Francesco con la statua di Lutero in Vaticano |
«E Gesù, avvicinatosi, disse loro:
“Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra.
Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni,
battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo,
insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato.
Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo»
(Mt. 28, 18-20).
Lo scorso 24 settembre Papa Francesco ha concesso un’intervista al direttore della rivista gesuita svedese Signum, P. Ulf Jonsson, che è stata pubblicata nella rivista gesuita La Civiltà Cattolica(1).
«Lutero ha fatto un grande passo per mettere la Parola di Dio nelle mani del popolo. Riforma e Scrittura sono le due cose fondamentali che possiamo approfondire guardando alla tradizione luterana.»
Il che significa che, secondo Francesco, prima di Lutero la Chiesa non insegnava ai fedeli la Parola di Dio. In più, Francesco avalla implicitamente l’accusa luterana secondo cui la Chiesa sarebbe stata un ostacolo perché i fedeli conoscessero la storia sacra e potessero istruirsi sulle verità rivelate. E le parole di Francesco implicano anche che Lutero e i protestanti sarebbero legittimi interpreti della Parola di Dio nonostante siano stati scomunicati e la interpretano in modo diverso dal cattolico e nonostante tutte le tesi luterane siano state condannate dal Concilio di Trento, e cioè dal magistero infallibile della Chiesa. Pretendere che si possa «approfondire» la comprensione della Sacra Scrittura grazie all’ermeneutica luterana e che la Chiesa possa «riformarsi» ispirandosi allo scisma protestante, è un delirio di proporzioni inaudite. Qualsiasi sacerdote o vescovo che avesse suggerito simili assurdità prima del Vaticano II sarebbe stato considerato ipso facto sospetto di eresia e sospeso immediatamente dal suo ministero…
«Un criterio dovremmo averlo molto chiaro in ogni caso: fare proselitismo nel campo ecclesiale è peccato. Benedetto XVI ci ha detto che la Chiesa non cresce per proselitismo, ma per attrazione. Il proselitismo (2) è un atteggiamento peccaminoso. Sarebbe come trasformare la Chiesa in un’organizzazione. Parlare, pregare, lavorare insieme: questo è il cammino che dobbiamo fare.»
Francesco ci sta dicendo che cercare di spiegare ad un protestante che la Chiesa cattolica è l’unica vera Chiesa, fondata da Nostro Signore Gesù Cristo, e alla quale deve convertirsi per vivere il suo cristianesimo in maniera piena e vera, è cosa che non va bene, non è un’opera di misericordia spirituale, ma è qualcosa di moralmente condannabile. Ne deriva che cercare di far tornare all’ovile le pecorelle traviate è considerato come una mancanza e un motivo di scandalo, tale che non esita ad affermare che Lutero non si è sbagliato sulla dottrina della giustificazione (3) e che il suo contributo spirituale al cristianesimo è degno di encomio...
Si tratta di un’affermazione talmente grottesca e contraria all’insegnamento del magistero della Chiesa (anteriore al Vaticano II, ovviamente) da non meritare nessun tipo di confutazione. Chi ne avesse bisogno, magari a causa di un’ignoranza supina, potrebbe rimediare facilmente leggendo qualsiasi catechismo anteriore al Vaticano II, salvo una notoria malafede o una volontaria cecità ...
Il fatto che nel mondo intero, davanti a dichiarazioni così offensive per la fede cattolica, non si produca una reazione pubblica e immediata da parte delle centinaia di sacerdoti e vescovi, è cosa semplicemente spaventosa: segno inequivocabile che ci troviamo nel pieno del periodo escatologico noto come la «grande apostasia», annunciata da Nostro Signore e da San Paolo. Va aggiunto che tale apostasia universale dalla fede cattolica è uno dei segni scritturali principali che annunciano l’avvento dell’Uomo del Peccato, per cui non si può escludere la possibilità che Francesco ne sia il precursore e il falso profeta, la cui missione consisterà proprio nello spianargli la strada…
La religione può essere una benedizione, ma anche una maledizione. I media spesso riportano notizie di conflitti tra gruppi religiosi nel mondo. Alcuni affermano che il mondo sarebbe più pacifico se la religione non ci fosse. Che cosa risponde a questa critica?
«Le idolatrie che sono alla base di una religione, non la religio¬ne! Ci sono idolatrie legate alla religione: l’idolatria dei soldi, delle inimicizie, dello spazio superiore al tempo, la cupidigia della ter¬ritorialità dello spazio. C’è una idolatria della conquista dello spa¬zio, del dominio, che attacca le religioni come un virus maligno. E l’idolatria è una finta di religione, è una religiosità sbagliata. Io la chiamo «una trascendenza immanente», cioè una contraddizione. Invece le religioni vere sono lo sviluppo della capacità che ha l’uomo di trascendersi verso l’assoluto. Il fenomeno religioso è trascendente e ha a che fare con la verità, la bellezza, la bontà e l’unità. Se non c’è questa apertura, non c’è trascendenza, non c’è vera religione, c’è idolatria. L’apertura alla trascendenza dunque non può assoluta¬mente essere causa di terrorismo, perché questa apertura è sempre unita alla ricerca della verità, della bellezza, della bontà e dell’unità.»
Queste parole dimostrano che Francesco, non solo non è cattolico, ma non è nemmeno cristiano. Parlare di «religioni vere» è una cosa talmente grottesca che non ha bisogno di alcun commento. E’ anche una cosa talmente contraria a quanto la Chiesa ha sempre insegnato, talmente opposta perfino al più elementare buon senso, che riesce difficile concepire come simili falsità possano essere sostenute pubblicamente senza provocare alcuna reazione nella stragrande maggioranza dei cattolici. Il fatto che nel discorso bergogliano non si colga né ci comprenda questa flagrante anomalia teologica, che dovrebbe essere evidente e manifesta per qualsiasi cristiano mediamente istruito, è un segno inequivocabile di una profonda e preoccupante malattia dello spirito…
Occorre aggiungere che, da buon modernista (cioè buono gnostico), per Francesco: Dio, la rivelazione divina, la grazia soprannaturale, la Chiesa, ecc., non sono realtà esterne all’uomo, che gli sono presentate e alle quali egli deve aderire in vista del conseguimento della salvezza. La «trascendenza» intesa come potenzialità soprannaturale salvifica, è una qualità inerente alla persona, che deve sviluppare la capacità attuale di «trascendersi verso l’assoluto». Questo è immanentismo e gnosticismo puri, sulla falsa riga del suo maestro panteista: il gesuita evoluzionista apostata Pierre Teilhard de Chardin. Per ultimo, nel dire che «ci sono idolatrie legate alla religione», Francesco dà per scontato che non esistano le «religioni idolatriche» di per sé e che l’aspetto «idolatrico» sarebbe un mero apporto esterno ed accidentale da cui possono e devono purificarsi. Ne consegue che non si potrebbe dire che, per esempio, l’induismo, il jainismo o il buddismo sono dei culti idolatrici, né che i loro adepti sono idolatri, nella misura in cui tali «culti» permetterebbero all’uomo di sviluppare la sua capacità di «trascendersi verso l’assoluto».
E’ per questo che continuo ad insistere sullo stesso punto nell’analizzare i discorsi bergogliani: ci troviamo al cospetto di un universo mentale completamente estraneo al cristianesimo e alla rivelazione biblica, quantunque dissimulato con un linguaggio cristiano: un universo della gnosi panteista ed evoluzionista, nella sua variante teilhardiana, che è riuscito ha prendere le redini del Vaticano a partire dal Vaticano II; e tale gnosi, mentre dà l’impressione di voler continuare il cattolicesimo, persegue solo l’obiettivo di realizzare l’unione di tutte le religioni, superando le «differenze dogmatiche» che «dividono», visto che ogni essere umano sarebbe una «scintilla» della divinità, e la redenzione consisterebbe nella presa di coscienza di questo fatto capitale, per il quale le «religioni» sarebbero strumenti più o meno adeguati, tanto quanto aiutano l’uomo a «trascendersi verso l’assoluto».
Di conseguenza, le divergenze teologiche devono relativizzarsi, cadere in secondo piano, visto che sono solo espressioni soggettive e relative dell’«esperienza religiosa» dei «credenti». Tutto ciò è, manco a dirlo, modernismo allo stato puro, basta rileggere l’enciclica Pascendi di San Pio X per convincersene, enciclica in cui il modernismo è definito come la «sintesi di tutte le eresie». Ebbene, la Chiesa da Giovanni XXIII in poi è governata dai modernisti, il cui tema conduttore è l’«ecumenismo» insieme al «dialogo interreligioso», e le cui espressioni più emblematiche sono le cinque riunioni «multi-religiose» celebrate ad Assisi su iniziativa dei «papi» Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e lo stesso Francesco, lo scorso settembre. Capisco che questa è una constatazione molto difficile da accettare, ma mi sembra che continuare a negare il problema non sia un’alternativa ragionevole ...
«È vero che le Chiese giovani (4) hanno uno spirito più fresco e, d’altra parte, ci sonoChiese invecchiate, Chiese un po’ addormentate, che sembrano essere interessate solamente a conservare il loro spazio. In questi casi non dico che manchi lo spirito: c’è, sì, ma è chiuso in una struttura, in un modo rigido, timoroso di perdere spazio. Nelle Chiese di alcuni Paesi si vede proprio che manca freschezza. In questo senso la freschezza delle periferie dà più posto allo spirito. Bisogna evitare gli effetti di un cattivo invecchiamento delle Chiese.»
Francesco sembra ignorare che sulla terra vi è una sola Chiesa di Cristo, da Lui fondata quasi duemila anni fa: la Chiesa cattolica, la quale, a suo modo di vedere, farebbe parte delle «Chiese invecchiate», mentre le diverse sette nate dalla «riforma» protestante sarebbero delle «Chiese giovani», meno rigide, meno attaccate alle strutture di potere, ma malleabili e docili allo «spirito»…
La sua visita in Svezia toccherà uno dei Paesi più secolarizzati al mondo. Una buona parte della sua popolazione non crede in Dio, e la religione gioca un ruolo abbastanza modesto nella vita pubblica e nella società. Secondo Lei, che cosa si perde una persona che non crede in Dio?
«Non si tratta di perdere qualcosa. Si tratta di non sviluppare adeguatamente una capacità di trascendenza. La strada della trascendenza dà posto a Dio, e in questo sono importanti anche i piccoli passi, persino quello da essere ateo ad essere agnostico. Il problema per me è quando si è chiusi e si considera la propria vita perfetta in se stessa, e dunque chiusa in se stessa senza bisogno di una radicale trascendenza.»
Non ci dilungheremo nei commenti in merito, perché si sa che per un modernista la religiosità sorge dalla stessa soggettività dell’individuo che prende coscienza della sua «radicale trascendenza» e poi sviluppa da sé medesimo la sua capacità di «trascendersi verso l’assoluto». Quel che l’ateo si «perde», secondo Francesco, non è qualcosa che gli è «estrinseco» (la rivelazione divina, la grazia soprannaturale, ecc.) ma la possibilità di realizzare da sé lo sviluppo della sua «radicale trascendenza», la presa di coscienza salvifica che siamo tutti, per natura (non per adozione, mediante la grazia di Dio e la fede in Gesù Cristo), «figli di Dio» (5). Ed è per questo che il «proselitismo» è un ostacolo incolmabile e «peccaminoso» nel cammino dell’«ecumenismo» conciliare (6), perché è fonte di divisione «dogmatica» laddove l’unica cosa che conta è l’unità risultante dalla comune esperienza religiosa che conduce tutti gli uomini verso l’«assoluto», verso la «radicale trascendenza» che risiede nel più profondo di sé. Da qui la nozione di salvazione universale (7) che professa l’impostore argentino…
NOTE
2 - «Il proselitismo è una solenne sciocchezza, non ha senso. Bisogna conoscersi, ascoltarsi e far crescere la conoscenza del mondo che ci circonda. A me capita che dopo un incontro ho voglia di farne un altro perché nascono nuove idee e si scoprono nuovi bisogni. Questo è importante: conoscersi, ascoltarsi, ampliare la cerchia dei pensieri. […] il nostro obiettivo non è il proselitismo ma l’ascolto dei bisogni, dei desideri, delle delusioni, della disperazione, della speranza. Dobbiamo ridare speranza ai giovani, aiutare i vecchi, aprire verso il futuro, diffondere l’amore. Poveri tra i poveri. Dobbiamo includere gli esclusi e predicare la pace.» . Intervista con Eugenio Scalfari del 24 settembre 2013, pubblicata il 1 ottobre ne La Repubblica.
francesco_20160626_armenia-conferenza-stampa.html - «Io credo che le intenzioni di Martin Lutero non fossero sbagliate: era un riformatore. Forse alcuni metodi non erano giusti, ma in quel tempo, se leggiamo la storia del Pastor, per esempio – un tedesco luterano che poi si è convertito quando ha visto la realtà di quel tempo, e si è fatto cattolico – vediamo che la Chiesa non era proprio un modello da imitare: c’era corruzione nella Chiesa, c’era mondanità, c’era attaccamento ai soldi e al potere. E per questo lui ha protestato. Poi era intelligente, e ha fatto un passo avanti giustificando il perché faceva questo. E oggi luterani e cattolici, con tutti i protestanti, siamo d’accordo sulla dottrina della giustificazione: su questo punto tanto importante lui non aveva sbagliato. Lui ha fatto una “medicina” per la Chiesa, poi questa medicina si è consolidata in uno stato di cose, in una disciplina, in un modo di credere, in un modo di fare, in modo liturgico.»
4 - «Le Chiese giovani sviluppano una sintesi di fede, cultura e vita in divenire, e dunque diversa da quella sviluppata dalle Chiese più antiche. Per me, il rapporto tra le Chiese di più antica istituzione e quelle più recenti è simile al rapporto tra giovani e anziani in una società: costruiscono il futuro, ma gli uni con la loro forza e gli altri con la loro saggezza. Si corrono sempre dei rischi, ovviamente; le Chiese più giovani rischiano di sentirsi autosufficienti, quelle più antiche rischiano di voler imporre alle più giovani i loro modelli culturali. Ma il futuro si costruisce insieme» Intervista con Padre Antonio Spadaro s.j., direttore de La Civiltà Cattolica, del 19, 23 e 29 agosto 2013.
5 - «Vi avevo detto che vi avrei dato di cuore la mia benedizione. Dato che molti di voi non appartengono alla Chiesa cattolica, altri non sono credenti, imparto di cuore questa benedizione, in silenzio, a ciascuno di voi, rispettando la coscienza di ciascuno, ma sapendo che ciascuno di voi è figlio di Dio. Che Dio vi benedica.» Benedizione silenziosa data ai giornalisti presenti nell’aula Paolo VI in Vaticano, nella prima udienza pontificia con i rappresentanti dei media, 16 marzo 2013.
6 - « Nelle relazioni ecumeniche questo è importante: non solo conoscersi meglio, ma anche riconoscere ciò che lo Spirito ha seminato negli altri come un dono anche per noi. […] Cerco di capire come il Papa veda il futuro dell’unità della Chiesa. Mi risponde: «dobbiamo camminare uniti nelle differenze: non c’è altra strada per unirci. Questa è la strada di Gesù». Intervista con Padre Antonio Spadaro s.j., direttore de La Civiltà Cattolica, del 19, 23 e 29 agosto 2013.
7 - « Dio è luce che illumina le tenebre anche se non le dissolve e una scintilla di quella luce divina è dentro ciascuno di noi. Nella lettera che le scrissi ricordo d’averle detto che anche la nostra specie finirà ma non finirà la luce di Dio che a quel punto invaderà tutte le anime e tutto sarà in tutti». Intervista con Eugenio Scalfari del 24 settembre 2013, pubblicata su La Repubblica il 1 ottobre 2013.
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