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La rivoluzione di Papa Francesco

"Noi dobbiamo giungere al trionfo
dell'idea rivoluzionaria tramite un Papa"
Istruzione permanente dell'Alta Vendita

di don Pierpaolo Maria Petrucci

«Questo è Papa Francesco. Se la Chiesa diventerà come lui la pensa e la vuole sarà cambiata un’epoca». Eugenio Scalfari terminava così la celebre intervista rilasciatagli dal Pontefice [1] e sembra che abbia proprio colto nel segno, poiché questo Papa sta effettivamente realizzando una vera e propria rivoluzione.


Essenzialmente non si tratta di una metamorfosi nelle idee, che è stata già compiuta dal concilio e dai papi che lo hanno trasmesso, giacché in questo campo Francesco non sta dicendo appunto nulla di nuovo. La sua è una rivoluzione che si sviluppa soprattutto nella prassi. I princìpi relativisti, cardine della nuova ecclesiologia conciliare, sono spinti sempre con maggior forza dalla teoria alle loro conseguenze pratiche e finiscono per operare una scissione sempre più grande fra la dottrina e la vita dei cattolici.

In questo passaggio sempre più rapido dalle idee ai fatti, Francesco sembra agire con un’arte consumata: una telefonata, un parola lanciata in un certo contesto e un silenzio osservato in un altro, un’intervista, un questionario ben elaborato per interrogare “il popolo di Dio” nel contesto di scristianizzazione attuale per poi utilizzarne le risposte e trarre le prevedibili conseguenze: visto che la Chiesa non è più in sintonia con il popolo cristiano si impongono dei cambiamenti! Tutto questo è ovviamente mediatizzato a dovere, ed ecco che gli ultimi baluardi della stessa legge naturale sono scossi nelle loro fondamenta.

I nemici della Chiesa non perdono certo l’occasione per sfruttare queste aperture. Così Papa Francesco diventa il personaggio dell’anno della rivista gay americana The advocate[2] e le sue frasi vengono affisse sulle porte delle cliniche abortive per scoraggiare le manifestazioni in favore della vita.[3]

Il nuovo metro di misura della morale diventa unicamente la coscienza soggettiva[4]. Da una parte si continua a dichiarare di voler conservare intatta la dottrina, ma dall’altra si abbattono nella pratica i princìpi nel considerare le situazioni concrete che permetterebbero di trovare soluzioni morali su misura, a geometria variabile, poiché in definitiva, secondo il nuovo insegnamento, è sufficiente che ognuno agisca secondo coscienza!

Un cocktail esplosivo che è dunque composto spesso non da atti o documenti magistrali, ed è quindi per il fatto stesso al di fuori delle discussioni teologiche sull’assistenza divina di cui dovrebbe beneficiare il Papa, ma proprio per tal motivo ancora più letale.

Questa rivoluzione profonda si opera nel pensiero comune e soprattutto nella mentalità dei cattolici ed ha una portata molto maggiore di una semplice dichiarazione dottrinale, possiede infatti anche il vantaggio di paralizzare la resistenza all’interno della Chiesa poiché si può sempre cercare la “buona interpretazione” al fine di tutto giustificare, come fanno ad arte quei conservatori, imbevuti di spirito liberale, di cui sempre si serve ogni rivoluzione per canalizzare le legittime resistenze all’interno di un sistema.

Una delle prossime tappe in questo percorso saranno le canonizzazioni di Giovanni XXIII, il Papa della svolta epocale del Concilio, e di Giovani Paolo II, colui che ha scomunicato la Tradizione in nome di una nuova concezione evolutiva della stessa.

Con questa cerimonia è indubbiamente il concilio stesso che si vuole canonizzare ed erigere a pietra miliare di una nuova era di “progresso” per la Chiesa, che viene dichiarata, in spregio ad ogni realtà oggettiva, non essere “mai stata tanto bene come oggi”![5]

Un’altra mèta in questo percorso sarà il sinodo di ottobre sulla famiglia. Il teologo di riferimento del pontefice per questo evento sembra essere nientemeno che il Cardinal Kasper, giudicato, fin dai primi giorni del suo pontificato, “un teologo in gamba”[6]. Nella sua recente relazione all’ultimo concistoro[7], considerata dal pontefice “bellissima e profonda”[8], Kasper opera, da vero funambolo, una devastante distinzione fra la dottrina, ancora a parole definita immutabile, e la prassi suscettibile di adattamento alle circostanze, aprendo così la strada al concedere la comunione ai divorziati concubini e scardinando le basi dell’indissolubilità del matrimonio. [9]

Il processo sembra irreversibile e umanamente certamente lo è. Ma la Chiesa è divina e sarà magnifico vedere (in questa vita o in quella futura) come il Signore, che sembrava addormentato, si alzerà dalla barca di Pietro per calmare con una sola parola la tempesta.

In questa attesa quello che ci resta da fare è conservare la fede e trasmetterla. Per questo dobbiamo allontanare dalla mente ogni sentimento di scoraggiamento di fronte ai mali attuali. Non serve a niente lamentarsi sulle rovine che ci circondano. Bisogna certo essere lucidi, ma soprattutto conservare la fede nella Chiesa e fare di tutto per essere quegli “uomini d’arme”, di cui parlava Santa Giovanna d’Arco, tramite i quali Dio darà la vittoria.[10]

Sicuramente il Signore vuole servirsi di ognuno di noi per operare la restaurazione della sua regalità nella società e nella Chiesa. Per questo occorre pazientemente costruire, prima di tutto in noi, il castello interiore, di cui parla Santa Teresa d’Ávila, attraverso una vita di unione a Dio sempre più profonda sulle basi della buona dottrina, della preghiera, degli esercizi spirituali ignaziani, ma soprattutto con una vita sacramentale fondata sulla vera Messa cattolica e non sulla neoliturgia di spirito protestante.

Occorre poi ricostruire, in mezzo allo sfacelo generale, cellule di società cristiana fondata sulla famiglia indissolubile. Dobbiamo inoltre contribuire modestamente, ma con tutte le nostre energie, all’instaurazione del Regno sociale di Nostro Signore tramite la fedeltà al dovere di stato, che va compiuto da cattolici, senza nessuna schizofrenia spirituale dettata dal liberalismo che vorrebbe scindere nell’uomo la vita privata da quella pubblica.

È necessario ricostruire strutture sociali ispirate dalla fede e fondate sulla dottrina immutabile della Chiesa: cappelle, priorati, scuole veramente cattoliche, seminari… È necessario far regnare Nostro Signore nell’ambiente in cui viviamo in maniera sempre più profonda e visibile poiché, non dimentichiamolo, siamo composti di anima e corpo ed è quindi importante che questa volontà di assoggettare tutto al dolce impero di Cristo e dell’Immacolata si concretizzi esternamente con un segno sensibile come un crocifisso, una statua del Sacro Cuore, una medaglia della Madonna, nello stesso modo con cui hanno agito i nostri padri che sono andati a piantare le croci sulle più alte montagne per manifestare così la loro volontà di sottomettere tutto il creato a Nostro Signore Gesù Cristo.

In questa battaglia la Fraternità San Pio X sarà sempre in prima linea, senza nessun compromesso con gli errori e lo spirito del mondo e ognuno potrà sempre contare sull’ausilio dei suoi sacerdoti in quest’opera di ricostruzione, fondata sulla fede in colui che ha detto: «Abbiate coraggio, io ho vinto il mondo».[11]

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