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Dio ci chiederà conto di tutto questo L’INFERNO C’E’ ! I PARTE


di
Don Giuseppe Tomaselli
"Se Dio castigasse subito chi lo offende, certamente non verrebbe offeso come lo è ora. Ma poiché il Signore non castiga subito, i peccatori si sentono incoraggiati a peccare di più. È bene sapere però che Dio non sopporterà per sempre: come ha fissato per ogni uomo il numero dei giorni della vita, così ha fissato per ognuno il numero dei peccati che ha deciso di perdonargli: a chi cento, a chi dieci, a chi uno. Quanti vivono molti anni nel peccato! Ma quando termina il numero delle colpe fissato da Dio, sono colti dalla morte e vanno all'inferno. "

(Sant'Alfonso M. de Liguori - Dottore della Chiesa)


ANIMA CRISTIANA, NON FARTI DEL MALE! SE TI AMI... NON AGGIUNGERE PECCATO A PECCATO! TU DICI: "DIO È MISERICORDIOSO!" EPPURE, CON TUTTA QUESTA MISERICORDIA... QUANTI OGNI GIORNO VANNO ALL'INFERNO!!

I

LA DOMANDA DELL’UOMO E LA RISPOSTA DELLA FEDE




UN COLLOQUIO INQUIETANTE


La possessione diabolica è una drammatica realtà che trovia­mo ampiamente documentata negli scritti dei quattro Evangelisti e nella storia della Chiesa.

È possibile, dunque, e c'è anche oggi.

II demonio, se Dio glielo permette, può prendere possesso di un corpo umano, o di un animale ed anche di un luogo.

Nel Rituale Romano la Chiesa ci insegna da quali elementi si possa riconoscere la vera possessione diabolica.

Per più di quarant'anni ho fatto l'esorcista contro Satana. Ri­porto un episodio tra i tanti che ho vissuto.

Fui incaricato dal mio Arcivescovo di cacciare il demonio dal corpo di una ragazza che era tormentata da qualche tempo. Sottoposta più volte a visite da parte di medici specialisti, era stata trovata perfettamente sana.

Quella ragazza aveva una istruzione piuttosto bassa, avendo frequentato soltanto le scuole elementari.

Nonostante questo, appena il demonio entrava in lei, riusciva a comprendere e ad esprimersi in lingue classiche, leggeva nel pensiero dei presenti e vari fenomeni strani avvenivano nella stanza, quali: rottura di vetri, forti rumori alle porte, movimento concitato di un tavolo isolato, oggetti che uscivano da soli da un cesto e cadevano sul pavimento, ecc...

All'esorcismo assistevano parecchie persone, tra cui un altro sacerdote e un professore di storia e di filosofia che registrava tutto per un'eventuale pubblicazione.

Il demonio, costretto, manifestò il suo nome e rispose a diverse domande.

- Mi chiamo Melid!... Mi trovo nel corpo di questa ragazza e non l'abbandonerò fino a quando non accetterà di fare quello che voglio io!

- Spiegati meglio.

- Io sono il demonio dell'impurità e tormenterò questa ragazza fino a quando non sarà diventata impura come la desidero io."

- Nel nome di Dio, dimmi: all'inferno c'è gente a motivo di questo peccato?

- Tutti quelli che sono là dentro, nessuno escluso, ci sono con questo peccato o anche solo per questo peccato!

Gli rivolsi ancora tante altre domande: - Prima di essere un demonio, chi eri?

- Ero un cherubino... un alto ufficiale della Corte Celeste. - Che peccato avete commesso voi angeli in Cielo?

- Non doveva farsi uomo!... Lui, l'Altissimo, umiliarsi così... non doveva farlo!

- Ma non sapevate che ribellandovi a Dio sareste sprofondati all'inferno?

- Lui ci disse che ci avrebbe messi alla prova, ma non che ci avrebbe puniti così... L'inferno!... L'inferno!... L'inferno!... Voi non potete comprendere che significhi il fuoco eterno!

Pronunciava queste parole con rabbia furibonda e con una tre­menda disperazione.



COME SI FA PER SAPERE SE L’INFERNO C'È?

Che cos'è questo inferno del quale oggi si parla troppo poco (con grave danno per la vita spirituale degli uomini) e che invece sarebbe bene, anzi, doveroso conoscere nella giusta luce?

È il castigo che Dio ha dato agli angeli ribelli e che darà anche agli uomini che si ribellano a Lui e disobbediscono alla sua legge, se muoiono nella sua inimicizia.

Prima di tutto conviene dimostrare che c'è e poi cercheremo di capire che cosa è.

Così facendo, potremo arrivare a delle conclusioni pratiche. Per abbracciare una verità la nostra intelligenza ha bisogno di solide argomentazioni.

Trattandosi di una verità che ha tante e così gravi conseguenze per la vita presente e per quella futura, prenderemo in esame le prove della ragione, poi le prove della divina Rivelazione e infine le prove della storia.



LE PROVE DELLA RAGIONE

Gli uomini, anche se molto spesso, poco o tanto, si comporta­no ingiustamente, sono concordi nell'ammettere che a chi fa il be­ne spetta il premio e a chi fa il male spetta il castigo.

Allo studente volonteroso spetta la promozione, allo svogliato la bocciatura. AI soldato coraggioso si consegna la medaglia al valor militare, al disertore è riservato il carcere. II cittadino onesto è premiato col riconoscimento dei suoi diritti, il delinquente va colpito con una giusta punizione.

Dunque, la nostra ragione non è contraria ad ammettere il ca­stigo per i colpevoli.

Dio è giusto, anzi, è la Giustizia per essenza.

II Signore ha dato agli uomini la libertà, ha impresso nel cuore di ognuno la legge naturale, che impone di fare il bene e di evita­re il male. Ha dato anche la legge positiva, compendiata nei Dieci Comandamenti.

È mai possibile che il Legislatore Supremo dia dei Comanda­menti e poi non si curi se vengono osservati o calpestati?

Lo stesso Voltaire, filosofo empio, nella sua opera “La legge na­turale” ebbe il buon senso di scrivere: "Se tutto il creato ci dimo­stra l'esistenza di un Ente infinitamente sapiente, la nostra ragio­ne ci dice che deve pur essere infinitamente giusto. Ma come po­trebbe essere tale se non sapesse né ricompensare né punire? Il dovere di ogni sovrano è di castigare le azioni cattive e di premia­re quelle buone. Volete che Dio non faccia ciò che la stessa giu­stizia umana sa fare?".



LE PROVE DELLA RIVELAZIONE DIVINA

Nelle verità di fede la nostra povera intelligenza umana può dare soltanto qualche piccolo contributo. Dio, Suprema Verità, ha voluto svelare all'uomo cose a lui misteriose; l'uomo è libero di accettarle o di rifiutarle, ma a suo tempo renderà conto al Creato­re della sua scelta.

La divina Rivelazione è contenuta anche nella Sacra Scrittura così come è stata conservata e viene interpretata dalla Chiesa. La Bibbia si distingue in due parti: Antico Testamento e Nuovo Te­stamento.

Nell'Antico Testamento Dio parlava ai Profeti e questi erano i suoi portavoce presso il popolo ebreo.

II re e profeta Davide scrisse: "Siano confusi gli empi, tacciano negli inferi" (Sa 13 0, 18).

Degli uomini che si sono ribellati contro Dio il profeta Isaia disse: "Il loro verme non morirà, il loro fuoco non si spegnerà" (Is 66,24).

Il precursore di Gesù, San Giovanni Battista, per disporre gli animi dei suoi contemporanei ad accogliere il Messia, parlò an­che di un compito particolare affidato al Redentore: dare il premio ai buoni e il castigo ai ribelli e lo fece servendosi di un paragone: "Egli ha in mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibi­le" (Mt 3, 12).



GESU’ HA PARLATO MOLTE VOLTE DEL PARADISO

Nella pienezza dei tempi, duemila anni fa, mentre a Roma im­perava Cesare Ottaviano Augusto, fece la sua comparsa nel mon­do il Figlio di Dio, Gesù Cristo. Ebbe allora inizio il Nuovo Te­stamento.

Chi può negare che Gesù sia veramente esistito? Nessun fatto storico è così tanto documentato.

II Figlio di Dio dimostrò la sua Divinità con molti e strepitosi miracoli e a tutti quelli che ancora dubitavano lanciò una sfida: "Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere" (Gv 2, 19). Disse inoltre: "Come Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell'uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra" (Mt 12, 40).

La risurrezione di Gesù Cristo è indubbiamente la prova più grande della sua Divinità.

Gesù faceva i miracoli non solo perché, mosso dalla carità, voleva soccorrere dei poveri ammalati, ma anche perché tutti, vedendo la sua potenza e comprendendo che veniva da Dio, po­tessero abbracciare la verità senza alcuna ombra di dubbio.

Gesù disse: "lo sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita" (Gv 8,12). La missione del Redentore era quella di salvare l'umanità, re­dimendola dal peccato, e di insegnare la via sicura che porta al Cielo.

I buoni ascoltavano con entusiasmo le sue parole e praticava­no i suoi insegnamenti.

Per invogliarli a perseverare nel bene, spesso parlava del gran­de premio riservato ai giusti nell'altra vita.

"Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, men­tendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli" (Mt 5, 11-12).

"Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria... e dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, rice­vete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione dei mondo" (cfr. Mt 25, 31. 34).

Disse inoltre: "Rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli" (Lc 10, 20).

"Quando dai un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti" (L c 14, 13-14).

“Io preparo per voi un regno, come il Padre mio l'ha preparato per me” (Lc 22, 29).



GESU’ HA PARLATO ANCHE DEL CASTIGO ETERNO

A un buon figlio, per obbedire, basta conoscere cosa desidera il padre: obbedisce sapendo di fargli piacere e di godere del suo affetto; mentre a un figlio ribelle si minaccia una punizione.

Così ai buoni basta la promessa del premio eterno, il Paradiso, mentre ai malvagi, vittime volontarie delle proprie passioni, è ne­cessario presentare il castigo per scuoterli.

Vedendo Gesù con quanta malvagità tanti suoi contemporanei e persone dei secoli futuri avrebbero chiuso gli orecchi ai suoi in­segnamenti, desideroso com'era di salvare ogni anima, parlò del castigo riservato nell'altra vita ai peccatori ostinati, cioè la puni­zione dell'inferno.

La prova più forte dell'esistenza dell'inferno è data dunque dalle parole di Gesù.

Negare o anche solo dubitare delle terribili parole del Figlio di Dio fatto Uomo, sarebbe come distruggere il Vangelo, cancellare la storia, negare la luce del sole.



È DIO CHE PARLA

Gli ebrei credevano di aver diritto al Paradiso soltanto perché erano discendenti di Abramo.

E siccome molti resistevano agli insegnamenti divini e non vo­levano riconoscerlo come il Messia inviato da Dio, Gesù, minac­ciò loro la pena eterna dell'inferno.

"Vi dico che molti verranno dall'oriente e dall'occidente e sie­deranno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno (gli ebrei) saranno cacciati fuori nel­le tenebre, ove sarà pianto e stridore di denti" (Mt 8, 11-12).

Vedendo gli scandali del suo tempo e delle generazioni future, per far rinsavire i ribelli e preservare dal male i buoni, Gesù parlò dell'inferno e con toni molto forti: "Guai al mondo per gli scan­dali! È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all'uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!" (Mt 18, 7).

"Se la tua mano o il tuo piede ti scandalizzano, tagliali: è me­glio per te entrare nella vita monco o zoppo, piuttosto che essere gettato con due mani e due piedi nell'inferno, nel fuoco inestin­guibile" (cfr. Mc 9, 43-46. 48).

Gesù, dunque, ci insegna che bisogna essere disposti a qua­lunque sacrificio, anche il più grave, come l'amputazione di un membro del nostro corpo, pur di non finire nel fuoco eterno.

Per sollecitare gli uomini a trafficare i doni ricevuti da Dio, co­me l'intelligenza, i sensi del corpo, i beni terreni... Gesù raccontò la parabola dei talenti e la concluse con queste parole: "Il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti" (Mt 25, 30).

Quando preannunciò la fine del mondo, con la risurrezione universale, accennando alla sua gloriosa venuta e alle due schie­re, dei buoni e dei cattivi, soggiunse: "... a quelli posti alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli" (Mt 25, 41).

II pericolo di andare all'inferno c'è per tutti gli uomini, perché durante la vita terrena tutti corriamo il rischio di peccare grave­mente.

Anche ai suoi stessi discepoli e collaboratori Gesù fece pre­sente il pericolo che correvano di finire nel fuoco eterno. Erano andati in giro per le città e i villaggi, annunziando il regno di Dio, guarendo gli infermi e cacciando i demoni dal corpo degli ossessi. Ritornarono lieti per tutto questo e dissero: "Signore, anche i de­moni si sottomettono a noi nel tuo nome". E Gesù: "Io vedevo satana cadere dal cielo come la folgore" (Lc 10, 17-18). Voleva raccomandare loro di non insuperbirsi per quanto avevano fatto, perché la superbia aveva fatto piombare Lucifero all'inferno.

Un giovane ricco si stava allontanando da Gesù, rattristato, perché era stato invitato a vendere i suoi beni e a darli ai poveri. II Signore così commentò l'accaduto: "In verità vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli. A queste parole i discepoli rimasero costernati e chiesero: “Chi si potrà dunque salvare?”. E Gesù, fissando su di loro lo sguardo disse: “Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile”. (Mt 19, 23-26).

Con queste parole Gesù non voleva condannare la ricchezza che, in sé, non è cattiva, ma voleva farci comprendere che chi la possiede si trova nel grave pericolo di attaccarvi il cuore in modo disordinato, fino a perdere di vista il paradiso e il rischio concreto della dannazione eterna.

Ai ricchi che non esercitano la carità Gesù ha minacciato un maggior pericolo di finire all'inferno.

"C'era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente. Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Persino i cani venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato da­gli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando nell'inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: 'Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura'. Ma Abramo rispose: “Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora inve­ce lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra voi e noi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono pas­sare da voi non possono, né da lì si può attraversare fino a noi”. E quegli replicò: 'Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non ven­gano anch'essi in questo luogo di tormento'. Ma Abramo rispose: 'Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro'. E lui: “No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvedranno”. Abra­mo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti sarebbero persuasi”. (Lc 16, 19-31 ).

I MALVAGI DICONO...

Questa parabola evangelica, oltre a garantirci che l'inferno esi­ste, ci suggerisce anche la risposta da dare a chi osa dire sciocca­mente: "lo crederei all'inferno soltanto se qualcuno, dall'aldilà, venisse a dirmelo!".

Chi si esprime così, normalmente è già sulla via del male e non crederebbe neanche se vedesse un morto risuscitato.

Se, per ipotesi, oggi venisse qualcuno dall'inferno, tanti cor­rotti o indifferenti che, per continuar a vivere nei loro peccati senza rimorsi, hanno interesse che l'inferno non esista, sarcasti­camente direbbero: "Ma questo è matto! Non diamogli ascolto!".



IL NUMERO DEI DANNATI

Nota sul tema: "IL NUMERO DEI DANNATI " trattato a pag. 15 Da come l'Autore tratta l'argomento del numero dei dannati si sente che la situa­zione, dal tempo suo al nostro, è profondamente cambiata.

L'Autore scriveva in un tempo in cui, in Italia, poco o tanto, quasi tutti avevano un qualche legame con la fede, se non altro sotto forma di lontani ricordi, mai del tutto dimenticati, che affioravano quasi sempre in punto di morte.

Nel nostro tempo, invece, anche in questa povera Italia, un tempo cattolica e che il Papa è arrivato a definire oggi 'terra di missione", troppi, non avendo più nemmeno un pallido ricordo della fede, vivono e muoiono senza alcun riferimento a Dio e senza porsi il problema dell'aldilà. Molti vivono e "muoiono come cani", diceva il Card. Siri, anche perché molti sacerdoti sono sempre meno solleciti nel prendersi cura dei morenti e nel proporre loro la riconciliazione con Dio!

È chiaro che nessuno può dire quanti siano i dannati. Ma considerando il di­lagare attuale dell'ateismo... dell'indifferenza... dell'incoscienza... della superfi­cialità... e dell'immoralità... io non sarei così ottimista come l'Autore nel dire che sono pochi quelli che si dannano.



Sentendo che Gesù parlava spesso del paradiso e dell'inferno, gli Apostoli un giorno gli chiesero: "Chi si potrà dunque salvare?". Gesù, non volendo che l'uomo penetrasse in una verità tanto delicata, rispose in modo evasivo: "Entrate per la porta stretta, per­ché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizio­ne, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!" (Mt 7, 13-14).

Che significato dare a queste parole di Gesù?

La via del bene è aspra, perché consiste nel dominare la tur­bolenza delle proprie passioni per vivere in conformità al volere di Gesù: "Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua" (Mt 16, 24).

La via del male, che porta all'inferno, è comoda ed è battuta dai più, perché è molto più facile correre dietro ai piaceri della vita, appagando la superbia, la sensualità, la cupidigia, ecc...

"Dunque, - può concludere qualcuno - dalle parole di Gesù si può pensare che la maggior parte degli uomini andrà all'inferno!". I Santi Padri e, in generale, i moralisti, affermano che i più si salveranno. Ecco le argomentazioni che portano.

Dio vuole che tutti gli uomini si salvino, a tutti dà i mezzi per raggiungere l'eterna felicità; non tutti però si aggrappano a questi doni e, divenendo deboli, restano schiavi di Satana, nel tempo e per l'eternità.

Tuttavia pare che la maggioranza vada in paradiso.

Ecco alcune confortanti parole che troviamo nella Bibbia: è "grande presso di Lui la redenzione" (Sal 129, 7). E ancora: "Que­sto è il mio Sangue dell'alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati" (Mt 26, 28). Dunque, sono molti quelli che usufrui­scono della Redenzione del Figlio di Dio.

Dando uno sguardo sia pur rapido all'umanità, vediamo che molti muoiono prima di essere arrivati all'uso di ragione, quando non sono ancora in grado di commettere peccati gravi. Costoro certamente non andranno all'inferno.

Moltissimi vivono nell'ignoranza completa della religione cat­tolica, ma senza propria colpa, trovandosi in paesi nei quali non è ancora giunta la luce del Vangelo. Questi, se osservano la legge naturale, non andranno all'inferno, perché Dio è giusto e non dà un castigo immeritato.

Ci sono poi i nemici della religione, i libertini, i corrotti. Non tutti questi finiranno all'inferno perché in vecchiaia, calando non poco il fuoco delle passioni, facilmente ritorneranno a Dio.

Quante persone mature, dopo le delusioni della vita, riprendo­no la pratica della vita cristiana!

Molti cattivi si rimettono in grazia di Dio perché provati dal dolore, o per un lutto di famiglia, o perché in pericolo di vita. Quanti muoiono bene negli ospedali, sui campi di battaglia, nelle prigioni o in seno alla famiglia!

Non sono molti quelli che rifiutano i conforti religiosi in fin di vita, perché, davanti alla morte, di solito si aprono gli occhi e svaniscono tanti pregiudizi e spavalderie.

Sul letto di morte la grazia di Dio può essere molto abbon­dante perché ottenuta dalla preghiera e dai sacrifici dei parenti e di altre persone buone che pregano ogni giorno per gli agoniz­zanti.

Quantunque molti battano la via del male, tuttavia un buon numero ritorna a Dio prima di entrare nell'eternità.

È VERITA’ DI FEDE

L'esistenza dell'inferno è assicurata e ripetutamente insegnata da Gesù Cristo; è dunque una certezza, per cui è un grave pecca­to contro la fede dire che: "L'inferno non c'è!".

Ed è un grave peccato anche solo il mettere in dubbio questa verità: "Speriamo che l'inferno non ci sia!".

Chi pecca contro questa verità di fede? Gli ignoranti in materia di religione che non fanno nulla per istruirsi nella fede, i superfi­ciali che prendono alla leggera un affare di così grande importan­za e i gaudenti ingolfati nei piaceri illeciti della vita.

In generale ridono dell'inferno proprio quelli che sono già sul­la strada giusta per finirci dentro. Poveri ciechi e incoscienti!

È necessario ora portare la prova dei fatti, visto che Dio ha per­messo delle apparizioni di anime dannate.


Non c'è da stupirsi che il Divino Salvatore abbia quasi sempre sulle labbra la parola “inferno”: non ce n'è un'altra che esprima così chiaramente e così propriamente il senso della sua missione.

(J. Staudinger)

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