Santità, sia più gentile!
C’è aria di tempesta in Vaticano, ma soprattutto nell’episcopato italiano, con riverberi sul clero internazionale. Un neo-prete americano è andato dal suo vescovo e ha detto: «Eccellenza, a questo punto dovremmo dimetterci tutti, noi preti». Dinanzi allo stupore del vescovo, ha spiegato: «Perché secondo il papa tutti noi preti siamo fatti male e il migliore di tutti è solo lui: sempre lì a umiliarci». Ed è rimasto non poco sorpreso il papa dinanzi alla richiesta di un benefattore cattolico che, ricevuto in udienza, al rituale «preghi per me» di congedo del papa, con garbo ha replicato: «Certo, Santità: però Lei sia più gentile coi preti».
Oggetto del contendere sarebbe la«parzialità» di papa Francesco, e certe sue presunte «spericolatezze e superficialità» dottrinali e omiletiche. Qualche vescovo italiano ha cominciato a intitolarlo «Jorge Mario Badoglio». E si tira in ballo tutto, senza badare a spese: la manifesta ambizione di chi gli sta più vicino, come il giovane gesuita Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica e intervistatore del papa, liquidato come «arrampicatore pronto a tutto»; il «patriarca» della cordata curiale-diplomatica, che ha organizzato l’elezione di Bergoglio, e poi premiata con le migliori poltrone, il cardinale Sodano, già segretario di Stato. Di quest’ultimo si ricorda l’omelia nella messa Pro eligiendo romano pontifice del 2013, prima dell’ingresso in conclave, che come decano dei cardinali presiedeva, e dove oltre a disegnare la figura del futuro papa, che fin troppo somigliava al cardinale Bergoglio, ne ha anche indicato il compito futuro: «promuovere senza sosta l’ordine mondiale», non si sa se nuovo o meno. Fatto sta che quella frase è stata subito censurata dall’Osservatore Romano e dal sito ufficiale della Santa Sede. Neppure il nuovo segretario di Stato Pietro Parolin è risparmiato: si fa notare che «sta per andare a vivere nel suo mega lussuoso appartamento in Prima Loggia, quello che fino a PIO XI era il vero appartamento del papa, e che da allora non è più abitato dai papi», e sardonici aggiungono che «poteva stare all’hotel a cinque stelle di Santa Marta».
Avvisaglie di guerriglia, fin qui.
Kasper il bugiardo
Kasper
Ma la battaglia campale non è ancora venuta: si è solo alle prove generali. I vescovi più o meno ortodossi e gli assi del Collegio Cardinalizio, in realtà, stanno già accampandosi per il Sinodo d’autunno sulla famiglia, dove si aprirà anche il capitolo della comunione ai divorziati risposati. È lì che intendono scatenare la vera battaglia.
Caffarra
«Sono sul piede di guerra», confermano fonti di curia. In prima linea, per l’Italia, ci sarà il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano e ciellino, che si dice essere uscito psicologicamente distrutto dal conclave dove era convinto di venirne fuori da papa, ma che adesso «si è ripreso», ed è «furente»: col cardinale progressista Walter Kasper, in primis. Poi c’è il cardinale di Bologna, Carlo Caffarra, mandato avanti a sondare il terreno con una ponderosa intervista al Foglio (giornale che già aveva avuto la sua parte in “battaglia”, pubblicando in anticipo la prolusione completa di Kasper sul Sinodo per la famiglia, e di fatto quasi bruciandola) dove spiega, tra l’altro, che su certe cose «i papi hanno sempre insegnato che la potestà del Papa non arriva a questo: sul matrimonio rato e consumato il Papa non ha nessun potere». Un chiaro avvertimento a Francesco.
Scola
Poi c’è l’anziano cardinale di curia Walter Brandmüller, tedesco e amico di Ratzinger, insigne storico della Chiesa, considerato da molti in fama di santità. Infine, l’altro tedesco: il prefetto dell’Ortodossia, Gerhard Müller. Da questo gruppo di porporati è partito il cecchinaggio contro la prolusione Kasper, in pieno concistoro, a febbraio, quando si stavano disegnando le linee guida del futuro Sinodo sulla famiglia, in ottobre.
«Hanno massacrato Kasper». Brandmüller in particolare: ha detto davanti a tutti, svergognandolo, che Kasper mentiva usando fonti patristiche e teologiche che avrebbe manipolato. Per esempio dicendo che i divorziati facevano la comunione nell’antichità: lo storico della Chiesa Brandmüller ha citato studi su studi che dimostrano il contrario, studi autorevoli, recenti e anche firmati da lui stesso. E lo stesso ha fatto su sant’Agostino che in realtà chiedeva il pentimento e la conversione, «manipolato», questo pure, da Kasper per portare acqua al suo mulino «ideologico». Ciò non sorprende: il card. Kasper fu quel teologo liberal che nero su bianco osò sostenere che i miracoli di Gesù altro non erano che «mitologia».
Brandmüller
A questo punto, la prolusione affidata dal papa– sorprendendo e allarmando i settori più ortodossi dell’episcopato – a Kasper era ampiamente bruciata. Ed è qui che è avvenuto un inaspettato strappo alla regola, che ha esacerbato oltre gli animi: è intervenuto il papa direttamente, con una filippica mirata a salvare Kasper e la sua prolusione: «Ieri, prima di dormire, ho letto… ho ri-letto il lavoro del cardinale Kasper… Vorrei ringraziarlo, perché ho trovato profonda teologia, anche un pensiero sereno nella teologia. È piacevole leggere teologia serena. E ho trovato quello che Sant’Ignazio ci diceva, quel sensus ecclesiae, l’amore alla Madre Chiesa, lì. Mi ha fatto bene e mi è venuta un’idea, ma mi scusi eminenza se la faccio vergognare, ma l’idea è: questo si chiama fare teologia in ginocchio. Grazie. Grazie». Parlando così, pubblicamente, ha reso queste dichiarazioni, apparentemente estemporanee, di fatto parte del magistero ordinario.
Verso la trincea del Sinodo
Il prefetto dell’Ortodossia: Gerhard Müller
Un vero endorsement. Qualcuno dei vescovi presenti, infastidito, ha fatto notare: «Ma non era lo stesso papa che appena eletto ha detto “non mi frega niente della teologia, ci pensino i teologi”?». Il cardinale Caffarra, fra i denti, ha dovuto ammettere che «c’è in atto una guerra contro Giovanni Paolo II, Paolo VI e Ratzinger; e in particolare contro Humanae vitae e Familiaris consortio», le due encicliche fondamentali su vita umana, contraccezione e famiglia.
Il fatto è stato grave. Il papa ha salvato Kasper, ma in tal modo si è anche apertamente schierato. E invece «poteva e doveva stare zitto», si lamentano. Fin lì si era creduto che il papa avesse usato il teologo progressista Kasper per far venire allo scoperto le tesi liberal dell’episcopato mitteleuropeo, lasciandole poi impallinare in anticipo, per salvare la dottrina tradizionale della Chiesa in materia. Ma dopo l’irrituale e appassionata difesa di Kasper, è stato chiaro a tutti che il papa ha affidato la prolusione a lui proprio perché ne condivideva il pensiero. E su questa strada, col suo intervento diretto, vorrebbe indirizzare e se necessario spingere il Sinodo. Perché in sé avrebbe già maturato una decisione. In questo usando la tecnica tipica dei gesuiti, maestri nel dare alle assemblee l’illusione di prendere esse, democraticamente, le decisioni, ma in realtà portandole senza farsi accorgere a ratificare scelte che sono state già prese dal superiore. Persino Kasper sarebbe, in questo senso, solo una «pedina» di Bergoglio.
Sono in molti ad ammetterlo, ma tutt’altro che rassegnati, anzi. Che ormai si sta delineando sempre più la terza via per il Sinodo: il divorzio accettato dal vescovo diocesano con una dichiarazione extra giudiziale di nullità matrimoniale. Che di fatto salva la dottrina col sofisma, ma allo stesso tempo favorisce una prassi eterodossa.
A questa si aggiunge un’ulteriore consapevolezza: «è solo l’inizio». Essendo la rivoluzione per sua natura «bulimica», si sostiene, questo è solo il primo passo per poi legittimare «tutto il resto», come han fatto le denominazioni protestanti europee (e quasi subito dissolvendosi). E questa sarebbe l’intenzione dell’episcopato mitteleuropeo: applicare un punto alla volta «tutti i punti dell’agenda liberal»: una autentica «mondanizzazione» della Chiesa. «E’ l’inizio, certo: l’inizio della fine!», assicura un prelato della Sacra Rota.
E allora si capisce perché attorno a questo Sinodo tutte le componenti pensanti della cattolicità (romana e ortodossa) si stanno accampando in attesa della battaglia finale. L’unica possibilità che hanno è arrivare preparati al Sinodo di ottobre, giocando d’anticipo: consapevoli che dietro l’esangue maschera dell’ottuagenario Kasper, come hanno sospettato appena gliel’hanno strappata, potrebbe esserci il papa. Ed è questo il loro vero problema.
Ma come giocare d’anticipo avendo dinanzi il “mostro” mediatico di Francesco? Sensibilizzando i cattolici militanti con interventi delle punte di diamante dell’intellighenzia cattolica ortodossa, laici e cardinali compresi: con interventi e interviste mirate. E hanno in effetti cominciato a parlare, come dimostra la fluviale e toccante intervista di Caffarra. E nel frattempo escono cose strane, tutti vanno dicendo che il papa «è bravissimo», ma se leggi fra le righe si capisce che poi al Sinodo sarà il finimondo, se il tutto non scoppia prima, naturalmente. Finimondo verbale, teoretico, teologico: «per evitare derive»
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