Cari Fratelli Vescovi,
Saluto tutti voi con affetto fraterno in occasione della vostra visita ad limina Apostolorum. Come
sapete, quest’anno desidero riflettere con voi su alcuni aspetti dell’evangelizzazione della cultura
americana alla luce delle sfide intellettuali ed etiche del momento presente.
Negli incontri precedenti ho riconosciuto la nostra preoccupazione per le minacce alla libertà di
coscienza, di religione e di culto che devono essere affrontate con urgenza, affinché tutti gli uomini
e le donne di fede, e le istituzioni che essi ispirano, possano agire in conformità alle loro
convinzioni morali più profonde. In questa occasione vorrei parlare di un’altra questione grave che
mi avete esposto durante la mia visita pastorale in America, vale a dire la crisi attuale del
matrimonio e della famiglia, e più in generale della visione cristiana della sessualità umana. Di
fatto, è sempre più evidente che un minor apprezzamento dell’indissolubilità del contratto
matrimoniale e il diffuso rifiuto di un’etica sessuale responsabile e matura, fondata nella pratica
della castità, hanno portato a gravi problemi sociali che comportano un costo umano ed economico
immenso.
Tuttavia, come ha osservato il beato Giovanni Paolo II, il futuro dell’umanità passa per la famiglia
(cfr. Familiaris consortio n. 85). Di fatto, «troppo grande è il bene che la Chiesa e l’intera società
s’attendono dal matrimonio e dalla famiglia su di esso fondata per non impegnarsi a fondo in questo
specifico ambito pastorale. Matrimonio e famiglia sono istituzioni che devono essere promosse e
difese da ogni possibile equivoco sulla loro verità, perché ogni danno arrecato ad esse è di fatto una
A questo riguardo occorre menzionare in modo particolare le potenti correnti politiche e culturali
che cercano di alterare la definizione legale del matrimonio. Lo sforzo coscienzioso della Chiesa di
resistere a queste pressioni esige una difesa ragionata del matrimonio come istituzione naturale
costituita da una comunione specifica di persone, fondamentalmente radicata nella
complementarietà dei sessi e orientata alla procreazione. Le differenze sessuali non possono essere
respinte come irrilevanti per la definizione del matrimonio. Difendere l’istituzione del matrimonio
come realtà sociale è, in ultima analisi, una questione di giustizia, poiché comporta la tutela del
bene dell’intera comunità umana, nonché dei diritti dei genitori e dei figli.
Nelle nostre conversazioni, alcuni di voi hanno parlato con preoccupazione delle crescenti difficoltà
riscontrate nel trasmettere l’insegnamento della Chiesa sul matrimonio e sulla famiglia nella sua
integrità, e della diminuzione del numero di giovani che si avvicinano al sacramento del
matrimonio. Certamente dobbiamo riconoscere alcune carenze nella catechesi degli ultimi decenni,
che talvolta non è riuscita a comunicare la ricca eredità dell’insegnamento cattolico sul matrimonio
come istituzione naturale elevata da Cristo alla dignità di sacramento, la vocazione degli sposi
cristiani nella società e nella Chiesa e la pratica della castità coniugale. A questo insegnamento,
ribadito con crescente chiarezza dal magistero post-conciliare e presentato in modo completo sia nel
Catechismo della Chiesa Cattolica sia nel Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, deve
essere restituito il suo posto nella predicazione e nell’insegnamento catechetico.
A livello pratico, i programmi di preparazione al matrimonio devono essere attentamente rivisti per assicurare che vi sia una maggiore concentrazione sulla loro componente catechetica e sulla
presentazione delle responsabilità sociali ed ecclesiali che il matrimonio cristiano comporta. In
questo contesto non possiamo ignorare il grave problema pastorale rappresentato dalla diffusa
pratica della convivenza, spesso da parte di coppie che sembrano essere inconsapevoli che è un
grave peccato, per non dire che rappresenta un danno alla stabilità della società. Incoraggio i vostri
sforzi volti a sviluppare norme pastorali e liturgiche chiare per la degna celebrazione del
matrimonio, che rappresentino una testimonianza inequivocabile delle esigenze oggettive della
moralità cristiana, mostrando allo stesso tempo sensibilità e sollecitudine per le giovani coppie.
Anche qui desidero esprimere il mio apprezzamento per i programmi pastorali che state
promuovendo nelle vostre diocesi e, in particolare, per la chiara e autorevole presentazione della
dottrina della Chiesa nella vostra Lettera del 2009 Marriage: Love and Life in the Divine Plan.
Apprezzo anche ciò che le vostre parrocchie, le vostre scuole e i vostri enti caritativi fanno ogni
giorno per sostenere le famiglie e per aiutare quanti si trovano in situazioni matrimoniali difficili,
specialmente le persone divorziate e separate, i genitori singoli, le madri adolescenti e le donne che
pensano all’aborto, come pure i bambini che subiscono gli effetti tragici della disgregazione
familiare.
In questo grande impegno pastorale è urgentemente necessario che l’intera comunità cristiana torni
ad apprezzare la virtù della castità. La funzione integrativa e liberatrice di questa virtù (cfr.
Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2338-2343) deve essere sottolineata da una formazione del
cuore che presenti la comprensione cristiana della sessualità come fonte di libertà autentica, di
felicità e di realizzazione della nostra vocazione fondamentale e innata all’amore. Non si tratta solo
di presentare argomenti, ma anche di fare appello a una visione integra, coerente ed edificante della
sessualità umana. La ricchezza di questa visione è più solida e attraente delle ideologie permissive
esaltate in alcuni ambiti; queste, di fatto, costituiscono una forma potente e distruttiva di
controcatechesi per i giovani.
I giovani devono conoscere l’insegnamento della Chiesa nella sua integrità, per quanto possa essere
impegnativo e contro-culturale; cosa ancora più importante, devono vederlo incarnato da coppie
sposate fedeli che danno una testimonianza convincente della sua verità. Devono anche essere
sostenuti mentre lottano per compiere scelte sagge in un tempo difficile e confuso della loro vita. La
castità, come ci ricorda il Catechismo, comporta «l’acquisizione del dominio di sé, che è pedagogia
per la libertà umana» (n. 2339). In una società che tende sempre più a fraintendere e perfino a
irridere questa dimensione essenziale dell’insegnamento cristiano, occorre rassicurare i giovani che
«chi fa entrare Cristo, non perde nulla, nulla — assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera,
bella e grande» (Omelia, Santa Messa per l’inaugurazione del ministero petrino, 24 aprile 2005).
Vorrei concludere ricordando che tutti i nostri sforzi in questo ambito in fondo sono tesi al bene dei
bambini, che hanno il diritto fondamentale di crescere con una sana comprensione della sessualità e
del posto che le corrisponde nei rapporti umani. I bambini sono il tesoro più grande e il futuro di
ogni società: preoccuparsi veramente di loro significa riconoscere la nostra responsabilità
d’insegnare, difendere e vivere le virtù morali che sono la chiave della realizzazione umana. È mia
speranza che la Chiesa negli Stati Uniti, per quanto frenata dagli eventi dell’ultimo decennio,
perseveri nella sua missione storica di educare i giovani e, in tal modo, di contribuire al
consolidamento di quella sana vita familiare che è la garanzia più sicura della solidarietà
intergenerazionale e della salute della società nel suo insieme.
Raccomando ora voi e i vostri fratelli Vescovi, insieme al gregge affidato alle vostre cure pastorali,
all’amorevole intercessione della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe. A tutti voi imparto
volentieri la mia Benedizione Apostolica come pegno di saggezza, forza e pace nel Signore.
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