Benedetto XVI ha affermato la perpetua validità della Messa tradizionale preconciliare, insistendo sul fatto che «ciò che per le generazioni precedenti era sacro anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente e del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso» (lettera ai vescovi in occasione della pubblicazione del motu proprio Summorum pontificum sull’uso della liturgia romana anteriore alla riforma effettuata nel 1970).
Tuttavia, con l’uscita nel 2021 di Traditionis custodes (titolo paradossale), e ora con il recente rescritto e forse altri documenti in arrivo, il successore di Benedetto XVI, Francesco, si sta muovendo in senso contrario, limitando o addirittura impedendo di praticare la forma di culto più in linea con la Tradizione.
Dunque, come deve comportarsi un cattolico di fronte a questa inversione di tendenza? A chi obbedire? Possono esserci situazioni in cui l’obbedienza diventa un impedimento alla missione della Chiesa e al bene delle anime?
Ma, nelle circostanze in cui viviamo, nella confusione in cui si trova oggi la Chiesa, è lecito domandarsi: in che consiste oggi l'obbedienza? Come si realizza oggi l'obbedienza nella santa Chiesa? Ebbene, non dobbiamo dimenticare che la prima obbedienza, l'obbedienza fondamentale, radicale, la nostra obbedienza totale è quella a Gesù Cristo, a Dio. Perché è Lui che ci chiede l'obbedienza;
è Lui che ci chiede la sottomissione. E il buon Dio ha fatto tutto il necessario per illuminarci sull'obbedienza.
Per duemila anni di vita della Chiesa, la luce ci è stata data per mezzo della Rivelazione, degli apostoli, di Pietro e dei successori di Pietro. Quando è capitato che qualche errore si sia insinuato o che qualche verità non sia stata trasmessa esattamente, la Chiesa ha rimesso le cose a posto. La Chiesa ha avuto cura di trasmetterci la verità conformemente alla Rivelazione del Signore.
Ai nostri giorni, per un mistero insondabile della Provvidenza, è permesso che si realizzino circostanze uniche nella storia della Chiesa, che le verità non siano più trasmesse con la fedeltà con cui sono state trasmesse per duemila anni. Non cerchiamone nemmeno il motivo, non indaghiamo sulle responsabilità. Ma questi fatti sono sotto gli occhi di tutti. La verità, che è stata insegnata ai bambini, ai poveri-Pauperes evangelizantur (Mt 11,5), « Ai poveri si annuncia la buona novella », come rispondeva Nostro Signore agli inviati di Giovanni Battista - oggi non la si insegna più; non si dà loro il « pane di vita ».
Hanno trasformato i nostri sacrifici, i sacramenti, i catechismi...
Siamo stupefatti, dolorosamente sorpresi. Che fare in presenza di una realtà così profondamente angosciosa, lacerante, schiacciante?
Mantenere la fede. Obbedire a Nostro Signore Gesù Cristo e a ciò che ci ha trasmesso per duemila anni. In un momento di terrore di confusione, di disgregazione della Chiesa, che dobbiamo fare, se non attenerci a ciò che Gesù ha insegnato, a ciò che la Chiesa ci ha dato come verità per sempre, definita una volta per tutte?
Non si può cambiare ciò che è stato definito una volta per tutte dai Sommi Pontefici con la loro infallibilità. Nessuno ha il diritto di cambiare la verità che è inscritta per sempre nelle Sacre Scritture, perché l'immutabilità della verità corrisponde all'immutabilità di Dio. Mentre Dio è immotus in se permanens, rimane immoto in sé, nell'eternità, al di fuori del mutare dei tempi.
Perciò dobbiamo aderire alle verità eterne, che ci sono state insegnate in modo permanente, senza lasciarci turbare dal disordine attuale. Sapere quando è il caso di obbedire, non « obbedire per obbedire », un'obbedienza fine a se stessa. Perché in definitiva si tratta di questo.
Da una parte il buon Dio ha voluto che la Sua verità ci fosse trasmessa attraverso gli uomini che partecipano della Sua autorità. Dall'altra, nella misura in cui essi non sono fedeli alla trasmissione della verità, noi non possiamo più accettare i loro ordini e gli obblighi che vogliono imporci. Infatti, obbedire a degli uomini che trasmettono infedelmente il messaggio che è stato loro dato, significherebbe disobbedire a Dio. E non c'è dubbio che dobbiamo obbedire a Dio, piuttosto e prima che agli uomini: in tal caso essi non ottemperano alla funzione per cui hanno ricevuto l'autorità. Laddove, al contrario, il messaggio trasmesso dagli uomini corrisponde a quello di Nostro Signore, non abbiamo alcun diritto di non obbedire, fino all'ultimo iota.
Per questo lo stesso san Paolo ci ha avvertito affermando: « Se un angelo dal cielo o se io stesso vi insegnassi qualcosa di diverso da ciò che vi ho insegnato, non ascoltatelo » ( Gal 1,8 ).
È il nostro caso: siamo proprio davanti a questa realtà. Se anch'io vi insegnassi qualcosa di contrario all'insegnamento di Gesù Cristo, a ciò che tutta la Tradizione ci ha tramandato, non ascoltatemi. Avreste il diritto di non obbedirmi, perché non sarei rimasto fedele alla missione che Dio mi ha affidato.
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