Carissimi amici e lettori,
mi scrive un’amica che è stata alla processione del Corpus Domini a Brescia, presieduta dal vescovo Tremolada ,e non vi nascondiamo tutta la sua delusione per l'omelia che il vescovo a tenuto per la circostanza. Si considera normalmente che un'Omelia non deve durare più di 8/ 10 minuti, deve essere una spiegazione biblica dei testi sacri, o del mistero che si sta celebrando. Non deve essere solo teologica, potrebbe risultare pesante, neppure può essere soltanto un'esortazione morale, una buona Omelia parte dal dato biblico, ne approfondisce il significato teologico, e giunge alle implicazioni riguardanti la vita cristiana. In fondo potrete leggervi l'omelia tenuta dal vescovo di Brescia nella solennità del Corpus Domini.
Lettera dall' amica di Brescia
"Arrivo adesso dalla processione del Corpus Domini con il vescovo con omelia annessa ....una delusione ! Non ha detto una parola sul Corpo di Cristo...non ha mai nominato l’Eucarestia. Il Vescovo ha pregato affinché il cammino della città sia "un cammino di verità e la nostra città sia un buon esempio di intensa umanità".A...la Sacra Ostia...niente niente niente. Un discorso bellissimo sulla Costituzione da far invidia a qualsiasi politico....credo che se l'avesse fatto questo discorso il sindaco o qualcuno della giunta forse avrebbe sfruttato la presenza del Santissimo almeno per convenienza ....
Tanta gente delusa....nessuna festa per Gesù Eucaristico ma un bel discorso sulla comunità Bresciana....povero Gesù poveri noi come siamo messi male !
La Signora che chiameremo (M)scriverà una lettera al vescovo....credo che sarebbe buona cosa che la scrivessero più persone che erano presenti la sera del Giovedì 8/ Giugno del 2023 almeno per una giustizia verso Gesù ....credo di scriverla anch'io ..."!
"Un sacerdote mi dice questo in merito alla lettera scritta da (M): Ho sentito molti commenti simili effettivamente al di là della bella dizione e dell'ineccepibilità dei concetti non era né il luogo né la celebrazione opportuna".
lettera firmata e inviata al Vescovo Tremolada
Eccellenza Reverendissima Monsignor Tremolada, ho partecipato alla solennità del Corpus Domini fin dalla messa celebrata da monsignor Fontana; mentre seguivo i vari momenti liturgici ero davvero felice nell’osservare che c'erano molti i fedeli e tanta la devozione, a tratti ero commossa dalla solennità, dall’essere alla Presenza di Nostro Signore, dalla bellezza del rito, dalla partecipazione, dal vedere tanti amici e conoscenti, sapendo che non ci si salva da soli e condividere la fede in Dio è una gioia. Per il tempo che ho trascorso al cospetto del Corpus Domini ho continuato a pensare a quante persone attira a Sé, non vorrei essere irrispettosa, ma ho pensato ad una calamita che attira a sé uomini e donne, che si lasciano trascinare in quel cammino di cui ci ha parlato nella sua omelia, è un cammino spirituale, è una tensione al trascendente che chiede di essere illuminata sulle e dalle cose di Dio, che vuole conoscere Dio, vuole essere elevata nello spirito dalle cose di Dio. Certamente sarà importante e interessante conoscere la costituzione, il senso civico non è certo da trascurare, ma si può raggiungere anche per vie indirette, come insegna san Giovanni Bosco che si dedicava a formare buoni cristiani nella certezza che sarebbero diventati onesti cittadini. In molti eravamo presenti alla solennità del Corpus Domini con l’anelito a progredire nella dimensione del buon cristiano e nella consapevolezza che tale dimensione è di fondamentale importanza per affrontare con rettitudine ogni aspetto del vivere umano, diversamente, chi avesse voluto soddisfare il proprio senso civico ha già partecipato alle celebrazioni del 2 giugno ultimo scorso con profitto di riti, eventi, trasmissioni, documentari, interviste, ecc.. Non le nascondo il disorientamento di molti fedeli, me compresa, nell’ascolto dei temi laici da Lei affrontati nell’omelia, argomenti che quotidianamente irrompono nelle nostre vite in modo invasivo e pervasivo. Eccellenza, siamo stanchi, abbiamo bisogno di pace, noi fedeli siamo stanchi ed oppressi e cerchiamo rifugio nella Chiesa pieni di fiducia che la Chiesa mantenga la promessa del Vangelo: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro.”. RicordandoLa nella preghiera, porgo cordiali saluti M Brescia 8 giugno 2023
Leggi l'omelia del Vescovo
Mentre prendo la parola in questa Festa del Corpus Domini, non posso non ricordare che circa un anno fa, in questa medesima circostanza e in questo medesimo luogo, confermavo l’annuncio della mia malattia e del mio imminente intervento chirurgico. A distanza di un anno sono qui con voi a ringraziare la Provvidenza di Dio per l’esito positivo dell’intervento stesso e del decorso successivo. Vorrei anche esprimere nuovamente a voi la mia gratitudine, per la vicinanza e l’affetto con il quale mi avete accompagnato. Vi assicuro che è stato per me motivo di profonda consolazione.
Come è tradizione vorrei offrire anche quest’anno un breve pensiero alla città, con semplicità, traendolo dal significato del momento che stiamo condividendo. Abbiamo portato l’Eucaristia per le strade della nostra città. La solennità del Corpus Domini ha infatti questa specifica caratteristica, quella della processione: si forma un corteo e ci si mette in cammino, accompagnando per le strade il Corpo santo del Signore.
Il cammino è da sempre una bella metafora della vita, non soltanto a livello personale ma anche sociale. Vorrei fermare la mia attenzione proprio su questo punto e condividere con voi questa sera qualche breve riflessione sul camminare insieme come città. Provo a forzare un po’ la metafora e mi chiedo cosa significa per una città, per la nostra città di Brescia, che nel nostro imaginario è una realtà stabile nel suo spazio, essere una città in cammino. Credo possano emergere alcune considerazioni in grado di arricchire la nostra esperienza della città.
Una città in cammino è anzitutto una città che non è ferma, che metaforicamente si muove e che lo fa al passo con i tempi. È una comunità che si mantiene aggiornata, all’altezza del momento, che ama la cultura e la ricerca L’articolo 9 della nostra Costituzione recita così: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica”. È un invito a vivere con consapevolezza e soddisfazione l’esperienza del progresso scientifico e tecnologico, senza assolutizzarlo ma anche senza sminuirne il valore. I passi che la ricerca sta compiendo a tutti i livelli del vivere umano sono impressionanti. Essi hanno sollevato l’uomo da tante fatiche, hanno offerto nuove possibilità di lotta alle malattie, hanno aperto nuove frontiere sul versante della comunicazione e della produzione. Occorrerà interrogarsi con onestà sui principi che stanno ispirando una simile ricerca e sui gruppi di potere che spesso la condizionano, ma certo essa rappresenta di per sé un valore: è un segno eloquente dell’intelligenza umana e della sua creatività.
Una città che cammina è, in secondo luogo, una città che procede idealmente nella stessa direzione. Essere in cammino non coincide esattamente con l’essere in movimento. Chi cammina insieme ad altri sa dove va e la meta condivisa è una delle ragioni del mantenersi in comunione. Vi è poi il pensiero del passato. Una città in cammino sa che altri hanno camminato prima della generazione attuale, sa cioè di avere una storia, e quindi delle tradizioni e dei valori condivisi. La memoria di tutto ciò impedisce di fermarsi. L’eredità spirituale dei padri sospinge la generazione di ogni tempo a compiere con impegno il proprio tratto di strada. La cultura di una città è il suo patrimonio spirituale, che plasma – potremmo dire – la sua identità, crea lo stile del suo vivere comune e si esprime in particolare nelle diverse forme dell’arte e della cultura.
Una città in cammino è, in terzo luogo, una città in cui ci si ascolta e ci si parla. Lungo la strada, mentre si cammina insieme, non si sta in silenzio e se lo si fa è per approfondire il rapporto reciproco. Nel cammino ci si conosce, ci si presenta, ci si racconta. Fuor di metafora, quella che cammina è una città che impara a riconoscere e a valorizzare le diversità, in particolare le diverse culture: è una città interculturale. Accogliere ciò che gli altri ci offrono e che noi sentiamo come nuovo è un compito che ci accompagnerà nei prossimi anni. Bisognerà superare la paura e il sospetto. Le giovani generazioni ci aiuteranno, perché le loro energie e prima ancora i loro sentimenti muovono istintivamente in questa direzione.
Una città in cammino, è poi una città solidale e fraterna. Nel cammino ci si aiuta. C’è infatti chi è forte e chi è debole, chi è giovane e chi non lo è più, chi corre e chi è lento. Sarà molto importante anzitutto riconoscersi nella pari dignità nonostante le differenze. L’uguaglianza è un diritto fondamentale che a tutti va riconosciuto. Lo dice la stessa Costituzione all’articolo 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
Quanto alla solidarietà, essa è la risposta della città in cammino alle necessità dei più deboli. “Solidarietà – scrive papa Francesco nell’Enciclica Fratelli tutti – è una parola che non sempre piace; direi che alcune volte l’abbiamo trasformata in una cattiva parola, che non si può dire; ma è una parola che esprime molto più che alcuni atti di generosità sporadici. È pensare e agire in termini di comunità, di priorità della vita di tutti sull’appropriazione dei beni da parte di alcuni. È anche lottare contro le cause strutturali della povertà, la disuguaglianza, la mancanza di lavoro, della terra e della casa, la negazione dei diritti sociali e lavorativi. È far fronte agli effetti distruttori dell’Impero del denaro […]. La solidarietà, intesa nel suo senso più profondo, è un modo di fare la storia ».
La solidarietà combatte con tutte le forze l’individualismo, contesta l’idea diffusa che ognuno deve pensare a se stesso, senza poter far conto sull’aiuto degli altri, un’idea del tutto errata, come di mostra l’esperienza della vita. In realtà abbiamo infatti bisogno gli uni degli altri. Che ognuno pensi solo a se stesso è il male peggiore che possa capitare ad una società; che ciascuno ricerchi semplicemente il proprio tornaconto e la propria personale soddisfazione è una triste deriva che spegne la bellezza della vita. “Esiste infatti – scrive sempre papa Francesco – la gratuità. Essa è la capacità di fare alcune cose per il solo fatto che sono buone, senza sperare di ricavarne alcun risultato, senza aspettarsi immediatamente qualcosa in cambio (139)”. La gratuità è l’anima della solidarietà.
Una città in cammino è una città che sa rispettare e ammirare la bellezza che vede, che sa guardarsi intorno e riconoscersi circondata da una realtà piena di armonia. Da qui il rispetto e l’impegno a preservarne il valore. All’articolo 9, la nostra Costituzione pone in evidenza questo aspetto e si esprime così: “La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”. L’ambiente che ci circonda è un dono e una responsabilità. Oggi, in tempi di grandi cambiamenti climatici, è ancora più evidente l’importanza che ha la cura dell’ambiente per la vita di una città.
Infine, una città in cammino è una città che ama la pace. Camminare insieme è rimanere accostati, uno a fianco all’altro, senza dividersi, senza contrapporsi, senza cedere mai a sentimenti di gelosia, di odio e di rancore. Significa soprattutto respingere la violenza in tutte le sue forme, a partire dalla guerra. All’articolo 11 la nostra Costituzione è perentoria: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Come non pensare qui al discorso di san Paolo VI al palazzo delle Nazioni Unite e al suo grido accorato: “Mai più la guerra, mai più la guerra, ma la pace!”. Questa speranza è ancora disattesa. La brutalità e la follia della guerra sono ancora una tremenda realtà, anche vicino a noi. Noi, però, vogliamo essere una città di pace, ma anche una città solidale, una città delle diverse culture, una città consapevole della sua storia e costantemente protesa verso il futuro, una città rispettosa del suo ambiente.
La benedizione di Dio ci accompagni, il mistero dell’Eucaristia ci stringa nell’abbraccio misericordioso del Cristo redentore, affinchè il nostro sia un cammino di verità e la nostra città sia un buon esempio di intensa umanità.
mi scrive un’amica che è stata alla processione del Corpus Domini a Brescia, presieduta dal vescovo Tremolada ,e non vi nascondiamo tutta la sua delusione per l'omelia che il vescovo a tenuto per la circostanza. Si considera normalmente che un'Omelia non deve durare più di 8/ 10 minuti, deve essere una spiegazione biblica dei testi sacri, o del mistero che si sta celebrando. Non deve essere solo teologica, potrebbe risultare pesante, neppure può essere soltanto un'esortazione morale, una buona Omelia parte dal dato biblico, ne approfondisce il significato teologico, e giunge alle implicazioni riguardanti la vita cristiana. In fondo potrete leggervi l'omelia tenuta dal vescovo di Brescia nella solennità del Corpus Domini.
Lettera dall' amica di Brescia
"Arrivo adesso dalla processione del Corpus Domini con il vescovo con omelia annessa ....una delusione ! Non ha detto una parola sul Corpo di Cristo...non ha mai nominato l’Eucarestia. Il Vescovo ha pregato affinché il cammino della città sia "un cammino di verità e la nostra città sia un buon esempio di intensa umanità".A...la Sacra Ostia...niente niente niente. Un discorso bellissimo sulla Costituzione da far invidia a qualsiasi politico....credo che se l'avesse fatto questo discorso il sindaco o qualcuno della giunta forse avrebbe sfruttato la presenza del Santissimo almeno per convenienza ....
Tanta gente delusa....nessuna festa per Gesù Eucaristico ma un bel discorso sulla comunità Bresciana....povero Gesù poveri noi come siamo messi male !
La Signora che chiameremo (M)scriverà una lettera al vescovo....credo che sarebbe buona cosa che la scrivessero più persone che erano presenti la sera del Giovedì 8/ Giugno del 2023 almeno per una giustizia verso Gesù ....credo di scriverla anch'io ..."!
"Un sacerdote mi dice questo in merito alla lettera scritta da (M): Ho sentito molti commenti simili effettivamente al di là della bella dizione e dell'ineccepibilità dei concetti non era né il luogo né la celebrazione opportuna".
lettera firmata e inviata al Vescovo Tremolada
Eccellenza Reverendissima Monsignor Tremolada, ho partecipato alla solennità del Corpus Domini fin dalla messa celebrata da monsignor Fontana; mentre seguivo i vari momenti liturgici ero davvero felice nell’osservare che c'erano molti i fedeli e tanta la devozione, a tratti ero commossa dalla solennità, dall’essere alla Presenza di Nostro Signore, dalla bellezza del rito, dalla partecipazione, dal vedere tanti amici e conoscenti, sapendo che non ci si salva da soli e condividere la fede in Dio è una gioia. Per il tempo che ho trascorso al cospetto del Corpus Domini ho continuato a pensare a quante persone attira a Sé, non vorrei essere irrispettosa, ma ho pensato ad una calamita che attira a sé uomini e donne, che si lasciano trascinare in quel cammino di cui ci ha parlato nella sua omelia, è un cammino spirituale, è una tensione al trascendente che chiede di essere illuminata sulle e dalle cose di Dio, che vuole conoscere Dio, vuole essere elevata nello spirito dalle cose di Dio. Certamente sarà importante e interessante conoscere la costituzione, il senso civico non è certo da trascurare, ma si può raggiungere anche per vie indirette, come insegna san Giovanni Bosco che si dedicava a formare buoni cristiani nella certezza che sarebbero diventati onesti cittadini. In molti eravamo presenti alla solennità del Corpus Domini con l’anelito a progredire nella dimensione del buon cristiano e nella consapevolezza che tale dimensione è di fondamentale importanza per affrontare con rettitudine ogni aspetto del vivere umano, diversamente, chi avesse voluto soddisfare il proprio senso civico ha già partecipato alle celebrazioni del 2 giugno ultimo scorso con profitto di riti, eventi, trasmissioni, documentari, interviste, ecc.. Non le nascondo il disorientamento di molti fedeli, me compresa, nell’ascolto dei temi laici da Lei affrontati nell’omelia, argomenti che quotidianamente irrompono nelle nostre vite in modo invasivo e pervasivo. Eccellenza, siamo stanchi, abbiamo bisogno di pace, noi fedeli siamo stanchi ed oppressi e cerchiamo rifugio nella Chiesa pieni di fiducia che la Chiesa mantenga la promessa del Vangelo: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro.”. RicordandoLa nella preghiera, porgo cordiali saluti M Brescia 8 giugno 2023
Leggi l'omelia del Vescovo
Mentre prendo la parola in questa Festa del Corpus Domini, non posso non ricordare che circa un anno fa, in questa medesima circostanza e in questo medesimo luogo, confermavo l’annuncio della mia malattia e del mio imminente intervento chirurgico. A distanza di un anno sono qui con voi a ringraziare la Provvidenza di Dio per l’esito positivo dell’intervento stesso e del decorso successivo. Vorrei anche esprimere nuovamente a voi la mia gratitudine, per la vicinanza e l’affetto con il quale mi avete accompagnato. Vi assicuro che è stato per me motivo di profonda consolazione.
Come è tradizione vorrei offrire anche quest’anno un breve pensiero alla città, con semplicità, traendolo dal significato del momento che stiamo condividendo. Abbiamo portato l’Eucaristia per le strade della nostra città. La solennità del Corpus Domini ha infatti questa specifica caratteristica, quella della processione: si forma un corteo e ci si mette in cammino, accompagnando per le strade il Corpo santo del Signore.
Il cammino è da sempre una bella metafora della vita, non soltanto a livello personale ma anche sociale. Vorrei fermare la mia attenzione proprio su questo punto e condividere con voi questa sera qualche breve riflessione sul camminare insieme come città. Provo a forzare un po’ la metafora e mi chiedo cosa significa per una città, per la nostra città di Brescia, che nel nostro imaginario è una realtà stabile nel suo spazio, essere una città in cammino. Credo possano emergere alcune considerazioni in grado di arricchire la nostra esperienza della città.
Una città in cammino è anzitutto una città che non è ferma, che metaforicamente si muove e che lo fa al passo con i tempi. È una comunità che si mantiene aggiornata, all’altezza del momento, che ama la cultura e la ricerca L’articolo 9 della nostra Costituzione recita così: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica”. È un invito a vivere con consapevolezza e soddisfazione l’esperienza del progresso scientifico e tecnologico, senza assolutizzarlo ma anche senza sminuirne il valore. I passi che la ricerca sta compiendo a tutti i livelli del vivere umano sono impressionanti. Essi hanno sollevato l’uomo da tante fatiche, hanno offerto nuove possibilità di lotta alle malattie, hanno aperto nuove frontiere sul versante della comunicazione e della produzione. Occorrerà interrogarsi con onestà sui principi che stanno ispirando una simile ricerca e sui gruppi di potere che spesso la condizionano, ma certo essa rappresenta di per sé un valore: è un segno eloquente dell’intelligenza umana e della sua creatività.
Una città che cammina è, in secondo luogo, una città che procede idealmente nella stessa direzione. Essere in cammino non coincide esattamente con l’essere in movimento. Chi cammina insieme ad altri sa dove va e la meta condivisa è una delle ragioni del mantenersi in comunione. Vi è poi il pensiero del passato. Una città in cammino sa che altri hanno camminato prima della generazione attuale, sa cioè di avere una storia, e quindi delle tradizioni e dei valori condivisi. La memoria di tutto ciò impedisce di fermarsi. L’eredità spirituale dei padri sospinge la generazione di ogni tempo a compiere con impegno il proprio tratto di strada. La cultura di una città è il suo patrimonio spirituale, che plasma – potremmo dire – la sua identità, crea lo stile del suo vivere comune e si esprime in particolare nelle diverse forme dell’arte e della cultura.
Una città in cammino è, in terzo luogo, una città in cui ci si ascolta e ci si parla. Lungo la strada, mentre si cammina insieme, non si sta in silenzio e se lo si fa è per approfondire il rapporto reciproco. Nel cammino ci si conosce, ci si presenta, ci si racconta. Fuor di metafora, quella che cammina è una città che impara a riconoscere e a valorizzare le diversità, in particolare le diverse culture: è una città interculturale. Accogliere ciò che gli altri ci offrono e che noi sentiamo come nuovo è un compito che ci accompagnerà nei prossimi anni. Bisognerà superare la paura e il sospetto. Le giovani generazioni ci aiuteranno, perché le loro energie e prima ancora i loro sentimenti muovono istintivamente in questa direzione.
Una città in cammino, è poi una città solidale e fraterna. Nel cammino ci si aiuta. C’è infatti chi è forte e chi è debole, chi è giovane e chi non lo è più, chi corre e chi è lento. Sarà molto importante anzitutto riconoscersi nella pari dignità nonostante le differenze. L’uguaglianza è un diritto fondamentale che a tutti va riconosciuto. Lo dice la stessa Costituzione all’articolo 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
Quanto alla solidarietà, essa è la risposta della città in cammino alle necessità dei più deboli. “Solidarietà – scrive papa Francesco nell’Enciclica Fratelli tutti – è una parola che non sempre piace; direi che alcune volte l’abbiamo trasformata in una cattiva parola, che non si può dire; ma è una parola che esprime molto più che alcuni atti di generosità sporadici. È pensare e agire in termini di comunità, di priorità della vita di tutti sull’appropriazione dei beni da parte di alcuni. È anche lottare contro le cause strutturali della povertà, la disuguaglianza, la mancanza di lavoro, della terra e della casa, la negazione dei diritti sociali e lavorativi. È far fronte agli effetti distruttori dell’Impero del denaro […]. La solidarietà, intesa nel suo senso più profondo, è un modo di fare la storia ».
La solidarietà combatte con tutte le forze l’individualismo, contesta l’idea diffusa che ognuno deve pensare a se stesso, senza poter far conto sull’aiuto degli altri, un’idea del tutto errata, come di mostra l’esperienza della vita. In realtà abbiamo infatti bisogno gli uni degli altri. Che ognuno pensi solo a se stesso è il male peggiore che possa capitare ad una società; che ciascuno ricerchi semplicemente il proprio tornaconto e la propria personale soddisfazione è una triste deriva che spegne la bellezza della vita. “Esiste infatti – scrive sempre papa Francesco – la gratuità. Essa è la capacità di fare alcune cose per il solo fatto che sono buone, senza sperare di ricavarne alcun risultato, senza aspettarsi immediatamente qualcosa in cambio (139)”. La gratuità è l’anima della solidarietà.
Una città in cammino è una città che sa rispettare e ammirare la bellezza che vede, che sa guardarsi intorno e riconoscersi circondata da una realtà piena di armonia. Da qui il rispetto e l’impegno a preservarne il valore. All’articolo 9, la nostra Costituzione pone in evidenza questo aspetto e si esprime così: “La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”. L’ambiente che ci circonda è un dono e una responsabilità. Oggi, in tempi di grandi cambiamenti climatici, è ancora più evidente l’importanza che ha la cura dell’ambiente per la vita di una città.
Infine, una città in cammino è una città che ama la pace. Camminare insieme è rimanere accostati, uno a fianco all’altro, senza dividersi, senza contrapporsi, senza cedere mai a sentimenti di gelosia, di odio e di rancore. Significa soprattutto respingere la violenza in tutte le sue forme, a partire dalla guerra. All’articolo 11 la nostra Costituzione è perentoria: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Come non pensare qui al discorso di san Paolo VI al palazzo delle Nazioni Unite e al suo grido accorato: “Mai più la guerra, mai più la guerra, ma la pace!”. Questa speranza è ancora disattesa. La brutalità e la follia della guerra sono ancora una tremenda realtà, anche vicino a noi. Noi, però, vogliamo essere una città di pace, ma anche una città solidale, una città delle diverse culture, una città consapevole della sua storia e costantemente protesa verso il futuro, una città rispettosa del suo ambiente.
La benedizione di Dio ci accompagni, il mistero dell’Eucaristia ci stringa nell’abbraccio misericordioso del Cristo redentore, affinchè il nostro sia un cammino di verità e la nostra città sia un buon esempio di intensa umanità.
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