Blog della Tradizione Cattolica Apostolica Romana

venerdì 30 luglio 2021

Divide et impera


Cari amici , un sacerdote ha inviato questa lettera,al carissimo dott. Tosatti, un vero e proprio grido dal cuore, dopo l’emanazione del Motu Proprio Traditionis Custodesdi cui tanto si parla.

Dīvĭdĕ et ĭmpĕrā è una locuzione latina secondo cui il migliore espediente di una tirannide o di un'autorità qualsiasi per controllare e governare un popolo è dividerlo, provocando rivalità e fomentando discordie.Significa letteralmente “Dividi e conquista”, dividere per conquistare. Pare che a dirlo per la prima volta sia stato tal Filippo il Macedone, ma il potere oppressivo di queste due parole si è esteso ben oltre nei secoli! Il senso è presto detto: un popolo unito, una collettività unita è un ostacolo a chi vuole comandarla per i suoi fini personali. Al contrario, la divisione, la rivalità, la discordia dei popoli soggetti giova a chi vuol dominarli.Però non è questo che vuole chi comanda. Chi comanda vuole mantenere attivo e vivo in tutti noi il senso di separazione, di divisione, per aizzarci continuamente gli uni contro gli altri, per mantenerci sconnessi da quello che è il nostro vero potere.

Qual è dunque il nostro vero potere? L’unione, anzi meglio ancora, la connessione funzionale. Non è infatti sufficiente mettersi tutti insieme come pecore a cercare di attaccare il potere costituito, quale che sia. Che si tratti della Chiesa, di un governo corrotto, di politiche economiche e sociali insoddisfacenti, il sistema della rivoluzione sociale ha una utilità limitata, lo abbiamo visto ripetutamente.

Quello che può, invece, fare la differenza davvero, è imparare a connetterci fra di noi, ciascuno individuando e valorizzando le proprie peculiarità, le proprie caratteristiche uniche.
La redazione.
Ignorare Bergoglio per Obbedire a Dio.

Carissimo dott. Tosatti,


la pubblicazione del Motu proprio Traditionis Custodes ha generato una valanga di reazioni e di dichiarazioni, alcune molto autorevoli: tra tutte quella del card. Burke e quella del vescovo Schneider.

A queste dichiarazioni pubbliche si affiancano le reazioni dei fedeli e dei Sacerdoti che hanno dovuto constatare, per l’ennesima volta, l’ostilità che Bergoglio ha nei loro confronti, la cattiveria e la violenza del Papa della Misericordia.

Ormai è palese, solo un cieco può non vederlo, l’odio di Bergoglio per la Tradizione, per il Cattolicesimo così come consegnatoci da duemila anni di storia. Sarei tentato di dire: l’odio di Bergoglio per il Dio Cattolico e il Culto a Lui dovuto. E questo disvelamento, se pur doloroso, è forse un bene, è provvidenziale: non c’è più spazio per compromessi, terze vie, mediazioni o scusanti. Il tempo delle illusioni è finito con Traditionis Custodes: o si è cattolici o si è bergogliani, essere entrambe le cose semplicemente impossibile!

Questa mia si intende come una schietta presentazione della realtà fattuale, ad altri più qualificati di me trovare le soluzioni teologiche ai problemi che i fatti si incaricano di mostrare, ben sapendo però che contra factum non valet argumentum.

Traditionis Custodes ha svelato, oltre ogni ragionevole dubbio, la natura di Bergoglio e del bergoglismo (bergoglismo che è, parafrasando Lenin, la fase suprema del modernismo) e ha posto quanti intendono continuare ad essere cattolici nella necessità d’una radicalizzazione.

Il vero e duraturo effetto di Traditionis Custodes è e sarà la radicalizzazione del cattolicesimo e la sempre più netta distinzione tra il cattolicesimo classicamente inteso e il neocattolicesimo destinato a sciogliersi, secondo l’auspicio bergogliano, nell’indistinto immanentistico della religione ridotta ad “animazione” della Fratellanza Universale. Divisione sempre più netta che attraversa il Popolo di Dio e determina il formarsi d’un clero cattolico refrattario difronte ad un clero neocattolico giurato.

mercoledì 28 luglio 2021

UNA VOLTA, NON SI SAPEVA NIENTE…..

 

 di Dom Seraphinus

Una volta, prima cioè dell’era digitale, prima di internet e delle infinite possibilità che ci sono al giorno d’oggi di far arrivare in capo al mondo, in tempo reale, un messaggio vocale o scritto, beh…..un po’ di tempo ci voleva prima che certe notizie fossero condivise da tutto il mondo, per lo meno dal mondo conosciuto.

Tutto sommato, non era poi così male, perché ieri come oggi, certe notizie, anzi la maggior parte di esse, sono notizie negative, cariche di tensione e apportatrici di tristezza.

Ci siamo convinti che fanno più scoop queste notizie, rispetto a quelle buone, positive, e quasi mai queste ultime, rientrano nella scelta della divulgazione.

Sembra che anche la Chiesa si sia allineata con questo stile, anche se sono fermamente convinto che la Chiesa non dovrebbe assumere affatto il modello della divulgazione delle sue cose a tutti i costi.

Dove sta scritto che per fare verità nei confronti dell’operato di persone di chiesa o di realtà in essa operanti o che comunque fanno riferimento al vissuto delle opere spirituali e materiali della Chiesa, bisogna a tutti i costi mettere tutto sui giornali, in rete e buttare in pasto ai leoni la povera carne martoriata di tanta gente che magari poi risulta estranea ai fatti contestati?

E se anche fossero colpevoli, perché fare come fanno i tribunali degli uomini?

Si ha il dovere di chiarire, indagare e anche condannare, ma la Chiesa può fare anche in modo diverso, anzi sarebbe auspicabile che facesse proprio così, proprio per non continuare ad alimentare scandali con la conseguente confusione generale nel popolo di Dio.

Questo vale anche per la pubblicazione dell’ultimo Motu Proprio di Papa Francesco.

Dico ultimo, perché ne ha pubblicati così tanti per imporre la sua volontà, che quasi non li contiamo più.

Ci si lamenta del modo di fare di certi governi che usano in modo inappropriato la possibilità del decreto legge, lamentandosi che così bloccano il dibattito parlamentare, ma nella Chiesa sta succedendo lo stesso.

Quando la cosa non interessa, allora bisogna “decentrare” da Roma, come il fatto di non imporre più sulle spalle dei nuovi metropoliti il pallio, ma facendoli comunque venire a Roma per consegnarlo in una scatoletta dell’Ikea e poi farglielo imporre quando saranno a casa.

Passaggi carichi di frivolezza che sviliscono il vero significato di quel segno, che manifesta il profondo e inscindibile rapporto tra il Papa e i Metropoliti.

In questi anni ne abbiamo viste di tutti i colori!

Roma, la Sede di Pietro con la sua simbologia, impoveriti all’inverosimile!

Quanto credete che possa ancora sussistere una realtà di istituzione divina, ma incarnata nell’umanità delle persone, se continuerà ad essere spogliata della sua simbologia che non è stata pensata per mettere paura alla gente o per mania di grandezza, ma per aiutare a capire che pur parlando il linguaggio degli uomini è comunque un linguaggio soprannaturale e pur essendo guidata da uomini, questi uomini sono comunque consacrati, cioè riservati a Dio, per le cose di Dio, per la gloria di Dio e la salvezza delle anime?

Tutte parole che ormai fanno ribrezzo ai più, ma che sono essenziali nell’economia della salvezza.

E il Motu Proprio è sicuramente su questa linea; con ferocia si è voluto infierire sulle cose consacrate da Dio, senza portare motivazioni valide, ma solo pretesti assurdi ai quali non ci crede nessuno o per lo meno non ci possono credere quanti hanno un po’ di umano raziocinio e di fede.

Mi meraviglia il fatto che colui o coloro che hanno scritto il Motu Proprio, si siano lasciati guidare solo dall’istinto della pancia e dalle loro convinzioni, senza analizzare parola per parola i precedenti pronunciamenti dei Papi che sono intervenuti con immenso rispetto sul tema della liturgia, il più importante in assoluto per la vita della Chiesa, perché, parlando per assurdo, se ci fosse anche un sacerdote che è ignorante in modo totale in tema di Rivelazione, Sacra Scrittura e tutto ciò che riguarda la vita della Chiesa, ma validamente ordinato e con grande fede, questo basta per generare sull’altare il Re dei Re e Signore dei Signori, Gesù Cristo.

Vorrei che potesse parlare il Santo curato d’Ars, o Padre Pio o altri sacerdoti santi in proposito a tutto questo.

Comunque sia, il Motu Proprio è stato pubblicato ed è normativo per tutta la Chiesa, pur con tutte le sue contraddizioni di carattere storico, dottrinale e pastorale.

lunedì 26 luglio 2021

Le Diocesi Piemontesi esultano e applicano con una tale tempestività «Traditionis Custodes»



di Eusebio Episcopo 

La stretta di Papa Francesco arriva nelle diocesi dopo un lungo periodo di ostracismo verso il rito tridentino. Vescovi pavidi e chiese vuote. La "riserva indiana" della Misericordia di Torino

A memoria, non si ricorda una tale tempestività nel far conoscere e dare attuazione a una disposizione della Santa Sede. Spesso, ai tempi di Giovanni Paolo II e di Ratzinger, dei documenti pontifici se ne faceva una discreta e sempre critica menzione, se poi andavano contro o cercavano di mitigare la narrazione progressista imperante in diocesi, venivano totalmente ignorati. Così fu il caso, nel 2007, di Summorum Pontificum del quale si fece di tutto perché non venisse conosciuto nelle sue indicazioni e di cui fu scoraggiata in tutti modi l’applicazione. L’arcivescovo Severino Poletto, avversario implacabile della Messa antica – che pure fu la Messa del suo sacerdozio e del latino, lingua in cui forse in seminario non eccelleva – si distinse per la sua durezza. È rimasta famosa la registrazione delle parole con le quali, dopo la disposizione ratzingeriana, Poletto metteva in guardia i preti e i seminaristi dal celebrare la Messa antica e ridicolizzava i fedeli considerati, come tuttora, dei minores habentes, definendoli i «picchiati del latino». Un classico caso di obbedienza disobbediente.Tale fu l’atteggiamento di gran parte di quei cuor di leone dei vescovi piemontesi, sempre forti con i deboli e deboli con i forti, impegnatissimi nella loro missione di «curatori fallimentari». L’allora vescovo di Casale Monferrato, monsignor Alceste Catella, liturgista arrabbiato e sodale dell’ideologo della liturgia riformata Andrea Grillo, scacciò in malo modo gli sconcertati fedeli i quali, esercitando un loro diritto, gli chiedevano umilmente la Messa antica, intimando loro di tradurre la bolla pontificia della sua nomina scritta in latino. L’ex vescovo di Alba, Sebastiano Dho, detto il “tramviere” per la sua divisa d’ordinanza simile ai guidatori degli autobus, scrisse che nella sua diocesi il Concilio era stato pienamente accolto perché nessun oserebbe mai chiedergli la Messa in latino. Si potrebbe parlare di altri vescovi piemontesi, ma si scadrebbe nel grottesco, tanto ridicoli erano i pretesti addotti contro Summorum Pontificum, anche se in alcuni casi non mancarono verso i preti velate minacce di agire mediante la loro esclusione dal sostentamento del clero. Pare che il vescovo di Cuneo e Fossano, monsignor Piero Delbosco, a tutti noto per la sua competenza teologica e dottrinale – si fa ovviamente per dire – non voglia sentire parlare in nessun modo della Messa antica, così che la sua diocesi è diventata un florido centro della Fraternità San Pio X. Anche l’ex vescovo di Biella, il “misericordioso” monsignor Gabriele Mana, si adoperò in tutti i modi perché l’esecrando rito tridentino non prendesse piede e quando a Biella fu annunciata la visita ad Oropa del cardinale Raymond Leo Burke, uno dei cardinale dei “dubia” su Amoris Laetitia, proibì ai preti ogni contatto con il cattivo porporato, mentre poco tempo dopo non batté ciglio quando Emma Bonino tenne indisturbata una conferenza in una chiesa parrocchiale della sua diocesi.Prima ancora di Summorum Pontificum, nel 2004, la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti emanava l’istruzione Redemptionis Sacramentum che trattava in modo particolareggiato dei numerosi abusi che si erano diffusi nella celebrazione della Messa e, in particolare, «su alcune cose che si devono osservare ed evitare circa la Santissima Eucaristia». A Torino, su disposizione esplicita di uno dei due vescovi ausiliari – il più influente – del documento non comparve nemmeno un cenno sul settimanale diocesano e meno che mai un commento dell’ufficio liturgico, sempre pronto a discettare, con prosa oracolare, sulla disposizione dei fiori o sulla posizione del crocifisso che non deve mai stare al centro dell’altare. Ancora oggi Redemptionis Sacramentum è completamente sconosciuto o considerato uno dei tanti errori di Giovanni Paolo II e del suo teologo Joseph Ratzinger.Questa volta invece, don Paolo Tomatis, il liturgista princeps della diocesi, funzione che svolge insieme alla simpatica Morena Baldacci che, lasciato il mistico velo, è diventata la teorica della «comunità celebrante», ha commentato il motu proprio di Francesco sulla prima pagina del settimanale diocesano. Con malcelata soddisfazione, ha illustrato il documento che, oltre ad inibire la formazione di gruppi di laici – altro che accoglienza o declericalizzazione! – impone al vescovo di consultare addirittura la Santa Sede prima di concedere l’autorizzazione ai preti che saranno ordinati dopo il motu proprio e che vogliano celebrare la Messa antica, creando delle proprie liste di proscrizione. La conclusione del liturgista è perentoria: «Non si tratta di abolire l’uso del Messale precedente, ma di non incoraggiarlo in alcun modo». Che è esattamente quello che è stato fatto fino ad ora. Perché dunque tanto inusitato zelo? Che cosa si teme? Ma, soprattutto, di cosa stiamo parlando?

martedì 20 luglio 2021

LA FALCE DI PAPA FRANCESCO. E ORA? NULLA SARA PIÙ COME PRIMA?


di don Leonardo Sacco

Ci sono date che hanno fatto storia, e che possono essere considerate senza dubbio, degli spartiacque fra periodi più o meno differenti tra loro. Basti pensare ad esempio a quando l'uomo scoprì il fuoco o la ruota, o al giorno della scoperta dell'America,"che come sappiamo viene identificata come la data spartiacque fra il medioevo e l'età moderna." tornando indietro di qualche decennio, quando Gutenberg intorno al 1450 stampò la prima bibbia utilizzando il sistema dei caratteri mobili. Un’altra data che certamente può essere considerata una data spartiacque, è senza dubbio quella in cui Lutero nel 1521 affisse le 95 tesi sulla porta della chiesa del castello di Wittemberg, e con cui incominciò la riforma luterana. Anche nel nostro mondo moderno ci sono date storiche che possono essere considerate date spartiacque, in cui gli avvenimenti accaduti hanno cambiato radicalmente il modo di vedere e di vivere il mondo. L'elenco sarebbe molto lungo ma per il nostro ragionamento pensiamo ad esempio al giorno della conclusione del Concilio Vaticano II o similmente al giorno in cui furono imposte le norme liturgiche del messale di Paolo VI. O ancora al giorno in cui mons. Lefebvre ha consacrato i 4 vescovi senza mandato pontificio.

Queste date e questi eventi hanno creato un vero e proprio spartiacque fra ciò che c'era prima e ciò che è avvenuto successivamente. Nel lungo elenco di date storiche entra senza dubbio anche la data del 16 luglio 2021, nella quale Papa Francesco attraverso Il motu proprio "Traditionis Custodes" da una vera e propria falciata al mondo legato alla tradizione e in particolare alla S. Messa tradizionale di S. Pio V.

Una data che a buon titolo può essere definita uno spartiacque storico fra ciò che c'era prima e ciò che ci sarà dopo. Eh sì, perché purtroppo le cose non saranno più come prima, sia che si obbedisca, sia che si disobbedisca a questo documento.

 

domenica 18 luglio 2021

«Resistite fortes in Fide»...

"Combattiamo, combattiamo figliuoli miei, e non abbiamo timore di niente. Ricordatevi che i nemici di Dio spariscono e la Chiesa resta.

«Dio della pace e degli eserciti, Signore che porti la spada e la gioia, ascolta la preghiera di noi ribelli per amore». Questa invocazione divenne il manifesto stesso dell’impegno dei cattolici nella lotta di liberazione dal nazifascismo.
Oggi, noi cari amici,siamo chiamati a resistere senza scoraggiarci a questa ennesima persecuzione da parte della gerarchia della Chiesa. Dobbiamo conoscere, amare e servire Dio, e resistere a chi non lo fa.
Qui non c’è nessun mistero, nessuna sorpresa.Il cattolicesimo sarà tollerato solo nella misura in cui eliminerà il suo dogma e insegnamento morale non inclusivi; sarà tollerante verso ogni vizio e peccato e non sarà mai più “rigido”. Sappiamo esattamente di cosa si tratta; riguarda la facciata fatiscente della nuova chiesa conciliare che si concilia e se la intende tanto bene con il mondo, ma tanto poco con Dio.I danni causati dalle riforme conciliari sono sotto gli occhi di tutti, solo chi non vuol vedere non li vede, le chiese sono state chiuse,o vendute, o bruciate, i seminari vuoti, la fede perduta ed enormi scandali finanziari e sessuali, si sono abbattuti su di essa come un macigno.
Ma Francesco che fa? Sopprime il SummorumPontificum del suo predecessore perché ha in odio la liturgia stessa della Chiesa, quella liturgia che dall' era apostolica ha contribuito a santificare migliaia di famiglie, che hanno donato alla chiesa sante vocazioni sacerdotali e religiose.
A questo punto saremo considerati ribelli.Dunque, perché la resistenza? Innanzitutto è una rivolta morale, fatta con dolore e chiarezza, contro un’aberrante concezione di uniformarci a norme liturgiche che pur legittime, non esprimono la sensibilità dei cattolici legati alla tradizione bimillenaria della Santa Madre Chiesa Cattolica. A questa resistenza, si aggiungeranno carissimi amici nella nostra attività di “contrabbandieri di Dio”, tutti coloro cioè – laici, religiosi e preti diocesani – che, mettendosi pericolosamente al servizio del popolo di Dio, potranno celebrare clandestinamente la Santa Messa di sempre e amministrare i Santi Sacramenti come fu per la Santa Chiesa primitiva all'inizio della sua missione, nelle nostre case o in altri luoghi come accadeva sistematicamente negli anni 70. La Santa Messa tradizionale è il culto più perfetto di Cristo Re Signore della storia.Si tornerà a celebrare la Messa antica clandestinamente, “nelle catacombe”, come diceva Benedetto XVI? Credo proprio di si.Esattamente come preconizzava Benedetto XVI, dato che almeno alcuni preti non molleranno facilmente la Messa di Gesù Cristo.
Il“dialogo”, i “ponti”, la “misericordia” dove sono finiti? La giustificazione addotta da Francesco è che la messa vetus ordo “produce divisioni”; la dura realtà è, invece, che i cattolici tradizionalisti, come naufraghi su una zattera, negli ultimi anni si sono raccolti intorno alla Messa in latino - l’unica ad offrire assolute “garanzie di cattolicità” - dopo gli stravolgimenti dottrinali, magisteriali e liturgici operati proprio dal pontefice argentino. Nei fatti, il Motu proprio di Francesco è anche un PESANTE OLTRAGGIO a Papa Benedetto XVI, ancora vivente e lucido: il SummorumPontificum era stato l’atto più significativo del suo pontificato e Bergoglio lo ha annullato davanti ai suoi occhi.

Ma il provvedimento non stupisce se non coloro che continuano - ogni volta - a “cadere dal pero” e a scandalizzarsi: era una tappa chiaramente ineludibile nell’operazione di smantellamento dell’identità cattolica in vista di una nuova religione mondialista, “inclusiva” e sincretista dato che, stando alle dichiarazioni di Francesco, “non esiste un Dio cattolico” e bisogna non sprecare la crisi per “edificare un nuovo ordine mondiale”.San Tommaso d’Aquino insegna che non c’è obbligo di professare la Fede in ogni momento, ma quando la Fede è in pericolo, allora è un grave dovere professarla, anche a rischio della propria vita.

Si può oggi negare la crisi senza precedenti della Chiesa, che colpisce profondamente il sacerdozio cattolico? Le famiglie? Eppure i sacerdoti veramente cattolici sono assolutamente necessari per il Santo Sacrificio della Messa e per il mantenimento della santa dottrina. Papa Francesco dice nella lettera d'accompagnamento che si è trovato costretto a revocare la facoltà concessa dai suoi predecessori. Per difendere l'unità del corpo di Cristo e per l'uso distorto che se ne è fatto.Vorremmo ricordare a Papa Francesco che chi mina l'unità della chiesa cattolica e del Corpo di Cristo non sono davvero i tradizionalisti ma bensì i Vescovi tedeschi e di altre aree dell'orbe cattolico che insistono su benedizione alle coppie gay, abolizione del celibato, sacerdozio femminile ecc."Tecnicamente vorrei precisare che la chiesa particolare tedesca sta realmente portando avanti uno scisma e minando l'unità della chiesa dalla comunione gerarchica,e dal Papa". E questo, è ciò che "sta succedendo sotto i nostri occhi". Sono le imbarazzanti follie di un episcopato fuori controllo. Basta vedere anche le dichiarazioni o le prese di posizioni di tanti vescovi tedeschi, con riferimento proprio al pressing riformatore su celibato, sacerdozio femminile e benedizione delle coppie omosessuali che arriva non solo dai religiosi, ma anche dai movimenti cattolici e dal Comitato centrale dei cattolici tedeschi.Che fare?

Fratres: Sóbrii estóte, et vigiláte: quia adversárius vester diábolus tamquam leo rúgiens círcuit, quærens quem dévoret: cui resístite fortes in fide.




sabato 17 luglio 2021

UNO SCHIAFFO ALLA BEATA VERGINE MARIA DEL MONTE CARMELO


di Dom Seraphinus

E’ di qualche ora fa il triste annuncio dato dalla Sala Stampa della Santa Sede, circa il Motu Proprio di Papa Francesco “TraditionisCustodes”, che limita oltremodo, per non dire peggio, un altro Motu Proprio, quello di Benedetto XVI° “SummorumPontificum”.

Le voci su un possibile ridimensionamento erano nell’aria già da qualche tempo, ma mai e poi mai si sarebbe pensato che l’impatto sarebbe stato così devastante.

Uso il plurale impersonale, perché sono convinto di interpretare i sentimenti di centinaia di migliaia di persone che oggi, festa della Madonna del Carmine, si vedono di punto in bianco privati della possibilità di celebrare la Santa Messa, gli altri Sacramenti e Sacramentali nella forma antica, secondo il Messale di San Giovanni XXIII° del 1962 e gli altri libri liturgici ad esso collegati.

Ora, si potrebbe anche chiudere la questione con due battute e dire che ogni Papa può fare quello che vuole.

Se da un punto di vista giuridico, e tenendo conto di tutte le prerogative che il Romano Pontefice gode, questo è nelle sue facoltà.

Tuttavia esiste anche il buon senso, il rispetto e una prassi che non può non tener conto del “sentire del santo popolo di Dio” e di quella che è la santa tradizione della Chiesa, la quale non ha mai denigrato ciò che si è fatto prima, soprattutto quando si è trattato di donare ai cristiani le linee guida per aiutarli a pregare, ad incontrare Dio e farne esperienza viva con la celebrazione dei Sacramenti.

Oggi, abbiamo assistito ad un teatrino da burla, dove si è voluto far credere che il Motu Proprio di Benedetto XVI° è stato male applicato con la conseguenza che ha creato confusione nella Chiesa.

Faccio una precisazione ed è questa: sono prete da più di vent’anni e pur stimando l’antica liturgia per la sacralità che essa trasmette quando viene celebrata, per la bellezza che incanta non solo gli occhi ma anche l’anima e per tanti altri motivi che ho voluto conoscere grazie ad approfondimenti e studi personali, tuttavia non ho mai celebrato nel rito antico.
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