La Segnatura, in qualche modo, ha risposto. E noi pure
I fondatori dell’Associazione chierici “San Gregorio Magno” |
Se qualche anno fa i chierici dell'istituto del Buon Pastore, non si fossero fidati del vaticano e della sua gerarchia, oggi non avrebbero certi problemi giuridici ecclesiastici. Quante volte si è detto Roma ha perduto la Fede? Quella fede autentica che è maestra di verità. Quando la Roma di San Pietro e di San Paolo e di tutti i Sommi Pontefici, ritornerà alla fede di sempre allora con questa Roma si potrà dialogare, e lavorare per la salvezza delle anime. Oggi nel cuore della Roma cristiana per buona grazia degli innovatori e veri maestri di sventura, si annida un virus letale che non è altro che lo spirito della mondanità, del modernismo e del liberalismo , condannato da tutti i Papi, "eccetto gli ultimi". Preghiamo Dio onnipotente che dia presto alla sua Chiesa una gerarchia Timorata di Dio e sacerdoti secondo il Cuore di Cristo che Maria Santissima Madre della Chiesa interceda per tutti noi.
Alessandra
Sabato 22 febbraio 2014, Cattedra di San Pietro
1) La risposta della Segnatura e altri due segni analoghi
A chi in questi mesi ci ha chiesto notizie sulla situazione nell’Istituto del Buon Pastore, sulla battaglia identitaria dei resistenti dell’IBP e su eventuali novità, abbiamo spesso risposto di seguire questa rivista, nella quale si potevano trovare non poche risposte. Avevamo scritto che quando avessimo avuto dati certi e completi ne avremmo parlato pubblicamente nella medesima sede. Lo ricordiamo perché, anche per la comprensione dei recenti sviluppi, è importante non perdere di vista quanto già esposto, ed eventualmente rileggerlo.
Ciò premesso, abbiamo ora ulteriori elementi di cui dare comunicazione, possiamo infatti considerare che il Tribunale della Segnatura abbia ormai risposto. Ad esso erano stati inoltrati quattro ricorsi, da parte di tre sacerdoti dell’Istituto, inerenti vari aspetti oggetto di obiezione. Due di questi non hanno ancora avuto alcuna risposta; ma la comparazione dei tempi di scadenza ci fa ragionevolmente considerare - con un buon margine ormai, avendo noi ad cautelam ulteriormente atteso - che la procedura sia ormai completa. Vediamo dunque i due ricorsi che una qualche riposta esplicita l’hanno ricevuta.
Un primo ricorso - contenente soprattutto la domanda di conoscere alcuni documenti inerenti la vicenda - ha avuto una risposta negativa (Prot. n. 48339/13 CA PICTAVIEN, Electionis, Rev.dus St. Carusi - Pontificia Commissio Ecclesia Dei, del 17 settembre 2013). Si trattava peraltro di una risposta contenente qualche elemento interessante e tutt’altro che rassicurante quanto all’integrità degli Statuti: “Dalle risposte della Segnatura già qualche conferma”.
L’altro ricorso, incentrato sul rifacimento ad usum Delphini del corpo elettorale che ha proceduto alla nuova elezione (così sfacciata che anche in Burchina Faso avrebbero reagito), è stato inizialmente ammesso dal Tribunale (cfr. l’articolo in questione, “Dalle risposte della Segnatura già qualche conferma”): fattore già di una certa importanza, per i motivi esposti in parte nell’articolo appena citato e in parte in quello del 6 dicembre 2013 (“Le ragioni di una battaglia”).
Successivamente, con lettera datata 30 novembre e pervenuta al ricorrente l’11 dicembre 2013, è stato risposto che il ricorso era “peremptum” (decaduto, archiviato), adducendo motivi – si noti – di patrocinio economico e di decorrenza dei tempi. Infatti il ricorrente, non percependo più da mesi l’importo fisso dal suo Istituto (come peraltro ha dimostrato, trasmettendo alla Segnatura le buste paga vuote), ha fatto domanda di ricorso alla modalità, prevista dal regolamento del Tribunale, dell’assegnazione dell’avvocato d’ufficio. Possibilità rifiutata. Il rifiuto dell’avvocato d’ufficio è stato comunicato dopo i trenta giorni di scadenza e dicendo contestualmente che ormai erano passati i tempi ed il ricorso era ormai decaduto anche pagando (sicché non si poteva più nemmeno organizzare una colletta). Cosa che da una parte fa un po’ ridere, vista la famosa “Chiesa dei poveri”, e dall’altra vuol dire che ragioni più decenti per rifiutare il ricorso, di principio riconosciuto possibile, evidentemente non ne avevano.
A ciò si sono aggiunti altri due segni, che vanno nella stessa direzione:
a) è stato ufficialmente comunicato ai sacerdoti dell’Istituto, con lettera circolare dell’11 novembre 2013, che il Card. Ricard sarà il nostro «Cardinale-consiglio» (?). Si tratta del Porporato che recentemente ha confermato (cfr.Franc-Maçonnerie Magazine n. 26, sett.-ott. 2013, p. 22) di andare a riunioni della Massoneria, argomentando ai suoi sacerdoti che sarebbe una “periferia esistenziale” (e noi che pensavamo fosse “il Padrone del mondo”…). Una certa “messa sotto tutela” dell’IBP, ad esito e prolungamento del Commissariamento (cfr. Lettera dell’Ecclesia Dei annunciante la nomina dell’abate Forgeot a Commissario)?
b) Di per sé, la presenza d’una sorta di visitatore permanente non costituirebbe per noi problema. Ma il tempo della nostra resistenza interna ha palesato che la posizione maggioritaria nell’Istituto è purtroppo quella, da “palude”, che possiamo riassumere come segue:
«non sono d’accordo con l’insieme delle richieste del segretario della Pontificia Commissione Ecclesia Dei (pur suscettibili in sé di qualche discussione interna, come anche la Commissione rispose alle nostre critiche, ndr),
né con l’elogio che ne ha fatto l’abbé Laguérie, secondo cui tali massicce richieste sarebbero addirittura una «buona Provvidenza» (cfr. Mail collective aux prêtres du Bon Pasteur, 29 mars 2012, 10 h 52, “Document officiel”),
né con la sua ondivaga disponibilità al cambiamento statutario (cfr.Monde&Vie, 20 octobre 2012, Intervista all’abbé Laguérie),
…però non sono disposto a rischiare di compromettermi».
E se in maggioranza non si è disposti a combattere in difesa delle proprie specificità, che da quel progetto risulterebbero demolite, come si può pensare che la nomina di un “Cardinale-consiglio”, sommata al prepotente insediamento forzato dall’esterno del Superiore Generale, non costituirà un pericoloso condizionamento? Purtroppo le verità scomode si possono rimuovere (per un po’ di tempo), ma se il fattore prevalente fosse la volontà mondana di sicurezze umane ad ogni costo, stando «presso la pentola della carne» (Es. 16,1), perché mai avremmo fatto la scelta dell’IBP? Per quale motivo? Perché a noi piace il rito liturgico antico? Una questione di gusti, così come a uno piace il vino e ad un altro lo champagne?
2) La nostra risposta
Abbiamo presentato ricorso sia per utilizzare tutte le cartucce a nostra disposizione, volendo fare questa battaglia sino in fondo, sia per rimetterci, in ordine al nostro futuro, ai segnali che la Provvidenza ci avrebbe dato tramite il ricorso.
Avuti questi segnali, li abbiamo accettati. Grati alla Provvidenza innanzitutto perché - a differenza dei commissariamenti della Fraternità San Pietro e dei Francescani dell’Immacolata - stavolta una parte che agli abusi di autorità ha detto di “no” c’è stata. E alla buona Provvidenza siamo grati anche per la chiarezza della risposta (infatti ciò in cui speravamo non era né il “sì” né il “no”, ma un chiaro “sì” o un chiaro “no”).
Abbiamo verificato le eventuali disponibilità, abbiamo anche riflettuto e scelto uno per uno: e dopo essere finora rimasti ciascuno al proprio posto, abbiamo quindi preso atto che era l’ora di partire. Ma partire senza disgregarci e annullarci altrove (come stanno facendo altri, che prima non hanno voluto fare la battaglia interna sino in fondo): bensì restando uniti, sulla medesima linea.
Siamo partiti nella serena evidenza che non si tratta di questioni personali, ma di linea: noi ci rifiutiamo di prendere la strada dei prigionieri del “complesso da allineati” e della imprudente velleità di essere assolutamente “integrati” (così come respingiamo il carcere mentale di quel vortice ideologico ed estremista, da cui Mons. Lefebvre nel 1979 metteva in guardia). Alle appariscenti sicurezze mondane preferiamo il serbare la giusta libertà per la buona battaglia.
Pronti a tutto, e persuasi che è proprio la presenza di reazioni ciò che spesso frena le cattive tendenze, abbiamo dato vita a un nuovo soggetto, fedelmente identitario e giustamente flessibile sulle modalità organizzative: l’Associazione chierici “San Gregorio Magno”. Così, restando insieme ed offrendo un punto di riferimento, intendiamo dare il nostro contributo al bene comune, rappresentato da tale testimonianza (sia “in positivo”, sia “in negativo”) in favore della Tradizione Cattolica. Su questa piattaforma, chiediamo a chi condivide il nostro ideale di sostenerci. Cogliamo l’occasione per comunicare il nostro conto corrente: per versamenti dall’Italia (IBAN) IT 87 H053 0868 8300 0000 0002 003, per versamenti da fuori Italia aggiungere (BIC) BLOPIT22, intestato ad Associazione chierici San Gregorio Magno.
Intendiamo dunque concentrarci su cinque sostanziose attività, nell’attesa, fiduciosa e cooperante, dell’ora di Dio («si moram fecerit, expecta Eum, quia veniet et non tardabit», cantiamo nella Novena del Santo Natale). Eccole:
a) la formazione dei nostri seminaristi, nella fedeltà al Dottore Comune della Chiesa.
b) La rivista Disputationes Theologicae, ormai seguita in più Paesi (specialmente l’Italia e la Francia) da persone che apprezzano la franchezza ecclesiale. Volevano imbavagliarla, ricordate? La risposta è stata: non possumus (cfr. “Disputationes non si lascia imbavagliare”). Oggi come oggi, nella situazione attuale, questa voce libera deve continuare.
È uno strumento prezioso per continuare a fare quell’ampia critica costruttiva, in cui abbiamo ravvisato lo specifico del carisma originario dell’Istituto del Buon Pastore.
Proprio questo ci sembra il punto nevralgico, anche circa la famosa questione dell’«exclusive»: che senso ha – dopo aver approvato gli statuti dell’IBP pochi anni fa – fare scandalosamente pressione perché la dizione “rito proprio” sostituisca forzatamente, negli atti ufficiali o almeno nell’uso corrente, quella di “rito esclusivo” (per chi ha liberamente scelto l’Istituto)? Che senso ha, se non proprio quello che la seconda espressione ha un sapore di critica – pur lasciando il giudizio categorico alla Chiesa – della riforma liturgica da cui è uscito il rito moderno?
Come detto nell’articolo “Il rito proprio e l’ermeneutica della continuità sono sufficienti?”: non ce la sentiamo di accettare pienamente il “documento Pozzo” (o di simulare di accettarlo). Siamo volentieri disponibili a valorizzarne alcuni suggerimenti, come l’invito ad approfondire l’identità e il nostro cuore pastorale, ma non siamo disponibili - nelle presenti circostanze - a schiodarci da quel che ci disse alla fondazione il Card. Castrillon Hoyos: una sana critica, la critica costruttiva, può essere un gran servizio da rendere alla Chiesa.
c) La vita di preghiera in comunità, specialmente per il trionfo della Fede, per la Chiesa e per le anime, le quali, trovandosi in una grande prova, abbisognano particolarmente di insistenti preghiere.
d) La S. Messa tradizionale in comunità (ovviamente aperta a chiunque desideri venire). Pensando a quel che cantiamo nell’Adoro te devote: «cuius una stilla salvum facere totum mundum quit ab omni scelere»; e dunque con grande fiducia nei frutti del S. Sacrificio dell’Altare. Avremo peraltro la possibilità di accogliere un buon numero di intenzioni di Messa, le cui offerte possono rappresentare anche un prezioso aiuto per l’opera.
e) Il metterci a disposizione per le S.S. Confessioni in ambito diocesano, disponibilità che già da subito non dovrebbe presentare troppe difficoltà per nessuno. In spirito di carità ecclesiale e nella convinzione che un’ampia presenza al Confessionale, anche con la tendenza al calo del numero di sacerdoti, può rappresentare un buon aiuto: come alleggerimento per altri confratelli impegnati nelle parrocchie e come maggiore opportunità per le anime. Da parte nostra è stata offerta di cuore una disponibilità in tal senso, ricevendo oralmente qualche risposta positiva; quando chi di dovere ci chiamerà, andremo.
Alla Madonna del Rosario di Fatima, conservatrice del «dogma della fede», a S. Gregorio Magno, a S. Atanasio, ai S.S. Angeli custodi, alla cara anima di mons. Antonio Piolanti affidiamo questi propositi, perché possiamo in tal modo cooperare fedelmente, secondo la vocazione ricevuta, alla restaurazione della fede.
Don Stefano Carusi
Abbé Louis-Numa Julien
Sem. Łukasz Zaruski
Sem. Bartłomiej K. Krzyc
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