"È da capire bene". Ratzinger non nega esplicitamente il sacrificio propiziatorio ed esprime delle verità, ma con una variazione che diluisce la nostra offerta in Cristo, una volta accolta la salvezza. Ricordiamo Paolo (Rm 12,1-2) : «Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale». Ma alla fine corre il rischio di diluire fino ad oltrepassare anche l'espiazione.
Non è un elemento banale, ma sottile, da non passare sotto silenzio perché può modificare il nostro approccio con la Verità. Sviluppo il discorso di seguito.
È una variazione di certo molto sottile ma non credo ininfluente. La vedo collegata anche con l'enfasi tutta post-conciliare su una nuova concezione del Mistero pasquale, ch'è il cuore della nostra fede e merita di essere enfatizzato. Ma bisogna vedere come [qui]. Con dei richiami e dei risvolti che ricorrono nella Lumen fidei (vedi, in particolare, le osservazioni sul punto 20) [qui]. Sono o non sono 'bachi', come li ho chiamati nel precedente articolo?
È la stessa mens subtilis che ha coniato con grande acutezza, che ho definito di conio rabbinico, le motivazioni delle "Alleanze parallele", al posto della Nuova ed Eterna Alleanza nel Sangue di Cristo, Signore nostro. Ne trovate le riflessioni incastonate qui.
Come vedete c'è 'continuità' tra i due pontificati. Non certo nello stile, ma in molti contenuti e nell'estrazione conciliarista, nel senso di quella 'deformazione' che ritiene il concilio più importante del Papa.1 Ciò significa che non rinnego il Concilio ma solo quei punti controversi di alcuni suoi documenti più volte identificati argomentando. Ed è evidente che mi riferisco al mitico Vaticano II, dal quale non si torna indietro, essendo il concilio 21° quello quo maius cogitari non potest.
Capite, ora il perché della mia delusione? Questi sono i frutti di un percorso. Non sono partita da pregiudizi, ma da ciò che ho incontrato strada facendo e chi legge il blog dall'inizio ne è testimone.
“Quale posizione assume la croce in seno alla fede in Gesù considerato come il Cristo? […] In questo campo la coscienza cristiana è in genere ancora largamente improntata ad una grossolana idea della teologia di espiazione risalente ad Anselmo di Canterbury […] Per molti cristiani, e specialmente per quelli che conoscono la fede solo piuttosto da lontano, le cose stanno come se la croce andasse vista inserita in un meccanismo, costituito dal diritto offeso e riparato. Sarebbe la forma in cui la giustizia di Dio infinitamente lesa verrebbe nuovamente placata da un’infinita espiazione [...] Nel Nuovo Testamento invece, la situazione è quasi esattamente l’inversa. Non è l’uomo che s’accosta a Dio tributandogli un dono compensatore, ma è Dio che si avvicina all’uomo per accordarglielo. Per iniziativa stessa della sua potenza amorosa, egli restaura il diritto leso, giustificando l’uomo colpevole mediante la sua misericordia creatrice e richiamando alla vita la creatura morta […]
Di conseguenza, nel Nuovo Testamento la croce si presenta primariamente come un movimento discendente, dall’alto in basso. Essa non ha affatto l’aspetto di una prestazione propiziatrice che l’umanità offre allo sdegnato Iddio [non è l'umanità che offre, ma il Figlio, al posto di ogni uomo, che è chiamato ad accogliere in Lui la redenzione e la conseguente rigenerazione], bensì quello di una espressione di quel folle amore di Dio, che s’abbandona senza riserve all’umiliazione pur di redimere l’uomo; è un suo accostamento a noi, non viceversa. Con questa inversione di rotta nell’idea della espiazione, che viene a spostare addirittura l’asse dell’impostazione religiosa in genere, nel cristianesimo anche il culto e l’intera esistenza ricevono un nuovo indirizzo. Nella sfera cristiana, l’adorazione si estrinseca in primo luogo nel ricevere con animo grato l’azione salvifica di Dio. La forma essenziale del culto cristiano si chiama quindi a ragion veduta Eucaristia, cioè rendimento di grazie […] Il sacrifico cristiano non consiste in un dare a Dio ciò che Egli non avrebbe senza di noi, bensì nel nostro farci completamente ricettivi nei suoi confronti e nel lasciarci integralmente assorbire da lui. Permettere a Dio di operare su di noi: ecco la quintessenza del sacrificio cristiano”. (Joseph Ratzinger, Introduzione al cristianesimo, 11a edizione, Queriniana, Brescia 1996, pp. 227-230)
Joseph Ratzinger può affermare : "Non è l’uomo che s’accosta a Dio tributandogli un dono compensatore, ma è Dio che si avvicina all’uomo per accordarglielo..." perché ha presente la ecclesiologia e la teologia del NO, nella quale è l'Assemblea che celebra e non il sacerdote in Persona Christi ed essa offre a Dio "il frutto della terra e del nostro lavoro" in ringraziamento per la Creazione, mentre nell'Offertorio della messa Tridentina - che non proviene da Trento ma dall'epoca apostolica - l'offerta dell'Assemblea (e quella di ogni singolo credente che ne fa parte) si inserisce dopo la Consacrazione, a sacrificio compiuto, ri-presentato al Padre in ogni Santa Messa. Ed è tutta presente SOLO nell'offerta del Figlio e ad essa conseguente. E il Sacerdote e l'Assemblea attraverso lui, non offre "il frutto della terra e del nostro lavoro", ma nell'offertorio già offre le "oblate" (ciò che è destinato a divenire il Corpo e Sangue del Signore). Quindi non è un inno ebraico al Creatore (berakàh, preghiera di benedizione ebraica) ma è già - una volta si definiva "prolessi" - l'anticipazione, la preparazione a quello che è il momento culminante sia del Rito che della Storia: l'espiazione al nostro posto per ri-generarci nella "creazione nuova" in Cristo Risorto.
Potete approfondire [qui] la dinamica della nostra offerta in Cristo Signore, desunta dalla mistagogia2 del Rito Romano non riformato. Sull'Offertorio trasformato in berakah [qui].
Il ringraziamento e la lode per la Creazione ci sono, eccome. La Creazione è mirabilmente nominata3 e della lode è intrisa tutta la celebrazione. Ma la Messa, oltre che Eucaristia (lode e ringraziamento) è anche il Santo Sacrificio che, nella comunione, diventa banchetto escatologico. Tuttavia non facciamo memoria di una Cena, ma di ciò ch'è avvenuto al Calvario, sul quale il Signore nell'ultima Cena già conduce i "Suoi", prima di portarli oltre una tomba vuota... il resto è tutto conseguenza meravigliosa e indicibile.
Riepilogo ancor meglio. Se durante la Santa Messa, che è il Sacrificio della Croce, l’offerta del Corpo e del Sangue di Gesù e la loro mistica immolazione, avvengono insieme al momento della Consacrazione, è tuttavia necessario che il Sacerdote e i fedeli uniscano l’offerta di se stessi all’unica offerta gradita a Dio, quella di Gesù. Perciò nel rito della Messa esistono momenti precedenti e successivi alla consacrazione nei quali si esprime l’offerta di Gesù al Padre e quella dei cristiani con lui. L’Offertorio è sacrificale: quello che viene offerto è il Corpo e Sangue di Gesù, non il Pane e il Vino; è un’anticipazione per dare modo a tutti di unirsi all’Offerta di Gesù, è una preparazione che anticipa un crescendo. L'Offertorio, nella sua primitiva accezione, aveva ben presente il Sacrificio come prolessi, cioè come anticipazione del Sacrificio a venire. Le oblate sono intimamente legate al Sacrificio. L'offertorio fa parte integrante dell'Actio del Canone, nel cuore della Santa Messa. È innegabile, tuttavia, che la ‘forma’ ordinaria di fatto ha cambiato i connotati alle oblate ed estromesso il loro aspetto sacrificale. Conseguentemente: non più espiazione nella Croce, e ri-generazione nella Risurrezione; ma, secondo la nuova concezione espressa da Ratzinger: "Dio restaura il diritto leso, giustificando l’uomo colpevole mediante la sua misericordia creatrice [non per il Sacrificio del Figlio] e richiamando alla vita la creatura morta".______________________
1. "...nella categoria ermeneutica applicata al Vaticano II si finisce col posizionare il Concilio prima della Chiesa e di capire la Chiesa dal Concilio e non viceversa. Invece, prima c'è la Chiesa e poi i suoi concili." (P. Serafino M. Lanzetta FI, Il Vaticano II, un concilio pastorale. Ermeneutica delle dottrine conciliari, Cantagalli, Siena 2014, pag. 421)
2. Introduzione nei misteri: il Santo Sacrificio compie l'opera teandrica (divino-umana) del Signore, che ci è stata consegnata fino alla fine dei tempi. Possiamo conoscerla e viverla sempre più solo celebrando, partecipando e accogliendo.
3. All'inizio dell'Offertorio, dopo il Suscipe sancte Pater... c'è l'invocazione: Deus qui humanae substantiae dignitatem mirabiliter condidisti et mirabilius reformasti (O Dio, che hai creato mirabilmente il genere umano in uno stato di elevata dignità e più mirabilmente l'hai rinnovato: Creazione e Redenzione) dopo la quale - nel simbolo dell'acqua mescolata al vino - si chiede di renderci partecipi alla natura divina di colui che si degnò farsi partecipe della nostra natura umana.
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