Ai piedi della croce, accanto al suo figlio morente e da lui, Maria riceve quello che potremmo chiamare il terzo annuncio della sua vita, almeno riferendoci ai Vangeli.
Ci fu dapprima l’annuncio dell’angelo che trasformò tutta la sua vita con la prospettiva luminosa del Figlio di Dio che stava per diventare in lei anche figlio dell’uomo (Lc 1,26ss): questa è la prima Annunciazione, quella che tutti conosciamo con questo nome.
Un secondo annuncio Maria lo ebbe dal vecchio Simeone al tempio: secondo le parole profetiche di Simeone quel Bambino avrebbe suscitato contraddizioni e contrasti, di cui avrebbe sofferto anche lei, la madre, che sentirà il suo cuore come trafitto da una spada (Lc 2,34-35).
Accanto alla croce, Maria riceve il terzo annuncio dal Figlio suo che le rivela la sua chiamata a un’altra maternità, universale come lo è la redenzione da lui operata (Gv 19,25-27), frutto di un amore che non rifugge dalla sofferenza neppure di fronte alla morte di croce. Per Maria la maternità alla quale è chiamata sarà frutto della partecipazione all’amore e al dolore del Figlio suo per noi.
"Donna, ecco tuo Figlio"
Queste parole furono tra le ultime che Maria ha udito dal suo Figlio, ormai morente sulla croce e Giovanni deve averle ricordate per tutta la vita con immenso affetto e gratitudine verso Gesù e verso Maria. Esse riguardano anzitutto Maria, la madre, e non solo come singola persona, ma come la creatura che Dio ha collocato in una posizione tutta particolare, anzi unica, nella storia della salvezza che con lei è giunta alla pienezza dei tempi. Attraverso di lei, infatti, giungerà all’umanità il Figlio di Dio che diventerà figlio dell’uomo e sarà per sempre uno di noi. È Paolo, il primo teologo della Chiesa, che ci offre questa visione nel breve passo di Gal 4,4-5, dove dice che "nella pienezza del tempo Dio ha mandato il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattarci dalla legge e donarci l’adozione a figli". È il primo accenno nel Nuovo Testamento alla madre di Gesù.
Ed egli, il Figlio, in Maria si è fatto uno di noi per farci diventare come lui cioè per portare la nostra umanità – anima e corpo diciamo noi – a vivere della sua stessa vita, eterna e pienamente felice in Dio. Paolo – illuminato dallo Spirito – ha precisato che Dio "ci ha predestinati a divenire conformi all’immagine del Figlio suo, affinché egli sia il primogenito tra molti fratelli" (Rm 8,29). Del resto Gesù aveva detto nella sua ultima preghiera al Padre: "Padre, voglio che anche quelli che tu mi hai dato siano con me dove sono io…" (Gv 17,24).
E tutti questi fratelli hanno non solo un Padre, il Padre di Gesù; ma egli ha voluto che avessero anche una Madre, quella stessa che egli dall’eternità ha scelto per il suo primogenito: Maria di Nazaret. Se la "madre" è colei che per natura fa spazio in se stessa ad altri, a Maria il Padre ha chiesto di rappresentare, in certo senso, per tutti i suoi figli la dimensione materna del suo amore. Questa dimensione appare nella Bibbia a proposito di Dio quando dice che egli è compassionevole e misericordioso; ma per dire questo usa spesso la parola rachamìm che indica proprio le "viscere materne", dove i figli si formano prima di nascere, ma che continuano a vibrare e a commuoversi per tutto ciò che riguarda i figli anche dopo la loro nascita.
"Figlio, ecco tua Madre!"
Le parole che Gesù rivolge a sua madre e al suo discepolo, hanno una somiglianza caratteristica, almeno esterna con altre, dette in altre circostanze, per cui ci appaiono una specie di formula. Quando Giovanni Battista vede passare Gesù, lo indica ai suoi discepoli: "Ecco l’agnello di Dio" (Gv 1,29), formula ripetuta pochi versetti dopo in Gv 1,36. Quando Gesù vede venirgli incontro Natanaele dice: "Ecco un vero israelita…" (Gv 1,47). Come possiamo costatare, l’evangelista ci presenta situazioni simili: una persona (Gesù o Giovanni Battista) vede e indica un’altra persona e ne dà una definizione, dicendo: "Ecco…".
Sembrerebbe che Gesù con le parole rivolte al discepolo amato fosse preoccupato di provvedere a sua madre che rimaneva sola, una persona che si occupasse di lei. Questa è stata una spiegazione sorta spontaneamente a motivo della pietà e dell’affetto verso Maria per la morte del figlio Gesù. E Giovanni, il discepolo prediletto di Gesù, era il più indicato a tenerla con sé e provvedere a lei… Ma Giovanni, soprattutto, è l’evangelista che più degli altri presenta Gesù in rapporto con persone che, senza perdere la propria identità, diventano anche personaggi rappresentativi di categorie di persone. Così "il discepolo che Gesù amava" ritorna varie volte negli ultimi capitoli del quarto vangelo, ma non viene mai identificato: perché questo discepolo di Gesù è il tipo di tutti i discepoli che Gesù ama.
La parola di Gesù a sua madre e al discepolo, non dichiara una specie di adozione reciproca, ma è piuttosto una dichiarazione di identità, che è al tempo stesso una rivelazione: si tratta infatti di una nuova dimensione della maternità della Madre di Gesù nel progetto di salvezza di Dio. Il discepolo di Gesù, che stava sotto la croce accanto a Maria, prototipo e rappresentante di ogni discepolo, è dichiarato figlio della Madre di Gesù e tale egli dovrà sentirsi anzitutto, in quanto discepolo di Gesù. È una relazione che ha voluto Gesù stesso nel momento più solenne e significativo della sua vita e della sua missione, quando si compiva pienamente quell’ora, cioè quel tempo di grazia iniziato a Cana col primo segno che ha suscitato la fede dei primi discepoli (Gv 2,11). E a Cana Maria raffigura l’antico popolo di Dio bisognoso del Messia, del Salvatore atteso.
La Madre di Gesù e il discepolo amato sono ora, insieme, la nuova realtà a cui Gesù con la sua morte sta dando vita: e la nuova realtà è il nuovo popolo di Dio, il popolo messianico, cioè la Chiesa.
Madre della Chiesa, nuovo popolo di Dio
È interessante notare che la missione salvatrice di Gesù sembra trovare il suo compimento con questo gesto e in queste ultime sue parole: cioè facendo del discepolo che egli amava e di tutti i suoi discepoli, dei figli della sua stessa Madre; e facendo di lei, attraverso quel discepolo, la Madre di tutti i suoi "fratelli", come li chiama Gesù (Gv 20,17).
Vediamo che nel vangelo di Giovanni, Gesù si rivolge a Maria, con il nome generico "Donna", sia a Cana, sia sul Calvario dalla Croce. Giovanni stesso la nomina sempre come "la Madre di Gesù", mai col suo nome proprio "Maria". La sua persona concreta quasi scompare, assorbita nella figura di ciò che ella è nel progetto di Dio: lei è la Madre del Figlio di Dio e nel momento ultimo della vita umana del Figlio suo è dichiarata e rivelata quale Madre di tutti i discepoli che diventano suoi figli; diviene quindi Madre della Chiesa, del nuovo popolo di Dio.
Ma indubbiamente accresce il nostro amore e la fiducia in Maria sapere che il compimento della nostra salvezza, nei programmi di Dio, prevedeva quest’ultimo dono per noi: il dono della Madre di Gesù come Madre nostra.
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