Blog della Tradizione Cattolica Apostolica Romana

venerdì 31 agosto 2018

I Sette VIZI CAPITALI E LE VIRTU'

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SUPERBIA E UMILTA'

Il vizio della superbia è davvero la più brutta bestia di questo mondo, perché il superbo ha un comportamento di ribellione a Dio e di disprezzo verso il proprio simile. Tutti infatti lo condanniamo quando lo vediamo ben scolpito negli altri, mentre non osiamo scendere nel profondo del nostro cuore, né scrutare i nostri ragionamenti e comportamenti, quando si tratta di noi.


Cosa ci dice la la Sacra Scrittura

Scelgo il Salmo 72 che, mettendo a confronto, davanti a Dio, le due categorie di persone, i superbi e gli umili, incomincia così: Quanto è buono Dio con i giusti, con gli uomini dal cuore puro! Per poco non inciampavano i miei piedi, per un nulla vacillavano i miei passi, perché ho invidiato i prepotenti, vedendo la prosperità dei malvagi (72,13).

Con questi accenti prega il pio israelita che confida in Dio. Anche noi, con lui, constatiamo, che non c'è sofferenza per i cattivi, almeno così appare, il loro corpo è sano e pasciuto, si vantano di se stessi e si rivestono di violenza, guardano gli altri dall'alto in basso e nutrono pensieri malvagi, scherniscono e minacciano, e osano sfidare il Signore dicendo: Dio non può conoscere ciò che pensiamo e facciamo, l'Altissimo non lo può sapere; questi sono gli empi (cf Sal 72,412).

I timorati di Dio continuano a domandarsi: Invano, Signore, ho conservato puro il mio cuore, invano mi sono pentito dei miei peccati? Sono colpito tutto il giorno, e la mia pena si rinnova ogni mattina. I miei pensieri vagano e non comprendo questa terribile differenza, tra buoni e cattivi. Ma quando entro nel santuario di Dio che è il mio cuore, e prego con fede, allora comprendo quale sarà la fine degli empi: lo spavento e la rovina li ghermirà, saranno distrutti e svaniranno. Mi agito nel mio petto con mille pensieri ma ora ho finito di tormentarmi poiché tu, Signore, mi hai preso per la mano destra. Ecco tu mi guiderai con il tuo consiglio e mi accoglierai nella tua gloria. Fuori di te, mio Dio, non bramo nulla sulla terra, tu sei la mia sorte per sempre (cf Sal 72).

giovedì 30 agosto 2018

Il quotidiano dei vescovi "Avvenire" promuove la teologia gender/queer?




(di Lupo Glori) 
Mentre la Chiesa cattolica è travolta, da un capo all’altro del mondo, dai vergognosi scandali a sfondo sessuale il quotidiano dei vescovi Avvenire, nel suo supplemento del 29 luglio scorso dedicato al raduno mondiale delle famiglie che si apre a Dublino, sdogana la teoria del gender, pubblicando un articolo in cui viene esposta la “bontà” di una improbabile teologia in chiave “gender” e, perché no, anche “queer”.

Ad avanzare l’audace tesi è la teologa Lucia Vantini, della Facoltà Teologica del Triveneto, con un testo astruso, redatto secondo l’artificioso e criptico linguaggio genderista, nel quale la professoressa espone la propria personalissima “teologia” di orientamento gender in cui, secondo le sue stesse parole, ”non viene esclusa a priori nemmeno la prospettiva queer“.

mercoledì 29 agosto 2018

“Migranti nei lager in Libia”. Le fake news di Avvenire con le immagini del 2011

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L'Italia deve incominciare a dire NO al traffico di esseri umani, NO al business dell'immigrazione clandestina.Ha ragione da vendere Salvini nella sua accusa contro l'ipocrisia degli altri Paesi Ue: "Nel Mediterraneo ci sono navi con bandiera di Olanda, Spagna, Gibilterra e Gran Bretagna, ci sono Ong tedesche e spagnole, c'è Malta che non accoglie nessuno, c'è la Francia che respinge alla frontiera, c'è la Spagna che difende i suoi confini con le armi, insomma tutta l'Europa che si fa gli affari suoi". La sinistra ha completamente perso il contatto con la realtà: i lavoratori italiani (che sono anche elettori) soffrono le conseguenze nefaste dell’immigrazione di massa – in termini di degrado, criminalità, dumping sociale e accaparramento delle risorse – e il Pd pensa bene di spiegar loro che non hanno motivo di sentirsi preoccupati e frustrati. E poi si meravigliano che gli operai votano Lega…Partiamo dal dato più evidente: nel momento in cui la maggioranza degli italiani ha bocciato severamente la «politica dell’accoglienza» e altre proposte di legge come il discusso ius soli, il presidente del Pd Matteo Orfini ha avuto l’ardire di sostenere che la sinistra avrebbe perso le elezioni perché non ha difeso a sufficienza i «migranti». Ma il discorso è più ampio.

Mons. Schneider interviene sul documento dell’arcivescovo Viganò

S. E. Mons. Schneider, vescovo ausiliare di Santa Maria in Astana

Pubblichiamo in anteprima in Italia il testo che S. E. Mons. Schneider, vescovo ausiliare di Santa Maria in Astana, ha scritto in sostegno al documento di S. E. Mons. Carlo Maria Viganò, pubblicato il 26 agosto scorso sul quotidiano La Verità e dai blog di Marco Tosatti e Aldo Maria Valli.

Riflessione sulla “testimonianza” dell’Arcivescovo Carlo Maria Viganò

pubblicata il 22 agosto 2018

È un fatto raro ed estremamente grave nella storia della Chiesa che un vescovo accusi pubblicamente e specificamente un Papa regnante. In un documento pubblicato recentemente (il 22 agosto 2018), l’arcivescovo Carlo Maria Viganò assicura che da cinque anni papa Francesco era a conoscenza di due fatti: che il cardinale Theodor McCarrick aveva commesso reati sessuali con suoi seminaristi e con suoi sottoposti, e che vi erano sanzioni nei suoi confronti imposte da papa Benedetto XVI.

L’arcivescovo Viganò ha inoltre confermato la sua dichiarazione con un giuramento sacro fatto in nome di Dio. Non c’è, quindi, nessun motivo ragionevole e plausibile per dubitare del contenuto veritiero del documento dell’Arcivescovo Carlo Maria Viganò.

I cattolici di tutto il mondo, i semplici fedeli, i “piccoli”, sono profondamente scioccati e scandalizzati per i gravi casi recentemente venuti alla luce in cui le autorità ecclesiastiche hanno coperto e protetto chierici che hanno commesso reati sessuali contro minori e contro i loro stessi sottoposti. Tale situazione storica, che la Chiesa sta vivendo ai nostri giorni, richiede una trasparenza assoluta a tutti i livelli della gerarchia della Chiesa e innanzi tutto, evidentemente, da parte del Papa.

È del tutto insufficiente e poco convincente che le autorità ecclesiastiche continuino a formulare appelli generali per una tolleranza zero nei casi di abusi sessuali da parte del clero e per arrestare la copertura di tali casi. Ugualmente insufficienti sono le suppliche stereotipate per il perdono da parte delle autorità della Chiesa. Tali appelli per la tolleranza zero e le richieste di perdono diventeranno credibili solo se le autorità della Curia Romana metteranno tutte le carte sul tavolo, dando nomi e cognomi di tutti quelli che nella Curia Romana – indipendentemente dal loro rango e titolo – hanno coperto i casi di abusi sessuali su minori e sottoposti.

Dal documento dell’Arcivescovo Viganò si possono trarre le seguenti conclusioni:

(1) Che la Santa Sede e lo stesso Papa inizino a ripulire senza compromessi la Curia romana e l’episcopato dalle cricche e reti omosessuali. (2) Che il Papa proclami in modo inequivocabile la dottrina Divina sul carattere gravemente peccaminoso degli atti omosessuali. (3) Che siano emanate norme perentorie e dettagliate che impediscano l’ordinazione di uomini con tendenze omosessuali. (4) Che il Papa ripristini la purezza e la genuità dell’intera dottrina cattolica nell’insegnamento e nella predicazione. (5) Che siano restaurati nella Chiesa, attraverso l’insegnamento papale ed episcopale e attraverso le norme pratiche l’ascesi cristiana sempre valida: gli esercizi di digiuno, di penitenza corporale, di abnegazione. (6) Che nella Chiesa sia restaurato lo spirito e la prassi della riparazione e dell’espiazione per i peccati commessi. (7) Che inizi nella Chiesa un processo sicuro e garantito di selezione dei candidati all’episcopato, che siano manifestamente dei veri uomini di Dio; sarebbe, perciò, meglio lasciare le diocesi diversi anni senza un vescovo piuttosto che nominare un candidato che non sia un vero uomo di Dio nella preghiera, nella dottrina e nella vita morale. (8) Che si sviluppi nella Chiesa un movimento, soprattutto tra cardinali, vescovi e sacerdoti, pronti a rinunciare a qualsiasi compromesso e ad ogni corteggiamento nei confronti del mondo.

Non ci deve sorprendere se i principali mezzi di comunicazione internazionali legati alle oligarchie, che promuovono omosessualità e depravazione morale, cominceranno a denigrare la persona dell’arcivescovo Viganò e a coprire con un velo di silenzio i punti centrali del suo documento.

Mentre si diffondeva l’eresia di Lutero e una parte considerevole del clero, e specialmente della Curia romana, erano immersi in una profonda crisi morale, papa Adriano VI si rivolse alla Dieta Imperiale di Norimberga nel 1522 con parole sorprendentemente schiette: “Sappiamo che in questa Santa Sede già da molti anni avvengono cose abominevoli, abusi nelle cose spirituali, prevaricazioni, e tutto è stato pervertito e volto in peggio. Dal capo la corruzione è passata nelle membra, dai Sommi pontefici agli inferiori. Tutti noi, prelati ed ecclesiastici abbiamo deviato, né vi fu chi facesse bene, neppure uno”.

Implacabilità e trasparenza nel rilevare e nel confessare i mali nella vita della Chiesa contribuiranno ad avviare un proficuo processo di purificazione e di rinnovamento spirituale e morale. Prima di condannare gli altri, ogni ecclesiastico con responsabilità nella Chiesa, indipendentemente dal grado e dal titolo, dovrebbe chiedersi, alla presenza di Dio, se egli stesso non abbia in qualche modo coperto degli abusi sessuali. Se si dovesse scoprire colpevole, dovrebbe dichiararlo pubblicamente, perché la Parola di Dio lo ammonisce: “Non vergognarti di riconoscere la tua colpa” (Sir 4, 26). Perché, come san Pietro, il primo Papa, scrisse, “è giunto il momento del giudizio, a partire dalla casa (della Chiesa) di Dio” (1 Pietro4, 17).

+ Athanasius Schneider, Vescovo Ausiliare dell’Arcidiocesi di Santa Maria in Astana

(fonte corrispondenza romana)

lunedì 27 agosto 2018

Mons.Carlo Maria Viganò"Il coraggio di un vescovo"


 (leggi il testo integrale dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò)

In una straordinaria testimonianza scritta, l’ex nunzio apostolico negli Stati Uniti Carlo Maria Viganò solleva il velo sulla situazione di tragica immoralità della Chiesa, denunciando la responsabilità di papa Francesco, di cui chiede le dimissioni



di Mons. Carlo Maria Viganò
Arciv. tit. di Ulpiana
Nunzio Apostolico

In questo tragico momento che sta attraversando la Chiesa in varie parti del mondo, Stati Uniti, Cile, Honduras, Australia, ecc., gravissima è la responsabilità dei Vescovi. Penso in particolare agli Stati Uniti d’America dove fui inviato come Nunzio Apostolico da papa Benedetto XVI il 19 ottobre 2011, memoria dei Primi Martiri dell’America Settentrionale. I Vescovi degli Stati Uniti sono chiamati, ed io con loro, a seguire l’esempio di questi primi martiri che portarono il Vangelo nelle terre d’America, ad essere testimoni credibili dell’incommensurabile amore di Cristo, Via, Verità e Vita.

Vescovi e sacerdoti, abusando della loro autorità, hanno commesso crimini orrendi a danno di loro fedeli, minori, vittime innocenti, giovani uomini desiderosi di offrire la loro vita alla Chiesa, o non hanno impedito con il loro silenzio che tali crimini continuassero ad essere perpetrati.

Per restituire la bellezza della santità al volto della Sposa di Cristo, tremendamente sfigurato da tanti abominevoli delitti, se vogliamo veramente liberare la Chiesa dalla fetida palude in cui è caduta, dobbiamo avere il coraggio di abbattere la cultura del segreto e confessare pubblicamente le verità che abbiamo tenuto nascoste. Occorre abbattere l’omertà con cui vescovi e sacerdoti hanno protetto loro stessi a danno dei loro fedeli, omertà che agli occhi del mondo rischia di far apparire la Chiesa come una setta, omertà non tanto dissimile da quella che vige nella mafia. “Tutto quello che avete detto nelle tenebre… sarà proclamato sui tetti” (Lc. 12:3).

Nostra Signora di Fatima e la Devozione al Cuore Immacolato di Maria

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Dopo le apparizioni della Beata Vergine Maria a Fatima nel 1917 , la devozione al Cuore Addolorato e Immacolato di Maria si è diffusa in tutto il mondo ... e ha incontrato molti ostacoli.

Inferno, dove vanno i poveri peccatori

Il 13 luglio 1917, la Madonna ha esortato i tre pastorelli di Fatima a fare sacrifici per i peccatori.

Allungando le mani, lasciò cadere raggi di luce sulla terra. 

"Abbiamo visto, per così dire, un vasto mare di fuoco. Immersi in questo fuoco, abbiamo visto i demoni e le anime. Questi ultimi erano come braci ardenti trasparenti, tutti in bronzo annerito o brunito, con forme umane. Stavano fluttuando in quella conflagrazione, ora sollevati nell'aria dalle fiamme che emanavano da dentro di loro, insieme a grandi nuvole di fumo. Ora cadevano da ogni parte come scintille in grandi fuochi, senza peso o equilibrio, tra grida e gemiti di dolore e disperazione, che ci terrorizzavano e ci faceva tremare di paura ... Hai visto l'inferno dove vanno le anime dei poveri peccatori ..."


Ma il Cielo ha immediatamente dato il rimedio ai mali che affliggono le anime nell'ombra delle tenebre: "Per salvarli, Dio desidera stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato".

Il 13 agosto, presso la Cova da Iria, la Beata Vergine ha insistito: "Pregate, pregate molto e fate sacrifici per i peccatori, perché molte anime vanno all'inferno perché non c'è nessuno che prega e fa sacrifici per loro".

"Fa sacrifici per i peccatori", insistette dolcemente, e disse spesso, ma specialmente quando fai un sacrificio, "O Gesù! È per l'amore di te e per la conversione dei peccatori. "

Il 13 ottobre, ha insistito ancora: "Non offendere più il Signore Nostro Dio, Egli è già tanto offeso".

venerdì 24 agosto 2018

AFFIDAMENTO significa imparare la difficile arte di mettere sul cuore della Madonna tutto ciò che ci preoccupa e affligge.



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"Affidarsi" 
porta con sè
il significato di 
mettere totalmente 
la nostra fiducia 
in qualcuno.

"Buttarsi tra le braccia".
Fa parte dell'esperienza umana comune e universale l'atteggiamento del bambino che trova sicurezza e rifugio nel momento del pericolo, conforto nelle prime difficoltà della vita tra le braccia accoglienti della madre. 
Il rapporto vitale della gestazione si continua in questo meraviglioso rapporto esistenziale, importantissimo per una crescita serena. L'assenza della madre durante l'infanzia è all'origine di molte problematiche nell'età adulta. 
Durante la crescita l'amore si consolida, la figura materna cambia di ruolo, ma l'affetto, le relazioni non vengono meno, anzi...

Nell'ambito della fede si verifica un processo analogo.
Dice Gesù: "In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli".(Mt 18,3)

giovedì 23 agosto 2018

"Auxilium Christianorum...all'indomani della vittoria di Lepanto".


"Auxilium Christianorum...
L'invocazione inserita fra le Litanie Lauretane all'indomani della vittoria di Lepanto, e ripresa nel titolo dell'Ausiliatrice, ben rivela il messaggio di contrasto e difesa dalle minacce rivolte al papato e, in esso, alla sicurezza stessa della Chiesa universale.

Anche san Giovanni Bosco, figlio del suo tempo -e di questa sua Chiesa- si sente investito della responsabilità di difendere dagli attacchi di una modernità allora spesso violenta, la sua piccola comunità torinese e l'integrità della fede e dell'esperienza cristiana, quale era da lui compresa.
Così, nello scegliere il titolo di Ausiliatrice per la nuova immagine della sua chiesa, egli non nasconde di aderire a quel sottostante messaggio ideologico, e di condividerne le ansie e le preoccupazioni.

Ma l'Ausiliatrice disegnata da don Bosco è diversa dalle immagini che l'hanno ispirata e preceduta.
Ella è la guerriera armata di fede,speranza,e carità,impugna lo scettro regale come un bastone, pronta ad abbattere i nemini; non è nemmeno la fredda e lontana regina riccamente vestita, pur serbando le insegne regali della corona e dello scettro.
Quanto di positivo quel titolo richiama è nell' allargarsi delle sue braccia e di quelle del Figlio, nel volto aperto e sereno, nel sobrio suo aspetto che ne fa una regina amica, vicina, maternamente affettuosa.

Quell'arte facile, scelta nella commissione dell'opera, che pure è stata criticata a don Bosco, si rivela non altro che una scelta precisa, che privilegiasse appunto la facilità di comprensione del messaggio d'amore ad essa sotteso, reso così capace di arrivare immediatamente al cuore dei fedeli.
Ella ci si rivela come la regina che appare quale segno grandiosi degli ultimi tempi, coronata di dodici stelle.
Mostrando il suo Figlio, quel Re il cui Regno non è di questo mondo, Maria si mostra, tuttavia, estranea alla potenza ostentata dalla regalità terrena, lei che è l'obbediente serva del Signore, come svela l'aspetto nobile e pur umile".
Maria non fugge nel momento del dolore, ma ci aiuta soprattutto allora, quando siamo tentati di abbatterci maggiormente, di abbandonare magari anche la fede. Per questo possiamo invocarla, come facciamo nell'Ave, Maria, affinché preghi per noi ogni momento e nell'ora della nostra morte. Maria prega per noi, cioè intercede presso Dio, si rivolge a Lui perché ci doni ciò di cui la nostra vita, la nostra anima, il nostro cuore hanno bisogno... momento per momento. Pregare, in questo senso, è rimanere vicino, stare con Lei. Maria sta, è sempre con noi, nei momenti di gioia e in quelli di sofferenza, nel feriale e nel festivo della nostra vita. Nel Vangelo, infatti, Ella è presente a Cana, in un giorno di allegria per un matrimonio celebrato, ma è anche accanto a suo Figlio lungo il tragitto del Calvario e rimane con Lui fino alla fine, fino all'ora della sua morte. La presenza della Madonna si declina in un susseguirsi di attimi, in una continuità che è quotidianità, che è quella di adesso in cui ciascuno di noi esiste e porta in sé bisogni, desideri, speranze, ma anche pesi, dolori e angosce. 
«Fate quello che potete: Dio farà quello che non possiamo far noi. Confidate ogni cosa in Gesù Cristo Sacramentato ed in Maria Ausiliatrice» diceva don Bosco «e vedrete che cosa sono i miracoli».
Dalle parole dobbiamo passare, quindi, ai fatti: che invocare Maria nella preghiera che quotidianamente le offriamo sia veramente un sentire la sua presenza momento per momento, di gioia in gioia, di dolore in dolore, di speranza in speranza. Fino alla fine Maria sarà con noi e ci aiuterà, come una messaggera che si faccia portavoce dei nostri bisogni e sentimenti più nascosti, come una Madre che farebbe di tutto per sollevare dalla pena i propri figli.

martedì 21 agosto 2018

Il famoso incontro tra Papa Paolo VI e l'arcivescovo Marcel Lefebvre l'11 settembre 1976, a Castel Gandolfo.



Con la pubblicazione del libro di mons. Sapienza del 16 maggio 2018, abbiamo ora due fonti(QUI)l'udienza del 1976 con papa Paolo VI che riproducono il famoso incontro tra Papa Paolo VI e l'arcivescovo mons. Marcel Lefebvre dell'11 settembre 1976, a Castel Gandolfo.Fu lo stesso Arcivescovo Lefebvre, che immediatamente raccontò la storia ai seminaristi di Econe in due conferenze registrate il 12 e il 18 settembre 1976. Servivano come base per il resoconto dato dal suo biografo, vescovo autorizzato. Tissier de Mallerais.

La seconda fonte, che fino ad oggi era rimasta segreta, è la trascrizione dell'incontro che il Papa ha redatto "nel modo più fedele possibile". Le parole del pubblico sono state quindi messe per iscritto dal cardinale Benelli, sostituto della segreteria di stato; coprono otto pagine dattiloscritte.Mentre le due conferenze dell'arcivescovo Lefebvre sono state una reazione immediata e viva subito dopo l'incontro e destinate alle orecchie dei suoi seminaristi, non sono state pensate per fornire ogni minimo dettaglio di ogni minuto .

Il resoconto integrale redatto dal cardinale Benelli è una trascrizione fattuale dell'udienza privata, intesa in primis per il Papa e i suoi collaboratori. L'autore ha registrato scrupolosamente l'inizio della conversazione (10:27) e la sua fine (11:05).L'inizio dell'incontro, come riportato da entrambe le fonti, fu una vera e propria accusa contro il fondatore della Fraternità sacerdotale San Pio X: "una tempesta", l'arcivescovo avrebbe poi raccontato ai suoi seminaristi, riassumendo i rimproveri del Papa.

martedì 14 agosto 2018

"Dormitio Mariae"





Il 15 agosto, i Cattolici di tutto il mondo celebrano la festa dell’Assunzione, che commemora l’assunzione al cielo di Maria al termine della sua vita terrena. La festa è conosciuta nelle Chiese Orientali come Dormizione (addormentamento) della Theotokos, e questo è anche il nome del santuario cattolico di Gerusalemme che commemora l’evento: l’Hagia Maria Sion o Abbazia della Dormizione di Maria. La massiccia chiesa benedettina, con il suo alto campanile a cupola visibile da molti punti della città, è situata sul monte Sion. Nei tempi antichi la collina era parte della città murata superiore, ma oggigiorno si trova appena al di fuori delle mura della Città Vecchia, vicino alla Porta di Sion. Accanto alla Porta di Sion si trova il luogo venerato come la tomba del re Davide e, praticamente al di sopra, si trova il Cenacolo – la Camera Superiore in cui Gesù celebrò l’Ultima Cena con i suoi discepoli. A causa della particolare santità del luogo, diventò il sito di una chiesa paleoebraico-cristiana, conosciuta come Chiesa degli Apostoli.

Oltre al culto dell'Assunzione di Maria, anche il suo sonno è oggetto di devozione. Questo punto della dottrina cristiana viene celebrato in più luoghi: nel Duomo di Squillace fino al XX secolo il 15 agosto veniva esposta la statua della Vergine dormiente. Oggi il simulacro è esposto in una nicchia nella navata sinistra della chiesa. Nel sud Italia, specialmente in Sicilia, le Madonne Dormienti sono molto diffuse. A Modica (Rg) nella chiesa di Santa Maria di Betlem si celebra ancora ogni anno la cerimonia della "Dormitio Mariae" con la tradizionale traslazione del simulacro della Vergine.

lunedì 13 agosto 2018

POSTILLE ALLA NUOVA DOTTRINA BERGOGLIANA SULLA PENA DI MORTE di don Mauro Tranquillo




Abbiamo già analizzato QUI il fondo modernista della nuova dottrina di Papa Francesco che condanna la pena di morte, che invece la dottrina della Chiesa cattolica, fondata sulla Rivelazione, considera lecita si veda l'articolo di don Gleize. Tuttavia resta da fare qualche altra annotazione a margine del rescritto pontificio del 1 agosto 2018 e del discorso che lo annunciava l’11 ottobre 2017.
Nel 1962 per cambiare la dottrina (libertà religiosa, ecumenismo, collegialità, etc.) ci volle un Concilio ecumenico. Ancora nel 2016 per dare la comunione ai divorziati risposati ci è voluto un sinodo. Questo ennesimo vulnus formale all’insegnamento della Chiesa si è fatto invece con un semplice atto amministrativo di una Congregazione romana, dopo un’udienza con il Papa. Inoltre non si sono riscontrate, per il momento, reazioni o “dubia” di prelati “conservatori”. Difficile dire se ce ne saranno prossimamente. Eppure tutti gli articoli della dottrina, in quanto rivelati da Dio, hanno la stessa importanza nelle professione di fede, e la negazione di uno qualsiasi di questi articoli ci fa peccare contro la virtù di Fede. La spiegazione possibile a questo diverso atteggiamento dei “conservatori” (se sarà confermato dai fatti), come alla semplicità della procedura utilizzata in questo caso, ci pare da ravvisare in quanto afferma lo stesso Papa Francesco: «Questa problematica non può essere ridotta a un mero ricordo di insegnamento storico senza far emergere […] il progresso nella dottrina ad opera degli ultimi Pontefici». Il riferimento, esplicitato nel discorso dell’11 ottobre, è particolarmente alla nuova dottrina sulla dignità umana, tanto cara a Giovanni Paolo II. Il conservatore, che ha fatto propria la dottrina conciliare e post-conciliare sull’argomento, anche grazie alla sintesi “neo-ortodossa” operata da Ratzinger, potrà difficilmente obiettare all’argomentazione di Papa Bergoglio, anzi con ogni probabilità finirà per trovarsi a suo agio in questo caso. Solo chi non ha assorbito la fase “ratzingeriana” di lettura del Concilio potrà reagire a questi nuovi errori, e potrà dare fondamento all’opposizione alle altre innovazioni del presente pontificato.

La pena di morte è contraria al Vangelo?


Cosa pensare delle recenti affermazioni di

Papa Francesco sulla pena di morte?

di Don Jean-Michel Gleize

L’11 ottobre 2017, rivolgendosi ai partecipanti all’incontro organizzato dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, Papa Francesco ha dichiarato che la pena di morte sarebbe «inumana», che «ferisce la dignità personale», che è anche «contraria al Vangelo».

Tutti i filosofi, i teologi e i papi che hanno sostenuto la legittimità della pena di morte, prima dell’attuale Sommo Pontefice, avrebbero tradito il Vangelo?

La pena di morte secondo Francesco
«Si deve affermare con forza che la condanna alla pena di morte è una misura disumana che umilia, in qualsiasi modo venga perseguita, la dignità personale. È in sé stessa contraria al Vangelo perché viene deciso volontariamente di sopprimere una vita umana che è sempre sacra agli occhi del Creatore e di cui Dio solo in ultima analisi è vero giudice e garante» (1). Così si è espresso ultimamente Papa Francesco, in occasione del XXV anniversario della pubblicazione del nuovo Catechismo. La riflessione non è nuova: il discorso di ottobre 2017 non fa che riprendere, riassumendole, le idee già largamente sviluppate dal Sommo Pontefice in una lettera del 2015 (2), la quale rinvia a due altri documenti del 2014 (3).
Francesco ritiene che il suo predecessore, Giovanni Paolo II, abbia già condannato la pena di morte con la Lettera Enciclica Evangelium vitae (n° 56), così come nel Catechismo della Chiesa cattolica (n° 2267) (4). Nella condanna della pena di morte il papa include anche quella dell’ergastolo, che secondo lui è «una pena di morte mascherata» (5). Per questo motivo, il recente discorso dell’ottobre 2017 non intende promuovere una revisione del nuovo Catechismo del 1992, ma sottolinea soltanto che questa riprovazione della pena di morte dovrebbe trovare nel Catechismo di Giovanni Paolo II «uno spazio più adeguato e coerente» con il fine della dottrina, che dev’essere individuato ne «l’amore che non finisce». Un’eventuale revisione dovrebbe essere volta a far avanzare la dottrina pur conservandola, ma in modo tale da poter «tralasciare prese di posizione in difesa di argomenti che appaiono ormai decisamente contrari a una nuova comprensione della verità cristiana». Tali posizioni e argomenti conobbero il loro momento di gloria durante il periodo anteriore al Concilio Vaticano II, ma sono ormai contrari alla «mutata consapevolezza del popolo cristiano, il quale rifiuta un atteggiamento consenziente nei confronti di una pena che lede pesantemente la dignità umana».

domenica 12 agosto 2018

DOTTRINA SULLA PENA DI MORTE, MODERNISMO E PAPA FRANCESCO


Con un rescritto ex audientia Sanctissimi, la Congregazione per la Dottrina della Fede ci ha fatto sapere che un altro elemento della religione cattolica dovrà considerarsi cambiato ufficialmente: la dottrina sulla liceità della pena di morte.

Il Catechismo pubblicato da Giovanni Paolo II, pur contenendo già le innovazioni conciliari, ammetteva ancora (seppur in maniera piuttosto teorica) che l’autorità civile potesse comminare la pena capitale in casi gravissimi. Invece, la modifica al numero 2267 del citato catechismo ci informa che, contrariamente a quanto affermato in passato, «la Chiesa insegna, alla luce del Vangelo, che “la pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona”, e si impegna con determinazione per la sua abolizione in tutto il mondo». Si specifica, seguendo la dottrina conciliare, che la dignità umana non si può mai perdere, nemmeno per crimini gravissimi (san Tommaso d’Aquino faceva un discorso opposto).
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