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Sabato “Sitientes”



Ordinazioni agli Ordini minori ed al Suddiaconato


Il 5 aprile scorso, sabato “Sitientes” dal nome dell’introito che si canta alla Messa, 11 giovani leviti hanno ricevuto il Suddiaconato. Questo primo ordine maggiore, nella scala che conduce al sacerdozio, comporta la donazione totale a Dio tramite il voto di castità e l’obbligo di recitare il Breviario a nome della Chiesa.

Fra di essi vi erano undici seminaristi della Fraternità San Pio X, due benedettini dell’Abazia di Bellaigue e due cappuccini del convento di Morgon. Queste ultime comunità sono situate in Francia e composte di membri proveniente da diverse nazioni, alla ricerca di una vita religiose conforme alle esigenze della fede e della Chiesa.

Nella stessa cerimonia altri 15 seminaristi di Ecône, fra i quali tre italiani, hanno ricevuto gli ultimi due ordini minori dell’esorcistato e dell’accolitato. Preghiamo per la perseveranza di questi giovani che sono una promessa e motivo di vera speranza per la Chiesa.

Mons. de Galarreta ha presieduto la cerimonia pontificale, durante al quale ha fortificato la fede dei presenti con una bella omelia che abbiamo tradotta per voi.



Cari confratelli, carissimi ordinandi, cari fedeli,

il Pontificale Romano in occasione di queste ordinazioni, all’esorcistato, all’accolitato e al suddiaconato, insiste sui doveri che ha chi riceve queste partecipazioni progressive al sacerdozio di Nostro Signore e sulle esigenze che questo comporta. Alcune espressioni si ripetono spesso come, “famulare, mancipare, servire, ministrare”.



Queste diverse parole latine vogliono significare che si tratta di una consacrazione effettiva a Dio. Ci si consacra al servizio di Dio, al servizio del culto ed il giorno del suddiaconato questo impegno è definitivo. Il vescovo ricorda chiaramente al futuro suddiacono che la scelta e la decisione che sta per prendere non potrà cambiarla, non potrà più tornare indietro, è per sempre. Egli si impegna ad osservare la castità perfetta e si mette per sempre al servizio di Dio e della Chiesa. Da ciò appare il legame che vi è fra la virtù di religione ed il sacerdozio. La Chiesa esige che il candidato al sacerdozio sia totalmente consacrato a Dio ed al suo servizio. Questa è la definizione stessa della virtù di religione ed è per questo che il sacerdote è il religioso per eccellenza, per antonomasia.

Egli deve praticare per officio questa virtù, in ciò che essa ha di più intimo di più interiore, di più perfetto. Il sacerdote si consacra totalmente al servizio di Dio e del suo culto e ciò è l’essenziale, il formale della virtù di religione. Il sacerdozio è anche una partecipazione e una continuità del sacerdozio di Nostro Signore Gesù Cristo. Ora Nostro Signore ha esercitato il sacerdozio principalmente ed essenzialmente per la virtù di religione. Il sacerdozio di Cristo è eminentemente religioso ed il sacerdote che è un altro Gesù Cristo deve praticare soprattutto questa virtù essenziale al sacerdozio di Cristo e quindi del sacerdozio cattolico.

Mons. Lefebvre insisteva molto su questo aspetto del sacerdozio e sul fatto che il sacerdote debba essere riempito dello spirito di religione. S. Tommaso d’Aquino pone tre obblighi legati a questa virtù e allo spirito religioso.

Prima di tutto occorre una consacrazione totale poi deve esservi sempre una tendenza alla perfezione e infine bisogna cercare sempre, in ogni cosa, la gloria di Dio, la gloria e l’onore di Dio.

Sono questi dunque i tre obblighi del sacerdote

E’ dunque durante il seminario, cari ordinandi, cari seminaristi, che ci si impregna dello spirito di religione che è un dovuto. La religione fa parte della virtù di giustizia ed è quindi un dovuto. Occorre rendere a Dio quello che gli è dovuto e dal momento in cui il sacerdote, il seminarista già al suddiaconato si impegna per sempre, liberamente, ciò diventa per lui un dovere. Non è un qualcosa di supererogatorio, non si tratta in senso stretto della carità, benché la carità ispiri la virtù di religione che porta a consacrare la propria vita e a rendere a Dio il culto che gli è dovuto. Per prima cosa la pratica perfetta della virtù di religione esige che ci si consacri a Dio totalmente. La perfezione cristiana risiede nella virtù di carità e il ritorno verso Dio dell’uomo consiste essenzialmente nella carità.

Ma per giungere a questa carità perfetta vi è un doppio movimento dell’anima verso Dio. Prima di tutto un distacco dalle creature e poi un attaccamento stabile a Dio. È il doppio movimento che inspira appunto la virtù di religione: distacco dalle creature, purificazione, e poi attaccamento a Dio. Ebbene nel sacerdote occorre che il distacco dalle creature e l’attaccamento a Nostro Signore sia totale, intero. Si vede bene come gli apostoli abbiano lasciato tutto: “relictis omnibus”. Questo distacco deve essere prima di tutto interiore, nel proprio cuore, separato da tutte le creature. Occorre staccarsi da tutte le creature per unirsi totalmente a Nostro Signore Gesù Cristo, attaccarsi a lui e seguirlo dappertutto dove andrà, fin sulla croce. Questa è la prima condizione del sacerdozio e San Tommaso d’Aquino la paragona all’olocausto. Ogni olocausto è un sacrificio ma non ogni sacrifico è un olocausto. Quando qualcuno offre a Dio qualcosa ma conserva qualcos’altro per se è un sacrificio. Ma quando qualcuno offre e consacra a Dio onnipotente tutto ciò che egli è, tutto quello che ha, tutto ciò che vive, tutto ciò che sa, allora dice San Tommaso, si parla di olocausto. Quindi il sacerdote deve più di ogni religioso consacrarsi totalmente a Dio con una sorta di offerta totale, con un olocausto. Il sacrificio di Gesù sulla croce è un sacrificio che è un olocausto. Egli ha offerto tutto, fino alle ultime gocce di sangue.

Il secondo obbligo del sacerdote è quello di tendere alla santità. Il Pontificale ricorda ad ogni ordinazione e quasi costantemente in tutte le preghiere, come e il sacerdote debba praticare tutte le virtù e come debba cercare sempre e dappertutto la perfezione, soprattutto quella della carità. Mons. Lefebvre ci diceva che non si può concepire un sacerdote che non ricerchi la santità.

Questo obbligo è evidente e proviene necessariamente dal sacerdozio e non soltanto dal carattere sacerdotale, dalla grazia sacerdotale dall’officio stesso, ma soprattutto dal ministero del sacerdote. Sia quanto al corpo sacramentale di Gesù Cristo, poiché il sacerdozio è totalmente ordinato all’eucaristia come sacrificio e come sacramento, sia quanto all’officio che il sacerdote deve riempiere riguardo al corpo mistico.

Questo esige la santità, magari non ancor in atto ma certamente a livello di una tensione sempre ferma e rinnovata di cercare la perfezione. Ciò che ci è richiesto è quindi una perfezione molto più alta di quella che si esige dai religiosi. È la dottrina di S. Tommaso: il sacerdote è tenuto ad una perfezione più elevata dei religiosi. Per entrare in religione è sufficiente essere nella via purgativa poiché la vita religiosa è una via che conduce verso alla santità. Ma il sacerdote dovrebbe trovarsi già nella via illuminativa. Evidentemente si tratta di averne il desiderio, di volere la santità, di ricercarla con costanze e perseveranza, malgrado le nostre debolezze. Nella vita sacerdotale come nella vita cristiana bisogna rialzarsi costantemente dalle proprie miserie, dalle proprie colpe con pazienza, con dolcezza ma con fermezza. Si tratta veramente di volere la perfezione di voler progredire ogni giorno nelle vie della santità e della perfezione. Conoscete certamente l’espressione di S. Tommaso d’Aquino: per giungere alla perfezione bisogna prima di tutto volerlo poi in seguito occorre volerlo ancora e poi bisogna volerlo sempre.

Esurientes implevit bonis. Dio riempie di bene coloro che hanno fame di perfezione e di santità. Questo corrisponde anche alla beatitudine insegnataci da Gesù: “Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia”, beati coloro che desiderano, che cercano in maniera ferma e costante di progredire nella via della santità.

Occorre infine che il sacerdote ricerchi dappertutto e in tutto la gloria di Dio.

La virtù di religione ha un doppio aspetto: la soggezione, la sottomissione dell’uomo a Dio e la gloria di Dio e il sacerdote si consacra ed è votato e dedicato a cercare la gloria di Dio, a procurare la gloria di Dio, a rendere a Dio l’adorazione e l’onore pubblico che gli sono dovuti.

Egli è per eccellenza colui che deve realizzare la gloria di Dio, propagarla e stabilirla nel cuore degli uomini e negli affari umani, quindi nelle società. Considerando l’esempio di Nostro Signore Gesù Cristo si potrebbe dire che il dovere principale, primario del sacerdote è quello di rendere a Dio la gloria che gli è dovuta. Onorare la SS Trinità, rendere a Gesù Cristo l’onore e la gloria che gli sono dovuti, è così che egli si consacra a realizzare le prime tre domande del Padre Nostro: “Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome”, cioè sia glorificato. Ma come sarà glorificato? “Che venga il tuo regno”: è per il regno di Nostro Signore che il suo nome è glorificato. Ma come si realizzerà il regno di Nostro signore? “Sia fatta la tua volontà”.

Si tratta quindi di realizzare, di stabilire questa volontà di Dio sulla terra, è così che ci si consacra a rendere gloria a Dio. Quindi un sacerdote ed un vescovo che ha la pienezza del sacerdozio deve prima di tutto consacrarsi alla gloria di Dio e questa gloria si realizza stabilendo la volontà di Dio e quindi la legge di Dio dappertutto. Questo è l’officio e la missione del sacerdote.

Non è quella di incoraggiare tutti gli uomini a compiere e a conservare fedelmente ciò che loro credono sia bene o che sia vero. La funzione di un sacerdote, di un vescovo, di un Papa non è quella di confortare ognuno in ciò che creda essere bene o male per praticare il bene ed evitare il male. Non è quella di incoraggiare ogni uomo a conservare la propria religione. La funzione del sacerdote è quella di stabilire la gloria di Dio per il regno di Dio e quindi tramite la dottrina di Dio ed è questo il problema essenziale della crisi nella Chiesa. La cosa più grave nella crisi attuale non è il male che si fa alle anime anche se questo è enorme, gravissimo, terribile. Ma è molto più grave che si dirotti la gloria da Dio alle creature, che si rubi per così dire la gloria della SS. Trinità per darla all’uomo. L’ecumenismo, la libertà di religione, la libertà di coscienza, in una parola il liberalismo è appropriarsi della gloria di Dio per darla all’uomo. L’essenza della crisi e dell’eresia modernista è questo umanismo, questo dirottamento dell’adorazione e della gloria dal Creatore alla creatura, da Dio, dalla SS. Trinità all’uomo. Capiremo molto meglio questo in Paradiso. Facciamo fatica a capire anche noi cattolici questa preponderanza della gloria di Dio sul bene e la gloria dell’uomo, anche se la a fede ce lo illustra chiaramente. L’esistenza dell’inferno è un dogma di fede. Ma cosa ci prova questa verità? Ci prova che la gloria di Dio vale di più della gloria e del bene dell’uomo. Altrimenti l’inferno non avrebbe senso.

D’altra parte, per pura e semplice logica, per il modernista l’inferno è vuoto. Evidentemente! Altrimenti che cosa rimarrebbe della gloria dell’uomo?

Ebbene il sacerdote si consacra a propagare a e difendere la gloria di Dio dappertutto e questo, cari ordinandi, dovrete farlo durante tutta la vostra vita e non soltanto quando rendete un atto di culto o esercitate l’apostolato. Tutta la vostra vita, tutte le vostre azioni devono essere ordinate alla più grande gloria di Dio, soprattutto in questa epoca in cui il mondo non vuol più rendere a Dio il culto e la gloria che gli appartengono e questo è il peggior peccato che comporta tutti gli altri e tutti i mali.

Per vivere in questo spirito bisogno soprattutto di praticare gli atti essenziali della virtù di religione e sopratutto la devozione, che è il primo di questi atti, per sottomette la nostra volontà a Dio.

Intendo la devozione nel senso della virtù di religione e non la devozione come pietà o fervore nella carità.

No, si tratta qui di una sottomissione, di una consacrazione. Essa consiste soprattutto nella prontezza nel servizio e nel culto di Dio: prontezza, generosità, consacrazione.

Occorre poi lo spirito di adorazione che si realizza nella sottomissione dell’uomo e della sua intelligenza nel riconoscere la sua miseria e il suo niente di fronte a Dio, per riverirlo e adorarne la maestà e la grandezza infinita. Questo è lo spirito di adorazione.

Vi è poi lo spirito di sacrificio, atto anche questo essenziale della virtù di religione poiché occorre anche riparare, espiare, soddisfare e questo si compie tramite il sacrificio. Prima di tutto attraverso la Croce, il sacrificio della Croce rinnovato alla S. Messa, ma anche tramite la nostra offerta personale in unione con Nostro Signore Gesù Cristo per la gloria di Dio, per riparare gli oltraggi fatti a Dio e per la salvezza delle anime. Mons. Lefebvre, che aveva uno spirito sintetico, riconduceva questi tre atti al quarto della virtù di religione che è essenziale e cioè la preghiera. Egli riassumeva quindi tutto lo spirito religioso e la pratica della virtù di religione nella preghiera. Non la vita di preghiera compresa in senso stretto, diretto, che è un atto dell’intelligenza. Vi è la preghiera vocale, la preghiera mentale e poi la contemplazione. Monsignore parlava in maniera generale della preghiera spirituale cioè quell’ attitudine profonda dell’anima, di tutta la nostra anima di mettersi sotto la dipendenza di Dio.

La vita di preghiera è intesa in questo senso come un’attitudine dell’intelligenza, della volontà, del cuore, per la quale adoriamo Dio facendo l’offerta totale di noi stessi sull’esempio di Nostro Signore Gesù Cristo che venendo in questo mondo ha detto a suo Pare: “Ecco Padre che vengo per fare la vostra volontà”. Si tratta di seguire l’esempio di Gesù che ha offerto se stesso sulla Croce in uno slancio di amore per Dio Padre e per le anime. Questa vita di preghiera è una disposizione abituale secondo la quale, con tutto il nostro essere, con tutta la nostra anima, adoriamo Dio e quindi ci consacriamo, ci offriamo a lui in uno spirito adorazione di lode di riparazione.

Chiediamo quindi particolarmente in questo giorno alla Madonna e a Nostro Signore, di riempirci di questo spirito di religione. Chiediamolo per tutti ma particolarmente questi ordinandi e per i sacerdoti.

Dove potremmo attingere quest’acqua dello spirito di religione, dello spirito religioso? Ebbene alle fontane, alle sorgenti che sono i sacri Cuori di Gesù e di Maria.









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