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UN CANTANTE BLASFEMO A SANREMO



Articolo preso da 
Lo scandalo è stato architettato ad arte, come da copione. Al Festival di Sanremo è stato invitato Rufus Wainwright, un cantante omosessuale dichiarato, sposato a Nuova York col suo compagno e padre di una bimba avuta prendendo un utero in affitto. Quadretto edificante di una società al cui confronto Sodoma era un giardino d'infanzia. 



Wainwright è personaggio noto per aver cantato la blasfema Gay Messiah, sul cui contenuto non ci soffermiamo per decenza. Certo è che sentir oltraggiare Nostro Signore da uno che pretende rispetto per le sue personalissime scelte sessuali - che a nessuno interessano, peraltro - suona quantomeno contraddittorio: la tolleranza ed il rispetto di cui sono capaci i paladini dell'omosessualismo è tutt'altro che reciproca. Al contrario l'affermazione delle proprie perversioni diventa oggi l'alibi per legittimare i peggiori comportamenti ed imporli come modelli da imitare. 


Ovviamente alla Rai, specchio di una società degradata e senza morale, l'idea di invitare a Sanremo un omosessuale non è parsa vera, specialmente in vista del polverone che prevedibilmente avrebbero sollevato le Associazioni Cattoliche. L'audience non conosce vergogna, né tantomeno le facce dei dirigenti della televisione di Stato, foraggiati dai contribuenti con il canone. I quali rassicurano che il cantante sacrilego non canterà nulla di blasfemo né si farà crocifiggere sul palco dell'Ariston: nessuno scandalo, quindi. Tutto assolutamente normale. 


In un blog si legge indicativamente questo commento: Papa Francesco dimostrerebbe in questo caso sicuramente maggior apertura mentale rispetto a quella ristretta dei suoi Boys. Ogni commento è superfluo.


Alle persone di buon senso vien da chiedersi se, per il solo fatto di non bestemmiare nella specifica circostanza del Festival, questo grottesco personaggio meriti di essere invitato (e profumatamente pagato) ad una manifestazione seguita da milioni di Italiani. Ma come dicevamo basta essere omosessuali per ottenere il salvacondotto e non dover esser giudicati da nessuno. Se poi, contrariamente agli accordi presi, Rufus troverà il modo di propagandare il proprio discutibilissimo stile di vita o di offendere la religiosità dei credenti, la Rai potrà lavarsene pilatescamente le mani.






Rufus Wainwright e suo marito Jorn Weisbrodt




Questo ragionamento tollerante e comprensivo, tuttavia, non trova applicazione in tutti i casi. Se ad esempio si volesse invitare un cantante neonazista per una performance assolutamente neutra sotto profilo ideologico, a nessuno verrebbe in mente di prescindere da chi effettivamente è il cantante, e si solleverebbero i cori degl'indignati, quasi tutti provenienti dagli stessi ambienti che tra qualche giorno plaudiranno ipocritamente a Wainwright, per chiedere le dimissioni del Direttore Generale della Rai che propaganda il nazismo ad un concorso canoro. Se si chiamasse a Sanremo un mafioso, per cantare una canzone in dialetto che abbia per argomento il mare di Sicilia, nessuno presterebbe attenzione alla musica o al testo, quanto al fatto che invitarlo rappresenti una sorta di approvazione morale dei suoi crimini da parte della principale emittente nazionale. Dopo i diktat dell'ONU e del Parlamento Europeo, pure una coppia di cantanti sposata in chiesa e dichiaratamente cattolica susciterebbero le ire dei gruppi GLBT anche se cantasse Finché la barca va. Non parliamo poi dell'eventualità che si invitasse un cantante che fa la parodia di Maometto o che ha scritto canzoni contro gli Ebrei: sarebbe la rivolta. 


Invitare invece un omosessuale blasfemo che vilipende Gesù Cristo e San Giovanni Battista, a patto che non bestemmi in diretta, è cosa normale: canterà Across the Universe, dei Beatles, il cui ritornello è Niente cambierà il mio mondo. Perché non possiamo anche noi pretendere che nessuno cambi il nostro? Cesare Baronio

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