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I pastori malaccorti e la paura di proclamare la verità

“Vi sono cristiani più che soddisfatti e senza la minima inquietudine di fronte alla nostra attuale situazione. Ma la loro soddisfazione non è secondo il volere di Cristo. Essa deriva da un compromesso con il mondo, da un rifiuto di guardarlo in faccia per paura di riconoscervi l’opera del demonio e di doversi ricordare della Croce di Cristo.”

(Padre Roger-Thomas Calmel, OP)


Cari amici di Duc in altum, ho ricevuto da monsignor Carlo Maria Viganò il seguente contributo, che volentieri vi propongo.

A.M.V.


Oggi, 6 ottobre, XXVII Domenica dopo la Pentecoste, memoria di san Bruno, l’Ufficio delle letture offre alla meditazione dei pastori questo brano della Regola pastorale di san Gregorio Magno, papa (Lib. 2, 4 PL 77, 30-31): 

«Il pastore sia accorto nel tacere e tempestivo nel parlare, per non dire ciò ch’è doveroso tacere e non passare sotto silenzio ciò che deve essere svelato. Un discorso imprudente trascina nell’errore, così un silenzio inopportuno lascia in una condizione falsa coloro che potevano evitarla. Spesso i pastori malaccorti, per paura di perdere il favore degli uomini, non osano dire liberamente ciò ch’è giusto e, al dire di Cristo che è la verità, non attendono più alla custodia del gregge con amore di pastori, ma come mercenari. Fuggono all’arrivo del lupo, nascondendosi nel silenzio. Il Signore li rimprovera per mezzo del Profeta, dicendo: “Sono tutti cani muti, incapaci di abbaiare” (Is 56,10), e fa udire ancora il suo lamento: “Voi non siete saliti sulle brecce e non avete costruito alcun baluardo in difesa degli Israeliti, perché potessero resistere al combattimento nel giorno del Signore” (Ez 13,5). Salire sulle brecce significa opporsi ai potenti di questo mondo con libertà di parola per la difesa del gregge. Resistere al combattimento nel giorno del Signore vuol dire far fronte, per amor di giustizia, alla guerra dei malvagi. Cos’è infatti per un pastore la paura di dire la verità, se non un voltar le spalle al nemico con il suo silenzio? Se invece si batte per la difesa del gregge, costruisce contro i nemici un baluardo per la casa d’Israele…Chiunque accede al sacerdozio si assume l’incarico di araldo, e avanza gridando prima dell’arrivo del giudice, che lo seguirà con aspetto terribile. Ma se il sacerdote non sa compiere il ministero della predicazione, egli, araldo muto qual è, come farà sentire la sua voce? Per questo lo Spirito Santo si posò sui primi pastori sotto forma di lingue, e rese subito capaci di annunziarlo coloro che egli aveva riempito» (Regola pastorale, Lib. 2, 4 PL 77, 30-31).

Ogni sacerdote deve esaminare assiduamente se stesso per conformare la propria condotta alla luce soprannaturale di questa Regola pastorale di san Gregorio Magno, incluso cardinali e vescovi, e specialmente papa Bergoglio, S.J.!

+ Carlo Maria Viganò 


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