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La Santa Messa: piccolo paradiso in terra di don Leonardo Maria Pompei



1. Essenza della santa Messa
Se si apre il vocabolario etimologico, ci si accorge che alla voce Messa, compaiono due significati: il primo fa risalire il termine “Missa” al latino “missio” e al verbo “mittere”, ove “missio” era l’atto con cui si compariva davanti al superiore e con cui si era da lui congedati per compiere qualche ordine (missione); la seconda etimologia fa derivare “Missa” dall’ebraico “Missah”, che significa offerta o sacrificio. Entrambe le etimologie sono da ritenere per farsi una prima idea di ciò che è la santa Messa: un’offerta sacrificale, che si attua comparendo davanti ad un Superiore, da cui si parte con una missione ben precisa. Anche in latino, ordinariamente, la santa Messa era (ed è) chiamata “Sacrificium”, ovvero un’immolazione offerta a Dio, un tributo offerto a Lui da un suo servo a ciò esplicitamente designato per riconoscerne la Maestà infinita, per ripararne la giustizia offesa dai peccati, per impetrare grazie sull’umanità e per intercedere presso di Lui a favore dei vivi e dei defunti.
La santa Messa è dunque l’offerta di un sacrificio. Quale sacrificio e chi lo offre? Noi sappiamo che nostro Signore Gesù Cristo, al fine di attestare l’assoluta Maestà del Padre e l’assoluta obbedienza che gli è dovuta, non ha esitato ad offrirGli il sacrificio supremo, quello della sua vita, un sacrificio cruento, consumatosi sul patibolo più infame che la storia abbia conosciuto, in una condizione estremamente infamante ed umiliante. Lo ha fatto anche per riconciliare l’umanità peccatrice, portando ed inchiodando sulla Croce i peccati di tutti, espiandoli davanti alla divina Giustizia tra pene indicibili ed ottenendo ogni grazia e benedizione presso il Padre, essendosi offerto a nome ed in rappresentanza dell’intero genere umano. Questo atto, a cui ha partecipato come Corredentrice Maria Santissima, unendo le sue sofferenze di Madre misticamente crocifissa a quelle del Figlio, ha riacquistato all’umanità intera la Grazia perduta da Adamo e da ogni uomo peccatore. Tuttavia, compiuto il Sacrificio e riacquistata la Grazia, mancava, se così si può dire, ancora qualcosa: un mezzo, uno strumento perché gli infiniti meriti acquistati da Gesù potessero raggiungere tutti gli uomini di ogni luogo e di ogni tempo, perché ne potessero beneficiare dei frutti ed usufruirne degli effetti; un mezzo adatto a distribuire ed applicare i meriti infiniti acquistati da Gesù attraverso il suo Sacrificio cruento: questo Mezzo sublime e divino è la santa Messa.



2.Insegnamento della Chiesa
Il principale insegnamento della Chiesa sulla santa Messa fu dato dal Concilio di Trento, che reagì alle eresie di Lutero che negava che la Messa fosse un vero sacrificio e che nell’Ostia consacrata fosse veramente, realmente e sostanzialmente presente Gesù. Il Concilio insegnò anzitutto che la S. Messa è un sacrificio vero e proprio, nel quale, sotto le apparenze sensibili del pane e del vino, si offre dal sacerdote a Dio sull’altare, il Corpo e il Sangue di Cristo istituito nell’Ultima Cena, quando Gesù costituì gli apostoli sacerdoti e con essi i loro successori e diede loro il potere di offrire questo sacrificio. Il Concilio prosegue qualificando questo Sacrificio come la rinnovazione e la perpetuazione del Sacrificio della
Croce e non una semplice commemorazione di esso oppure un semplice sacrificio di lode o di ringraziamento: è un vero e proprio sacrificio propiziatorio. Questo significa che, sull’altare, dopo le parole della consacrazione viene realmente a riprodursi il sacrificio compiuto da Gesù sul Golgota, perché vediamo il suo Corpo separato dal suo Sangue, ovvero nella condizione in cui si trovava quando stava patendo sulla Croce per noi. È propiziatorio, in quanto applica la soddisfazione offerta da Gesù in espiazione dei peccati e della pena ad essi dovuta. Il Concilio prosegue affermando che c’è piena identità tra Sacrificio del Golgota e Sacrificio della Santa Messa; cambia solo il modo con cui Gesù si offre. Sulla Croce lo fece in maniera cruenta (con reale spargimento di Sangue) e da Se stesso; nella Santa Messa lo fa in modo incruento (senza spargere sangue), sacrificandosi ed annientandosi misticamente e sacramentalmente, attraverso la separazione del suo Corpo dal Sangue riprodotta nelle Sacre Specie; inoltre si offre non da Se stesso, ma tramite il ministero dei sacerdoti, attraverso i quali Egli continua ad esercitare il suo Sommo ed eterno sacerdozio a favore dell’umanità. Essi hanno il potere di applicare secondo certe intenzioni qui ed ora i meriti infiniti del sacrificio della Croce.
Il compianto Papa Pio XII, nell’enciclica Mediator Dei, riprese e sviluppò questi concetti, contro alcuni errori moderni che andavano ampiamente prendendo piede già ai suoi tempi. Disse dunque che “il Sacrificio della Croce è perpetuamente ripresentato e rinnovato nel Sacrificio della Messa, con la sola differenza nel modo di offrirsi da parte di Gesù”; che la “separazione violenta del Corpo dal Sangue di Gesù” che avvenne sulla Croce “è rappresentata e compiuta nella separazione sacramentale del pane consacrato dal vino consacrato”. Opponendosi ad alcune teorie che facevano della santa Comunione il fine ed il centro della Messa, egli obiettò che “occorre sottolineare che il Sacrificio eucaristico consiste essenzialmente nell’immolazione incruenta della Vittima Divina, mentre la santa Comunione ha per scopo di farci partecipare sacramentalmente al Sacrificio” e pertanto non può essere ricevuta se non si hanno le dovute disposizioni (grazia di Dio, desiderio di ricevere Gesù, pensare a Chi è Colui che si riceve e osservare il digiuno eucaristico), ribadendo che solo la Comunione del Sacerdote celebrante è indispensabile per la validità del Sacrificio.
Papa Paolo VI, infine, nell’enciclica Mysterium fidei, scrisse queste splendide parole: “Giova ricordare che nel Mistero Eucaristico è rappresentato in modo mirabile il Sacrificio della Croce una volta per sempre consumato sul Calvario; vi si richiama perennemente alla memoria e ne viene applicata la virtù salutifera in remissione dei peccati che si commettono quotidianamente. Questa nuova oblazione del Nuovo Testamento la Chiesa, ammaestrata dal Signore e dagli Apostoli, l’ha sempre offerta, non solo per i peccati, le pene, le espiazioni ed altre necessità dei fedeli viventi, ma anche a suffragio dei defunti in Cristo non ancora del tutto purificati” […]. Circa il momento in cui avviene l’immolazione incruenta del Signore, il Pontefice scrive: “Il Signore s’immola in modo incruento nel Sacrificio della Messa, che rappresenta il sacrificio della Croce, applicandone la virtù salutifera,nel momento in cui per le parole della consacrazione comincia ad essere sacramentalmente presente, come spirituale alimento dei fedeli, sotto le specie del pane e del vino”.



3. Le intenzioni della santa Messa e “l’offerta”


 Il Papa paolo VI,  molto opportunamente, ci ricorda dunque che la Chiesa, fin dai tempi degli Apostoli, ha applicato i meriti di ogni sacrificio eucaristico per qualche particolare intenzione: per espiare i peccati o altre necessità (per esempio per chiedere la conversione) dei fedeli viventi, oppure a suffragio dei defunti in Cristo. Questo perché il sacerdote che celebra la santa Messa può, agendo in Persona Christi, applicare i meriti infiniti del sacrificio del Signore che nella Messa si compie per una determinata e particolare intenzione, che può essere sua personale oppure richiesta dai fedeli. Alla richiesta da parte dei fedeli, fin dai primordi della Chiesa, invalse la consuetudine di unire un’offerta in denaro a titolo di elemosina, che il sacerdote può usare o per il suo sostentamento (in caso di vera necessità) oppure per fini caritativi (missioni, poveri, etc.). Quest’elemosina rappresenta un’ulteriore opera buona che il fedele compie per l’intenzione per cui ha chiesto di applicare la Messa e non deve assolutamente essere intesa come “una tassa” (alcuni fedeli, assai impropriamente, dicono: “devo pagare la Messa”, cosa che per il suo infinito valore sarebbe peraltro assolutamente impossibile). Il sacerdote che riceve l’offerta per un’intenzione è obbligato, sotto pena di peccato mortale, ad applicare la santa Messa per quell’intenzione. Il fatto che dica ad alta voce o meno il nome del defunto o dell’intenzione per cui celebra, non ha assolutamente alcuna importanza, dato che Dio non ha bisogno di parole per intendere le nostre intenzioni. Si pensi che se un cattivo sacerdote, per assurdo, dicesse ad alta voce il nome di un defunto per cui ha accettato un’intenzione e nel suo cuore avesse intenzione di applicare quella Messa per un suo familiare, commetterebbe sì un peccato mortale, ma la S. Messa sarebbe applicata per quel suo familiare e non secondo l’intenzione per cui gli era stata chiesta.
Oggi purtroppo è molto diffusa una prassi, severamente riprovata dalla Chiesa, di celebrare Messe con molte intenzioni: tre, quattro, dieci, venti nomi pronunciati ad alta voce, con i fedeli tutti contenti di sentir nominare il proprio defunto, convinti che non ci sia alcuna differenza tra “dirne uno o dirne tanti”. Ebbene questa prassi costituisce un grave abuso. Il 22 Febbraio 1991 la Congregazione per il Clero, infatti, pubblicava un documento dal titolo “Le Messe collettive”, in cui ammoniva circa l’arbitrarietà di tale prassi, ingiungendo ai Vescovi di far conoscere le disposizioni ivi contenute e di farle osservare. Nel documento si leggono queste parole: “a norma del can 948 del Codice di Diritto Canonico devono essere applicate Messe distinte secondo le intenzioni di coloro per i quali singolarmente l’offerta data, anche se esigua, è stata accettata ed il sacerdote che accetta l’offerta per la celebrazione di una santa Messa per un’intenzione particolare è tenuto per giustizia a soddisfare personalmente l’obbligo assunto”. Si badi che si parla di un’intenzione, per cui il documento riconosce come erronea anche la prassi di quei fedeli che chiedono di celebrare una Messa per molti defunti (la Santa Messa, si ricordi, deve essere applicata per una sola intenzione). Il documento prosegue: “Contravvengono a questa norma e si assumono la relativa responsabilità morale i sacerdoti che raccolgono indistintamente offerte per la celebrazione di Messe secondo particolari intenzioni e, cumulandole in un’unica offerta all’insaputa degli offerenti, vi soddisfano con un’unica Messa celebrata secondo un’intenzione detta collettiva”. È chiaro dunque che tale prassi costituisce un abuso da parte dei sacerdoti ed una violazione dei diritti dei fedeli (“all’insaputa degli offerenti”) di vedere effettivamente applicato il Sacrifico della santa Messa per cui hanno lasciato un’offerta secondo la propria particolare intenzione. Oggi, tuttavia, c’è il problema della carenza di clero, per cui in alcune Parrocchie sarebbe impossibile soddisfare tutte le richieste. Il documento ha previsto anche questa ipotesi e prescrive: “Nel caso in cui gli offerenti, previamente ed esplicitamente avvertiti, consentano liberamente che le loro offerte siano cumulate con altre in un’unica offerta (cioè che si celebri una sola Messa con tante intenzioni), si può soddisfare con una sola santa Messa, celebrata secondo un’unica intenzione. In questo caso è necessario che sia pubblicamente indicato il giorno, il luogo e l’orario in cui questa santa Messa sarà celebrata, non più di due volte alla settimana”. Nella nostra Parrocchia tali giorni sono il Mercoledì ed il Sabato. Infine nella nostra Diocesi, il Vescovo Pecile prescrisse che nelle Domeniche e nelle Solennità (in cui una volta era proibito accettare intenzioni di Messe per i defunti), ferma restando la possibilità di accettare intenzioni, i nomi dei defunti non siano pronunciati ad alta voce, riservando però una santa Messa che il Parroco deve applicare per il bene del popolo che gli è affidato.



4.Il mistero della Messa e la testimonianza di padre Pio


Il valore della santa Messa è infinito ed il potere di un sacerdote, che può applicarne gli effetti secondo una ed una sola intenzione particolare è qualcosa di veramente divino. I santi hanno vissuto questo mistero in maniera sublime ed hanno raccomandato la frequenza il più assidua possibile al Divino Sacrificio, che è l’opera più gradita a Dio e più salutare per noi e per i nostri cari. Non c’è nulla infatti che giovi tanto a noi, alle nostre intenzioni ed ai nostri defunti quanto la partecipazione frequente, devota e attenta al Santo Sacrificio della Messa.
San Pio da Pietrelcina (la cui Messa durava oltre due ore), rappresenta una testimonianza vivente della dottrina cattolica sulla santa Messa: egli infatti riviveva durante la Messa l’intera Passione di Gesù (che in essa si rinnova). Ecco la sua testimonianza raccolta dalla sua figlia spirituale Cleonice Morcaldi e pubblicata nel libro “La mia vita vicino a padre Pio. Diario intimo spirituale”. “Padre, ditemi, per amore di Dio, se la corona di spine l’avete per tutto il tempo della Messa” – “Sì, e anche prima e dopo”. “Quanti peccati espiò Gesù con la corona di spine?” – “Tutti, in particolare i peccati di pensiero”. “A Gesù durante la Passione strapparono i capelli. Soffrite pure questo, voi?” – “Mi scerpano pure le ossa”. “Anche la flagellazione soffrite durante la santa Messa?” – “Sì, in modo crescente dalla consacrazione alla comunione”. “Quando subite la morte?” – “Nella santa comunione”. “L’Addolorata vi assiste? È sempre presente durante il divino Sacrificio?” – “Può una Madre disinteressarsi del Figlio? C’è Lei e c’è tutto il Paradiso”. “Perché avete pianto durante le tre Messe di Natale?” – “E me lo domandi pure? Non pensi al tremendo mistero della Messa? Un Dio vittima per la salvezza degli uomini che L’offendono. Non pensi che tutto il Paradiso si riversa sull’Altare? E noi sacerdoti siamo i macellai dell’Agnello di Dio”. “Ditemi come devo assistere alla vostra Messa” – “Compatendo e amando. Assisti come assistettero la Vergine e le pie donne”. “Quanta gloria dà a Dio la santa Messa?” – “Infinita gloria!”. Come infiniti sono i benefici che ciascuno di noi può trarne…

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