Blog della Tradizione Cattolica Apostolica Romana

giovedì 28 maggio 2020

Ecco perché siamo nel pieno di una rivoluzione di Aldo Maria Valli



Testo dell'audio

Non so se e quanto ce ne siamo resi conto, ma noi, con questa vicenda del coronavirus, siamo nel bel mezzo di una rivoluzione. Della rivoluzione abbiamo infatti tutti gli ingredienti, nessuno escluso. Prima di tutto abbiamo l’ideale supremo, trasformato in un assoluto rispetto al quale tutto il resto è sacrificabile: la Salute. E che cos’è che ogni rivoluzione chiede di sacrificare in nome di un ideale supremo? La libertà, ovviamente. E che cos’è che ogni rivoluzione utilizza per imporsi e fare piazza pulita dei dissenzienti? Il terrore, ovviamente. Vedete che non ci manca nulla. L’ideale supremo l’abbiamo, il valore da sacrificare l’abbiamo, lo strumento l’abbiamo. Quello che cambia è il quadro storico, ma nella sostanza gli ingredienti sono classici. Andiamo avanti.

Ogni rivoluzione ha bisogno di una narrativa, il cui scopo principale è quello di esaltare il valore supremo, legittimare la rinuncia alla libertà, denigrare i nemici e alimentare il terrore. Proprio ciò che sta facendo la narrativa dominante in questo momento, grazie all’opera instancabile della maggior parte dei mass media.

Nel nostro caso, insieme alle libertà e ai diritti, l’altra grande vittima di questa rivoluzione è lo Stato. In realtà lo Stato già da molto tempo era un morto che camminava, ma a questo punto la sua liquidazione è completa. Se ancora formalmente esiste, è solo perché possa essere l’esecutore locale di decisioni prese altrove.

E qui veniamo a un altro ingrediente fondamentale: i rivoluzionari. Che nel nostro caso sono i grandi organismi internazionali e sovranazionali. Primo fra tutti l’Oms, quell’Organizzazione mondiale della sanità che assomiglia sempre di più a un governo mondiale, con il suo organo decisionale (l’Assemblea mondiale della sanità) e con le sue direttive in grado di incidere ovunque, saltando ogni potere decisionale intermedio, proprio grazie al suo marchio di fabbrica, ovvero la Salute, diventato il grande totem globale, appunto l’idolo supremo.

Proseguiamo. In ogni rivoluzione l’idolo non è veramente tale se non richiede sacrifici. E il sacrificio che ora è chiesto a tutti non è solo quello di rinunciare a porzioni crescenti di libertà e diritti, ma anche quello di diventare più poveri, di perdere il lavoro o di avere un lavoro più precario. Se lo richiede il grande totem, non si discute. E anche sotto questo profilo siamo nel classico quadro rivoluzionario. Tutte le rivoluzioni (pensiamo alla Cina maoista, alla Russia sovietica), nell’attesa della palingenesi rivoluzionaria, garantiscono una sola cosa: crescente povertà, tanto che possiamo ben dire che la povertà è un sigillo della rivoluzione. E lo è in particolare l’impoverimento della classe media: se il ceto medio si impoverisce, potete star certi che una rivoluzione è in corso.

Come in tutte le rivoluzioni, anche in questa che stiamo vivendo ci sono poi i guardiani, chiamati a controllare, e direi che nel nostro caso i guardiani proprio non mancano.

La rivoluzione, per meglio esercitare il controllo e la repressione del dissenso, ha bisogno di introdurre segni di riconoscimento, e nel nostro caso tale segno è la famigerata mascherina. Chi la indossa è accettato e può far parte del sistema, chi non la indossa, o la indossa di meno, è il controrivoluzionario, il reazionario, dunque il nemico.

In questi primi giorni di post-quarantena ho notato che molte persone indossano la mascherina anche quando sono sole, ben a distanza le une dalle altre, in luoghi aperti. La indossano persino quando sono da sole in automobile. Significa che la mascherina è diventata il contrassegno del conformismo rivoluzionario. Viene indossata non tanto e non solo per la sua funzione (che resta comunque dubbia), ma in quanto simbolo di appartenenza. Come la giacca di Sun Yat-sen ai tempi del maoismo.

Come in tutte le rivoluzioni, oltre ai guardiani non possono mancare i delatori, e infatti ne abbiamo. Ne sanno qualcosa i parroci che si sono visti piombare in chiesa le forze dell’ordine perché qualcuno aveva segnalato che era in corso una Messa alla presenza dei fedeli.

Conformismo e delazione sono in funzione della coesione rivoluzionaria fondata sul terrore. E ogni vero rivoluzionario sa di essere, in fondo, nient’altro che un organizzatore del terrore, come spiegò chiaramente Feliks Ėdmundovič Dzeržinskij, primo direttore della Čeka, la polizia segreta sovietica, quando disse: “Noi siamo per il terrore organizzato”.

Prima ho parlato dei sacrifici richiesti dal totem globale della Salute, ma non bisogna pensare che il rivoluzionario li viva in quanto tali. No, il rivoluzionario li considera omaggi, ed è pronto a tutto, anche a lasciarsi tracciare, anche a non essere più libero, pur di vedere garantito ed esaltato il valore, in questo caso la Salute, che la rivoluzione ha deciso di mettere in cima a tutto e che l’ideologia trasforma in un assoluto.

Inutile dire poi che la rivoluzione ha bisogno dei suoi cronisti e dei suoi cantori, e noi li abbiamo. Plotoni di giornalisti e intellettuali sono impegnati da settimane a dipingere il quadro del terrore, a rafforzare la narrativa voluta dalla rivoluzione e a presentare i dissenzienti come pericolosi nemici, i quali, come tali, possono solo meritare disprezzo e vanno esclusi dal consesso sociale.

Tutte le vere rivoluzioni poi mettono nel loro mirino la Chiesa e la sua libertà, e l’attuale rivoluzione, come ben sappiamo, è stata particolarmente solerte sotto questo profilo. La novità sta nel fatto che la Chiesa stessa (tranne rare eccezioni) ha collaborato con i rivoluzionari ed anzi ha dimostrato di voler essere più realista del re. Ma potevamo aspettarcelo: poiché da tempo ha sostituito Dio con l’uomo, e la legge divina con la volontà umana, era fatale che la Chiesa si piegasse ai rivoluzionari di turno, magari con la speranza di poterne ottenere qualche beneficio.

E qui, a proposito di quelli che invece di difendere la libertà si mettono con i rivoluzionari, non possiamo dimenticare la categoria degli utili idioti, altro elemento caratteristico di ogni vera rivoluzione.

Lo dico a beneficio dei più giovani: utile idiota (espressione attribuita a Lenin) era chi in Occidente anziché denunciare le atrocità del socialismo reale e mettere in guardia dall’abbracciare l’orso sovietico, lavorava incessantemente perché le nostre democrazie prendessero esempio dalla rivoluzione e si convertissero. E oggi noi vediamo che gli utili idioti pullulano. Avrebbero tutte le carte in regola per smascherare (è il caso di dirlo) la rivoluzione in corso, e invece, obnubilati dall’ideologia, fanno a gara per rafforzare il clima di terrore e gridare “al lupo, al lupo!”.

Mi fermo qui. Ma non prima di avervi proposto un piccolo quiz. Come si chiamava l’organo di governo messo in piedi dai rivoluzionari francesi il 17 germinale dell’anno I (ovvero il 6 aprile 1793)? Bravi, avete indovinato: Comitato di salute pubblica. E ricordate anche i suoi poteri? Eh, sì: doveva sorvegliare ed era autorizzato a prendere decisioni mediante decreti, in circostanze ritenute di particolare urgenza e necessità. Vi ricorda qualcosa? Nihil sub sole novum!

Poiché la rivoluzione divora sempre i suoi figli, potremmo anche finire con una nota di speranza e dire che, in fondo, si tratta solo di aspettare che i Robespierre di turno finiscano ghigliottinati. Ma, nel nostro caso, non è così semplice. I nostri Robespierre si sono fatti furbi e lavorano nell’ombra. E questa volta non hanno messo nel loro mirino solo una nazione e un popolo, ma il mondo intero.
(Fonte radioromalibera.org)

Nessuno può imporre la comunione sulla mano.Lo stabilisce la legge universale della Chiesa.


Il recente protocollo d’intesa sulla ripresa delle celebrazioni liturgiche con concorso di popolo ha provocato, con le sue disposizioni, disagio e disorientamento in molti fedeli. Sono in tanti, perciò, a chiedere lumi sul comportamento da tenere nell’inedita situazione che si è venuta a creare a partire dal 18 maggio 2020. Dato che la questione tocca molteplici ambiti (teologico, giuridico, liturgico, morale), non è possibile fornire un’unica indicazione da applicare obbligatoriamente in tutti i casi. Partendo da una costatazione incontestabile (l’illegittimità del protocollo), si cerca qui di fissare alcuni punti fermi che consentano di orientarsi in questa spinosa circostanza. L’autore è un distinto teologo.

Occorre anzitutto osservare che le disposizioni governative sulla ripresa delle celebrazioni con il popolo sono assolutamente nulle: le autorità civili non hanno alcuna competenza in materia di culto religioso; i rappresentanti della conferenza episcopale, dal canto loro, non hanno giurisdizione né sui vescovi, né sui sacerdoti, né sui fedeli. Ogni singolo vescovo, purché sia in comunione con il Papa, è sovrano nella sua diocesi per ciò che compete alla sua autorità; in essa non rientra tuttavia quanto stabilito dalle rubriche del Messale, che sono legge per tutta la Chiesa e possono essere modificate solo dalla Santa Sede, o di sua iniziativa o in risposta ad eventuali richieste dei vescovi (rescriptive). La Santa Sede, poi, ha facoltà solo sugli elementi non essenziali dei riti, non sulla loro sostanza immutabile. Le rubriche del Messale non dicono nulla circa l’uso di guanti nella celebrazione della Messa. Nel rito tradizionale il vescovo, nella prima parte della Messa pontificale, indossa le chiroteche, ma le ritira prima di accedere all’altare per la parte sacrificale. Da ciò si deduce che secondo la Tradizione ecclesiastica, di cui la liturgia è testimonianza qualificata, l’Ostia consacrata può essere toccata solo con mani nude: la ragione è che dei frammenti possono rimanere attaccati alle dita che la tengono, motivo per cui, dopo la consacrazione del Pane, il sacerdote tiene uniti i polpastrelli del pollice e dell’indice fino a quando, terminata la comunione, non li purifica nel calice, assumendo poi il vino e l’acqua con cui li ha purificati. L’uso di guanti di lattice, alla luce di quanto appena esposto, è assolutamente da escludere, salvo ammettere l’aberrante idea di purificarli nel calice, che ha contenuto il Sangue di Cristo. Oltretutto il Corpo sacramentale del Signore, essendo quanto di più prezioso la Chiesa possieda in assoluto, non può certo essere toccato con materiale spregevole che sarà gettato nella spazzatura, ma soltanto dalle mani consacrate del sacerdote, il quale, proprio per questo, se le lava immediatamente prima della Messa e non può usarle se non per atti buoni o indifferenti. Inoltre tutti i vasi sacri, per rispetto di ciò che devono contenere, sono obbligatoriamente dorati; anche da ciò si deduce che il mettere volontariamente le Sacre Specie a contatto con materiali vili è un attentato alla loro sacralità, cioè un atto sacrilego in senso lato.

domenica 24 maggio 2020

Il Concilio Vaticano II e la salvezza delle anime


I protagonisti del Concilio Vaticano II

di don Pierpaolo Petrucci

La Chiesa ha chiaramente definito nel suo magistero perenne la dottrina cattolica sulla salvezza delle anime. Uno stravolgimento, invece, avviene durante il Concilio Vaticano II, dove si verifica una svolta radicale sulla Chiesa ed il suo ruolo di evangelizzazione.

La nuova base dottrinale su cui tali cambiamenti si fondano si può riassumere in una parola: ecumenismo.


Il termine ecumenismo designa il movimento, nato in gruppi di non-cattolici nel XIX secolo, che ha per scopo la collaborazione e l’avvicinamento delle diverse confessioni cristiane. Questa corrente giunse nel 1948 alla fondazione del Consiglio ecumenico delle Chiese e gli stessi princìpi hanno condotto in seguito al dialogo interreligioso con le religioni non cristiane.
La Chiesa ne prese subito le distanze e Papa Pio XI pubblicò, già nel 1928, l’enciclica Mortalium animos, in cui lo condannava, non soltanto perché inopportuno a causa delle circostanze, ma perché i princìpi a cui faceva appello sono contrari alla fede e alla buona dottrina, poiché inducono la confusione nelle anime ed il relativismo, lasciando credere che ogni religione possa contribuire alla salvezza.

Problemi della Curia romana: sempre peggio purtroppo. Rumores da Roma



In questo tempo di quarantena da coronavirus vi abbiamo tenuti, il più possibile, aggiornati sulla situazione della Chiesa. Ultimamente ci sono giunte, da fonti altissime, alcune spiacevoli novità. 

Abbiamo avuto conferma che la tragica decisione di chiudere le chiese di Roma (il 12 marzo 2020) sia stata presa dal Card. Vicario De Donatis su decisione espressa del Santo Padre Francesco. Decisione, come ben noto, che suscitò accese polemiche (vedere QUI, QUI e QUI) e che venne revocata il giorno successivo. Questo sgradevole episodio ha lasciato strascichi in Curia Romana, ci dicono infatti che i rapporti tra il Card. Vicario (lasciato come si suol dire, "col cerino in mano") ed il Santo Padre non siano dei migliori, anzi, pare si parlino appena. 
Ma la tremenda crisi che colpisce la Curia Romana non riguarda solo il Vicariato della Diocesi di Roma. Ci giungono fondate notizie di una Segreteria di Stato, de facto commissariata, e gestita dal Sostituto Mons. Edgar Pena Parra (chiacchieratissimo, QUI,, QUI e QUI) ragion per cui il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, sarebbe stato sul punto di dare le dimissioni. 
Peraltro sono in molti (tra cui diversi cardinali prefetti) a pensare che l'oramai famigerata "riforma della Curia" (in gestazione da quasi 7 anni e di prossima pubblicazione) sia da considerarsi il grande fallimento di questo pontificato che si è incartato su posizione ideologiche (ecologismo, immigrazionismo, etc.) abbandonando l'afflato spirituale dei primi tempi.
A tutto ciò, si aggiunge, il vero e proprio terrore di molti prelati a recarsi in udienza dal S. Padre. L'esperienza vissuta dal Card. De Donatis (e da altri in numerose occasioni) fa temere che possa ricapitare e vedersi così, "strigliati" ed allontanati in malo modo (è un eufemismo) semplicemente per aver obbedito ad un ordine che poi potrebbe essere revocato nelle ore successive (come successo il 26-27 aprile u.s. con la C.E.I. sul comunicato della riapertura della S. Messe al popolo QUI). 
Queste tragiche conferme che ci arrivano da Roma ci spingono a pregare sempre di più affinché il Signore illumini le menti e i cuori di coloro che sono al servizio di Santa Romana Chiesa.
Luigi

lunedì 18 maggio 2020

La Chiesa"una nave senza timoniere".


La storia della Chiesa è fatta di cambiamenti e opposizioni. Anche durante il Concilio Vaticano II, che molte novità introdusse nel mondo cristiano cattolico, come il liberalismo condannato esplicitamente dal pontefice Gregorio XVI e il modernismo - “la sintesi di tutte le eresie” - condannato da Papa san Pio X nella lettera enciclica Pascendi Dominici Gregis. Il cristianesimo liberale, o cattolicesimo liberale, è una corrente religiosa e politica, nata e sviluppatasi nell'Europa del XIX secolo, che mirava a conciliare il pensiero cristiano con i principi liberali di libertà civili e sociali. La corrente liberale ebbe una particolare rilevanza all'interno della Chiesa cattolica. I cattolici liberali furono favorevoli a un'affermazione della libertà di coscienza, di stampa e di associazione, della separazione fra Stato e Chiesa. Lo Stato, secondo Lamennais, doveva essere "indifferente in tema di religione". Le idee proposte non vennero giudicate bene dalla Santa Sede, tanto che nel 1832 papa Gregorio XVI condannò esplicitamente le idee di Lamennais con l'enciclica Mirari vos. Nel 1864 Pio IX riaffermò l'incompatibilità del liberalismo con la pubblicazione del Sillabo (cfr. SILLABO DEGLI ERRORI PUBBLICATO DAL PAPA PIO IX PRESENTAZIONE DI DON CURZIO NITOGLIA). Invece, riguardo all'eresia Modernista o meglio complesso di eresie sorte in seno alla Chiesa al principio del XX secolo sotto l’influsso della filosofia e della critica moderna, con la pretesa di elevare e di salvare la religione e la Chiesa cattolica attraverso un radicale rinnovamento, nella sua enciclica Pascendi, Papa san Pio X osserva che ci sono nella Chiesa molti laici e sacerdoti “i quali, sotto finta di amore per la Chiesa, scevri d’ogni solido presidio di filosofico e teologico sapere, tutti anzi penetrati delle velenose dottrine dei nemici della Chiesa, si dànno, senza ritegno di sorta, per riformatori della Chiesa”. Il Papa evidenzia che i Modernisti “non pongono già la scure ai rami od ai germogli; ma alla radice medesima, cioè alla fede ed alle fibre di lei più profonde” e che “nessuna parte risparmiano della cattolica verità, nessuna che non cerchino di contaminare”. Egli continua dicendo che essi “la fanno promiscuamente da razionalisti e da cattolici, e ciò con sì fina simulazione da trarre agevolmente in inganno ogni incauto”; “posseggono, di regola, la fama di una condotta austera” e “adagiatisi in una falsa coscienza, si persuadono che sia amore di verità ciò che è infatti superbia ed ostinazione”. Il Modernismo è un ibrido di cattolicismo verbale con un reale razionalismo naturalistico, in base a tre falsi sistemi filosofici:

• Agnosticismo (dal Kantismo), che mette insieme soggettivismo, fenomenismo e relativismo, svalutando la cognizione razionale.

• Immanentismo, per cui la coscienza umana porta in sé virtualmente ogni verità, anche quella divina, che si sviluppa sotto lo stimolo del senso religioso (dalla dottrina di Kant e di Schleiermacher).

• Evoluzionismo radicale, per cui la vera realtà non è l’essere, ma il divenire dentro e fuori dell’uomo (da Hegel e più ancora da Bergson).

Ciò porta alle seguenti conseguenze d’indole religiosa: 

• Impossibilità di dimostrare un Dio personale, distinto dal mondo. 

• La religione e la rivelazione sono un prodotto naturale della nostra sub-coscienza e il dogma ne è l’espressione provvisoria, soggetta a perenne evoluzione. 

• La Bibbia non è un libro divinamente ispirato e però dev’essere studiato criticamente come libro umano, soggetto ad errori. 

• La scienza non ha nulla a che fare con la fede: il critico come tale può negare ciò che ammette come credente. 

• La divinità di Cristo non si ricava dagli Evangeli, ma è frutto della coscienza cristiana. 

• Il valore espiatorio e redentivo della morte di Cristo è opinione di S. Paolo. 

• Cristo non ha istituito la Chiesa né il primato di Pietro, passato poi ai Romani Pontefici: la odierna organizzazione ecclesiastica è la risultante di umane contingenze e può mutarsi continuamente. 

• I Sacramenti furono istituiti dagli Apostoli, che credevano così d’interpretare le istruzioni del Maestro. Questi Sacramenti servono soltanto a tener vivo negli uomini il pensiero della presenza del Creatore sempre benefica. 

• Il dogmatismo rigido della Chiesa romana è inconciliabile con la vera scienza, che è legata all’evoluzione universale e ne segue le sorti.

S. Pio X conclude giustamente che il Modernismo, in forza di questi principi deleteri, conduce all’abolizione di ogni religione e quindi all’Ateismo. La Chiesa ha chiaramente definito nel suo magistero perenne la dottrina cattolica sulla salvezza delle anime. Uno stravolgimento, invece, avviene durante il Concilio Vaticano II, dove si verifica una svolta radicale sulla Chiesa ed il suo ruolo di evangelizzazione. La nuova base dottrinale su cui tali cambiamenti si fondano si può riassumere in una parola: ecumenismo. Il termine ecumenismo designa il movimento, nato in gruppi di non-cattolici nel XIX secolo, che ha per scopo la collaborazione e l’avvicinamento delle diverse confessioni cristiane. Questa corrente giunse nel 1948 alla fondazione del Consiglio ecumenico delle Chiese e gli stessi princìpi hanno condotto in seguito al dialogo interreligioso con le religioni non cristiane. La Chiesa ne prese subito le distanze e Papa Pio XI pubblicò, già nel 1928, l’enciclica Mortalium animos, in cui lo condannava, non soltanto perché inopportuno a causa delle circostanze, ma perché i princìpi a cui faceva appello sono contrari alla fede e alla buona dottrina, poiché inducono la confusione nelle anime ed il relativismo, lasciando credere che ogni religione possa contribuire alla salvezza. Questa enciclica è molto chiara e direi quasi profetica, perché con essa il magistero della Chiesa condanna in anticipo gli errori attuali. Il Concilio Vaticano II ci è stato presentato come una nuova Pentecoste, l’alba di un’espansione della Chiesa, un torrente di audacia e di energia proprio in linea con gli anni ’60. Come diceva Paolo VI chiudendo il Vaticano II il 7 dicembre 1965: “Il suo atteggiamento [del concilio] è stato molto e volutamente ottimista”. La realtà era meno brillante: gli uomini del Concilio avevano una mentalità da sconfitti, da vinti in anticipo. Erano in verità disfattisti, “losers” come si direbbe oggi. I passi da fare sembravano loro troppo grandi perché la loro fede era troppo debole. Avevano già rinunciato alla lotta, non credendo più nella vittoria di Cristo. Come sta avvenendo ancora oggi, perché non credendo più nella grazia, nella potenza di Cristo, nella forza della verità si sono arresi al potere del mondo. "Nel tentativo di soddisfare le esigenze dell'epoca, la Chiesa rischia il pericolo di perdere la sua coraggiosa voce profetica, una voce che il mondo ha bisogno di sentire". “Che Nostro Signore regni". Questo non è impossibile, o altrimenti bisogna dire che la grazia del Santo Sacrificio della Messa non è più la grazia, che Dio non è più Dio, che Nostro Signore Gesù Cristo non è più Nostro Signore Gesù Cristo. Bisogna confidare nella grazia di Nostro Signore, perché Nostro Signore è onnipotente.

Hyldegardis

venerdì 15 maggio 2020

Verso la strutturazione di uno stato totalitario. di Pier Luigi Bianchi Cagliesi


Conte 2
Tavolo di Lavoro sul dopo-coronavirus

Da reclusi agli arresti domiciliari a sorvegliati speciali

Verso la strutturazione di uno stato totalitario

di Pier Luigi Bianchi Cagliesi
L’emergenza coronavirus ha fatto emergere una lunga serie di contraddizioni che giacevano sotto traccia, seppellite dall’ottimismo imperante.

Abbiamo vissuto in questi mesi una gestione dell’emergenza che un giorno sarà oggetto di di analisi approfondite perché all’ombra della fase di emergenza è stato avviato un laboratorio vero e proprio per la trasformazione del Paese, con l’ausilio di cosiddetti esperti e tecnici che Mons. Viganò ha definito:” persone senza nome e senza volto che possono decidere le sorti del mondo”.

Al momento presente, ammesso che si possa parlare di dopo-coronavirus, l’immediata sensazione che si fa strada è la trasformazione in atto della cosiddetta post emergenza in gestione stabile di una emergenza che dovrebbe diventare permanente. Vorrei uscire da dibattiti e analisi spesso teoriche per accompagnare sentimenti e riflessioni del Paese reale. Mi riferisco ai 60 milioni di italiani, che da un giorno all’altro sono stati reclusi nelle loro case, ma che a oltre due mesi di “arresti domiciliari”, hanno iniziato ad uscire dallo stato confusionale iniziale, quasi surreale, per cercare di capire cosa stia realmente accadendo.

La fine della fase 1, come stiamo constatando, non solo prosegue l’itinerario già avviato nella progressiva limitazione delle libertà individuali, ma lascia anche intravedere sempre più chiaramente scenari molto preoccupanti sul versante economico. La fase 2, sarà quella del terremoto economico e finanziario e delle misure per il contenimento e la prevenzione del virus, utilizzando strumenti per il controllo globale della popolazione, con ulteriori restrizioni alle già ridotte libertà individuali: da reclusi agli arresti domiciliari a sorvegliati speciali. L’aspetto del controllo globale e della restrizione delle libertà individuali, costituisce la deriva più preoccupante di tutto il processo in corso e una pericolosa avvisaglia di un progetto di governo mondialista che l’Arcivescovo Schneider ha definito una dittatura bio-sanitaria o psico-sanitaria. Lo stesso Arcivescovo, Mons. Carlo Maria Viganò, nel coraggioso e lucidissimo appello pubblicato l’8 Maggio 2020 [LEGGI QUI], ha fatto riferimento esplicito a “subdole forme di dittatura, presumibilmente peggiori di quelle che la nostra società ha visto nascere e morire nel recente passato”, e ad una ”odiosa tirannide tecnologica in cui persone senza nome e senza volto possono decidere le sorti del mondo, confinandoci ad una realtà virtuale. Queste modalità di imposizione illiberali, preludono in modo inquietante alla realizzazione di un Governo Mondiale fuori da ogni controllo”.

C’è un confine invalicabile e una linea rossa che delimita il limite estremo oltre il quale si rischia di precipitare in un regime totalitario. Vale la pena ricordare che la fine della certezza del diritto e l’inizio della repressione vera e propria, tanto nel regime nazista come in quello comunista, passava per una apparente confusione normativa che lasciava ai regimi la possibilità di interpretare liberamente norme strumentalizzabili, sempre a danno dei cittadini, aprendo la strada alla repressione e alla persecuzione vera e propria. Su questo aspetto sarebbe necessario sollevare un dibattito ed evidenziare come l’attuale deriva in corso, se sottovalutata e non contrastata efficacemente potrebbe favorire il veloce passaggio verso uno stato totalitario. Gruppi e associazioni che fino ad oggi hanno lottato coraggiosamente per la difesa dei valori non negoziabili, potrebbero veder vanificare ogni futura azione o iniziativa, se questa meccanismo repressivo dovesse strutturarsi nel nostro Paese.

Gli italiani cominciano a prendere coscienza di quanto sta accadendo e non si sentono più tutelati nei loro elementari diritti né dal governo né da una classe politica che in nome dell’emergenza ci sta abituando a procedure e modalità in aperta violazione dei dettami costituzionali, anche a causa di una latitanza delle forze politiche di opposizione che su alcuni aspetti determinanti sembrano in molti casi sempre più appiattite se non allineate al pensiero dominante e politicamente corretto. Una strana e ambigua latitanza nei confronti di una popolazione che avverte ogni giorno di più una diffusa sensazione di abbandono.

Non è un problema da poco e occorre aumentare l’attenzione e la sensibilità su questo passaggio decisivo, già in fase di realizzazione, che ci sta conducendo verso la perdita progressiva delle nostre libertà individuali. Occorre svegliarsi prima che sia troppo tardi.
[Sullo stesso argomento vedi anche l’articolo del prof. Giovanni Turco: LEGGI QUI ]

Si autem non vis, non possumus nos

Gli idoli sull’altare della chiesa dei Martiri Cattolici Inglesi di Hornchurch, Diocesi di Brentwood : non c'è bisogno di aggiungere altro!

Non possiamo non dobbiamo non vogliamo


Fra i vari idoli hanno però dimenticato di piazzare quello della Pachamama... E poi per essere più ironici, la chiesa dove faranno questo rivoltante atto di sincretismo è intitolata ai Santi Martiri Inglesi, evidentemente martiri per essere stati troppo poco ecumenici e dialoganti....
Non occorre aggiungere altro.

Coronavirus, nuova imposizione alla Cei sulle messe, massimo 200 fedeli in chiesa lo stabilisce Lamorgese




Città del Vaticano - Massimo 200 persone. Non una di più. Vietato - anzi vietatissimo - superare questo limite. Nelle chiese - a partire da lunedì - non ci potranno essere che più di 200 fedeli. E' quanto ha stabilito il Comitato dei Tecnici che lo ha comunicato con una lettera al presidente dei vescovi, il cardinale Gualtiero Bassetti.La singolare decisione arriva dopo l'approvazione del protocollo sulla ripresa delle messe che lasciava ad ogni parroco o vescovo la responsabilità di stabilire il numero massimo in base alla capienza. In questo modo appare come una sorta di correzione e di aggiunta rispetto a quanto era stato precedemntemente stabilito, visto che si faceva inizialmente riferimento al numero imprecisato di fedeli da stabilire in base alla ampiezza degli edifici.

Evidentemente deve essere subentrata una seconda fase di approfondimento che ha portato alla lettera inviata a Bassetti e alla nuova imposizione numerica. «Il Cts ritiene che eventuali cerimonie religiose celbrate all'aperto, se organizzate e gestie in coerenza con le misure raccomandate debbano prevedetere la partecipazione massima di 1000 persone». La lettera - diffusa dal vaticanista Francesco Grana - è firmata dal capo dipartimento, Michele di Bari e porta la data del 13 maggio.

mercoledì 13 maggio 2020

Maria Santissima « Per salvare l’umanità sono venuta a chiedere la devozione al mio Cuore Immacolato ».



Sia lodato Gesù Cristo, nostro Signore e la sua Santissima Madre, Maria. 

Cari fratelli e sorelle, oggi, 13 maggio, ricordiamo la data della prima apparizione della Madonna a Fatima, nella Cova d’Iria, ai tre pastorelli Francesco, Giacinta e Lucia. 

In quel 13 maggio del 1917, quando in buona parte dell’Europa rombavano i cannoni e gli eserciti dei vari imperi e regni si confrontavano in sanguinose carneficine, la Vergine Maria, in obbedienza alla divina volontà, ha scelto questo umile villaggio del Portogallo, per portare un messaggio antico e sempre nuovo. 

Non è una novità, circa la scelta del luogo assolutamente anonimo dove si è mostrata. 

Circa sessant’anni prima, aveva scelto un altro sconosciutissimo villaggio sotto i Pirenei, Lourdes, per dialogare con una fanciulla povera, debole e senza un minimo di cultura di questo mondo. 

Se andiamo indietro nella storia, ci rendiamo conto che questa strategia soprannaturale è una costante dell’agire di Dio e dei suoi ambasciatori, prima fra tutte Maria. 

Sul perché di Lourdes, Fatima e altri luoghi che diventeranno segni privilegiati della presenza di Dio, tante argomentazioni sono state portate, molteplici dibattiti si sono aperti e chiusi senza trovare nulla di sensazionale; l’unica cosa che possiamo pensare e dire, e che Dio e i suoi collaboratori non guardano ciò che il mondo tiene in grande considerazione per fare le loro scelte. 

La condizione necessaria affinchè Dio possa posare il suo sguardo su un luogo, e che lì vi siano delle persone dal cuore semplice, libere da pregiudizi e profondamente innamorate della fede cristiana. 

Persone che non hanno la presunzione di cambiare la dottrina della fede, perché, se Gesù è arrivato a dire che lui non era venuto a cambiare neanche un trattino della legge antica, così non possiamo farlo noi. 

Dio…la Vergine Maria, sua più grande e insostituibile collaboratrice, hanno sempre trovato anime belle con queste caratteristiche e soprattutto nei bambini, che rispecchiano maggiormente l’identità dei “piccoli” del Vangelo, hanno individuato il luogo vitale per depositare quei grandi messaggi che poi, con la forza e generosità della fede dei singoli, si sono divulgati in tutto il mondo. 

Oggi, ricordare il 103simo anniversario di quella apparizione, con ciò che l’aveva preparata e con quelle che seguiranno, significa renderci conto ancora una volta e di più che Dio ci ama di amore infinito…che ci porta non solo nel cuore, ma che viviamo nella sua stessa vita. 

Quel giorno e quell’anno, non erano certo sinonimo di pace, tranquillità, serenità nelle famiglie, nei paesi e nelle nazioni. 

I popoli si stavano combattendo creando delle raccapriccianti carneficine, e di lì a poco, sarebbe scoppiata quella tremenda epidemia che fu chiamata la “febbre spagnola” che seminò migliaia di vittime in tutta Europa e non solo. 

Anche i nostri libri storici parrocchiali, riportano delle notizie inerenti a ciò. 

In mezzo a questo trambusto, Maria Santissima ha fatto soffiare un dolce vento per attirare l’attenzione di quei tre bambini intenti a pascolare le loro pecore. 

E’ bello pensare che abbia comunicato con loro attraverso il dialetto che conoscevano, perché anche loro erano sprovvisti di quella cultura di base che oggi ci appartiene. 

Maria, dirà tante cose a quei bambini…tante e grandi per la loro piccola testolina, ma sapranno custodirle con amore e affidarle a quelle mani e quei cuori che poi sapranno presentarli alla Chiesa e al mondo per interpretarle in modo intelligente e soprattutto illuminato dalla fede. 

Fatima, con le sue apparizioni, diventerà famosa per i segreti e anche se ai nostri giorni sembra che tutto sia spiegato, poiché si è concretizzato, tuttavia, non vogliamo avere la presunzione di dire che abbiamo svelato il mistero di Dio. 

I segreti di Fatima non sono più importanti di quella fede che in forza del nostro Battesimo siamo chiamati a vivere nei momenti belli e meno belli! 

Se i giorni, gli anni, i momenti della storia…possiamo classificarli così, belli e meno belli, gioiosi e tragici….quello che stiamo vivendo, come lo classifichiamo? 

Forse tragico…negativo…privo di speranza…ma per quale motivo? 

Per il virus che sta affliggendo i nostri corpi e la nostra psicologia? 

Anche in quel 13 maggio 1917 c’erano questi presupposti…c’era la guerra, la spagnola, gli imperi che avevano dato gloria e sicurezza ai popoli si stavano sfaldando creando tutte quelle incognite che noi oggi potremo paragonare alla recessione economica, ai danni causati alle attività produttive e commerciali e altre cose simili. 

Eppure, Maria, ha invitato quei bambini a pregare…si è presentata come la Regina del Santo Rosario e ha detto loro di pregarlo sempre, per la salvezza delle loro anime e di quelle che sono in purgatorio e per evitare di correre il rischio di essere preda delle fiamme dell’inferno. 

Questo è il male più grande che pare ci siamo dimenticati; non che dobbiamo vivere nella paura, ma neanche pensare che questa sia un’invenzione. 

Maria, ha mostrato a Francesco, Giacinta e Lucia quelle fiamme e ne sono rimasti spaventati. 

Oggi, ci rendiamo conto che la Chiesa stessa fa fatica a ricordare che queste sono realtà vere e rischiano di contagiare quella parte straordinaria di noi che si chiama anima. 

Questa sera, vogliamo affidarci tutti all’intercessione della Madonna e dei pastorelli di Fatima; Francesco e Giacinta, che il Signore ha voluto portare in Paradiso quasi subito dopo le apparizioni e oggi sono invocati come Santi. 

Lucia, che ha trascorso la sua lunga vita, protetta dalla vita religiosa e claustrale e oggi riposa vicina ai suoi piccoli amici nella prima Basilica di Fatima. 

Invochiamo la Madonna perché ci aiuti a purificarci dalle nostre cattive condotte nei riguardi della vita cristiana; la invochiamo ancora perché ci faccia venir fame di preghiera e ci accompagni a visitare le verità eterne della nostra fede cristiana, senza le quali non può esserci salvezza. 

Ancora, invochiamo la Madonna perché salvi la Chiesa e le faccia recuperare quello spirito di autenticità che tanto facilmente si può perdere essendo nel mondo. 

Preghiamo la Madonna perché ci aiuti a ripartire, dopo questa pandemia….dove ripartire non vuol dire soltanto riaprire strade, negozi, attività, ma soprattutto recuperare la nostra dignità di figli di Dio che sanno riconoscere quello che è giusto dare a Cesare e quello che è altrettanto giusto dare a Dio. 

Forse…tutti dobbiamo chiederci quanti pasticci abbiamo fatto fino a questo momento, mischiando sacro e profano, Cesare e Dio. 

Ci aiuti la Madonna ad essere saggi…ad avere il cuore semplice di quei pastorelli che hanno capito tutto pur non sapendo leggere e scrivere. 

Il tempo di Cesare è breve…tanto breve…potrebbe essere finito fra un istante. 

Il tempo di Dio è eterno! 

Il tempo di Cesare si paga con la moneta tintinnante…l’eternità di Dio non si compra e non si vende….si eredita in forza di quella fede che decidiamo di vivere in pace con Dio e tra di noi. 

Lunedì prossimo, 18 maggio, è una data importante. 

Riprenderemo anche a celebrare le Sante Messe con la partecipazione del popolo. 

Di quale popolo sto parlando? 

Voi che mi state ascoltando, chi pensate che sia il popolo che Dio sta aspettando? 

Se pensiamo che siano gli altri, rispetto a me….allora non abbiamo capito niente! 

Se invece questo nuovo inizio ci interpella dal vivo, allora siamo sulla strada giusta. 

Vergine Santa, parla al nostro cuore e donaci il coraggio di Francesco, Giacinta e Lucia, che non avevano paura delle minacce che venivano loro fatte; aiutaci a risollevarci nel corpo e nello spirito e dona alle nostre Comunità la gioia dello spirito, la fierezza dell’essere cristiani, il desiderio dell’annuncio profetico, senza guardare in faccia a niente e nessuno. 

Con te, o Maria, senza cambiare le parole, diciamo a Gesù: Gesù mio, perdona le nostre colpe; porta in cielo tutte le anime, specialmente le più bisognose della tua misericordia.

Lorenzo e Stefano 

Non possiamo digiunare ne pregare con eretici apostati e pagani tanto meno con gli infedeli


Risposta al Sommo Pontefice in merito al digiuno chiesto alla Chiesa per il 14 Maggio 2020
Digiunare con gli infedeli provoca stress fisico e mentale. L’Alto Comitato per la fratellanza umana ha proposto un digiuno interreligioso, cioè un digiuno unito alla preghiera, cui dovrebbero unirsi cattolici, protestanti, ortodossi, musulmani, ebrei, buddhisti, induisti, sikh e così via per fermare la pandemia. Il digiuno e l'astinenza - insieme alla preghiera, all'elemosina e alle altre opere di carità - appartengono, da sempre, alla vita e alla prassi penitenziale della Chiesa: rispondono, infatti, al bisogno permanente del cristiano di conversione al regno di Dio, di richiesta di perdono per i peccati, di implorazione dell'aiuto divino, di rendimento di grazie e di lode al Padre. Nella penitenza è coinvolto l'uomo nella sua totalità di corpo e di spirito: l'uomo che ha un corpo bisognoso di cibo e di riposo, e l'uomo che pensa, progetta e prega; l'uomo che si appropria e si nutre delle cose, e l'uomo che fa dono di esse; l'uomo che tende al possesso e al godimento dei beni, e l'uomo che avverte l'esigenza di solidarietà che lo lega a tutti gli altri uomini. Digiuno e astinenza non sono forme di disprezzo del corpo, ma strumenti per rinvigorire lo spirito, rendendolo capace di esaltare, nel sincero dono di sé, la stessa corporeità della persona. Ma perché il digiuno e l'astinenza rientrino nel vero significato della prassi penitenziale della Chiesa devono avere un'anima autenticamente religiosa, anzi cristiana. Ci preme pertanto riproporre il significato del digiuno e dell'astinenza secondo l'esempio e l'insegnamento di Gesù e secondo l'esperienza spirituale della comunità cristiana. Occorre, per questo, riscoprirne l'identità originaria e lo spirito autentico alla luce della parola di Dio e della viva tradizione della Chiesa. Beatissimo Padre noi non possiamo obbedire né accogliere questo invito a digiunare con chi non professa la nostra stessa fede.

LETTERA APERTA DI DON FRANCESCO D’ERASMO

Carissimi lettori,
il 13 marzo 2020, un sacerdote cattolico don Francesco D'Erasmo, incardinato nella Diocesi di Civitavecchia-Tarquinia, svegliatosi alle prime luci dell'alba pensò di scrivere questa meravigliosa professione di Fede, ma prima di compiere questo atto incredibile di amore, per la Santa Chiesa, ma sopratutto un atto eroico e di grande  coraggio. Prima di stenderla ha pensato: "celebro la Santa Messa. Il mio Signore mi illuminerà!".

Lettera aperta
Al mio Vescovo, al legittimo Successore di Pietro, a colui che siede sulla Cattedra di Pietro, al Vescovo di Roma, e a tutti i vescovi d’Italia e dell’intera Chiesa Cattolica.
Mi rivolgo a voi in questa modalità, perché è forse l’unica capace di raggiungere efficacemente i destinatari.

Supplico pertanto tutti coloro che ne hanno la possibilità, di dare la massima visibilità, con ogni mezzo, a questo mio testo, senza timore per le conseguenze che esso possa avere su di me. Mi assumo personalmente tutta la responsabilità di quello che scrivo.
Io, Francesco D'Erasmo Sacerdote dell’Ordine dei Presbiteri della Chiesa Cattolica, ordinato a La Storta il 26 giugno 1999, nato a Milano il 29 gennaio 1974, nel pieno possesso delle mie facoltà, rivolgo questo mio appello ai destinatari di questo mio scritto e a tutti i cattolici e gli uomini di buona volontà.

Non vi basta stancare la pazienza degli uomini, perché ora vogliate stancare anche quella del mio Dio?

Avete per anni disprezzato il timore di Dio, spingendo in ogni modo ad un accesso sacrilego ai sacramenti e agli uffici ecclesiastici, ingannando il popolo di Dio sulla verità della fede cattolica al riguardo, ed abusando della vostra autorità, ed ora avete timore del contagio tanto da impedire ai fedeli qualunque accesso ai sacramenti?

Ed avete anche la spavalderia e l’arroganza di proclamare che a questo non siete obbligati, ma liberamente scegliete questo comportamento?

Perché non avete mai tolto i cattolici di intere nazioni dal dilemma se essere scomunicati per apostasia o pagare le tasse alla Chiesa Cattolica, come in Germania per esempio?

Ipocriti!

Che cosa è più importante per voi?

Servire Dio o Mammona?

Avete sostituito a Dio i vostri idoli!

Non crediate di fuggire all’ira imminente!

Voi potete giocare sulla pelle dei fedeli, perché non avete la più lontana idea di che cosa significhi per un vero cristiano essere privato della grazia dei sacramenti. Un cristiano è prontissimo a perdere la vita, ma non può vivere senza sacramenti!

Ma questo a voi non “scende nel cuore”. Tanto noi possiamo celebrare per conto nostro e assolverci tra di noi!

E i poveri fedeli?

Proprio ieri era il settimo anniversario di un avvenimento che è stato determinante riguardo a tutto questo. Proprio sette anni fa è iniziata la situazione per cui nella chiesa il supremo potere è in mano di chi si fa paladino della chiesa delle porte aperte. Proprio ieri, proprio nella Diocesi del Vicario di Cristo, proprio nella sua diocesi, è stata decisa la chiusura delle porte delle Chiese!

Per proteggere dal virus.

E chi protegge i fedeli dai lupi vestiti da agnelli?

E chi protegge i fedeli da una vita senza la Grazia dei sacramenti?

Proprio ieri Gesù ha detto: se non ascoltano Mosè e i profeti, non ascolteranno nemmeno se uno risuscita dai morti!

Lo so. Ma si dice anche che, se non possono correre i cavalli, devono correre gli asini.

Io sono un povero asino, peccatore, sempliciotto, alcuni sono convinti che sia anche malato di mente. Non posso venire a voi con alcuna autorità particolare. Non ho avuto particolari rivelazioni, se non la voce della coscienza. Mi appello allora alla vostra ragione, alla vostra coscienza, se anche il vostro cuore fosse chiuso.

Provate a vedere se i fatti della storia non danno ragione a quello che il Cielo sta annunciando da anni, scomodando nientemeno che quella Vergine Madre, che per la prima volta era stata annunciata da Isaia ad Acaz.

Dio si accontenta di un atto di sincero pentimento.

Proprio lunedì ci è stata riproposta la meravigliosa preghiera del profeta Daniele.

La Vergine Maria chiede un atto di Consacrazione al Suo Cuore Immacolato. Niente più.

Ma non un atto di affidamento, giusto per scaramanzia, superficialmente dando più peso alle teorie di teologi da strapazzo che alle Sue parole.

Un atto sincero, che nasca dal fondo del cuore, in cui si pone piena fiducia nel Suo Cuore di Mamma, che Gesù ci ha donato per testamento dalla Croce.

Un atto che non può essere fatto ostinandoci contemporaneamente nei peccati e nella menzogna.

Pentitevi, convertitevi, e credete al Vangelo!

Evitate che il Signore debba ripetervi come a Pietro: vattene via da me, satana, perché non pensi secondo Dio ma secondo gli uomini!

Perché continuate a essere zoppi da tutte e due le gambe? Ciechi e guide di ciechi!

Ho assistito molti in punto di morte nella mia vita di sacerdote. Non è mai troppo tardi per tornare a Dio!

Vi supplico, lasciatevi riconciliare con Dio!


Chiedo perdono ai molti che non sono complici delle cose che denuncio, ovviamente non mi sto rivolgendo a tutti indiscriminatamente.

Chiedo ai fedeli di pregare perché noi tutti vostri pastori non abbiamo a subire la sorte dei vignaioli omicidi.

Ma qualora voi, destinatari di questo mio scritto, sentiste la tentazione di combattere me, per sopprimere la verità che vi dico, vi ricordo la sorte del faraone. E vi ricordo le parole di Gamaliele al sinedrio. Non siate stolti. Oltretutto se mi perseguitaste, non fareste che dare visibilità a queste mie parole. E qualcuno dovrebbe ricordarlo per esperienza. Il Signore non mi ha mai abbandonato. Ormai se ne sono accorti anche i demoni.

Voi, che calpestate la Parola di Dio, rileggete l’ultima pagina dell’Apocalisse. Gesù ci ha avvertito, il cielo e la terra passeranno, ma le Sue Parole non passeranno prima che tutto sia compiuto!

Ognuno del resto porta la responsabilità delle proprie decisioni e omissioni.

Al Signore Dio Onnipotente, Creatore del Cielo e della terra, ho offerto la mia vita nel sacerdozio e tento di offrirla nonostante i miei molti tradimenti nella fedeltà quotidiana. A Lui rinnovo, per le mani di Maria Santissima, Madre Immacolata del Suo divin Figlio Gesù Cristo, l’offerta e la consacrazione di tutto me stesso, perché tutto ciò che in me è di ostacolo alla Gloria di Dio sia bruciato dal Fuoco dello Spirito Santo, e tutto quello che resta non sia altro che umile corona gettata ai piedi dell’Agnello per la Gloria di Dio.

Nel Nome del Padre, e del Figlio, e dello Spirito Santo. Amen.

In fede

Francesco d’Erasmo

Diocesi di Civitavecchia-Tarquinia, 13 marzo 2020.

Fonte INFORMATORE ROMANO


martedì 12 maggio 2020

Il desiderio di Dio è il nostro vero fine

)

Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia; e tutte queste cose vi saranno sopraggiunte" (Matteo 6:33)

Bisogna ricercare la verità e la giustizia, seguendo la ragione e non il proprio interesse, e obbedendo a Dio. La vita vi è concepita come ricerca appassionata del sapere vero e della virtù di giustizia. Ma che cosa è il Bene ( il regno di Dio) che stavamo cercando ? Di fronte a questa domanda esistono due maniere di porsi: negare che sia una domanda legittima, oppure prenderla in tutta la sua serietà. La prima posizione è quella del nichilismo; la seconda, dello spirito religioso. Questo è il vero spartiacque fra chi non crede in nulla e chi crede in qualcosa. Chi non crede in nulla giudica che sia una domanda priva di senso; chi crede in qualcosa, o è alla ricerca di qualcosa, ritiene che sia la domanda decisiva, dalla quale dipende tutto il resto. Il fine ultimo dell’esistenza è tornare a Dio.

Quando professiamo la nostra fede, cominciamo dicendo: « Io credo » oppure: « Noi crediamo ». Perciò, prima di esporre la fede della Chiesa, così come è confessata nel Credo, celebrata nella liturgia, vissuta nella pratica dei comandamenti e nella preghiera, ci domandiamo che cosa significa « credere ». La fede è la risposta dell'uomo a Dio che gli si rivela e gli si dona, apportando nello stesso tempo una luce sovrabbondante all'uomo in cerca del senso ultimo della vita. 

Il desiderio di Dio è inscritto nel cuore dell'uomo, perché l'uomo è stato creato da Dio e per Dio; e Dio non cessa di attirare a sé l'uomo e soltanto in Dio l'uomo troverà la verità e la felicità che cerca senza posa: "L'uomo è creato per lodare, riverire e servire Dio nostro Signore, e così raggiungere la salvezza; le altre realtà di questo mondo sono create per l'uomo e per aiutarlo a conseguire il fine per cui è creato. Da questo segue che l'uomo deve servirsene tanto quanto lo aiutano per il suo fine, e deve allontanarsene tanto quanto gli sono di ostacolo. Perciò è necessario renderci indifferenti verso tutte le realtà create (in tutto quello che è lasciato alla scelta del nostro libero arbitrio e non gli è proibito), in modo che non desideriamo da parte nostra la salute piuttosto che la malattia, la ricchezza piuttosto che la povertà, l'onore piuttosto che il disonore, una vita lunga piuttosto che una vita breve, e così per tutto il resto, desiderando e scegliendo soltanto quello che ci può condurre meglio al fine per cui siamo creati"(esercizi di Sant'Ignazio). 
La giustizia a cui l’uomo è chiamato, è una risposta esigente alla giustizia di Dio, che presenta i tratti della Misericordia e del Perdono, della Grazia e della Fedeltà. 
Allo stesso tempo possiamo notare, soprattutto negli scritti Sapienziali, come la giustizia di Dio sia rivolta in modo particolare ai poveri e ai sofferenti. Leggiamo nel Salmo 98 che “Il Signore ha manifestato la sua salvezza, agli occhi dei popoli ha rivelato la sua giustizia”. Ancora nel Salmo 103 si dice che “il Signore ha compiuto atti di giustizia, ha reso il diritto a tutti gli oppressi”.Tale giustizia tra Dio e l’uomo viene portata a compimento da Cristo, divenendo “una nuova e definitiva alleanza, quale compimento messianico della giustizia salvifica di Dio e anticipazione escatologica dei ‘nuovi cieli e della nuova terra in cui avrà dimora stabile la giustizia’ (2Pt 3,13)”.Il fine dell’uomo non è infatti il dominio della realtà creata, ma la contemplazione di Dio: tale fine l’uomo lo raggiunge compiendo quell’itinerario fatto di impegno e di sforzo per orientare tutta la realtà creata, con e attraverso l’uomo, in quell’ordine finalistico che ha come termine Dio. In questo senso diviene centrale e fondamentale il rapporto tra la giustizia e la fede, proprio perché non può esserci l’una senza l’altra. O meglio la fede, in particolare la fede in Gesù Cristo, si pone come l’orizzonte di precomprensione della giustizia, che a sua volta riceve dalla fede una nuova luce. 
Oggi molti cristiani pensano che con la morte finisca tutto. Quale grave errore! 
L’uomo ha un’anima spirituale e immortale che, nel momento della morte, si stacca del proprio corpo e, trovandosi al cospetto di Dio, dovrà ricevere – come insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica citando i Concili – una retribuzione eterna, in un giudizio particolare, che mette la sua vita in rapporto a Cristo. Per cui, o passerà attraverso una purificazione, il Purgatorio, o entrerà immediatamente nella beatitudine del cielo, il Paradiso, oppure si dannerà immediatamente per sempre, Inferno. Sia il Vangelo e la Chiesa a riguardo così ammoniscono: “Siccome non conosciamo né il giorno né l’ora bisogna, come ci avvisa il Signore, che vegliamo assiduamente affinché, finito l’unico corso della nostra vita terrena, meritiamo con Lui di entrare al banchetto nuziale ed essere annoverati fra i beati, né ci si comandi come a servi cattivi e pigri di andare al fuoco eterno, nelle tenebre esteriori dove ci sarà pianto e stridore di denti”. 
Non rimandiamo il momento della conversione ma, facendo un attento esame di coscienza, decidiamo la Confessione e l’inizio di una vita nuova con Gesù. Infatti, ammonendoci ci ricorda, “che giova all’uomo guadagnare il mondo intero se poi perde la propria anima?”


Hildegardis 

P.S Questo scritto e un rimando alla vicenda Silvia/Aisha che ha apostatato alla Vera Fede Cattolica per aderire a una falsa religione.(QUI)







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