Imitare Maria
Vorremmo anzitutto che voi, come figli e figlie di Maria, cercaste di riprodurre nell’anima vostra la sua bellezza sovrumana. Abbiate dunque, a immagine di Lei, l’unione perfetta con Gesù. Sia Gesù in voi, siate voi in Lui, fino alla fusione della vostra vita con la vita di Lui. Il vostro cuore, quando è possibile, aspiri all’integrità del cuore di Lei, che nulla ha diviso con altri ed ha conservato per Iddio tutto il suo calore, i suoi palpiti, la sua vita. Portate nei lineamenti dell’anima vostra le sembianze della Madre del cielo. Fate passare attraverso un mondo avvolto nelle tenebre e coperto di fango fasci di luce e di profumo di una purezza incontaminata.
In secondo luogo vorremmo che foste come il sole, il quale riscalda e vivifica. Il calore del vostro amore riscaldi le persone e le cose che vi circondano. Fate distinguere in ogni luogo la vostra presenza col fervore della vostra carità. Il demonio ha invato la terra con l’odio: fate rivivere, prepotente, l’amore. Tanti sono ancora cattivi, perchè non sono stati finora abbastanza amati. Vivificate tutto quanto cadrà sotto l’influsso dei vostri raggi. Siate, cioè, come Maria e con Maria, strumenti di vita nelle anime, che oggi muoiono di freddo e fame, ma potrebbero tornare alla casa del Padre, se fossero mosse dalle vostre parole, trascinate dal vostro esempio.
Finalmente, applicate anche a voi la terza immagine di Maria: siate forti contro il «nemico».
(8 dicembre 1953)
La vera gloria del cristiano
Gli uomini si arrestano spesso ai fumosi bagliori della rinomanza, che si danno o si disputano fra loro con altisonanti parole od azioni. Essere lodati, essere celebri: ecco in che consiste per essi la gloria. Ma gli uomini sovente non curano la gloria che Dio solo può dare, e perciò secondo la parola di Nostro Signore, non hanno fede. La gloria del mondo appassisce, come il fiore del campo, esclamava Isaia. Elevate perciò il vostro sguardo più in altro, o piuttosto penetrate più profondamente, coll’occhio della fede e alla luce delle Sante Scritture, nell’intimo delle vostre anime: «È una grande gloria – vi dirà lo Spirito Santo – seguire il Signore» (Eccl. 23, 38).
(16 ottobre 1940)
Il Cuore di Gesù
in realtà, il nostro divin Redentore è stato confitto al legno della Croce più dalla veemenza interiore del suo amore che dalla brutale violenza esterna dei suoi carnefici; e il suo volontario olocausto è il dono supremo che il suo Cuore ha fatto ad ogni singolo uomo, secondo la incisiva sentenza dell’Apostolo: «Il Figlio di Dio… mi ha amato e ha dato se stesso per me».
Dopo che il Salvatore nostro ascese al cielo e si assise alla destra del Padre nello splendore della sua umanità glorificata, non ha cessato di amare la Chiesa, sua sposa, anche con quell’ardentissimo amore, che palpita nel suo Cuore. Egli, infatti, ascese al cielo recando nelle ferite delle mani, dei piedi e del costato i trofei luminosi della sua triplice vittoria: sul demonio, sul peccato e sulla morte; e recando altresì nel suo Cuore, come riposti in un preziosissimo scrigno, quegli immensi tesori di meriti, frutti del suo triplice trionfo, che adesso dispensa in larga copia al genere umano redento.
(Haurietis Aquas, 1956)
Amore alla povertà
Coloro che vivono nell’abbondanza e nel lusso, si ricordino bene che lo stato di miseria, di inedia e di nudità di tanti poveri bambini costituisce una severa e tremenda accusa presso il Dio delle misericordie, qualora dimostrino animo insensibile e fredda indifferenza, né prestino il loro generoso soccorso. Tutti infine siano profondamente convinti che l’aver usato liberalità non sarà per loro di discapito, ma di guadagno; poiché a diritto si può affermare che colui il quale aiuta l’indigente coi suoi averi o con la propria attività, in certo qual modo fa prestito a Dio, che lo ricambierà un giorno con munifica ricompensa.
(Quemadmodum, 1946)
La preghiera del Rosario
Il Rosario, secondo l’etimologia stessa della parola, è una corona di rose: incantevole cosa, che presso tutti i popoli rappresenta una offerta di amore e un segno di gioia. Ma queste rose non sono quelle di cui si adornano frettolosamente gli empi, dei quali parla la Sacra Scrittura (Sap. 2,8): “Coroniamoci di rose – essi esclamano – prima che appassiscano”. I fiori del Rosario non avvizziscono; la loro freschezza è incessantemente rinnovellata dalle mani dei devoti di Maria; e la diversità delle età, dei paesi e delle lingue dà a quelle rose vivaci le varietà dei loro colori e del loro profumo.
(16 ottobre 1940)
La donna e la famiglia
Si, la sposa e la madre è il sole della famiglia. E’ il sole con la sua generosità e dedizione, con la sua costante prontezza, con la sua delicatezza vigile e provvida in tutto ciò che vale a far lieta la vita al marito e ai figli. Intorno a sé ella diffonde luce e calore; e, se suol dirsi che allora un matrimonio è benavventurato, quando ognuno dei coniugi, nel contrarlo, mira a far felice non se stesso, ma l’altra parte, questa nobile sentimento e intento, pur concernendo ambedue, è però prima virtù della donna, che nasce coi palpiti di madre e col senno del cuore…
(11 marzo 1942)
La tenerezza di Dio
Tutti gli uomini sono quasi fanciulli dinanzi a Dio, tutti, anche i più profondi pensatori e i più sperimentati condottieri dei popoli. Essi vorrebbero la giustizia immediata e si scandalizzano dinanzi alla potenza effimera dei nemici di Dio, alle sofferenze e alle umiliazioni dei buoni; ma il Padre celeste, che nel lume della sua eternità abbraccia, penetra e domina le vicende dei tempi, al pari della serena pace dei secoli senza fine, Dio, che è Trinità beata, piena di compassione per le debolezze, le ignoranze, le impazienze umane, ma che troppo ama gli uomini, perché le loro colpe valgano a stornarlo dalle vie della sua sapienza e del suo amore, continua e continuerà a far sorgere il suo sole sopra i buoni e i cattivi, a piovere sui giusti e sugli ingiusti (Mt 5, 45), a guidare i loro passi di fanciulli con fermezza e tenerezza, solo che si lascino condurre da Lui e confidino nella potenza e nella saggezza del suo amore per loro.
(29 giugno 1941)
L’Eucaristia
Finché sui campi del nostro globo spunterà una spiga di grano e penderà un grappolo d’uva, e un sacerdote salirà pensoso del sacrificio l’altare, l’Ospite divino sarà con noi; e il credente curverà nella fede la mente e il ginocchio innanzi a un’Ostia consacrata, come all’ultima cena gli apostoli nel pane e nel vino consacrato che il Salvatore dava loro dicendo: Questo è il mio corpo; Questo è il mio sangue; adorarono Cristo, il Maestro divino con quella pura e alta fede che crede ai portenti della sua parola, e di cui si sostanzia l’interna adorazione, fede senza la quale è vano segno il piegare di un ginocchio. Da quell’ora del Cenacolo cominciarono i secoli del Dio dell’Eucaristia; il giro del sole ne illuminò i passi con le sue aurore e i suoi tramonti; le scavate viscere della terra lo accolsero salmodiando; negli eremi, nei cenobii, nelle basiliche, sotto gli aerei pinnacoli s’inchinarono a lui pastori e popoli, principi ed eserciti. Nelle sue conquiste si avanzava coi suoi araldi e sacerdoti oltre í mari e gli oceani, e dall’Oriente all’Occidente, da un polo all’altro il Redentore ormai pianta ogni dì i suoi tabernacoli, perseverando contro l’ingratitudine degli uomini in trovare le sue delizie a stare con essi, solo bramoso di effondere a loro salvezza i tesori delle sue grazie e della sua magnificenza.
(28 aprile 1939)
Agli sposi divisi
Chi dunque ha prodotto in quell’amore, in quella santa unione di anime, una ferita invisibile e spesso fatale? Non è necessario di cercare lontano. Cercate vicino; cercate nei cuori. Lì sta il nemico; lì sta il colpevole. Diverso altrettanto che subdolo nelle sue manifestazioni e apparizioni, esso è quell’amor proprio, quell’amore di se stessi, che nasce con l’uomo, vive con lui e appena è che muoia con lui. L’amor proprio è un gran seduttore di tutte le passioni umane. Ma la vita coniugale, il vincolo indissolubile del matrimonio, chiede il sacrificio dell’amor proprio al dovere, all’amore di Dio che ha elevato e consacrato i vostri palpiti comuni, all’amore dei figli, per i quali avete ricevuta la benedizione del sacerdote e del cielo. Contro questo amor proprio, la vostra vittoria, diletti figli e figlie, sta nel sacrificio, che di giorno in giorno accompagna la vostra convivenza e comunanza di vita; sacrificio misto di gioia e di travaglio, al quale è conforto e sostegno la preghiera e la grazia di Dio.
(17 giugno 1942)
Ai malati
Quante volte abbiamo sentito stringente nel cuore il desiderio di venire a voi, di passare in mezzo a voi, in qualche modo come faceva Gesù nella sua vita terrena, benedicendo e guarendo – raggiungere tutti senza eccezione, dovunque voi siate, negli ospedali, nei sanatori, nelle cliniche, nelle case private, parlare a ciascuno di voi, nella intimità, come se ognuno di voi fosse il solo, e chini sul vostro giaciglio, farvi sentire tutta la tenerezza del Nostro affetto paterno, applicare ai vostri dolori il balsamo che, se non sempre guarisce, sempre almeno conforta e solleva, il balsamo della Passione del dolce Salvatore nostro Gesù Cristo… Levate in alto lo sguardo, diletti figli e figlie, a Colui, che vi darà la forza di portare la vostra croce con viva fede e cristiana fortezza, a Gesù Cristo, nostro Signore e Salvatore. Egli ha voluto provare le miserie di questa vita terrena, i mali e le afflizioni, gli spasimi e i tormenti più atroci che vengono dagli uomoni. Egli vi precede con la sua croce: seguitelo. Egli porta la sua croce, innocentissimo: portate anche voi la vostra, in penitenza e in espiazione dei peccati vostri e altrui. Egli porta la croce per la pace del mondo: portatela anche voi con Lui, per ottenere a voi e a tutto il genere umano la pace con Dio e la pace tra le nazioni.
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