Blog della Tradizione Cattolica Apostolica Romana

mercoledì 31 dicembre 2014

“Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia” (Gv 1, 16).MEDITAZIONE PER LA FINE DELL’ANNO


1. “Figlioli, questa è l’ultima ora . . .”; con queste parole inizia la prima lettura della liturgia d’oggi, tratta dalla lettera di San Giovanni Apostolo (1 Gv 2, 18). Questa lettura è fissata per il 31 dicembre, il settimo giorno dell’ottava di Natale. Quanto attuali sono queste parole! Quanto efficacemente risentiamo la loro eloquenza noi qui riuniti, nel momento in cui scoccano le ultime ore di quest’anno, che volge alla fine. Ogni ora del tempo umano è in certo senso l’ultima, perché sempre unica e irripetibile. In ogni ora passa qualche particella della nostra vita, una particella che non tornerà più. E ognuna di tali particelle – benché non sempre ce ne rendiamo conto – ci proietta verso l’eternità.

Forse le ultime ore di questo giorno – quando l’anno del Signore 2014, volge al declino – ce ne parlano meglio di qualsiasi altra ora solita. E perciò risentiamo tanto maggiormente il bisogno di trovarci, in queste ultime ore dell’anno, davanti a nostro Signore, davanti a Dio che, con la sua eternità, abbraccia e assorbe il nostro tempo umano; il bisogno di stare davanti a Lui, di parlare a Lui con il contenuto stesso più profondo della nostra esistenza. Sono questi i momenti adatti per una profonda meditazione su noi stessi e sul mondo; i momenti per “fare i conti” con se stessi e con la generazione alla quale apparteniamo. È questo il tempo propizio per una preghiera volta ad ottenere il perdono, una preghiera di ringraziamento e di supplica.

2. “Il Verbo era nel mondo” (cf. Gv 1, 10). Proprio adesso è ritornato il periodo in cui la Chiesa si rende consapevole in modo particolare della verità che esprimono queste parole del Vangelo di Giovanni. Nel mondo era il Verbo: quel Verbo che “era in principio presso Dio” e “tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste” (Gv 1, 2-3). Questo Verbo “si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. Venne ad abitare anche se “i suoi non l’hanno accolto” (Gv 1, 11).

Il computo degli anni, di cui ci serviamo, vuole testimoniare che sono passati appunto 2014 anni dal momento in cui ciò avvenne. Il tempo testimonia non soltanto il passare del mondo e il passare dell’uomo nel mondo; esso rende testimonianza anche alla nascita del Verbo eterno dalla Vergine Maria, alla nascita che, come ogni nascita dell’uomo, viene determinata dal tempo: dall’anno, dal giorno, dall’ora.

Tuttavia, nel momento presente, durante questo nostro incontro, la nostra attenzione è attirata, prima di tutto, dalla seguente frase del Vangelo di Giovanni:

“Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia” (Gv 1, 16). Non vi è qui anche una chiave per comprendere l’anno che sta per terminare? Non bisogna pensare ad esso nella prospettiva di ogni grazia che abbiamo ricevuto dalla pienezza di Gesù Cristo, Dio e Uomo? Non siamo convenuti qui per ringraziare di ognuna di queste grazie e contemporaneamente di tutte insieme?

Certamente sì.

IL MIO CUORE SANGUINA di "Radicati nella fede".

Dom Jean-Baptiste Chautard


Quando si parla di “continuità” nella Chiesa tra prima del Concilio Vaticano II e dopo il Concilio Vaticano II, non si arriva mai a spiegare nel concreto, dentro le cose, come si mostra questa continuità. Certo, si tratta sempre della Santa Madre Chiesa, sia prima che dopo il Concilio, ma in quello che nella Chiesa di oggi si dice e si fa, appare questa continuità? È proprio difficile dimostrarlo.
Prendiamo un tema specifico, quello della “missione”: si può dire che la missione, dopo il Concilio, sia intesa e vissuta come durante i primi diciannove secoli di storia della Chiesa? Provate in una classe di scuola ad introdurre il tema con i ragazzi, che ancora frequentano il catechismo delle parrocchie, chiedendo loro cos'è la missione: vi diranno che è andare ad aiutare i poveri del terzo mondo. Da dove prendono questa risposta? Dal nuovo vissuto e dalla nuova coscienza di missione, che sono radicalmente cambiati nel Cattolicesimo: di fatto i fedeli, quando si parla di missione, non intendono più quello che la Chiesa ha inteso in tutta la sua storia.
E anche quando qualcuno non scadrà nella banalità generale di scambiare la missione cristiana con la filantropia, con l'aiutare semplicemente i poveri, vi parlerà di cristianizzazione o di evangelizzazione, ma non in modo drammatico, dimenticando che è in gioco la salvezza delle anime!: è ormai così... prima mettiamo avanti la libertà di coscienza, quello che l'uomo vuole o decide, poi se c'è spazio parliamo anche di Nostro Signore Gesù Cristo... affrettandoci però a dire che l'importante è “credere in qualcosa” e che “tutti si salvano seguendo la loro religione o il loro agnosticismo”, che “Cristo è proposto ma non imposto”... insomma mettiamo l'uomo prima di Dio: e questa la chiamiamo continuità tra prima e dopo il Concilio? Beh, ci vuole del coraggio ad affermarlo.
Basta leggere la vita dei santi, il loro zelo perché Cristo sia conosciuto e amato, per avvertire che qualcosa di tragicamente grave è accaduto nel Cattolicesimo.

martedì 30 dicembre 2014

LA TRADIZIONE E' PIU' PASTORALE DEL CONCILIO

Fonte“Radicati nella fede”

Si è così insistito sul Concilio pastorale in questi cinquant'anni, che a molti, nati dopo il Concilio, sarà venuto il dubbio che prima, nel passato, la Chiesa non abbia fatto veramente pastorale. In verità, la dizione “Concilio pastorale” nasconde un cambiamento così profondo che si potrebbe esprimere meglio con la frase “un Concilio per cambiare la pastorale”. Invece di dire “Concilio pastorale”, dovremmo forse dire che dopo il Concilio è cambiata la pastorale della Chiesa così tanto da non riconoscerla quasi più.
Ma certo che si faceva pastorale prima del Concilio Vaticano II, e con che risultati splendidi!: il nostro mondo era diventato tutto cristiano! E nelle terre di missione quante conversioni e che opere! E quante vocazioni! E che famiglie cristiane!

E si parlava con chiarezza e si agiva di conseguenza!

Dopo il Concilio, il Modernismo pratico ha complicato tutto e falsificato tutto: ci si è persi in logorroici discorsi fumosi, con interminabili analisi sulla società moderna, degni dei congressi dei partiti politici, ma non della Sposa di Cristo. E questo deriva dalla reiterpretazione delle verità di fede operata dal modernismo e dal neo-modernismo: si salvano apparentemente le verità del credo, ma le si svuota di contenuto dall'interno, così che non vogliono dire più nulla.
Anni fa sentimmo dire, alla festa dell'Assunta, che la Madonna non era “salita in Cielo” come si intendeva con semplicità una volta, ma era “entrata nella realtà più vera”, “aveva preso coscienza fino in fondo della realtà più vera e che quindi compito dei cristiani era “coscientizzare il mondo sul valore della vita”. Qualche fedele alla fine della messa domandò con semplicità : “...ma per voi c'è ancora il Cielo?” Qualcun altro brontolò: “Speriamo che il prossimo anno si faccia davvero la festa dell'Assunta!”.

lunedì 29 dicembre 2014

IL PRESEPIO STORIA TRADIZIONE di Frà Mario O.P


Se ci immergiamo appieno nella descrizione della Natività da parte degli Evangelisti, specie in quella di Luca, che è molto dettagliata, riusciamo a cogliere l’intensità dell’atmosfera venutasi a determinare a Betlemme, duemila e più anni fa, quando Iddio si è fatto uomo, per venire a redimere l’intera Umanità… ed in più… avvertiamo che in quel momento vi era qualcosa di indescrivibile… di irripetibile… di assolutamente trascendente e di inafferrabile, che tuttavia si rivelava a noi: un batuffolo di carne ed ossa nasceva per noi… ci sorrideva in una notte incantata… ci insegnava l’amore… la purezza del cuore… il sacrificio… la bontà.

Forse è per rivivere questa pienezza di sentimenti, per appagare la sua sete di Assoluto, per immaginare la meravigliosa "Notte Santa", che ogni cristiano sente il desiderio di rievocare, attraverso la costruzione di un Presepe realizzato a modo proprio, quell’evento così decisivo e significativo per l’Umanità.

Forse, esso rappresenta il desiderio di sentirsi puri come Gesù, o, ancora, un bisogno catartico di rinnovamento interiore che ci faccia realizzare un mondo di bontà, di serenità e di fratellanza universale, privo di ogni forma di odio e di prevaricazione, che ci faccia, cioè, essere migliori, altrimenti il sacrificio di Dio sarebbe stato inutile.

domenica 28 dicembre 2014

Due Vescovi al Parlamento Europeo – di Marco Bongi

C’è chi ha parlato di diritti umani, disoccupazione, e non ha mai nominato Nostro Signore Gesù Cristo. E c’è chi ha benedetto il presepe e ha ricordato che i leaders europei devono naturalmente obbedire a Dio che si è incarnato per salvarci, onorare il Re dei Re… e altro.


Il Vescovo di Roma ha visitato il Parlamento Europeo. Era il 25 novembre. Ho ascoltato attentamente il Suo discorso: ho sentito ripetuti riferimenti ai diritti umani, condanne alle discriminazioni, preoccupazioni per la mancanza di lavoro, ripetuti appelli in favore della dignità delle persone, anatemi contro l’individualismo, la burocrazia, gli intellettualismi, gli eticismi senza bontà ecc. Ho udito solo tre volte, fugacemente e quasi di nascosto, la parola Dio, mai, assolutamente mai, il nome di Nostro Signore Gesù Cristo… Costui ovviamente è il capo visibile della Chiesa Cattolica e non ha senso, secondo alcuni, domandarsi se possa o meno “sentire” cum Ecclesia.

Il 9 dicembre, sempre al Parlamento europeo, ma presso la sede di Bruxelles, si è presentato un altro Vescovo cattolico, che secondo alcuni commentatori non è in “piena comunione” e quindi non è in grado di esercitare, in modo legittimo, alcun ministero. Egli tuttavia, benedicendo il Presepe, ha ricordato che i leaders europei devono naturalmente obbedire a Dio che si è incarnato per salvarci, onorare il Re dei Re, che tutta la salvezza umana parte dal Presepe, ed ha infine ricordato una famosa espressione del card. Pie: “Se non è venuto il tempo per Gesù di regnare, non è neppure il tempo per i governi di durare”.

Tale Vescovo, secondo i medesimi commentatori, non sentirebbe “cum Ecclesia” e quindi non andrebbe nè ascoltato, nè tantomeno seguito.

Chi ama la Chiesa dunque non dovrebbe proclamare in pubblico Gesù Cristo, chi ama il Papa lo dovrebbe anteporre a Colui che il Papa rappresenta sulla terra. Io francamente ci capisco ben poco e mi chiedo: perchè allora Signore mi hai donato un cervello, una ragione, una capacità di pensare?

Lo so che questi doni non sono apprezzati dal Tuo Vicario ma tu comunque me li hai dati e la mia Fede non può prescindere da essi. Per questo seguirò il Vescovo non in “piena comunione” e pregherò per il ravvedimento di quello venuto dalla fine del mondo.
fonte Riscossa Cristiana

sabato 27 dicembre 2014

Il presepe. Storia, fede e segno di contraddizione – di Clemente Sparaco


Il presepe contestato

Sono ormai anni che si contesta l’opportunità del presepe nei luoghi pubblici, sostenendo, come per i crocifissi, che vanno rimossi per non discriminare le diverse sensibilità religiose o civili. E’ successo in Italia per iniziativa di alcuni Presidi, che lo hanno interdetto dalle scuole. E’ successo in Francia, a Nantes, dove il Tribunale amministrativo ne ha vietato la presenza negli uffici pubblici, in quanto “emblemi religiosi” incompatibili con il “principio di neutralità del servizio pubblico”.

Queste motivazioni cercano di darsi una dignità teorica, ma non esplicitano le ragioni profonde che animano il rifiuto.
Fra storia e fede

Il presepe (dal latino praesaepe = greppia, mangiatoia) è una rappresentazione della nascita di Gesù derivata da tradizioni medievali. A Napoli un presepe è menzionato in un documento del 1025 relativo alla Chiesa di S. Maria del presepe. A Greccio nel 1223 San Francesco d’Assisi ne realizzò uno con personaggi viventi, come racconta il cronista Tommaso da Celano.

Nel presepe si fondono fede e storia, simbolo e rappresentazione, consuetudini e tradizioni, mistica e religiosità popolare. C’è il richiamo ai racconti evangelici (i 180 versetti di Matteo e Luca, detti vangelidell’infanzia), ma anche a testi apocrifi, come il protovangelo di Giacomo (cui si deve la tradizione della nascita di Gesù in una grotta e la presenza dell’asino e del bue a riscaldarlo). C’è una sedimentazione di simboli che rimontano al Vecchio e al Nuovo Testamento: la mangiatoia, l’adorazione dei pastori, gli angeli nel cielo, il bue e l’asinello, i magi etc….

Tuttavia, quei racconti non sono cronaca di avvenimenti, ma predicazione del Cristo risorto. Ne rappresentano una sorta di anticipo o prefigurazione profetica nello stile del midrash ebraico. Ciò non significa che riferiscano fatti non storici, ma che il valore simbolico che vi attribuiscono è prioritario. Prova ne sia che fanno riferimento a personalità della storia ufficiale, come il Battista ed Erode, testimoniando di fatti, luoghi e tempi ben definiti, a partire dalla stessa data del 25 dicembre. Essa non ricalcherebbe, infatti, la data pagana del sole invitto, ma corrisponderebbe alla data effettiva della nascita di Gesù (lo ha sostenuto già nel 1958 un professore dell’Università Ebraica di Gerusalemme, Shemarjahu Talmon, ricostruendo le turnazioni sacerdotali al Tempio, in base al Libro dei Giubilei ritrovato a Qumran).

Il Presepe è anche tradizione popolare. Ad esempio, il presepe napoletano è una rappresentazione del Natale ambientata nella Napoli del Settecento, che si caratterizza per il dettagliato realismo dei particolari. Non è un solo un simbolo religioso, ma luogo metastorico in cui s’identifica un’intera comunità. Vi convengono personaggi popolari, osterie e commercianti, case tipiche dei borghi agricoli, messi assieme con un anacronismo che potrebbe sembrare ingenuo. Perché l’anacronismo non è un tradimento di quello che il presepe intende rappresentare, sottintendendo la volontà di rendere presente l’evento della natività di Gesù, di farne memoria. In tal caso, esso interpreta correttamente i vangeli dell’infanzia, il cui intento è di indicare – come ha sostenuto J. Bowker – “il modo in cui Dio si inserisce nella storia umana, imprimendole una svolta di redenzione e rinnovamento”.

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Il presepe segno di contraddizione

Viviamo una condizione di generale disorientamento. Essa è il punto d’arrivo d’un lungo percorso destrutturante, che ci ha portati, in primis, a non custodire più la memoria del passato. L’Europa, che ha rinnegato le proprie radici, ha ridotto, infatti, i simboli a simulacri e ha cancellato tradizioni e valori. La nostra memoria – ha scritto il sociologo-filosofo Zygmunt Bauman – “somiglia sempre più al nastro di una videocassetta, cancellato ogni volta che si vuole registrare un nuovo avvenimento”.

Ma l’esistenza senza la dimensione della memoria si riduce ad un presente intemporale e vacuo, senza futuro e senza speranza.

Ci muoviamo, pertanto, come in labirinto, in un intrico di vie da percorrere, entro le maglie di una rete, di un reticolo di connessioni simili a quello del web, della “ragnatela” di Internet. I fatti, i personaggi del passato e del presente formano un aggregato di notizie senza spessore e senza connotazione storica, un grappolo di accadimenti nel tempo che non costituiscono un evento. Appiattita la verticalità della vita al livello del momento e dell’episodio, il nostro orizzonte è ormai di un’immanenza totale. Pertanto, l’attesa messianica di una redenzione è stata sostituita da un desiderio di novità inessenziale e fine a se stesso.

A fronte di tutto questo si capisce il senso del rifiuto del presepe, che più in profondità è disperazione circa la possibilità che qualcosa di effettivamente nuovo possa accadere. E’ incapacità di liberarsi di una routine tanto accomodante nell’ordine del quotidiano, quanto vuota di occasioni per riflettere sul senso dell’esistenza. E’ ancora incapacità di rompere la compressione del nostro io, quell’autocompiacimento di noi stessi e della nostra presunta libertà che nasce da un colossale fraintendimento.

Il presepe è allora segno di contraddizione, né più e né meno della croce e di tutto quanto riguarda l’evento Cristo. “Sempre di nuovo – ha scritto J. Ratzinger nel suo L’infanzia di Gesù -, Dio stesso viene visto come il limite della nostra libertà, un limite da eliminare affinché l’uomo possa essere totalmente se stesso. Dio, con la sua verità, si oppone alla molteplice menzogna dell’uomo, al suo egoismo ed alla sua superbia”. Perché la nostra vita è, sì fragile e precaria, ma è redenta da un disegno di amore infinito.

fonte Riscossa Cristiana

giovedì 25 dicembre 2014

NELL'ALBA E NELLA LUCE» Auspici di pace giusta e duratura




NELL'ALBA E NELLA LUCE che rifulge previa alla festa del Santo Natale, attesa sempre con vivo anelito di gioia soave e penetrante, mentre ogni fronte si prepara a curvarsi e ogni ginocchio a piegarsi in adorazione davanti all'ineffabile mistero della misericordiosa bontà di Dio, che nella sua carità infinita volle dare, quale dono più grande e augusto, all'umanità il suo Figliuolo Unigenito; il Nostro cuore, diletti figli e figlie, sparsi sulla faccia della terra, si dilata a voi, e, pur non obliando la terra, si eleva e si profonda nel cielo.
La stella, indicatrice della culla del neonato Redentore, da venti secoli ancora splende meravigliosa nel cielo della Cristianità. Si agitino pure le genti, e le nazioni congiurino contro Dio e contro il suo Messia (cf. Sal 2,1-2): attraverso le bufere del mondo umano la stella non conobbe, non conosce né conoscerà tramonti; il passato, il presente e l'avvenire sono suoi. Essa ammonisce a mai non disperare: splende sopra i popoli, quand'anche sulla terra, come su oceano mugghiante per tempesta, si addensino i cupi turbini, generatori di stragi e di miserie. La sua luce è luce di conforto, di speranza, di fede incrollabile, di vita e certezza nel trionfo finale del Redentore, che traboccherà, quale torrente di salvezza, nella pace interiore e nella gloria per tutti quelli che, elevati all'ordine soprannaturale della grazia, avranno ricevuto il potere di farsi figli di Dio, perché nati da Dio.
Onde Noi, che, in questi amari tempi di sconvolgimenti guerreschi, siamo straziati dei vostri strazi e doloranti dei vostri dolori, Noi che viviamo come voi sotto il gravissimo incubo di un flagello, dilaniante un terzo anno ancora l'umanità, nella vigilia di tanta solennità amiamo di rivolgervi con commosso cuore di padre la parola, per esortarvi a restar saldi nella fede, e per comunicarvi il conforto di quella verace, esuberante e trasumanante speranza e certezza, che si irradiano dalla culla del neonato Salvatore.

mercoledì 24 dicembre 2014

SUA SANTITÀ PIO XII A TUTTO IL MONDO IN OCCASIONE DEL NATALE RADIOMESSAGGIO 24 dicembre 1954




A tutto il mondo.

« Ecce ego declinabo super eam quasi fluvium pacis: Ecco che io riverserò sopra di essa come un fiume di pace » . Questa medesima promessa, preannunziata nel vaticinio messianico di Isaia, e adempiuta con mistico significato dall’Incarnato Verbo di Dio nella nuova Gerusalemme, la Chiesa, Noi desideriamo, diletti figli e figlie dell’orbe cattolico, che risuoni ancora una volta su tutta la umana famiglia, quale augurio del Nostro cuore nella presente vigilia del Natale.

Un fiume di pace sul mondo! È questo il voto che più lungamente abbiamo nutrito nell’animo Nostro, per il quale abbiamo più fervidamente pregato e Ci siamo adoperati dal giorno in cui la divina Bontà si compiacque di confidare alla Nostra umile persona l’alto e tremendo officio di Padre comune dei popoli, proprio del Vicario di Colui, cui spettano in eredità le genti .

Abbracciando con uno sguardo d’insieme i trascorsi anni del Nostro Pontificato nella parte del mandato che a Noi deriva dalla universale paternità di cui siamo investiti, Ci sembra che la divina Provvidenza abbia inteso assegnarCi la particolare missione di contribuire a ricondurre, con paziente e quasi estenuante azione, la umanità sui sentieri della pace.

All’approssimarsi del Natale, mentre si acuiva in Noi la brama di accorrere alla culla del Principe della pace per offrirgli, come il dono a Lui più gradito, la umanità pacificata e tutta insieme raccolta quasi in una sola famiglia, Ci fu invece riservata — nei primi sei anni — l’amarezza senza nome di vedere intorno a Noi soltanto popoli in armi, travolti dall’insano furore di vicendevole distruzione.

Sperammo — e con Noi molti speravano — che, esauritasi infine l’eccitazione dell’odio e della vendetta, ben presto sarebbe sorta l’alba di un periodo di sicura concordia. Perdurò invece quello stato angoscioso di disagio e di pericolo, designato dalla opinione pubblica col nome di «guerra fredda », poiché in realtà poco o nulla aveva di comune con la vera pace, e molto di una tregua, vacillante al minimo urto. Il Nostro annuale ritorno alla culla del Redentore continuò a consistere in una mesta offerta di dolori e di ansie, con l’intenso desiderio di trarne il coraggio necessario per non desistere dall’esortare gli uomini alla pace, indicandone il giusto cammino.

Possiamo almeno ora, in questo sedicesimo Natale del Nostro Pontificato, adempiere tale voto? Secondo quanto si assicura da molti, alla guerra fredda è stato sostituito lentamente un periodo di distensione fra le parti in contrasto, quasi vicendevole concessione di più lungo respiro, distensione a cui è stato dato, non senza, una qualche ironia, il nome di «pace fredda ». Benché riconosciamo volentieri che essa rappresenta un qualche progresso nella faticosa maturazione della pace propriamente tale, tuttavia non è ancora il dono degno del mistero di Betlemme, ove «apparve la benignità e l’amore di Dio nostro Salvatore per gli uomini » . Contrastata invero troppo vivamente con lo spirito di cordialità, di sincerità e di chiarezza, che aleggia intorno alla culla del Redentore.

Che cosa s’intende infatti nel mondo della politica per pace fredda se non la mera coesistenza di diversi popoli, sostenuta dal vicendevole timore e dal reciproco disinganno? Ora è chiaro che la semplice coesistenza non merita il nome di pace, quale la tradizione cristiana, formatasi alla scuola dei sommi intelletti di Agostino e di Tommaso d’Aquino, ha appreso a definire «tranquillitas ordinis ». La pace fredda è soltanto una calma provvisoria, il cui durare è condizionato dalla sensazione mutevole del timore, dal calcolo oscillante delle forze presenti; mentre dell’«ordine » giusto, il quale suppone una serie di rapporti convergenti in un comune scopo giusto e retto, non ha nulla. Escludendo poi qualsiasi vincolo d’ordine spirituale tra i popoli così frammentatamente coesistenti, la pace fredda è ben lontana da quella predicata e voluta dal divino Maestro, fondata cioè sull’unione degli spiriti nella medesima verità e nella carità, e che San Paolo definisce «pax Dei », la quale impegna innanzi tutto le intelligenze ed i cuori , e si esercita in armonica collaborazione di opere in tutti i campi della vita, non escluso quello politico, sociale ed economico.

Ecco perché Noi non osiamo offrire la pace fredda al divino Infante. Non è la pax semplice e solenne che cantarono gli Angeli ai pastori nella santa notte; tanto meno è la pax Dei che supera ogni senso, ed è fonte di intimo e pieno gaudio ; ma neppure è quella sognata e auspicata dalla presente umanità già tanto afflitta. Desideriamo tuttavia di esaminarne in particolare le manchevolezze, affinché dal suo vuoto e dalla sua incerta durata sorga imperiosa la brama nei reggitori dei popoli ed in coloro che possono esercitare qualche influsso in questo campo, di tramutarla al più presto nella pace vera, che è, in concreto, Cristo stesso. Poiché, se la pace è ordine, e l’ordine è unità, Cristo è il solo che può e vuole unire gli umani spiriti nella verità e nell’amore. In questo senso la Chiesa lo addita alle genti, con le parole del profeta, come pace Egli stesso: « Et erit Iste pax ».

NOVENDIALES PRECES ANTE NATIVITATEM D.N.J.C. QUAS "A PROPHETIIS" VOCANT Die 24 Decembris (VIGILIA)



Regem venturum
Dominum
venite adoremus.

Iucundare filia Sion
et exulta satis filia
Jerusalem.
Ecce Dominus veniet
et erit in die illa lux magna
et stillabunt montes
dulcedinem
et colles fluent lac et mel
quia veniet Propheta
magnus
et ipse renovabit
Jerusalem.

Regem venturum
Dominum
venite adoremus.
Ecce veniet Deus
et Homo de domo David
sedere in throno
et videbitis et gaudebit
cor vestrum.
Regem venturum
Dominum
venite adoremus.
Ecce veniet Dominus
protector noster
Sanctus Israel
coronam regni habens in
capite suo
et dominabitur a mari
usque ad mare
et a flumine usque
ad terminos orbis terrarum.
Regem venturum
Dominum
venite adoremus.

Ecce apparebit Dominus
et non mentietur
si moram fecerit
expecta eum
quia veniet et non tardabit.

Regem venturum
Dominum
venite adoremus.

Descendet Dominus sicut
pluvia in vellus
orietur in diebus
eius justitia
et abundantia pacis
et adorabunt eum omnes
reges terrae
omnes gentes servient ei.

Regem venturum
Dominum
venite adoremus.

Nascetur nobis parvulus
et vocabitur Deus fortis
ipse sedebit super thronum
David patris sui
et imperabit
cujus potestas super
humerum ejus.

Regem venturum
Dominum
venite adoremus.

Bethlehem civitas Dei
Summi
ex te exiet Dominator
Israel
et egressus eius sicut a
principio dierum
aeternitatis
et magnificabitur in medio
universae terrae
et pax erit in terra nostra
dum venerit.
Regem venturum
Dominum
venite adoremus.
Crastina die delebitur
iniquitas terrae
et regnabit super nos
Salvator mundi.
Regem venturum
Dominum
venite adoremus.
Prope est iam Dominus.
Venite adoremus.

Auguri e Messaggio Natalizio





Cari fratelli e sorelle,amati da Dio.

Oggi le chiese si riempiono di persone, venute a glorificare il divino neonato – Cristo il Salvatore, e la sua purissima Madre – la Vergine Maria.

La Natività di Cristo è l’avvenimento centrale di tutta la storia umana. L’uomo ha sempre cercato Dio: eppure in tutta la sua pienezza Dio ha dischiuso se stesso all’uomo solo nell’incarnazione del suo Figlio unigenito. Con la venuta del Figlio di Dio – e Figlio dell’uomo – il mondo ha conosciuto che Dio è amore, e non solo il supremo potere, Dio è misericordia – e non solo il datore della giusta ricompensa, Dio è la fonte della vita e della gioia, e non solo il tremendo giudice; Dio è la santa Trinità, la cui vita per legge interna è lo stesso amore – e non il solitario sovrano del mondo.

Oggi noi celebriamo un avvenimento che ha cambiato in modo radicale tutto il corso della storia umana. Dio entra nella profondità della vita umana, diviene uno di noi, prende su di sé tutto il peso dei nostri peccati, delle incapacità e debolezze umane – e le porta sul Golgota, per liberare gli esseri umani da un fardello insopportabile. Dio da ora non è più in qualche cielo inaccessibile, ma qui, con noi, in mezzo a noi. Ogni volta che durante la celebrazione della Santa Messa si pronunciano le parole “Cristo è in mezzo a noi!” – e la risposta “Lo è, e lo sarà”, questa è una viva testimonianza della presenza dello stesso Dio incarnato – Cristo il Salvatore – in mezzo ai suoi fedeli. Ricevendo regolarmente la comunione al suo santo corpo e sangue, sforzandoci di adempiere i suoi comandamenti, noi entriamo in una reale comunicazione con lui, con il nostro Salvatore, e otteniamo la remissione dei peccati.

I credenti in Cristo e i suoi discepoli fedeli sono chiamati a essere testimoni del regno di Dio manifestato in Cristo già nel tempo della vita terrena. Ci è stato affidato un grande onore – di procedere in questo mondo così come ha proceduto il nostro Maestro e Dio, di essere irremovibili, con la potenza di Cristo, nella lotta contro il peccato e il male, di non indebolirci nel compimento zelante di opere buone, di non disperarci nello sforzo quotidiano di trasfigurazione della nostra natura peccatrice nel nuovo uomo di grazia.

Per mezzo di Cristo il Salvatore è stato stabilito un criterio incrollabile, assoluto, di relazione autentica con Dio – il nostro prossimo. Prendendo su di noi le incapacità altrui, condividendo i loro dolori e tristezze, partecipando alla sofferenza di chi è nelle sventure e nelle necessità, adempiamo la legge di Cristo (Gal 6:2) e diveniamo simili al Salvatore, che ha preso su di sé i nostri dolori e ha sopportato le nostre sofferenze (Is 53:4).

È impossibile dimenticarci degli altri in questo giorno pieno di gioia e portatore di luce della Natività di Cristo, quando tutta la creazione viene con meraviglia alla mangiatoia del bimbo divino. Quella grande grazia, che oggi noi riceviamo nelle nostre chiese, deve riversarsi anche su quelli che si trovano fuori dei confini della Chiesa e conducono una vita conforme ai criteri di questo mondo, e non secondo Cristo (Col 2:8) Ma se noi e voi non andiamo loro incontro – questa Buona Novella potrebbe non arrivare a loro; se noi e voi non apriamo il nostro cuore, per condividere la gioia che ci circonda – questa potrebbe non raggiungere mai quelli che non la possiedono, ma che sono pronti a riceverla.

Per mezzo dell’incarnazione del Figlio di Dio la natura umana è innalzata a un livello mai prima raggiunto. Ciascuno di noi non solo è creato “a immagine e somiglianza di Dio”, ma per mezzo di Cristo è pure adottato da Dio: siamo “concittadini dei santi e della famiglia di Dio” (Ef. 2:19). Di questa vicinanza e familiarità con Dio parla anche la preghiera del Signore, in cui ci rivolgiamo al Creatore come al nostro Padre celeste.

Ogni vita umana è senza prezzo: solo per essa è stato pagato il prezzo dell’incarnazione, vita, morte e risurrezione dell’unigenito Figlio di Dio. Tutto ciò ci esorta ancor di più ad avere un’attitudine devota e attenta verso ogni persona, a prescindere da quanto sia diversa da noi. A questo amore espresso nei fatti vorrei chiamarvi tutti in questi giorni pieni di gioia della Natività di Cristo: ad amarci, secondo le parole dell’apostolo Paolo, gli uni gli altri di amore fraterno, ad anticipare gli uni gli altri nella stima, a non essere deboli nello zelo, a essere ferventi nello spirito, a servire il Signore! (Rom 12:10-11, Eb 13:16).

Il Dio dell’amore e della pace (2 Cor 13:11) dia a ciascuno di noi pace e prosperità nell’anno nuovo.

martedì 23 dicembre 2014

NOVENDIALES PRECES ANTE NATIVITATEM D.N.J.C. QUAS "A PROPHETIIS" VOCANT Die 23 Decembris


INVITATORIO

Regem venturum
Dominum
venite adoremus.
Iucundare filia Sion
et exulta satis filia
Jerusalem.
Ecce Dominus veniet
et erit in die illa lux magna
et stillabunt montes
dulcedinem
et colles fluent lac et mel
quia veniet Propheta
magnus
et ipse renovabit
Jerusalem.

Regem venturum
Dominum
venite adoremus.

Ecce veniet Deus
et Homo de domo David
sedere in throno
et videbitis et gaudebit
cor vestrum.

Regem venturum
Dominum
venite adoremus.

Ecce veniet Dominus
protector noster
Sanctus Israel
coronam regni habens in
capite suo
et dominabitur a mari
usque ad mare
et a flumine usque
ad terminos orbis terrarum.

Regem venturum
Dominum
venite adoremus.

Ecce apparebit Dominus
et non mentietur
si moram fecerit
expecta eum
quia veniet et non tardabit.

Regem venturum
Dominum
venite adoremus.

Descendet Dominus sicut
pluvia in vellus
orietur in diebus
eius justitia
et abundantia pacis
et adorabunt eum omnes
reges terrae
omnes gentes servient ei.

Regem venturum
Dominum
venite adoremus.

Nascetur nobis parvulus
et vocabitur Deus fortis
ipse sedebit super thronum
David patris sui
et imperabit
cujus potestas super
humerum ejus.

Regem venturum
Dominum
venite adoremus.

Bethlehem civitas Dei
Summi
ex te exiet Dominator
Israel
et egressus eius sicut a
principio dierum
aeternitatis
et magnificabitur in medio
universae terrae
et pax erit in terra nostra
dum venerit.

Regem venturum
Dominum
venite adoremus.

lunedì 22 dicembre 2014

SANTO NATALE Al PRIORATO S.PIOX ALBANO LAZIALE GLI ORARI DELLE FUNZIONI

SANTO NATALE 2014
Nell'intento di fare cosa gradita 
ai fedeli legati alla Messa Tradizionale 
pubblichiamo gli orari delle funzioni 
del Santo Natale 2014 al Priorato San Piox di Albano Laziale 
e nella cappella di Roma dedicata a Santa Caterina da Siena
 via Urbana 85


24 Dicembre Vigilia di Natale nel pomeriggio i sacerdoti saranno a vostra disposizione per le confessioni,ore 18:45 solenni primi vespri.
ore 21:15 canto del Mattutino,ore 23:30 veglia di Natale accompagnata con canti della Tradizione popolare, ore 00:00 Solenne Santa Messa nella Notte Santa,"Gioiscano i cieli ed esulti la terra davanti al Signore, perchè Egli è venuto!"
25 Dicembre ore 8:00 Santa Messa dell'Aurora " La luce brillerà oggi su noi, perchè ci è nato il Signore".Ore 10:30 Santa Messa del Giorno di Natale." L'antifona all'itroito canta la nascita d'un Bambino, ma sulle sue spalle poggia una regalità universale, ed a Lui è affidata la salvezza del mondo."
28 Dicembre Domenica nell'ottava di Natale santa Messa cantata ore 10:30.
31 Dicembre S.Silvestro Santa Messa di ringraziamento e canto del Te Deum ore 18:00 segue il cenone di capodanno aperto a tutti Giovani Meno giovani famiglie persone sole basta telefonare 06/9306816.
01 Gennaio 2015 Ottava della Natività di Nostro Signore Santa Messa Cantata ore 10:30


Nella cappella di Roma dedicata a Santa Caterina da Siena via Urbana 85
Santa Messa cantata del Giorno di Natale ore 11:00 le confessioni a partire dalle ore 10.00

28 Dicembre Domenica nell'ottava di Natale santa Messa cantata ore 11:00

01 Gennaio 2015 Ottava della Natività di Nostro Signore Santa Messa Cantata ore 11:00 le confessioni a partire dalle 10:30.

Il superiore del distretto italiano della Fraternità sacerdotale San Pio X, i sacerdoti le suore augurando a voi tutti un Santo Natale vi assicurano sempre nelle loro preghiere e invocano su di voi benedizioni celesti per le vostre famiglie e i vostri cari. Buone Feste di Natale .





NOVENDIALES PRECES ANTE NATIVITATEM D.N.J.C. QUAS "A PROPHETIIS" VOCANT Die 22 Decembris

INVITATORIO

Regem venturum
Dominum
venite adoremus.
Iucundare filia Sion
et exulta satis filia
Jerusalem.
Ecce Dominus veniet
et erit in die illa lux magna
et stillabunt montes
dulcedinem
et colles fluent lac et mel
quia veniet Propheta
magnus
et ipse renovabit
Jerusalem.

Regem venturum
Dominum
venite adoremus.

Ecce veniet Deus
et Homo de domo David
sedere in throno
et videbitis et gaudebit
cor vestrum.

Regem venturum
Dominum
venite adoremus.

Ecce veniet Dominus
protector noster
Sanctus Israel
coronam regni habens in
capite suo
et dominabitur a mari
usque ad mare
et a flumine usque
ad terminos orbis terrarum.

Regem venturum
Dominum
venite adoremus.

Ecce apparebit Dominus
et non mentietur
si moram fecerit
expecta eum
quia veniet et non tardabit.

Regem venturum
Dominum
venite adoremus.

Descendet Dominus sicut
pluvia in vellus
orietur in diebus
eius justitia
et abundantia pacis
et adorabunt eum omnes
reges terrae
omnes gentes servient ei.

Regem venturum
Dominum
venite adoremus.

Nascetur nobis parvulus
et vocabitur Deus fortis
ipse sedebit super thronum
David patris sui
et imperabit
cujus potestas super
humerum ejus.

Regem venturum
Dominum
venite adoremus.

Bethlehem civitas Dei
Summi
ex te exiet Dominator
Israel
et egressus eius sicut a
principio dierum
aeternitatis
et magnificabitur in medio
universae terrae
et pax erit in terra nostra
dum venerit.

Regem venturum
Dominum
venite adoremus.

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