo, becchino della Chiesa cattolica. Al seguito di Nostro Signore portiamo il vessillo della Croce, solo simbolo e sola fonte della Salvezza. […]
Prima Parte - Il Liberalismo. Principi ed applicazioni.
Capitolo I - Le origini del Liberalismo
«Se voi non leggete, sarete prima o poi dei traditori, perché non avrete compreso la radice del male!».
Era con queste parole forti che uno dei miei collaboratori raccomandava un giorno (1) ai seminaristi di Écône la lettura di buone opere sul liberalismo. Non si può, in effetti, né comprendere la crisi attuale della Chiesa, né conoscere il vero volto dei personaggi della Roma attuale, né di conseguenza comprendere l’atteggiamento da tenere nei confronti degli avvenimenti, se non si ricercano le cause, se non si risale il corso storico, se non si scopre la primitiva fonte di questo liberalismo condannato dai Papi dei due ultimi secoli.
La nostra luce: la voce dei Papi
Noi partiremo dunque dalle origini, come fanno i Sovrani Pontefici quando denunciano gli sconvolgimenti in corso. Ebbene, quando pongono in stato d’accusa il liberalismo, i papi vedono più lontano nel passato, e tutti, da Pio VI a Benedetto XV, riconducono la crisi alla lotta ingaggiata contro la Chiesa nel XVI secolo dal protestantesimo, e al naturalismo di cui questa eresia è stata la causa e la principale propagatrice.
Il Rinascimento e il naturalismo
Il naturalismo si annida originariamente nel Rinascimento che, nel suo sforzo di recuperare le ricchezze delle culture pagane antiche, della cultura e dell’arte greche in particolare, ha finito per magnificare in maniera esagerata l’uomo, la natura, le forze naturali.
Esaltando la bontà e la potenza della natura, si sviliva e si faceva scomparire dallo spirito degli uomini la necessità della Grazia, la destinazione dell’umanità all’ordine sovrannaturale e la luce recata dalla Rivelazione. […]
Il protestantesimo e il naturalismo
Può sembrare strano e paradossale tacciare il protestantesimo di naturalismo.
Non c’è nulla in Lutero di questa esaltazione della bontà intrinseca della natura, giacché, secondo lui, la natura è irrimediabilmente decaduta e la concupiscenza invincibile.
Tuttavia, lo sguardo eccessivamente nichilista che il protestante appunta su se stesso approda ad un naturalismo pratico: a forza di sminuire la natura e di esaltare la forza della sola fede, si relegano la grazia divina e l’ordine sovrannaturale nella sfera delle astrazioni.
Per i protestanti la grazia non opera un autentico rinnovamento interiore: il battesimo non è la restituzione di uno stato sovrannaturale abituale, è soltanto un atto di fede in Gesù Cristo che giustifica e salva.
La natura non viene restaurata dalla grazia, rimane intrinsecamente corrotta, e la fede ottiene da Dio soltanto che egli getti sui nostri peccati il pudico mantello di Noè.
Quindi, la forma sovrannaturale che il battesimo aveva aggiunto alla natura radicandosi su di essa, tutte le virtù infuse e i doni dello Spirito Santo sono ridotti a niente, ricondotti come sono a quest’unico atto disperato di fede-fiducia in un Redentore che fa grazia solo per ritrarsi lungi dalla sua creatura, mantenendo sempre un tale colossale abisso tra l’uomo definitivamente miserabile e il Dio trascendente tre volte santo.
Questo pseudosupernaturalismo, come lo chiama padre Garrigou-Lagrange, abbandona infine l’uomo, pur redento, alla sola forza della sue potenzialità naturali, e sprofonda fatalmente nelnaturalismo; dopotutto gli estremi opposti coincidono! Jacques Maritain esprime bene l’esito naturalista del luteranesimo:
«La natura umana non potrà che rifiutare come un vano orpello teologico il manto di una grazia che nulla è per lei, e ricondurre su di sé la sua fede-fiducia, per divenire quella graziosa bestia affrancata il cui infallibile, continuo progresso incanta oggi l’universo» (2).
E questo naturalismo si applicherà in modo particolare all’ordine civile e sociale: ridotta la grazia ad un sentimento di fede fiduciaria, la Redenzione non consiste più che in una religiosità individuale e privata, senza presa sulla vita pubblica.
L’ordine pubblico, economico e politico, è dunque condannato a vivere e a svilupparsi al di fuori di Nostro Signore Gesù Cristo.
Al limite, il protestante cercherà nella sua riuscita economica il criterio della sua giustificazione agli occhi di Dio; è in tal senso che scriverà volentieri sulla porta della sua casa questa frase del Vecchio Testamento: «Rendi onore a Dio dei tuoi beni, dagli primizie di tutti i tuoi raccolti, e allora i tuoi granai saranno abbondantemente colmi e i tuoi tini traboccheranno di vino» (Pro 3, 9 s.).
Jacques Maritain scrive delle belle righe sul materialismo del protestantesimo, che darà vita al liberalismo economico e al capitalismo:
«Dietro gli appelli di Lutero all’Agnello che salva, dietro i suoi slanci di fiducia e la sua fede nel perdono dei peccati, c’è una creatura umana che alza la testa e fa molto bene i suoi affari nel fango in cui è piombata per la colpa di Adamo! Si districherà nel mondo, seguirà la volontà di potenza, l’istinto imperialista, la legge di questo mondo che è il suo mondo. Dio non sarà che un alleato, un potente» (op. cit., pp. 52-53).
Il risultato del protestantesimo sarà che gli uomini si attaccheranno di più ai beni di questo mondo e dimenticheranno i beni eterni.
E se un certo puritanesimo eserciterà una sorveglianza esteriore sulla moralità pubblica, esso non impregnerà i cuori dello spirito autenticamente cristiano che è uno spirito sovrannaturale, che si chiama primato dello spirituale.
Il protestantesimo sarà necessariamente condotto a proclamare l’emancipazione del temporale nei confronti dello spirituale. Ebbene, è proprio questa emancipazione che si ritroverà nel liberalismo.
I Papi ebbero, dunque, davvero ragione nel denunciare in questo naturalismo di ispirazione protestante l’origine del liberalismo che sconvolse la cristianità nel 1789 e nel 1848.
Così Leone XIII: «Queste audaci macchinazioni degli empi, che minacciano all’umano consorzio ogni giorno più gravi rovine e tengono in sollecita trepidazione l’animo di tutti, traggono principio ed origine da quelle velenose dottrine, che sparse nei tempi passati, quasi viziati semi in mezzo ai popoli, diedero a suo tempo frutti sì amari. Ben conoscete, venerabili fratelli, che la guerra implacabile mossa fin dal secolo decimosesto dai novatori contro la cattolica fede, [e che venne sempre crescendo sino ai sì nostri], ha per scopo d’aprire la porta ai ritrovai, e per dir più propriamente, ai deliri della ragione abbandonata a se stessa, tolta via ogni rivelazione e rovesciato ogni ordine soprannaturale» (3).
E più vicino a noi, papa Benedetto XV: «Dopo i tre primi secoli dalle origini della Chiesa, nel corso dei quali il sangue dei cristiani fecondò l’intera terra, si può dire che mai la Chiesa ha corso un tale pericolo come quello che si manifestò alla fine del XVIII secolo. Fu allora, infatti, che una Filosofia in delirio, prolungamento dell’eresia e dell’apostasia degli novatori, acquistò sugli spiriti una potenza universale di seduzione e provocò uno sconvolgimento totale con il proposito determinato di rovinare i fondamenti cristiani della società, non solo in Francia, ma, a poco a poco, in tutte le nazioni» (4).
“Serve il coraggio di enunciare la verità, anche contro il costume corrente. Un coraggio che chiunque parli in nome della chiesa deve possedere, se non vuole venir meno alla sua vocazione”. Con il mondo non si scende a patti, dunque: “Il desiderio di ottenere approvazione e plauso è una tentazione sempre presente nella diffusione dell’insegnamento religioso”, “Ma ogni volta che la chiesa si trova in contraddizione con l’opinione pubblica”, a dirimere la contesa deve essere “l’esempio di Cristo, che è vincolante. Quando lui chiese ai discepoli di mangiare la sua carne e di bere il suo sangue in modo da raggiungere la vita eterna, dovette confrontarsi con una forte resistenza e con l’abbandono di numerosi discepoli. E lui, per tutta risposta, chiese agli apostoli se anche loro volessero andarsene”.
MA RATZINGER HA RIMEDIATO.....
RispondiElimina