Blog della Tradizione Cattolica Apostolica Romana

giovedì 12 aprile 2018

CHIESA CATTOLICA DOVE VAI? CONVEGNO DEL 7 APRILE 2018


E' il momento di offrirvi l’esposizione di mons. Athanasius Schneider, centrata sul ruolo della Cattedra di Pietro.

La Sede Apostolica come cattedra della verità

Il Quarto Concilio Ecumenico di Constantinopoli così insegnava: “Nella Sede Apostolica è sempre stata conservata pura la religione cattolica, e professata la santa dottrina. … In essa si trova tutta la vera solidità della religione cristiana” (Dalla formula di Papa Ormisda, sottoscritta dai Padri del Quarto Concilio di Constantinopoli). E il Concilio Vaticano I insegnava: “La Sede di San Pietro si mantiene sempre immune da ogni errore in forza della divina promessa fatta dal Signore, nostro Salvatore, al Principe dei suoi discepoli: “Io ho pregato per te, perché non venga meno la tua fede, e tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli”. Questo indefettibile carisma di verità e di fede fu dunque divinamente conferito a Pietro e ai suoi successori in questa Cattedra, perché esercitassero il loro eccelso ufficio per la salvezza di tutti, perché l’intero gregge di Cristo, distolto dai velenosi pascoli dell’errore, si alimentasse con il cibo della celeste dottrina e perché, dopo aver eliminato ciò che porta allo scisma, tutta la Chiesa si mantenesse una e, appoggiata sul suo fondamento, resistesse incrollabile contro le porte dell’inferno” (Cost. Pastor aeternus, cap. 4).

Fin dalla metà del terzo secolo San Cipriano usava il termine “cattedra” per indicare la potestà della Chiesa Romana, in virtù della Cattedra di Pietro, donde scaturisce, egli dice, l’unità della gerarchia (cf. Ep. 59, 16). Così scriveva anche San Girolamo: “Ho deciso di consultare la cattedra di Pietro, dove si trova quella fede che la bocca di un Apostolo ha esaltato; vengo ora a chiedere un nutrimento per la mia anima lì, dove un tempo ricevetti il vestito di Cristo. Io non seguo altro primato se non quello di Cristo; per questo mi metto in comunione con la tua beatitudine, cioè con la cattedra di Pietro. So che su questa pietra è edificata la Chiesa” (Le lettere I, 15, 1-2).

Il carisma della verità è affidato da Dio in primo luogo a San Pietro e ai suoi sucessori, i Romani Pontefici, la cui sede si chiama consequentemente la cattedra della verità per eccellenza. Considerando il loro ministero della verità, i Romani Pontefici devono essere continuamente consapevoli di non essere proprietari della cattedra della verità, ma servitori e vicari. La caretteristica propria del ministero degli Apostoli consiste nell’essere “pastori vicarii”, come lo dice il prefazio degli Apostoli: “Quos operis Tui vicarios eidem contulisti praeesse pastores”. Il ministero petrino nella Chiesa è essenzialmente un ministero vicario. Perciò il Romano Pontefice è chiamato “Vicarius Christi”. San Gregorio Magno (+ 604) amava di parlare del vescovo di Roma come del «vicario di san Pietro» (Registrum Epistolarum XII, 7). Il Papa san Gelasio I (+ 496) affermò che il Romano Pontefice deve essere in primo luogo “minister catholicae et apostolicae fidei” (Ep. 43).

Impressionante e attualissima è la seguente formula di giuramento che i Papi da oltre un milennio hanno fatto all’inizione del loro ministero apostolico: “Io prometto: di non diminuire o cambiare niente di quanto trovai conservato dai miei probatissimi antecessori , e di non ammettere qualsiasi novità, ma di conservare e di venerare con fervore , come vero e loro discepolo successore , con tutte le mie forze e con ogni impegno, ciò che fu tramandato; di emendare tutto quanto emerga in contraddizione alla disciplina canonica, e di custodire i sacri Canoni e le Costituzioni Apostoliche dei nostri Pontefici, quali comandamenti Divini e Celesti, (essendo io) consapevole che dovrò rendere stretta ragione davanti al (Tuo) giudizio divino di tutto quello che professo; io che occupo il (Tuo) posto per divina degnazione e fungo come il tuo Vicario , assistito dalla Tua intercessione. Se pretendessi di agire diversamente , o di permettere che altri lo faccia, Tu non mi sarai propizio in quel giorno tremendo del Divino Giudizio … Perciò, ci sottoponiamo al rigoroso interdetto dell’anatema, se mai qualcuno,o noi stessi, o un altro abbia la presunzione di introdurre qualsiasi novità in opposizione alla Tradizione Evangelica, o alla integrità della Fede e della Religione, tentando di cambiare qualcosa all’integrità della nostra Fede, o consentendo a chi pretendesse di farlo con ardore sacrilego.” (Liber Diurnus Romanorum Pontificum). È urgente di ripristinare questo giuramento papale ai nostri giorni.

Nei tempi moderni i Romani Pontefici hanno insistito sul dovere dei Papi di difendere la verità e di proteggere la Chiesa dagli errori e eresie. Leone XIII insegnava: “In tanta pazza confusione di ideologie così vastamente diffuse, è certamente compito della Chiesa assumersi la difesa delle verità e sradicare dagli animi gli errori: questo in ogni tempo e religiosamente, poiché essa deve tutelare l’amore di Dio e la salvezza degli uomini. Ma quando lo richieda la necessità, non solo devono difendere la fede i prelati, ma “ciascun fedele deve propagare agli altri la propria fede, sia per l’istruzione degli altri fedeli, sia per confermarli, o per reprimere gli assalti degli infedeli” (S. Thom., Summa theologiae, II-II, quaest. 3, art. 2, ad 2). Cedere all’avversario o tacere, mentre dovunque si alza tanto clamore per opprimere la verità, è proprio dell’inetto oppure di chi dubita che sia vero quello che professa. […] L’arrendevolezza dei buoni aumenta l’audacia dei malvagi. Per questo è ancor più da condannare l’inerzia dei cristiani perché il più delle volte si possono confutare gli errori e le malvagie affermazioni facendolo spesso con poco sforzo; ma farlo sempre occorre un impegno molto più grande. Per ultimo, nessuno è dispensato dall’usare quella forza che è propria dei cristiani, perché con essa si spezzano spesso le macchinazioni e i piani degli avversari. Ci sono poi dei cristiani nati per la disputa: quanto più grande è il loro coraggio, tanto più certa è la vittoria con l’aiuto di Dio. “Confidate: io ho vinto il mondo” (Gv 16,33). […] Gli impegni più importanti di questo dovere sono di professare la dottrina cattolica a viso aperto e con costanza” (Enciclica Sapientiae Christianae, 10 gennaio 1890).

Papa Giovanni XXIII insegnava: “Di tutti i mali che, per così dire, avvelenano gli individui, i popoli, le nazioni, e così spesso turbano l’animo di molti, causa e radice è l’ignoranza della verità. E non l’ignoranza soltanto, ma talvolta anche il disprezzo e uno sconsiderato disconoscimento del vero. […] Coloro poi che, con ardire temerario, impugnano di proposito la verità conosciuta, e parlando, scrivendo, operando, usano le armi della menzogna per attirarsi il favore del popolo semplice e per plasmare a loro modo l’animo dei giovani, ignaro e molle come cera, quale abuso non commettono, quale opera riprovevole non compiono essi mai! […] Per neutralizzare con ogni cura e diligenza, il cattivo influsso di questi mezzi pericolosi che si va sempre più diffondendo, bisogna fare ricorso alle armi della verità e dell’onestà. […] Non mancano poi quelli che, pur non impugnando di proposito la verità, si mostrano tuttavia a suo riguardo oltremodo incuranti e indifferenti, come se Dio non ci avesse dato la ragione per cercarla e raggiungerla. Tale riprovevole modo di agire conduce, quasi per un processo spontaneo, a questa assurda affermazione che tutte le religioni si equivalgono, senza alcuna differenza tra il vero e il falso. «Questo principio porta necessariamente alla rovina di tutte le religioni, specialmente di quella cattolica, la quale, essendo la sola vera fra tutte, non può senza somma offesa venire messa sullo stesso piano delle altre» (Leo XIII, Litt. enc. Humanum genus). Il negare qualsiasi differenza tra cose tanto contraddittorie, può condurre poi a questa rovinosa conclusione, che non si ammette più alcuna religione né in teoria né in pratica. Come potrebbe Dio, che è verità per essenza, approvare o tollerare la trascuratezza, la negligenza, l’insipienza di coloro che, allorquando si tratta di questioni da cui dipende l’eterna salute di tutti, non ne tengono conto alcuno, né si curano affatto di cercare e trovare le verità necessarie e di tributare a lui stesso il culto dovuto? Oggi tanto ci si affatica e tanta diligenza si pone nello studio e nel progresso dell’umano sapere, e la nostra epoca può ben gloriarsi delle mirabili conquiste raggiunte nella ricerca scientifica. Perché dunque non dovrebbe usarsi uguale impegno, anzi maggiore, per il sicuro acquisto di quel sapere che riguarda non già questa vita terrena e caduca, ma la celeste che mai verrà meno? Dal conseguimento della verità, piena, integra, sincera, deve necessariamente scaturire l’unione delle menti, degli animi e delle azioni. Infatti ogni contrasto e disaccordo trova la sua prima causa nel fatto che la verità o non è conosciuta o, peggio ancora, quantunque conosciuta, viene impugnata per i vantaggi che spesso si spera di ricavare da false opinioni, ovvero per quella biasimevole cecità che spinge gli uomini a giustificare i loro vizi e le cattive azioni.” (Enciclica Ad Petri Cathedram, 29 giugno 1959, 1-2).

Durante tutta la storia Satana, il padre della menzogna, attacca continuamente la Chiesa, e specialmente la cattedra della verità, che è la sede di Pietro. Per inscrutabile permesso della Provvidenza Divina gli attacchi di Satana contro la cattedra Romana, hanno avuto in casi rari l’effetto di una temporanea e circoscritta eclissi del Magistero Pontificio, quando alcuni Romani Pontefici hanno fatto affermazioni dottrinali ambigui, causando con questo una temporanea situazione di confusione dottrinale nella vita della Chiesa.

Tale possibilità si potrebbe vedere espressa anche nelle seguente parole tratte dall’Esorcismo contro Satana e gli angeli ribelli, redatto da Papa Leone XIII nell’anno 1884. Il testo originario dice: “Ecco, l’antico nemico e omicida si è innalzato con forza. Trasformatosi in angelo di luce, con tutta la massa degli spiriti maligni gira ampiamente e invade la terra per cancellare in essa il nome di Dio e del suo Cristo e per rapire, uccidere e rovinare nella dannazione eterna le anime destinate alla corona dell’eterna gloria. Il drago malefico effonde negli uomini depravati nella mente e corrotti nel cuore, come fiume ripugnante, il contagio della sua malvagità, lo spirito di menzogna, empietà e bestemmia, il soffio mortifero della lussuria, di tutti i vizi e le iniquità. Astutissimi nemici hanno colmato di amarezze e inebriato di assenzio la Chiesa, immacolata Sposa dell’Agnello; hanno messo le loro empie mani su tutti i suoi beni più preziosi. Là dove la sede del beatissimo Pietro e la Cattedra della verità è stata costituita per illuminare le genti, hanno posto il trono abominevole della loro empietà, perché, percosso il pastore, siano in grado di disperdere anche il gregge.” La mattina del 13 ottobre 1884 – esattamente trentatré anni prima dell’ultima apparizione mariana a Fatima e dello straordinario miracolo del sole – papa Leone XIII, mentre assisteva a una santa Messa in ringraziamento per quella che aveva appena celebrato, ebbe una visione divenuta famosa. Satana si presentava al cospetto di Dio per chiedergli il permesso di agire indisturbato, per un lasso di cento anni, allo scopo di distruggere la Chiesa, permesso che gli veniva accordato. Il Pontefice vide poi nugoli di demòni abbattersi sulla basilica di San Pietro per invadere la Sede petrina. Subito dopo la visione il papa compose la preghiera a san Michele arcangelo, che ordinò di recitare al termine di ogni Messa bassa, e il celebre esorcismo, da cui è tratta la citazione. La drammatica frase sulla sede del beatissimo Pietro sarà in seguito espunta da Pio XI onde evitare scandalo per la fede, ma essa risulta oggi quanto meno profetica.

Concludiamo con la seguente preghiera di Dom Prosper Gueranger: “Calma le tempeste, o Pietro, affinché i deboli non ne siano scossi; ottieni dal Signore che la residenza del tuo successore non venga mai interrotta nella città che tu eleggesti ed innalzasti a tanti onori. Se gli abitanti di questa città regina hanno meritato d’essere castigati perché dimentichi di ciò che ti devono, risparmiali per riguardo dell’universo cattolico, e fa’ che la loro fede, come al tempo in cui Paolo tuo fratello indirizzava la sua Epistola, torni ad essere famosa in tutto il mondò (Rom. I, 8).” (L’Anno Liturgico, Alba 1959, I tomo, p. 824).

7 aprile 2018

+ Athanasius Schneider, Vescovo ausiliare di Maria Santissima in Astana

(Marco Tosatti Fonte Stilum Curiae)

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