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Solennità del Corpus Domini

qui mandúcat meam carnem,
et bibit meum sánguinem,
in me manet, et ego in eo.

(di don Adriano SS. R. )

Cari Amici,

la solennità del Corpus Domini, è una delle principali solennità dell'anno liturgico della Chiesa cattolica. È una festa mobile: si celebra il giovedì successivo alla solennità della Santissima Trinità.
Se nella Solennità del Giovedì Santo la Chiesa guarda all'Istituzione dell'Eucaristia, scrutando il mistero di Cristo che ci amò sino alla fine donando se stesso in cibo e sigillando il nuovo Patto nel suo Sangue, nel giorno del Corpus Domini l'attenzione si sposta sulla relazione esistente fra Eucaristia e Chiesa, fra il Corpo del Signore e il suo Corpo Mistico. Le processioni e le adorazioni prolungate celebrate in questa solennità, manifestano pubblicamente la fede del popolo cristiano in questo Sacramento. In esso la Chiesa trova la sorgente del suo esistere e della sua comunione con Cristo, Presente nell'Eucaristia in Corpo Sangue anima e Divinità.

Il Corpus Domini come già detto si celebra il giovedì dopo la festa della Santissima Trinità. A Orvieto, dove fu istituita, e a Roma, dov'è in tempi normali veniva celebrata dal Papa, la celebrazione si svolgeva infatti il giovedì dopo la solennità della Santissima Trinità. A Roma la celebrazione iniziava nella Cattedrale di S. Giovanni in Laterano, per poi concludersi con la processione tradizionale fino alla basilica di Santa Maria Maggiore.(con Bergoglio non più) Nella stessa data si celebra in quei paesi nei quali la solennità è anche festa civile: nei cantoni cattolici della Svizzera, in Spagna, in Germania, Irlanda, Croazia, Polonia, Portogallo, Brasile, Austria e a San Marino.

In Italia e in altre nazioni la festività esterna  si trasferisce alla seconda domenica dopo Pentecoste, in conformità con le Norme generali per l'ordinamento dell'anno liturgico e del calendario.
Nella riforma del rito ambrosiano, promulgata dall'Arcivescovo di Milano il 20 marzo 2008, questa festività è stata riportata obbligatoriamente il giovedì della II settimana dopo Pentecoste con la possibilità, per ragioni pastorali, di celebrarla anche la domenica successiva. Numerose diocesi, in Italia, continuano a proporre ai fedeli la Celebrazione e la Processione Eucaristica, a livello diocesano, il giovedì, lasciando per la domenica la Celebrazione e la Processione parrocchiale.


“Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Gv 6, 51.54).
Noi siamo “il nuovo popolo” in cammino, nel deserto della vita. In questo deserto, però, non siamo soli: Dio si fa nostro cibo, nostro sostentamento.
Gesù si dà, si dona. Ora questo è il centro, il punto focale di tutto il Vangelo, dell’Incarnazione, della Redenzione: Nobis natus, nobis datus: nato per noi, dato per noi.
Per ciascuno di noi? Sì, per ciascuno di noi. Gesù ha moltiplicato la sua presenza reale ma sacramentale, nel tempo e nel numero, per potere offrire a ciascuno di noi, diciamo proprio a ciascuno di noi, la fortuna, la gioia di avvicinarlo, di poter dire: è per me, è mio. «Mi amò, dice S. Paolo, e diede Se stesso - per me!» (Gal. 2. 20).
S. Paolo,lo potremmo considerarlo il primo teologo dell’Eucaristia: «Noi formiamo un solo corpo, noi tutti che partecipiamo dello stesso pane» (1 Cor. 10, 17). Bisogna proprio esclamare, con S. Agostino: «O Sacramento di bontà! o segno di unità! o vincolo di carità!» (S. AUG., In Io. Tr., 26; PL 15, 1613). Ecco: dalla reale presenza, così simbolicamente espressa nell’Eucaristia un’infinita irradiazione si effonde, un’irradiazione d’amore. D’amore permanente. D’amore universale. L'estremo amore di Gesù! Il suo sacrificio per la nostra redenzione si rappresenta nell’Eucaristia, affinché a noi ne sia esteso il frutto di salvezza.Amore di Cristo per noi; ecco l’Eucaristia. Amore che si dona, amore che rimane, amore che si comunica, amore che si moltiplica, amore che si sacrifica, amore che ci unisce, amore che ci salva.Il Sacramento non è soltanto questo denso mistero di divine verità, di cui ci parla il nostro catechismo; è un insegnamento, è un esempio, è un testamento, è un comandamento.
Proprio nella notte fatale dell’ultima cena Gesù tradusse in parole indimenticabili questa lezione di amore: «Amatevi gli uni gli altri come Io vi ho amato» (Io. 13, 34). Quel «come» è tremendo! Dobbiamo amare come Lui ci ha amati! né la forma, né la misura, né la forza dell’amore di Cristo, espresso nell’Eucaristia, saranno a noi possibili! ma non per questo il suo comandamento, che emana dall’Eucaristia, è per noi meno impegnativo: se siamo cristiani, dobbiamo amare: «Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avrete amore scambievole».Noi celebriamo il «Corpus Domini». Pensiamo: noi celebriamo la festa dell’Amore. Dell’Amore di Cristo per noi, che spiega tutto il Vangelo. Essa deve diventare festa dell’Amore nostro per Cristo e da Cristo a Dio, ch’è tutto ciò che dobbiamo fare di più indispensabile e di più importante in questa nostra vita, destinata appunto all’amore di Dio.

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