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Sinodo: Il cardinale Baldisseri, spiegare bene cos’è il matrimonio cristiano


di Angela Ambrogetti
Il Sinodo si rinnova, ma resta lo stesso. Il cardinale segretario del Sinodo Lorenzo Baldisseri, nominato da Papa Francesco un anno fa a questa carica, ha preso in mano la preparazione dell’Assemblea straordinaria che ha per tema la famiglia e che per le prime due settimane di ottobre sarà al centro dell’interesse dei media.

“ In effetti- spiega Baldisseri a Korazym- si tratta della seconda tappa di un percorso che è iniziato con il concistoro del febbraio scorso”. Un incontro tra cardinali che ha tenuto le prime pagine dei giornali per parecchio tempo riportando in vita l’annosa questione dei divorziati risposati civilmente e il loro posto nella comunione della Chiesa cattolica.

Il 9 settembre scorso sono stati resi noti i nomi dei 253 partecipanti alla Assemblea, la terza straordinaria nella storia dello strumento della collegialità voluto dal Concilio Vaticano II.

Il cardinale ha tenuto a spiegare, in una nota sull’Osservatore Romano, che “si applicherà una nuova metodologia interna dei lavori, che renderà lo svolgimento più dinamico e partecipativo, con interventi e testimonianze, e il cui percorso terrà presente la continuità verso la seconda tappa, dopo la quale sarà pubblicato il documento sinodale.”

Korazym ha sempre seguito con particolare attenzione i lavori sinodali e per questo abbiamo chiesto proprio a Sua Eminenza di saperne di più.

“Vorrei in primo luogo dire che questo Sinodo è un’Assemblea Straordinaria che si distingue da quella Ordinaria per l’urgenza e la durata. Proprio per queste caratteristiche avrà uno svolgimento diverso anche in vista di una revisione generale. Sostanzialmente l’Ordo Synodi episcoporum resta. Solamente si vuole che le norme che sono fissate, non siano considerate in maniera statica, ma dinamica, in movimento. Le linee guida restano fondamentalmente. Per la organizzazione delle sessioni vogliamo un ordine ben preciso che si riferisca ai temi trattati nell’ Instrumentum Laboris in modo più ordinata. I Padri che vogliono intervenire devono stare al tema e non parlare di tutto. Non un limite, ma un modo di approfondire il tema specifico. I temi come tali saranno poi tutti discussi nei Circuli Minores. La prima settimana sarà dedicata alle grandi relazioni introduttive, poi le sessioni seguiranno le diverse parti dell’Instrumentum. Abbiamo chiesto ai Padri che inviino il testo in anticipo. Il testo non sarà letto, ma riassunto in 4 minuti e anche completato, ma sempre rispettando il tema.”

Gli interventi saranno pubblicati, anche solo in sintesi?

“Non saranno pubblicati. Ci sarà invece un ampio briefing ogni giorno, non più suddiviso per diversi gruppi linguistici, ma un appuntamento unico tenuto nelle varie lingue principali, ma non come semplice traduzione, ma per avere una prospettiva più ampia. E ci sarà poi un testo pubblicato dalla Sala Stampa come sintesi dei lavori della giornata. Non ci saranno pubblicazioni di testi sinodali come era nel passato. Questo anche perché essendo un sinodo straordinario è ridotto nel tema e nei tempi. Alla fine ci sarà un documento sinodale, non delle propositiones, ma un testo sinodale che riassume tutto il lavoro fatto e che sarà votato e approvato dall’Assemblea e consegnato al Santo Padre, che deciderà se pubblicarlo o no. E poi ci sarà il Messaggio al popolo di Dio. Poi dopo la Assemblea del 2015 ci sarà un documento finale.

I partecipanti del Concistoro erano 145, ora sono 253, compreso il Papa, di cui 191 votanti, non sono previsti in questa sessione la partecipazione di invitati speciali di altre religioni, perché?

“Il Santo Padre ha deciso che in questa fase il dibattito sia interno al mondo cristiano, anche se ci sono famiglie che hanno esperienza di matrimoni misti, in particolare con i musulmani, per dire che non è impossibile, e si sono semprecelebrati.”

Nell’elenco non c’è nessun esperto dell’Istituto Giovanni Paolo II per la Famiglia della Pontificia Università lateranense…

“Ci sono tutte le scuole di pensiero teologico e canonistico. Per gli esperti c’è stata l’idea di continentalizzare. Abbiamo chiesto ai membri del consiglio di segreteria e ai presidenti di conferenze episcopali di indicarci degli esperti.”

Al sinodo si arriva con una certa “bagarre” su alcuni temi, con pubblicazioni di studiosi e cardinali che sostengono tesi diverse, non c’è il pericolo che questo sinodo diventi un po’ troppo combattuto?

“Non credo. Si parte dall’ idea di una libertà di espressione che vuole il Santo Padre. Nella libertà ognuno può dire quello che pensa senza paura e senza creare sospetti. Certo noi abbiamo una fede ben chiara e dogmi precisi, però abbiamo anche una razionalità e l’esperienza della vita che ci porta a dover pensare come si cala questa dottrina nel quotidiano. Quindi si può discutere sulle diverse scelte. La Chiesa offre una persona che è Gesù Cristo e non una dottrina. Spesso noi ci dimentichiamo che Cristo è incarnazione vera. Invece rischiamo di lavorare a tavolino su certo temi senza una vera pastorale.”

Non è che il dibattito si focalizzerà solo su alcuni temi mediatici a scapito di altre questioni che riguardano la famiglia?

“ Il Papa ha cercato spesso di chiarire che i temi sono tanti. La famiglia è una realtà complessa che coinvolge tutto l’ uomo. L’istrumentum laboris è una fotografia della realtà.”

Il testo del resto è un po’ un elenco di situazioni senza proposte…

“ Abbiamo voluto proprio questo, partire dalla realtà senza lenti preconcette. Una analisi. Negli anni ’70 l’unica analisi della realtà sociale era quella marxista. Tutto questo è crollato. Allora noi abbiamo cercato di non avere lenti,abbiamo raccolto quello che abbiamo ricevuto dalla base. Non si è presa nessuna posizione per dare libertà di confronto. Ciò risponde alla metodologia, molto latinoamericana, basata su tre principi: vedere, giudicare, agire. Questo ha portato anche a valutazioni non corrette nel passato, perché questo vedere può essere inficiato da ideologia. Ma oggi si può prendere la parte positiva del metodo, e partire dalla realtà, dalla gente e non dalla cattedra.”

Ecco come nasce l’idea del questionario allora. Ha avuto successo?

“Ha avuto una accoglienza enorme, la partecipazione è dovuta al tema e al fatto che la gente si è sentita interpellata e poteva partecipare.”

E le polemiche sui questionari on line un po’ discutibili?

“Sono casi isolati. Il questionario è stato proposto come è stato redatto all’ 80-90 per cento. Alcuni lo hanno modificato, lo hanno reso come un quiz, ma sono pochi. La maggioranza ha rispettato l’intento originale con incontri nelle parrocchie che sono diventati di esempio. Nell’ Instrumentun laboris c’è una parte dottrinale, pastorale e anche propositiva. Si trovano notizie di come in certi casi si fa la pastorale. Spunti certo appena accennati. Qualcuno pensava di usarlo come documento da usare nella pastorale.”

Quindi come cambierà la esperienza del sinodo?

“Papa Francesco ne parla spesso perché lo vede come un’ espressione efficace di governo della Chiesa a vari livelli. La verticalità, il primato, cum Petro sub Petro, è affermato e assicurato. Credo che il Papa voglia mettere in evidenza il “cum Petro”. Il Papa si consulta e gli piace avere dei collaboratori attivi e volte dice “creativi”. Quindi la partecipazione sarà più ampia e la collaborazione più effettiva. Credo che il cammino che stiamo compiendo ci porti a trovare delle vie nuove, nel modo di presentare il messaggio che non è relegato all’interno della Chiesa, ma va ad extra. E del resto la centralità geopolitica europea è superata. La Chiesa vive nel suo tempo. Oggi i cristiani nel mondo sono il 35/36 per cento di tutta l’umanità. E gli altri? Per questo bisogna uscire. E per fare questo ci vuole un movimento collegiale, mondiale che coinvolga tutti i cristiani. E poi con i grandi fenomeni migratori ogni cristiano porta la fede.”

Ma i cristiani sono sufficientemente formati per farlo?

“ Certo il lavoro ad intra deve continuare, ma ci si arricchisce andando fuori, nel confronto con le altre religioni. Una sfida, anzi è un modo per approfondire la propria fede, e si è stimolati a conoscere meglio la propria fede. Del resto la Chiesa è sempre missionaria. Non dobbiamo creare della città di difesa.”

Ma dopo il Concilio la Chiesa è stata sempre aperta, nonostante qualcuno pensi il contrario…

“Ma chi viene da fuori Europa ha la sensazione di trovare chiusure. Apertura e maniera di confrontarsi devono fare ancora del cammino in Europa. In Europa abbiamo una grande storia di fede, ma se non vista nella giusta dimensione può diventare un limite. Il Papa nella Evangelii gaudium ha detto che il messaggio del vangelo non si identifica con nessuna cultura.”

Ma qualcuno ha mai detto il contrario prima, nel post Concilio?

“L’atteggiamento di superiorità dell’uomo occidentale si riverbera anche nell’ambito spirituale, si sente molto da fuori Europa. Quello che è importante per la Chiesa è predicare il Vangelo come una proposta nella massima libertà.”

Si tratta del principio conciliare di inculturazione…

“Che può partire dalla Creazione per parlare del messaggio cristiano, dalle tradizioni locali…”

Ma forse la “occidentalizzazione” è più un frutto cattivo della espansione finanziaria che della diffusione del cristianesimo?

“Ma certo! E non solo finanziaria. Invece la Chiesa si incarna con i santi: questa è la vera inculturazione. Oggi la Chiesa vuole essere più coinvolgente per guardare lontano.”

Un problema nella evangelizzazione della famiglia non è anche nella scarsa conoscenza del Vangelo e dei principi cristiani specialmente sulle questioni matrimoniali?

“Si, verissimo. Infatti parliamo di questo nell’Instrumentum. La formazione sarà uno dei primi problemi da affrontare, anche grazie alla testimonianza di pastori di diversi continenti per fare una pastorale vera. Si dava come dato che si conoscesse la fede, la dottrina, ma non è più così, sul matrimonio ed altro. Quindi dobbiamo lavorare sulla formazione a livello parrocchiale spiegando bene cosa è il matrimonio cristiano. Oggi ci sono ancora molti condizionamenti sociali. E’ giunto il momento di essere più chiari. Bisogna anche dire che non ci interessa il numero, importa la qualità. A riguardo si sta riflettendo teologicamente qual è il minimo di fede che permette di comprendere e realizzare il sacramento.”

Ma forse oggi per molti sacerdoti è più facile riparare dopo che prevenire?

“Direi il contrario. Riparare è più difficile che prevenire. I fallimenti crescono di numero, e questo è un fenomeno che noi dobbiamo considerare e prevedere per il futuro. Sono i feriti di cui prendere coscienza e far sì che non ce ne siano nel futuro. E il Papa quando tratta della misericordia dice se abbiamo trovato tutte le vie per poter risolvere tutti i casi di sofferenza. Magari alcuni arrivano alla fede proprio tramite questa esperienza di sofferenza… Nella Familiaris consortio se ne parla, ma sono passati 30 anni e penso che non sia stato detto tutto. I Padri sinodali si riuniscono in Assemblea per rispondere anche a questi quesiti.

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