Nella Chiesa cattolica la Domenica di Settuagesima è celebrata nella Messa tridentina e nel rito ambrosiano tradizionale circa settanta giorni prima di Pasqua e segna l'inizio del Tempo di settuagesima, un tempo di preparazione alla Quaresima, in cui si iniziava l'astinenza dalle carni nei giorni feriali
Secondo il Calendario Liturgico tradizionale, questa è la Domenica di Settuagesima
(dal latino Septuagesima dies, il settantesimo giorno dalla S. Pasqua), che apre il tempo omonimo, caratterizzata, dal punto di vista puramente rituale, dal colore viola dei paramenti, dall’omissione dell’Inno Angelico – il Gloria – prima della Colletta e dalla sostituzione dell’Alleluia con il Tratto.
Schuster [1] rileva come, prima di S. Gregorio Magno, presso gli orientali fosse in uso di prepararsi alla Quaresima alcune settimane prima del suo inizio, con l’astinenza dalle carni e successivamente dai latticini.
Presso i Latini, invece, il digiuno aveva inizio la prima Domenica di Quaresima. In questo modo, tuttavia, i giorni di penitenza si riducevano a 36 – senza contare cioè i tre giorni del Triduo Pasquale – e, pertanto, alcuni ecclesiastici di grande pietà anticiparono l’astinenza dalle carni al lunedì di Quinquagesima, finché, col Pontificato di S. Gregorio Magno, non si ebbe «la consacrazione del caput ieiunii il mercoledì di quinquagesima»[2].
Il medesimo Pontefice, inoltre, venendo incontro alle esigenze di quanti, laici e chierici, per santa emulazione dei Greci della comunità bizantina di Roma, desideravano anticipare la penitenza quaresimale, anche per placare l’ira divina e stornarne i flagelli (devastazioni longobarde, pestilenze, etc.), istituì – sancendo probabilmente una pratica già affermatasi – le tre settimane preparatorie alla Quaresima, cioè Settuagesima, Sessagesima e Quinquagesima, aventi come basiliche stazionali rispettivamente quelle di S. Lorenzo, S. Paolo e S. Pietro, «quasi a porre il digiuno pasquale sotto gli auspici dei tre grandi patroni della Città Eterna»[3].
[1] Cfr. Beato Ildefonso Schuster, Liber Sacramentorum III, Torino-Roma 1933, p. 29
[2] Ibid.
[3] Ibid.
"Importanza di questo tempo.
Il Tempo di Settuagesima abbraccia la durata delle tre settimane che precedono immediatamente la Quaresima e costituisce una delle parti principali dell'Anno Liturgico. È suddiviso in tre sezioni ebdomadarie, di cui solamente la prima porta il nome di Settuagesima; la seconda si chiama Sessagesima; la terza Quinquagesima. È chiaro che questi nomi esprimono una relazione numerica come la parola Quadragesima, donde deriva la parola Quaresima. La parola Quadragesima sta ad indicare la serie dei quaranta giorni che dobbiamo attraversare per arrivare alla festa di Pasqua.
Le parole Quinquagesima, Sessagesima e Settuagesima ci fanno quasi vedere tale solennità in un lontano ancora più prolungato; però non è meno importante il grande oggetto che comincia ad assillare la santa Chiesa, la quale lo propone ai suoi figli quale mèta verso cui devono ormai tendere tutti i loro desideri e tutti i loro sforzi." (dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, pp. 415-417)
" Dunque, con la Domenica di Adamo (Circumdederunt, o di Settuagesima) la Chiesa inizia a far meditare ai fedeli i temi penitenziali: al Mattutino si legge la pericope della Genesi che narra della caduta dei progenitori e del loro giusto castigo, e si racconta, attraverso la storia di Abele, il dominio del male sul mondo dopo il peccato originale. L’epistola della Messa ci ricorda che, per conseguenza del peccato originale ereditato, viviamo nella condizione di non poter fare a meno di commettere peccato attuale; il Vangelo, invece, attraverso la parabola degli operai nella vigna, racconta la vocazione delle nazioni a Dio, volgendosi al quale anche gli ultimi a farlo troveranno misericordia. A partire da questa domenica non si canta il Gloria alla Messa né il Te Deum al Mattutino, l’Alleluja è sostituito da un salmo detto Tractus, e si usano paramenti violacei."
Ringraziamo i redattori di Scuola Ecclesia Mater
Il tempo pre-quaresimale nella tradizione cristiana
Tra le argomentazioni indarno usate dai modernisti per giustificare uno dei maggiori scempi del calendario riformato del 1969, ovverosia l’abolizione del tempo di Settuagesima, una colpisce particolarmente per la sua erroneità storica: che tale tempo fosse stato un’invenzione medievale della Chiesa Cattolica volta a sedare gli eccessi del carnevale profano.
Ci occuperemo qui anzitutto di dimostrare come le origini di questo tempo siano molto più antiche e comuni a diverse tradizioni; poi, analizzeremo il tempo di Settuagesima confrontando la tradizione romana e bizantina.
Origini storiche del tempo di Settuagesima
Il tempo di Settuagesima non è in realtà un vero e proprio “tempo”, ma piuttosto la collazione di tre domeniche (Settuagesima, Sessagesima e Quinquagesima), caratterizzate da una moderata penitenza in preparazione al grande rigore del digiuno quaresimale, venutesi a formare in modo indipendente in età patristica o poco più tardi. San Massimo di Torino ci informa in un sermone del 465 dell’approvazione dell’anticipazione della Quaresima di una settimana, in modo da portare il numero di giorni di digiuno quanto più vicino possibile a 40, considerando che il sabato e la domenica ne erano esenti: nasce così la cosiddetta Quinquagesima.
Ancora nel VI secolo troviamo pareri discordanti sull’opportunità della cosa: i concili lionesi rigettano la pratica, mentre San Cesario, nella sua Regola per le Vergini, la raccomanda, e anzi consiglia ai monaci di aggiungere un’ulteriore settimana di digiuno: si tratta della Sessagesima.
Bisogna dire che questa introduzione era modellata su di un uso che aveva preso piede in Oriente da almeno un paio di secoli, quello di “graduare” l’inizio digiuno, iniziando prima a eliminare la carne, poi le uova e i latticini, venendosi così a creare un periodo prequaresimale di preparazione del corpo all’astinenza, durante il quale non tutti i cibi sono leciti, ma è lungi l’asprezza del digiuno quaresimale.
San Gregorio Magno attesta l’esistenza di due settimane di digiuno prequaresimale a Roma, che diventano tre nel giro di un secolo; allo stesso periodo risale più o meno l’introduzione di elementi penitenziali nella liturgia romana di queste tre settimane, con la soppressione del Gloria e dell’Alleluja e l’uso dei paramenti violacei.
Sta di fatto che un tempo prequaresimale è ben presto attestato in tutte le tradizioni: la Settuagesima latina, di cui abbiamo riassunto l’origine, ricalca il Triodion bizantino, così come troviamo due “domeniche prima della Quaresima” nel rito armeno, e periodi simili in altri riti orientali.
Persino il calendario luterano e quello anglicano, pur essendo creati in spirito distruttore, non ebbero cancellata quest’antica prassi ascetica: ma ciò che nemmeno Lutero fece, lo fecero i modernisti del secolo scorso...
Confronto puntuale tra prassi romana e bizantina
La Settuagesima latina, come ricorda il Catechismo di San Pio X, ha lo scopo primario di "allontanare con segni di tristezza i fedeli dalle vane allegrezze del mondo ed insinuare ad essi lo spirito di penitenza": gli uffici di questo periodo raccontano le vicende dei patriarchi d'Israele, portandoci a considerare il castigo divino per il peccato e la giusta ricompensa per l'obbedienza.
La tradizione latina perse abbastanza presto (già nel Medioevo appare scomparso) l'uso del digiuno di Settuagesima, e questo permise che nell'Occidente profano, nei secoli del degrado morale, i divertimenti del Carnevale (che più anticamente avevano la loro collocazione subito dopo l'Epifania) venissero ritardati sino a ridosso dell'inizio della Quaresima.
Cionondimeno, la Chiesa si adoperò sempre per combattere queste usanze demoniache, mantenendo comunque una rigida prassi per questo periodo: "Per conformarci ai disegni della Chiesa in questo tempo - scrive S. Pio X nel suo Catechismo - bisogna star lontani dagli spettacoli e dai divertimenti pericolosi, e attendere con maggior diligenza all'orazione e alla mortificazione, facendo qualche visita straordinaria al Santissimo Sacramento, massime quando sta esposto alla pubblica adorazione; e ciò per riparare a tanti disordini, coi quali Iddio in questo tempo viene offeso".
Più lungo e decisamente più ricco, sia dal punto di vista dei testi liturgici che della pratica cristiana, avendo conservato l'arcaica graduazione del digiuno, è il tempo prequaresimale del rito bizantino, che viene definito Τριῴδιον, semplicemente per il fatto che il Canone del Mattutino è in queste settimane particolarmente breve, constando di sole tre odi anziché le nove consuete.
In queste settimane, la Chiesa fa meditare ai suoi fedeli il tema del perdono e del giudizio, e li sottopone a un moderato digiuno per abituarli ai rigori futuri, costituendo - secondo i commentatori antichi - un'esercitazione soprattutto della mente (mentre il digiuno quaresimale sarebbe un'esercitazione del corpo, e le liturgie della Settimana Santa un'esercitazione dello spirito).
Di seguito propongo un confronto puntuale e sinottico del calendario romano con quello bizantino.
Si tenga presente che la data dipende da quella della Pasqua, che è diversa tra i due calendari.
Fonte: Traditio Marciana QUI
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