Questa è la testimonianza lasciata sul blog di padre John Zhulsdorf da un suo lettore speciale:
«Sono un monaco della Chiesa ortodossa, sulla via della conversione al cattolicesimo. Ho deciso percorrere questa strada per numerosi motivi, quasi tutti di tipo dottrinale. Benché la mia presa di consapevolezza della verità del cattolicesimo sia stata un processo graduale, ci sono state comunque cose che subito mi hanno fatto capire che il cattolicesimo era da prendere sul serio.
Avendo letto i Padri della Chiesa e ciò che hanno scritto su come discernere una vocazione matrimoniale da una alla vita religiosa, mi era chiaro che gli stessi Padri avevano una idea ben definita del matrimonio e della sessualità; questa lucidità li spingeva a raccomandare la vita celibataria a tutti coloro che potevano abbracciarla e a insistere sul fatto che se un cristiano voleva tenere un piede nel mondo, la sua sessualità doveva essere indirizzata esclusivamente al matrimonio e a un matrimonio con un fine preciso: l’educazione della prole, dono di Dio, in una unità che è alla base della società e riflette l’indissolubile legame tra Cristo e la Chiesa. Nella loro visione del matrimonio e della sessualità, due cose erano certe e ineludibili: la prima, la contraccezione è inconcepibile in un matrimonio cristiano, dal momento che è un bene in sé, benché inferiore a quello della vita religiosa, il cui senso è la generazione e l’educazione dei figli nella fede. La seconda cosa, il matrimonio è di necessità permanente, deve durare fintanto che gli sposi vivono, sia per i doveri e gli obblighi dettati dalla legge naturale, sia per il suo carattere sacramentale. Gli ortodossi possono provare a vantarsi della loro maggiore fedeltà alla tradizione apostolica in certi usi e costumi (antichi calendari, digiuni, periodi in cui pregare in piedi o inginocchiati, ecc.), ma ad un certo punto ho capito che si sono allontanati dalla dottrina cristiana originaria sul matrimonio e la sessualità. È una questione di dottrina, non solo di prassi, il che dovrebbe far riflettere molti ortodossi come ha fatto riflettere me. Mi sono detto: “Se il cattolicesimo è falso e l’ortodossia è vera, come mai il cattolicesimo insegna ancora la verità su matrimonio e contraccezione mentre noi l’abbiamo abbandonata?”. Le disquisizioni dottrinali sul Filioque e l’infallibilità papale possono andare avanti all’infinito; non così per il cristallino insegnamento patristico e apostolico (cioè scritturistico), secondo cui il matrimonio è per sempre ed esclude la contraccezione (cosa che non può essere messa in dubbio da persone intellettualmente oneste). Penso quindi che sarebbe una tragedia se anche solo il cattolicesimo flirtasse con l’idea ortodossa di “oikonomia”, quando la sua fedeltà dottrinale è stata per me una prova chiara della sua rivendicazione di essere la vera Chiesa.
Da uno che è stato nella Chiesa ortodossa, lasciate che vi dica una cosa: di questo concetto di “oikonomia” si è abusato per giustificare qualsiasi violazione della disciplina canonica. E’qualcosa che il cattolicesimo dovrebbe evitare a tutti i costi. Il termine “oikonomia” significa “buona gestione della casa”. Ciò vuol dire che della “oikonomia” può far parte sia la severità quanto l’essere indulgenti. Il modo appropriato di fare “economia” si trova nella parola latina “dispensatio” – così fu tradotta la parola greca – ovvero soppesare, dosare, compensare. L’idea è che con una “dispensa” si può cercare di ottenere lo stesso bene che si dovrebbe ottenere con la legge, valutando tutte la variabili di una determinata circostanza. Non si tratta di abrogare la legge, ma di raggiungere lo scopo della legge con altri mezzi. Alle volte questo può risultare in un allentamento della disciplina, quando le circostanze indicano che l’applicazione dura e pura della legge può causare un danno. Ovviamente però, questo cercare di raggiungere il bene, lo stesso bene che si deve raggiungere con la legge, scegliendo un approccio differente dopo un’adeguata valutazione di tutti i fattori in campo, non può arrivare a violare la verità o a corrompere la morale, dal momento che ciò non è lo scopo della legge! Sarebbe il suo contrario.
Cattolici! Ascoltate un ex monaco ortodosso: fuggite questa “economia” spuria che si fa gioco dell’autentico significato del termine! La teologia degli ortodossi è diventata così distorta che giudicano sempre invalidi i sacramenti non-ortodossi, ma ammettono la possibilità che possano diventare validi “per oikonomia”. Ma come può un principio che dovrebbe permettere giudizi prudenti nell’applicazione del diritto canonico, rendere dei sacramenti validi o invalidi retroattivamente? Dove sta il “bene” in un tale confuso concetto di “oikonomia”? Ho conosciuto un prete ortodosso, sposato, psichiatra. Ha avuto una relazione con una delle sue pazienti, cosa che anche il mondo secolare giudica un crimine, meritevole della radiazione dalla professione. Tuttavia il suo vescovo gli ha permesso di divorziare dalla moglie, di “risposarsi” con la sua paziente e di tornare al servizio sacerdotale: tutto in nome della “oikonomia”. Ma io dico: misericordia un cavolo! Qual è stata la misericordia per la moglie del prete? E per i suoi figli? E per la comunità che avrebbe fatto volentieri a meno di avere come parroco un bugiardo, fornicatore e adultero? E per le altre donne che possono diventare sue vittime, ora che costui sa che non ci sono conseguenze per le sue azioni? A tutto ciò porta inevitabilmente una tale idea di “oikonomia”, riguardo alla quale dico: anathema sit! Gli ortodossi dovrebbero vergognarsi di tollerare una tale ipocrisia e un tale tradimento della fede. I cattolici dovrebbero essere orgogliosi di non avere nulla del genere. È una delle ragioni per cui ho preso il cattolicesimo seriamente in considerazione e sono arrivato a credere che rappresenti la vera fede.
Pater Augustinus»
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