Blog della Tradizione Cattolica Apostolica Romana

venerdì 24 giugno 2022

Cuore Amabile esaltato sulla croce


Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, il quale, mite e umile di cuore, esaltato sulla croce, è divenuto fonte di vita e di amore, a cui tutti i popoli attingeranno.Nella città di Paray-le-Monial, in un monastero della Visitazione, verso l'anno 1670, trovandosi in un giorno dell'ottava del Corpus Domini, Santa Margherita Maria Alacoque, prostrata innanzi al Santissimo Sacramento esposto alla pubblica adorazione, le apparve Gesù, e le diede a vedere il suo SS. Cuore.

Era questo tutto investito da fiamme, circondato da una corona di spine, squarciato da una ferita, e con una croce piantatavi sopra. « Vedi, disse Gesù alla sua adoratrice, vedi questo Cuore che si strugge d'amore per gli uomini, ciò nonostante non riceve che ingratitudine e oltraggi. Questo Cuore è sempre disposto a versare grazie e benedizioni sopra di tutti; ma gli oltraggi continui che mi fanno, ne impediscono la diffusione.Pensa tu adunque a riparare un sì lagrimevole disordine, e fa che il venerdì successivo all'ottava consacrata all'onore del mio Divin Corpo, sia specialmente consacrato all'onore del mio Divin Cuore, riparando con onorevole ammenda e devota comunione le offese che ricevo nella divina Eucaristia. Io spargerò abbondanti benedizioni su quanti mi presteranno questo culto; e a te affido l'incarico di far conoscere ed eseguire il mio volere ». Margherita, si accinse all'adempimento della volontà di Gesù.

Il Pontefice Clemente X approvò solennemente la devozione al Sacro Cuore e l'arricchì di molte indulgenze.Le prime testimonianze sono antiche, risalenti al Tardo Medioevo, ma il culto iniziò a fiorire nel corso del XVII secolo grazie a S. Giovanni Eudes e in particolare alle rivelazioni mistiche di S. Margherita Maria Alacoque. La prima festa dedicata al Sacro Cuore venne celebrata in Francia nel 1685, ma divenne universale per l’intera Chiesa Cattolica nel 1856, per volontà del grande papa Pio IX, successivamente, la santità papa Pio XI la innalzò la festa a rito doppio di prima classe con ottava.
Il cuore di Gesù Cristo, simbolo del suo amore per l’umanità. La fiamma sulla sommità simboleggia il fuoco inestinguibile e trasformativo dell’amore divino, la misericordia di Cristo. Le ferite, la corona di spine, la croce rievocano la sua morte e il suo sacrificio.

ATTO DI CONSACRAZIONE 

O Gesù dolcissimo, o Redentore del genere umano,
riguardate a noi umilmente prostrati dinanzi al vostro altare.
Noi siamo vostri, e vostri vogliamo essere;
e per poter vivere a Voi più strettamente congiunti,
ecco che ognuno si consacra al vostro Sacratissimo Cuore.
Molti purtroppo non Vi conobbero mai;
molti, disprezzando i vostri comandamenti, Vi ripudiarono.
O benignissimo Gesù, abbiate misericordia e degli uni e degli altri;
e tutti quanti attirate al vostro Cuore santissimo.
O Signore, siate il re non solo dei fedeli,
che non si allontanarono mai da Voi,
ma anche di quei figli prodighi che Vi abbandonarono;
fate che questi quanto prima ritornino alla casa paterna,
per non morire di miseria e di fame.
Siate il Re di coloro che vivono nell’inganno dell’errore,
o per discordia da Voi separati;
richiamateli al porto della verità e all’unità della fede,
affinché in breve si faccia un solo ovile sotto un solo Pastore.
Siate il Re di tutti quelli che sono ancora avvolti nelle tenebre
dell’idolatria o dell’islamismo;
e non ricusate di trarli tutti al lume e al regno vostro.
Riguardate infine con occhio di misericordia i figli di quel popolo che un giorno fu il prediletto;
scenda anche sopra di loro, lavacro di redenzione e di vita,
il Sangue già sopra di essi invocato.
Largite, o Signore, incolumità e libertà sicura alla vostra Chiesa;
largite a tutti i popoli la tranquillità dell’ordine;
fate che da un capo all’altro della terra risuoni quest’unica voce;
Sia lode a quel Cuore divino, da cui venne la nostra salute;
a Lui si canti gloria e onore nei secoli. Così sia.

Dal cuore trafitto di Cristo si scorge il Dio trinitario

Pio XII, nella lettera enciclica sul Sacro Cuore, ha voluto ribadire il legame che c’è fra cuore di Cristo e la vita del Dio trinitario, la prima fornace dell’amore, alla quale ogni altro amore s’accende: «…finalmente – afferma papa Pacelli – procureremo di porre in evidenza il nesso intimo che intercorre tra la forma di devozione da tributarsi al cuore del Redentore Divino e il culto che siamo tenuti a rendere all’amore che egli e l’augusta Trinità nutrono verso di noi» (Pio XII, Lett. enc. Haurietis aquas [5.5.1956], ). La ferita del cuore di Cristo non è un buco nero, l’entrata in un vicolo cieco o in una camera oscura; è, invece, un varco verso il mistero del Dio trinitario .

Solo perché è così, essa costituisce una vera janua coeli, l’immissione in un’esperienza di salvezza piena, definitiva e universale. Il cuore ferito del Crocifisso è l’icona finale di una storia d’amore salvifico. Infatti, solo come evento d’amore la croce è inscrivibile nel cristianesimo e salva e rivela l’idea di Dio che conosciamo dalla rivelazione biblica.

Una realtà radicale di amore, come è il cuore del Crocifisso, non può non avere una causa d’amore. Così, partendo dal cuore del Crocifisso, si può arrivare fino al cuore del Padre, dentro la Comunità trinitaria, nel vortice del mistero di quel Dio che «è amore» (1Gv 4,16). Ma perché il Crocifisso porta al mistero trinitario? Perché «la croce è della Trinità: è una sua azione, una sua grazia; è la dimostrazione concreta e radicale della sua misericordia che intende liberare l’uomo dal peccato e condurlo alla condizione filiale» (cf. M.G. Masciarelli, La croce pasquale, p. 7). Siccome la croce viene dalla Trinità, è comprensibile che dalla croce si vada alla Trinità, ossia che dal cuore del Crocifisso si arrivi al cuore del mistero trinitario.

L’amore che dà accesso alla Famiglia trinitaria, ad un tempo fonda e fortifica i nostri vincoli comunitari; il cuore riempito di amore dello Spirito (cf. Rm 5,5) è ciò che ci lega a Dio ed è ciò che ci lega fra noi; la comunità nasce dall’amore dello Spirito che fermenta come mistero di comunione fra noi e per gli altri.

La vita di comunità è una vita speciale di amore generata dai cuori in comunione fra loro: è l’avere «un cuor solo e un’anima sola» (At 4,32). Questa è una misteriosa riproduzione dell’esperienza d’amore della Trinità, fra il Padre che è l’Amante (e genera l’Amato) e il Figlio che è l’Amato (e accoglie nell’abbraccio di un infinito Amore, l’Amante), con l’interposizione dello Spirito, che è l’Amore (che distingue e unisce le divine persone del Padre e del Figlio).

Ogni vera esperienza d’amore è l’imitazione di questa esperienza trinitaria e, in modo speciale, l’imitazione di Gesù che sulla croce, luogo di mistero, col suo cuore squarciato, testimonia l’amore più ubbidiente al Padre, quale Figlio essenziale, e l’amore più solidale agli uomini quale Fratello necessario. Il Crocifisso ci chiede d’imitarlo nei due amori vissuti dal suo cuore martirizzato, fino ad avere noi pure un cuore simile al suo.
Dal cuore trafitto di Cristo si conosce il suo amore

La croce pasquale si fa riconoscere per la grande forza salvifica e il forte dinamismo di grazia e di gloria che la fanno vibrare in un modo potente e drammatico. La croce, però, così non appare a chi la guarda con i soli occhi della carne: a questi essa appare nel crudo realismo di un albero dalle radici recise (è un palo più che un albero).

L’unico dinamismo che la croce mostra al suo spettatore senza fede è quello dato dalla terribile agitazione di un Crocifisso che vi sta morendo, cui segue, però, subito la stasi tipica della morte.

All’occhio credente, invece, la croce appare indescrivibilmente dinamica da quando vi sale il Nazareno a quando ne è schiodato: Gesù consacra per sempre la croce pasquale come il segno di un infinito dinamismo d’amore che solo in parte riusciamo a percepire con l’occhio della fede.

Aperto il cuore, dura ancora la profezia di Giovanni: «Venuti però da Gesù e vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua» (Gv 19,33-34). L’avvenimento sembra “ordinario”.

Sul Golgota avviene l’ultimo gesto di un’esecuzione romana: la verifica della morte del condannato. Così si poté dire anche di Gesù: sì, è veramente morto. Gesù è morto prima dei due malfattori crocifissi con lui.

Il colpo di lancia non è pertanto una nuova sofferenza per lui. È invece il segno del dono totale che egli ha fatto di se stesso, segno inciso nella sua stessa carne con l’apertura del suo cuore, manifestazione simbolica di quell’amore per cui Gesù ha dato tutto se stesso e continuerà a offrirsi a tutta l’umanità. È un segno che durerà fino in Cielo. Giovanni – solo tra gli evangelisti – insegna che le piaghe del Crocifisso, fra le quali c’è quella del cuore squarciato (cf. Gv 20,20.25.27), ci saranno anche in Cielo: saranno le ferite dell’«Agnello sgozzato e ritto in piedi» (Ap 1,7; 5,6).

Nella sua morte Gesù ha rivelato se stesso fino alla fine. Il cuore trapassato è la sua ultima testimonianza. L’apostolo Giovanni, che era ai piedi della croce, l’ha ben compreso. Nel corso dei secoli altri discepoli di Cristo e i maestri della fede l’hanno capito.

Attraverso il cuore di suo Figlio, trapassato sulla croce, il Padre ci ha dato tutto, gratuitamente. La Chiesa e il mondo ricevono il Consolatore: lo Spirito Santo. Gesù aveva detto: «Ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò» (Gv 16,7). Il suo cuore trapassato testimonia del fatto che “se n’è andato”. Egli manda finalmente lo Spirito di verità. L’acqua che esce dal suo costato trafitto è il segno dello Spirito Santo: Gesù aveva annunciato a Nicodemo la nuova nascita «da acqua e da Spirito» (Gv 3,5).

giovedì 16 giugno 2022

“Lauda Sion Salvatorem . . . Solennità Corpus Domini”.

Il dovere del Culto della SS. Eucaristia extra-Missam deve essere sempre tenuto in grande considerazione e costantemente alimentato perché «poggia su valida e solida base, soprattutto perché la fede nella presenza reale del Signore conduce naturalmente alla manifestazione esterna e pubblica di quella fede medesima» (Euch. Myst. n. 49). 



Oggi la Chiesa ringrazia per il dono dell’Eucaristia. Oggi la Chiesa adora il mistero eucaristico. Lo fa non soltanto oggi. Infatti l’Eucaristia decide della vita della Chiesa ogni giorno. Tuttavia la Chiesa desidera dedicare in modo particolare questo giorno al rendimento di grazie e all’adorazione pubblica.
Quanto si comprende, riflettendo sul mistero, l’amore geloso con cui la Chiesa custodisce questo tesoro di valore inestimabile! E come appare logico e naturale che i cristiani, nel corso della loro storia, abbiano sentito il bisogno di esprimere anche all’esterno la gioia e la gratitudine per la realtà di un così grande dono. Essi hanno preso coscienza del fatto che la celebrazione di questo divino mistero non poteva ridursi entro le mura di un tempio, per quanto ampio e artistico esso fosse, ma che bisognava portarlo sulle strade del mondo, perché Colui che le fragili specie dell’Ostia velavano era venuto sulla terra proprio per essere “la vita del mondo” (Gv 6, 51)


“E il Verbo si è fatto carne e ha preso dimora tra di noi”.



È il mistero che adoriamo, è il mistero che contempliamo amando. Dio ci ha così amati da venire in mezzo a noi ed è venuto in mezzo a noi per mezzo del sì di Maria Vergine e ha voluto, così, essere in tutto simile a noi, simile a noi perché voleva prendersi le nostre infermità, voleva addossarsi i nostri peccati e voleva dare all’uomo il senso della vita, voleva dare il perché della tribolazione, voleva dare, soprattutto, dare l’amore. Come si ama, gli uomini dovevano capirlo da Lui, dalla Sua parola e dal Suo esempio.

VERITÀ MIRACOLOSA


Ma è difficile capire? Sì, è difficile; perché si tratta d’un fatto reale e singolarissimo, compiuto dalla potenza divina, e che sorpassa la nostra normale e naturale capacità di comprendere. Bisogna credervi, sulla parola di Cristo; è il «mistero della fede» per eccellenza. Ma stiamo attenti. Il Signore ci si presenta, in questo Sacramento, non come Egli è, ma come Egli vuole che noi lo consideriamo; come Egli vuole che noi lo avviciniamo. Egli ci si presenta sotto l’aspetto di segni, di segni speciali, di segni espressivi, scelti da Lui, come se dicesse: guardatemi così, conoscetemi così; i segni del pane e del vino vi dicano ciò che Io voglio essere per voi. Egli ci parla per via di questi segni, e ci dice: così io ora sono tra voi.


PRESENZA REALE



Perciò, se noi non possiamo godere della presenza sensibile, noi possiamo e dobbiamo godere della sua reale presenza, ma sotto il suo aspetto intenzionale. Qual è l’intenzione di Gesù, che si dà a noi nell’Eucaristia? Oh! questa intenzione, se bene riflettiamo, ci è apertissima, e ci dice molte, molte cose di Gesù; ci dice soprattutto il suo amore. Ci dice che Egli, Gesù, mentre nell’Eucaristia si nasconde, nell’Eucaristia si rivela; si rivela in amore. Il «mistero di fede» si apre in «mistero di amore». Pensate: ecco la veste sacramentale, che al tempo stesso nasconde e presenta Gesù; pane e vino, dato per noi. Gesù si dà, si dona. Ora questo è il centro, il punto focale di tutto il Vangelo, dell’Incarnazione, della Redenzione: Nobis natus, nobis datus: nato per noi, dato per noi. Per ciascuno di noi? Sì, per ciascuno di noi. Gesù ha moltiplicato la sua presenza reale ma sacramentale, nel tempo e nel numero, per potere offrire a ciascuno di noi, diciamo proprio a ciascuno di noi, la fortuna, la gioia di avvicinarlo, di poter dire: è per me, è mio. «Mi amò, dice S. Paolo, e diede Se stesso - per me!» (Gal. 2. 20). E per tutti, anche? Sì, per tutti. Altro aspetto dell’amore di Gesù, espresso nell’Eucaristia. Conoscete le parole, con le quali Gesù istituì questo Sacramento, e che il Sacerdote ripete alla Messa, nella consacrazione: «. . . mangiatene tutti; . . . bevetene tutti». Tanto che questo stesso Sacramento è istituito durante una cena, modo e momento, familiare e ordinario, di incontro, di unione. L’Eucaristia è il sacramento che raffigura e produce l’unità dei cristiani; è questo un aspetto caratteristico della Eucaristia, molto caro alla Chiesa, «Noi formiamo un solo corpo, noi tutti che partecipiamo dello stesso pane» (1 Cor. 10, 17). Bisogna proprio esclamare, con S. Agostino: «O Sacramento di bontà! o segno di unità! o vincolo di carità!» (S. AUG., In Io. Tr., 26; PL 15, 1613). Ecco: dalla reale presenza, così simbolicamente espressa nell’Eucaristia un’infinita irradiazione si effonde, un’irradiazione d’amore. D’amore permanente. D’amore universale. Né tempo, né spazio gli impongono limiti. Ed ecco che noi in questo mistero dobbiamo sapere mettere tutta la nostra buona volontà, mettere cioè a disposizione della grazia del mistero tutta la nostra disponibilità. Mettere quanto per noi il Signore domanda e richiede, per la santificazione di ogni nostra anima, per la nostra santificazione, per il bene di tutto il mondo.

Noi, accogliendo la grazia del Signore, vogliamo farla fruttificare con l’intercessione della Madonna, della sua soave azione e protezione, in quella magnifica, meravigliosa realtà, per cui anche noi possiamo essere formati dalla Madonna ed essere anche noi degli altrettanti Gesù. Come la Madonna ha formato nel suo grembo Gesù, vuole formare ognuno di noi, perché abbia i lineamenti e la fisionomia del Cristo, perché possa essere una rinnovazione del Cristo, perché porti sempre quello che ha portato Cristo di vero amore a tutti, di vera salvezza per l’intero mondo.

mercoledì 15 giugno 2022

Le passioni di ignominia di don Christian Thouvenot




La Tradizione Cattolica è un organo di informazione che si vuole cattolico. A questo titolo, quasi ripugna abbordare soggetti di cui San Paolo voleva che non fosse fatta parola tra i cristiani: «Siate dunque degli imitatori di Dio, come figli beneamati: camminate nella carità, su esempio del Cristo, che ci ha amati e si è consegnato lui stesso a Dio per noi come una oblazione e un sacrificio dal gradevole profumo. Che non si senta neanche dire che vi siano tra di voi fornicazioni, impurità di qualche sorta, cupidigie, così come si confà a dei santi» (Ef. 5,1-3). 
Dal momento che il grande apostolo forma nei suoi discepoli degli altri Cristi, non può ammettere che si trovino ancora tra di loro degli schiavi delle passioni carnali e dello spirito di cupidigia... «Sappiatelo bene, né un impudico, né un impuro, né un uomo cupido - il quale è un idolatra - ha un’eredità nel regno di Cristo e di Dio» (ibid. 5,5). Il mondo contemporaneo tuttavia ha riallacciato, ormai da lungo tempo, con le perversioni più degradanti, dimenticando la sorte che fu riservata a Sodoma e Gomorra . È così che la pederastia, la bestialità e altre numerose perversioni sessuali si spandono nelle società moderne, a mano a mano che regrediscono il pudore, la fedeltà, la continenza e tutte le virtù capaci di temperare la concupiscenza. Contro la legge naturale e divina Di fronte agli attacchi contro il matrimonio cristiano e adesso contro il matrimonio naturale (l’unione stabile di un uomo e una donna in un focolare in vista di generare ed educare i propri figli), la Chiesa Cattolica ricorda senza stancarsi le verità della morale evangelica:

lunedì 13 giugno 2022

IL SANTO DEI MIRACOLI




SANT’ANTONIO DA PADOVA: IL SANTO DEI MIRACOLI




La predica è efficace quando parlano le opere

Dai «Discorsi» di sant'Antonio di Padova, sacerdote (I, 226).

Chi è pieno di Spirito Santo parla in diverse lingue. Le diverse lingue sono le varie testimonianze su Cristo: così parliamo agli altri di umiltà, di povertà, di pazienza e obbedienza, quando le mostriamo presenti in noi stessi. La predica è efficace, ha una sua eloquenza, quando parlano le opere. Cessino, ve ne prego, le parole, parlino le opere. Purtroppo siamo ricchi di parole e vuoti di opere, e così siamo maledetti dal Signore, perché egli maledì il fico, in cui non trovò frutto, ma solo foglie. «Una legge, dice Gregorio, si imponga al predicatore: metta in atto ciò che predica». Inutilmente vanta la conoscenza della legge colui che con le opere distrugge la sua dottrina.
Gli apostoli «cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito Santo dava loro il potere di esprimersi» (At 2, 4). Beato dunque chi parla secondo il dettame di questo Spirito e non secondo l'inclinazione del suo animo. Vi sono infatti alcuni che parlano secondo il loro spirito, rubano le parole degli altri e le propalano come proprie. Di costoro e dei loro simili il Signore dice a Geremia: «Perciò, eccomi contro i profeti, oracolo del Signore, che muovono la lingua per dare oracoli. Eccomi contro i profeti di sogni menzogneri, dice il Signore, che li raccontano e traviano il mio popolo con menzogne e millanterie. Io non li ho inviati né ho dato alcun ordine. Essi non gioveranno affatto a questo popolo. Parola del Signore» (Ger 23, 30-32).
Parliamo quindi secondo quanto ci è dato dallo Spirito Santo, e supplichiamo umilmente che ci infonda la sua grazia per realizzare di nuovo il giorno di Pentecoste nella perfezione dei cinque sensi e nell'osservanza del decalogo. Preghiamolo che ci ricolmi di un potente spirito di contrizione e che accenda in noi le lingue di fuoco per la professione della fede, perché, ardenti e illuminati negli splendori dei santi, meritiamo di vedere Dio uno e trino. Voglio parlare di due dei suoi miracoli:
I suoi sono miracoli di guarigione, perfino di resurrezione, a volte sono miracoli di conversione e di cambiamento del cuore, a volte sono miracoli che sembrano sconvolgere le leggi della natura.

Sant'Antonio di Padova araldo dell'Eucarestia


di don Ernesto Bellè
Tutta la santità viene sempre e soltanto dal Dio Uno e Trino.
Pertanto ogni angelo, a qualunque ordine appartenga ed ogni essere umano, nella misura in cui entrano in relazione con Dio, partecipano in grado superiore od inferiore alla santità.

Ora tra i Sacramenti istituiti da Gesù Cristo solo per gli uomini e non per altre creature, ce n'é uno che in modo particolarissimo ci rende partecipi della Santità di Dio, al punto che si verifica una comunione così piena, profonda e permanente da realizzare l'unità in Dio e così attuare, tra l'essere umano e la divinità, quanto viene espresso nella Genesi riguardo alla realtà sponsale: "E i due saranno una carne sola". Questa verità fu insegnata e talmente inculcata nel piccolo Fernando (questo era il nome di battesimo di Sant'Antonio fino a che non entrò nell'ordine di san Francesco) che egli non sapeva stare lontano dal suo Gesù. 

Sin da bambino Sant'Antonio apprese ad incontrarsi con Gesù Eucarestia, a dialogare con Lui, a trascorrere parte del suo tempo giornaliero facendo visita al suo Gesù, e questo fuori della regolare partecipazione alla Santa Messa. Più il tempo trascorreva e maggiormente, man a mano che cresceva e si faceva ragazzo, adolescente, giovane, egli scopriva la dolcezza di un'intimità d'amore con Gesù Sacramentato. 

Il suo Gesù era riuscito a riempire la giornata di Fernando tanto che tutto quello che questi faceva, o pensava di realizzare, lo riferiva e rapportava costantemente all'incontro che poi avrebbe concretizzato dinanzi al tabernacolo con lo stesso Gesù. Fu attraverso l'Eucarestia che il giovane Fernando apprese e sperimentò la sensibilità così delicata ed allo stesso tempo profonda del suo essere del Signore e questo non solo con il pensiero ed il semplice desiderio, bensì con la stessa vita nei comportamenti giornalieri e nelle varie occupazioni che lo riguardavano Il suo stare in famiglia, lo studio, la scuola, lo svago con gli amici dovevano essere sempre e soltanto un'attestazione del suo appartenere a Gesù.

domenica 12 giugno 2022

“Beato Transito di Sant'Antonio”


Sempre carica di suggestione, pur nella sua semplicità, la rievocazione del Transito di Sant’Antonio .
La sua morte santa avvenuta la sera del 13 giugno 1231, colpì tutta la Città di Padova per cui fu redatto presto un copione costruito sulla traccia della prima biografia del Santo l’Assidua, scritta all’indomani della sua morte.

Il transito di Sant' Antonio è una delle ricorrenze più importanti, che contraddistingue la vigilia della festa liturgica del Santo patavino.

«Trovandosi il Servo di Dio, Antonio nel luogo detto Arcella con i frati, la mano del Signore si aggravò su di lui, e il male crescendo con molta violenza suscitava molta ansietà. Dopo un breve riposo, fatta la confessione e parimenti ricevuta l’assoluzione, cominciò a cantare l’inno della gloriosa Vergine e a dire: O gloriosa tra le vergini […]. Recitato l’inno, alzò come soleva gli occhi al cielo e con lo sguardo fisso mirava a lungo dinanzi a sé. Chiedendogli il frate che lo sorreggeva che cosa vedesse, rispose: “Vedo il mio Signore”. I frati presenti, accorgendosi che s’avvicinava la sua fine fortunata, decisero di ungere il Santo con l’Olio della Sacra Unzione. Essendosi avvicinato un frate portandogli come d’uso la sacra Unzione, il beato Antonio lo guardò e disse: “Non è necessario, o fratello, che ciò tu mi faccia: ho già questa unzione dentro di me. Tuttavia è cosa buona per me e molto mi piace”. Poi, aperte le mani e giunte le palme, insieme ai frati cantò per intero i Salmi penitenziali. Si sostenne ancora mezz’ora e poi quell’anima santissima, liberata dal carcere della carne, fu assorbita nell’abisso della luce […]. Mentre dunque i frati con ogni diligenza e cautela cercavano di tenere nascosto agli estranei, agli amici e ai conoscenti il felice transito di lui, per non dovere subire il gran concorso delle folle, ecco fanciulli a frotte percorrere la città gridando: “E’ morto il Padre Santo! E’ morto sant’Antonio!”».

Inno O dei Miracoli

1. O dei miracoli

inclito Santo,

dell’alma Padova

tutela e vanto,

benigno guardami

prono ai tuoi pie’:

o sant’Antonio, prega per me! (2 volte)

2. Col vecchio il giovane

a te sen viene,

e in atto supplice

chiede ed ottiene;

di grazie arbitro

Iddio ti fe’:

o sant’Antonio, prega per me! (2 volte)

3. Per te l’oceano

si rasserena,

riprende il naufrago

novella lena:

morte e pericolo

fuggon per te:

o sant’Antonio, prega per me! (2 volte)

4. Per te riacquistansi

beni ed onore;

i morbi cessano,

cessa il dolore.

Ove tu vigili

pianto non è:

o sant’Antonio, prega per me! (2 volte)

5. Sempre benefico

ai tuoi devoti,

ne ascolti l’umili

preghiere e voti:

fammi propizio

il divin Re:

o sant’Antonio prega per me! (2 volte)

domenica 5 giugno 2022

Santa Margherita Maria Alacoque


Chissà quante anime devono la loro salvezza ai doni comunicati da Dio attraverso santa Margherita Maria Alacoque (1647-1690), propagatrice del culto al Sacro Cuore di Gesù e della pratica dei primi venerdì del mese. Quinta di sette figli, la sua vocazione alla santità si manifestò già a cinque anni, in un vero mistero d’amore. «Senza sapere il perché, mi sentivo continuamente spinta a pronunciare queste parole: “Mio Dio, ti consacro la mia purezza e ti faccio voto di castità perpetua”». Era stato il Signore a ispirarle quelle parole per lei allora incomprensibili, come raccontò nell’autobiografia scritta per obbedienza.

Rimasta orfana del padre nell’infanzia, a 14 anni le apparve per la prima volta la Madonna, che da bambina l’aveva guarita da una grave malattia. In suo onore aggiunse Maria al nome di battesimo e, protetta da Lei, entrò nell’Ordine della Visitazione. «Venne finalmente il giorno tanto atteso di dire addio al mondo; mai, prima di allora, avevo provato tanta gioia e fermezza nel mio cuore». Il 27 dicembre 1673, mentre era raccolta in adorazione davanti al Santissimo Sacramento, Margherita ebbe la prima rivelazione di Gesù sui segreti del Sacro Cuore. «Mi disse: “Il mio divin Cuore è tanto appassionato d’amore per gli uomini e per te in particolare, che non potendo più contenere in se stesso le fiamme del suo ardente Amore, sente il bisogno di diffonderle per mezzo tuo e di manifestarsi agli uomini per arricchirli dei preziosi tesori che ti scoprirò e che contengono le grazie in ordine alla santità e alla salvezza necessarie per ritirarli dal precipizio della perdizione”».

Gesù la fece partecipe delle sofferenze della sua Passione, condividendole la ferita al costato e la “tristezza mortale” che visse nel Getsemani, provata per anni da Margherita tutte le notti tra giovedì e venerdì. Per queste apparizioni, in seguito riconosciute dalla Chiesa, la visitandina sopportò tante incomprensioni in monastero, fino a quando Gesù stesso le indicò come direttore spirituale il santo gesuita Claudio de la Colombière, che capì di trovarsi di fronte a un’anima eletta. Nostro Signore le mostrò poi il Sacro Cuore incoronato di spine e le chiese di fargli dedicare una festa nel primo venerdì dopo l’ottava del Corpus Domini, per adorarlo e riparare alle ingratitudini e a «tutti gli oltraggi ricevuti». Nonostante l’opposizione dell’eresia giansenista e il rifiuto del cattolico Luigi XIV nel 1689 di consacrare la Francia al Sacro Cuore come chiesto da Dio (esattamente cento anni dopo sarebbe iniziata la Rivoluzione francese), il culto si propagò.

Alla devozione al Sacro Cuore sono collegate le dodici promesse, di cui l’ultima è detta «grande», che Margherita ricevette da Gesù a beneficio di tutti i devoti: coloro che faranno la comunione per nove primi venerdì del mese consecutivi avranno il dono di morire in grazia di Dio e «il mio Cuore si renderà asilo sicuro in quel supremo momento».

sabato 4 giugno 2022

Lo Spirito Santo è l’anima della Chiesa.


di don Ernesto Bellè
Cari Amici e lettori,
Al capitolo 2 degli Atti degli Apostoli si racconta l'episodio della discesa dello Spirito Santo. Gli apostoli insieme a Maria, la madre di Gesù, erano riuniti a Gerusalemme nel Cenacolo, probabilmente della casa della vedova Maria, madre del giovane Marco, il futuro evangelista, dove presero poi a radunarsi abitualmente quando erano in città; e come da tradizione, erano affluiti a Gerusalemme gli ebrei in gran numero, per festeggiare la Pentecoste con il prescritto pellegrinaggio. «Mentre stava per compiersi il giorno di Pentecoste», si legge, «si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue di fuoco, che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro di esprimersi. Si trovavano allora in Gerusalemme giudei osservanti, di ogni Nazione che è sotto il cielo. Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita, perché ciascuno li sentiva parlare nella propria lingua. Erano stupefatti e, fuori di sé per lo stupore, dicevano: “Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? E com’è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa?…».Il passo degli Atti degli Apostoli, scritti dall’evangelista Luca in un greco accurato, prosegue con la prima predicazione dell’apostolo Pietro, che unitamente a Paolo, narrato nei capitoli successivi, aprono il cristianesimo all’orizzonte universale, sottolineando l’unità e la cattolicità della fede cristiana, dono dello Spirito Santo.
La Pentecoste celebra il dono dello Spirito, “che è Signore e dà la vita” e ci conduce a soffermarci sul ruolo dello Spirito nella Chiesa. Infatti, con la Pentecoste inizia il faticoso tempo della Chiesa. Lo Spirito Santo è certamente il frutto più bello della Pasqua di morte e risurrezione del Signore: Egli Lo soffiò sui discepoli adunati nel Cenacolo in preghiera. La Pentecoste è mistero di consolazione e di gioia, la gioia della presenza, felicità per la certezza che il Maestro è vivo, è con loro e dà loro il suo Spirito, Colui che li guiderà nella conoscenza della Verità: quella autentica che è libertà e pace. È lo Spirito del perdono dei peccati e lo Spirito della missione universale. Anzi: è il protagonista della missione affidata da Gesù agli apostoli e ai loro successori.

venerdì 3 giugno 2022

San Giovanni Eudes il grande precursore del culto liturgico dei Sacri Cuori



Fu lui a comporre per primo un ufficio e una Messa in onore del Cuore Immacolato di Maria e del Sacro Cuore di Gesù. Per la sua dottrina sui Sacri Cuori, ne è stata chiesta la proclamazione a Dottore della Chiesa


Il grande precursore del culto liturgico dei Sacri Cuori, san Giovanni Eudes (1601-1680), fu uno dei protagonisti della restaurazione cattolica nel Seicento francese, un secolo in cui il Paese transalpino conobbe un’eccezionale fioritura di santità. Non fu un periodo semplice perché - dopo le guerre di religione del secolo precedente, originate dalla diffusione del protestantesimo - si vissero altri sconvolgimenti. Tra questi vi fu la Guerra dei trent’anni (1618-1648), che oltre a devastare gran parte dell’Europa centrale «ha devastato anche le anime», come ricordò Benedetto XVI in una catechesi sul santo celebrato oggi.

Dopo gli studi dai gesuiti, nel 1623 Giovanni entrò a far parte di un istituto che si proponeva di formare il clero, l’Oratorio di Gesù e Maria Immacolata. L’Oratorio era stato fondato dal futuro cardinale Pierre de Bérulle (1575-1629), amico di san Francesco di Sales e maestro di san Vincenzo de’ Paoli, il che dà un’idea del fermento spirituale di cui beneficiò la Chiesa in quegli anni. Venne ordinato sacerdote due anni più tardi. Si dedicò alle missioni popolari di parrocchia in parrocchia e mostrò le sue virtù di predicatore, che suscitarono numerose conversioni. Mentre si impegnava senza risparmiarsi a curare gli appestati («di questa pellaccia ha paura perfino la peste», rispondeva se gli veniva detto di stare attento al contagio), contrasse il morbo, ma ne guarì in breve tempo. Il suo zelo apostolico lo indusse nel 1641 a fondare quello che divenne l’Ordine di Nostra Signora della Carità, volto al recupero sociale e spirituale delle prostitute desiderose di cambiar vita. Diverse di loro si erano raccolte attorno a lui durante le sue predicazioni tra la Normandia, la Bretagna e la Borgogna.

Due anni dopo fondò con alcuni compagni la Congregazione di Gesù e Maria (i cui membri vennero chiamati in suo onore eudisti), con il fine specifico di aprire e dirigere seminari sulla base delle disposizioni del Concilio di Trento, che in Francia erano state ancora poco applicate. La congregazione nacque proprio con l’apertura di un seminario a Caen il 25 marzo 1643, estendendo via via la sua opera in altre città e diocesi. Giovanni aveva ben compreso infatti che le carenze spirituali del popolo discendevano in buona parte dalla scarsa formazione dei sacerdoti e dalla loro rilassatezza morale. Per accendere le anime con l’amore di Dio, divenne infaticabile propagatore del culto ai Sacri Cuori di Gesù e Maria, a cui dedicò molti dei suoi scritti sottolineandone l’unità mistica. «Non devi mai separare ciò che Dio ha così perfettamente unito. Gesù e Maria sono così intimamente legati l’uno con l’altro che chi vede Gesù guarda Maria; chi ama Gesù, ama Maria; chi ha la devozione per Gesù, ha la devozione per Maria».

Fu lui a comporre per primo un ufficio e una Messa in onore del Cuore Immacolato di Maria e del 
Sacro Cuore di Gesù, celebrandone le feste all’interno della sua congregazione. In quel tempo l’eresia giansenista allontanava le persone dalla Confessione e dall’Eucaristia, presentando un dio arcigno e poco incline a perdonare il penitente. Giovanni esortava invece le anime a rivolgersi con fiducia all’infinita misericordia di Dio, perennemente rivelata alle anime attraverso l’amore del Figlio, fatto uomo, e della sua santissima Madre, mediatrice di ogni grazia. Per la sua dottrina sui Sacri Cuori - espressa in opere come La vita e il regno di Gesù e La devozione al santissimo Cuore della Beata Vergine Maria - gli eudisti, con l’appoggio di diverse conferenze episcopali, ne hanno chiesto la proclamazione a Dottore della Chiesa.

LA PRATICA DEI PRIMI VENERDI DEL MESE



Nelle celebri rivelazioni di Paray le Monial, il Signore chiese a S. Margherita Maria Alacoque che la conoscenza e l'amore del suo Cuore si diffondessero nel mondo, come fiamma divina, per riaccendere la carità che languiva nel cuore di molti.

Una volta il Signore, mostrandole il Cuore e lamentandosi delle ingratitudini degli uomini, le chiese che in riparazione si frequentasse la Santa Comunione, specialmente nel Primo Venerdì d'ogni mese.

Spirito di amore e di riparazione, ecco l'anima di questa Comunione mensile: di amore che cerca di contraccambiare l'ineffabile amore del Cuore divino verso di noi; di riparazione per le freddezze, le ingratitudini, il disprezzo con cui gli uomini ripagano tanto amore.


Moltissime anime abbracciano questa pratica della Santa Comunione nel Primo Venerdì del mese per il fatto che, tra le promesse che Gesù fece a S. Margherita Maria, vi è quella con la quale Egli assicurava la penitenza finale (cioè la salvezza dell'anima) a chi per nove mesi consecutivi, nel Primo Venerdì, si fosse unito a Lui nella Santa Comunione.

giovedì 2 giugno 2022

San Giovanni Eudes e la devozione al Sacro Cuore



Nato in Francia nel 1601, solo nel 1909 papa Pio X lo dichiarò beato e fu canonizzato dal successore il 31 maggio 1925

“Non separare mai ciò che Dio ha così perfettamente unito. Gesù e Maria sono così intimamente legati l’uno con l’altro che chi guarda Gesù vede Maria; chi ama Gesù, ama Maria; chi è devoto a Gesù, è devoto di Maria.” (san Giovanni Eudes)

Oggi torniamo in Francia, patria di una schiera innumerevole di santi; oggi la nazione transalpina e buona parte dell’Europa hanno perso la loro identità cristiana. Ma torniamo al nostro santo: san Giovanni Eudes, presbitero. Nato a Ri, un paesotto di duecento anime, a nord della Francia, in Normandia, il 14 novembre 1601. Di semplici origini, i suoi genitori erano contadini. Appena ebbe la possibilità entrò a far parte della Congregazione dell’Oratorio. (attenzione a non confonderla con quella di san Filippo Neri che è la Confederazione dell’Oratorio). Venne ordinato sacerdote il 20 dicembre del 1625; iniziando la sua attività pastorale dedicandosi agli appestati e alle missioni popolari, diventando un ricercato predicatore.

mercoledì 1 giugno 2022

“Infine, il mio Cuore Immacolato trionferà”.



Il giorno dopo la solennità del Sacro Cuore di Gesù, la Chiesa celebra la memoria liturgica del Cuore Immacolato di Maria, attendendo con salda speranza il compimento della promessa fatta dalla Madre Celeste ai tre pastorelli di Fatima: “Infine, il mio Cuore Immacolato trionferà”. Sarà questo trionfo il preludio al tempo di pace “per quanti diranno di sì a mio Figlio”, prima dell’ultimo combattimento escatologico che si concluderà con il secondo, definitivo e glorioso avvento dell’Agnello, Nostro Signore Gesù Cristo, come profetizzato da san Giovanni Evangelista nell’Apocalisse. La Madre e il Figlio, dunque, i cui Sacri Cuori sono così intrecciati e perfettamente uniti nello stesso mistero di salvezza da non poter essere separati, come già avvertiva san Giovanni Eudes (1601-1680), fondatore della Congregazione di Gesù e Maria, il quale fu il primo a celebrare con i suoi confratelli le feste del Sacro Cuore e del Cuore Immacolato.

Le rivelazioni di Gesù a santa Margherita Maria Alacoque (1647-1690) furono poi il più potente impulso alla devozione al Sacro Cuore, che si diffuse nonostante l’ostilità dell’eresia giansenista, mentre il radicamento del culto al Cuore Immacolato di Maria passerà, anch’esso superando vari ostacoli, attraverso alcune delle più grandi manifestazioni mariane della storia. Come l’apparizione del 27 novembre 1830 a santa Caterina Labouré, che dopo aver contemplato la figura radiosa dell’Immacolata vide apparire i Sacri Cuori di Gesù e Maria, il primo coronato di spine, il secondo trafitto da una spada, oltre a una M intersecata dalla I di Iesus e sormontata da una croce, con tutto intorno 12 stelle. È l’immagine divenuta celebre con la diffusione della Medaglia Miracolosa, lo straordinario compendio di simboli disseminati in tutte le Sacre Scritture e che ricordano in particolare la mirabile partecipazione di Maria all’opera redentrice del Figlio, già implicita nelle parole rivolte da Dio a Satana subito dopo il peccato originale (Gn 3, 15), espressa poi nella profezia di Simeone (“E anche a te una spada trafiggerà l’anima”; Lc 2, 35) e culminante nel segno grandioso della Donna vestita di sole (Ap 12).

Questo disegno divino, in cui il dolore acquista senso e diventa tutt’uno con l’Amore, è proseguito con Fatima, dove il 13 giugno 1917 la Madonna comunicò alla piccola Lucia dos Santos (1907-2008) la sua missione: “Gesù vuole servirsi di te per farmi conoscere e amare. Egli vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato”. Il 10 dicembre di otto anni più tardi, Lucia, già in convento, vide Maria e al suo fianco Gesù Bambino, che le disse: “Abbi compassione del Cuore Immacolato della tua Santissima Madre, ricoperto delle spine che gli uomini ingrati in tutti i momenti vi infiggono, senza che ci sia chi faccia un atto di riparazione per strapparle”. Fu allora che la Vergine fece a Lucia la solenne promessa sulla Comunione riparatrice dei cinque sabati: “A tutti coloro che per cinque mesi, al primo sabato, si confesseranno, riceveranno la santa Comunione, reciteranno il Rosario e mi faranno compagnia per 15 minuti meditando i Misteri, con l’intenzione di offrirmi riparazioni, prometto di assisterli nell’ora della morte con tutte le grazie necessarie alla salvezza”.

Nel 1944 la memoria liturgica venne estesa da Pio XII a tutta la Chiesa, a ricordo della consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di Maria, operata due anni prima dallo stesso pontefice su invito della beata Alexandrina Maria da Costa. La celebrazione, inizialmente stabilita al 22 agosto, nell’Ottava dell’Assunta,dove  venne spostata al giorno attuale (il primo sabato dopo il Sacro Cuore di Gesù) dalla riforma del 1969, con il grado di memoria facoltativa, poi resa obbligatoria da papa Giovanni Paolo II. La liturgia ci ricorda che Maria, sede della Sapienza, meditava nel silenzio quotidiano la volontà divina e “custodiva tutte queste cose nel suo cuore”. La Madre Celeste ha assecondato ogni ispirazione della Grazia e proprio per questo è necessario imitarla e combattere al suo fianco contro il male, affinché Lei e il Figlio possano regnare - come diceva san Massimiliano Maria Kolbe - “in ogni cuore che batte sulla terra”. In vista della gloria eterna.

Giugno mese dedicato al Sacro Cuore di Gesù


Attraverso le straordinarie rivelazioni a santa Margherita Maria Alacoque, il Signore stabilì le devozioni dell’Ora Santa e della Comunione riparatrice nei primi venerdì del mese. Quest’ultima pratica è legata alla “Grande Promessa” sulla salvezza eterna.



Il 27 dicembre del 1673, nel giorno della festa di san Giovanni Evangelista (l’apostolo che nell’Ultima Cena aveva reclinato il capo sul petto di Nostro Signore per sapere chi lo tradiva), santa Margherita Maria Alacoque (1647-1690) ebbe la prima grande rivelazione sui segreti del Sacro Cuore di Gesù, che la riempì della sua divina presenza mentre la monaca visitandina era raccolta in adorazione eucaristica. Dopo averla fatta riposare sul suo petto, Gesù le disse: “Il mio Cuore divino è tanto appassionato d’amore per gli uomini e per te in particolare, che non potendo più contenere in sé stesso le fiamme del suo ardente Amore sente il bisogno di diffonderle per mezzo tuo e di manifestarsi agli uomini per arricchirli dei preziosi tesori che ti scoprirò e che contengono le grazie in ordine alla santità e alla salvezza, necessarie per ritirarli dal precipizio della perdizione”.


Il Sacro Cuore le apparve come una fornace incandescente,
in cui il cuore di Margherita venne immerso e fatto divampare da Gesù. Il Signore le lasciò un dolore nel costato come segno tangibile che tutto quanto aveva vissuto era reale. In una seconda grande rivelazione le si presentò risplendente di gloria “con le sue cinque piaghe sfolgoranti come cinque soli”, le rivelò fino a quale eccesso era arrivato il suo Amore per gli uomini e il suo dolore nel vedersi ricambiato con ingratitudini e indifferenze. In riparazione alle offese e ai peccati, Gesù domandò a Margherita di comunicarsi ogni volta che il sacerdote glielo avesse consentito e in particolare il primo venerdì di ogni mese; le chiese inoltre di pregare, prostrandosi con la faccia a terra, tutti i giovedì sera dalle undici a mezzanotte, dicendole che a quell’ora le avrebbe partecipato la tristezza mortale provata nel Getsemani.

Attraverso la mistica francese, il Signore stabilì dunque le devozioni dell’Ora Santa e della Comunione riparatrice nei primi venerdì del mese. Quest’ultima pratica è legata alla “Grande Promessa” sulla salvezza eterna: il fedele che per nove mesi consecutivi, ogni primo venerdì, si comunicherà in stato di grazia morirà certamente in grazia di Dio perché, come ha promesso Gesù, “il mio Cuore si renderà asilo sicuro in quel supremo momento”. In un’altra rivelazione Gesù disse a Margherita che tra i tanti sacrilegi e freddezze “ciò che più mi amareggia è che ci siano dei cuori a me consacrati che mi trattano così” e le comunicò il desiderio di una nuova festa: “Ti chiedo che il primo venerdì dopo l’ottava del Santo Sacramento [il Corpus Domini] sia dedicato a una festa particolare per onorare il mio Cuore, ricevendo in quel giorno la santa Comunione e facendo un’ammenda d’onore per riparare tutti gli oltraggi ricevuti durante il periodo in cui è stato esposto sugli altari. Io ti prometto che il mio Cuore si dilaterà per effondere con abbondanza le ricchezze del suo divino Amore su coloro che gli renderanno questo onore e procureranno che gli sia reso da altri”.

Margherita, che da molti non era creduta, riuscì poi a diffondere la devozione al Sacro Cuore grazie all’aiuto del gesuita san Claudio de la Colombière, che divenne la sua guida spirituale. Gesù affidò a santa Margherita anche la missione di chiedere a Luigi XIV di consacrare la Francia al suo Sacro Cuore e di rappresentarlo sugli stendardi del regno: ma il re non assecondò la richiesta, ricevuta nel 1689, esattamente cento anni prima dell’inizio della Rivoluzione francese. Il culto del Sacro Cuore - che rivela il vero volto dell’Amore, pronto al sacrificio e alla morte in croce - incontrò inoltre la forte avversione degli eretici giansenisti, ma nonostante ciò si diffuse da un luogo all’altro della cristianità. Nel 1794, con la bolla AUCTOREM FIDEI, Pio VI confutò una volta per tutte gli oppositori del Sacro Cuore, ribadendo che ad esso si deve il culto di latria (cioè di adorazione, dovuta solo a Dio) perché nell’adorare il Cuore di Gesù, segno della sua sacra umanità, i fedeli adorano “il Verbo Incarnato con la propria Carne di Lui”, nella sua unione perfetta di vero Dio e vero uomo.

Fu infine il beato Pio IX, nel 1856, a estendere la solennità liturgica a tutta la Chiesa.
Negli anni seguenti si diffusero gli atti di consacrazione al Sacro Cuore di Gesù per le famiglie e le nazioni. Il primo Paese a essere consacrato fu nel 1874 l’Ecuador, grazie al suo presidente Gabriel Garcia Moreno, poi ucciso dalla massoneria. Gli atti di consacrazione ci ricordano la necessità di riconoscere Cristo sia nei nostri cuori sia nella vita pubblica nostra e degli Stati.

Va fatto almeno un cenno ai principali precursori del culto al Sacro Cuore,
come le tre sante e mistiche tedesche che vissero nel XIII secolo nel monastero di Helfta - cioè Matilde di Magdeburgo, Matilde di Hackeborn e Gertrude la Grande - e come san Giovanni Eudes (1601-1680), che potrebbe essere proclamato Dottore della Chiesa per i suoi insegnamenti sull’unità mistica tra il Sacro Cuore di Gesù e il Cuore Immacolato di Maria: “Non devi mai separare ciò che Dio ha così perfettamente unito. Gesù e Maria sono così intimamente legati l’uno con l’altro che chi vede Gesù guarda Maria; chi ama Gesù, ama Maria; chi ha la devozione per Gesù, ha la devozione per Maria”.
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