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Presso la culla del Re Divino


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Se vi è, in mezzo alle tristezze della terra, un gruppo di esseri, che possono guardare con serenità l'avvenire, Ci sembra che siate ben voi, recentemente uniti coi vincoli del matrimonio cristiano, e risoluti ad adempire lealmente, coi soccorsi divini che il Sacramento vi conferisce, gli obblighi che esso vi impone. Nei giorni testè trascorsi voi avete realizzato uno dei vostri più dolci sogni. Vi resta un voto da formare per l'anno or ora cominciato : quello che la vostra unione, già benedetta invisibilmente da Dio colla grazia sacramentale, riceva la benedizione visibile della fecondità.


Or ecco che la Chiesa in questo tempo natalizio propone alla vostra considerazione una donna e un uomo chinati teneramente verso un neonato bambino. Meditando il mistero del Natale, contemplate dunque l'attitudine di Maria e di Giuseppe; cercate soprattutto di penetrare nei loro cuori e di entrare a parte dei loro sentimenti. Allora, nonostante la differenza infinita tra la natività di Gesù, Verbo incarnato, figlio della Vergine purissima, e la nascita umana del piccolo essere a cui darete la vita, voi potrete con fiducia prendere per vostri modelli questi sposi ideali: Maria e Giuseppe.

Guardate la grotta di Betlemme. E' forse una dimora conveniente anche per dei modesti artigiani? Perché questi animali, perché queste bisacce da viaggio, perché questa assoluta povertà? E questo ciò che Maria e Giuseppe avevano sognato per la nascita del Bambino Gesù, nella intima dolcezza della loro casetta di Nazareth ? Forse, già da vari mesi Giuseppe, servendosi di alcuni pezzi di legno del paese, aveva segato, piallato, ripulito e ornato una culla, coronata da una volta di vimini intrecciati. E Maria — possiamo ben pensarlo —, iniziata dalla sua fanciullezza nel tempio ai lavori femminili, aveva, come ogni donna, cui anima la speranza di una prossima maternità, tagliato, orlato, e guarnito di qualche grazioso ricamo, i pannolini per il Desiderato delle Genti!

Ed ora invece essi non sono né nella loro casetta, né presso amici, e nemmeno in un albergo comune; essi sono in una stalla! Per obbedire all'editto di Augusto, avevano fatto in pieno inverno, pur sapendo che il bambino tanto atteso era per venire al mondo, un penoso viaggio. Ed essi sapevano pure che questo bambino, frutto verginale dell'opera dello Spirito Santo, apparteneva a Dio prima che a loro. Gesù stesso, dodici anni più tardi, doveva loro ricordarlo : gli interessi del Padre celeste, Signore sovrano degli uomini e delle cose, dovevano andare avanti ai pensieri di amore, per quanto puri ed ardenti, di Maria e di Giuseppe. Ecco perché quella notte, in una misera ed umida grotta, essi inginocchiati adorano il divino neonato, giacente in una dura mangiatoia, positum in praesepio, invece che nella culla graziosa, avvolto in ruvidi panni, pannis involutum, anziché in fini fasce.

Voi pure, o cari giovani sposi, avete fatto, fate e farete dei dolci sogni per l'avvenire dei vostri figli. Tristi quei genitori che non ne facessero! Ma badate che i vostri sogni non siano esclusivamente terreni ed umani! Davanti al Re dei cieli, che tremava sulla paglia, e il cui linguaggio, come quello di ogni uomo che viene in questo mondo, era ancora il pianto: «et primam vocem similem omnibus emisi plorans» (Sap., VII, 3), Maria e Giuseppe videro, — in una luce interiore che rischiarava anche l'aspetto delle realtà materiali, — che il Bambino più benedetto da Dio non è necessariamente quello che nasce nelle ricchezze e nel benessere; compresero che i pensieri degli uomini non sono sempre conformi a quelli di Dio; sentirono profondamente che tutto quello che accade sulla terra, ieri, oggi, domani, non è un effetto del caso, o di una buona o cattiva fortuna, ma il risultato di una lunga e misteriosa concatenazione di avvenimenti, disposta o permessa dalla Provvidenza del Padre celeste.

Diletti sposi novelli, procurate di ricavare profitto da questa sublime lezione! Prostrati dinanzi alla culla del Bambino Gesù, come facevate così candidamente nella vostra fanciullezza, pregatelo di infondere in voi i grandi pensieri soprannaturali che riempivano in Betlemme il cuore del Suo Padre putativo e della Sua Vergine Madre. Nei cari piccoli esseri che verranno, Noi lo speriamo, ad allietare il vostro giovane focolare, prima di divenire la fierezza della vostra età matura ed il sostegno della vostra vecchiaia, possiate voi vedere non soltanto le delicate membra, il grazioso sorriso, gli occhi in cui si rifletteranno i lineamenti del vostro volto e fino ai sentimenti del vostro cuore, ma soprattutto e innanzi tutto l'anima, creata da Dio, prezioso deposito a voi affidato dalla divina Bontà. Educando i vostri figli ad una vita profondamente e coraggiosamente cristiana, voi darete a loro e a voi stessi la miglior garanzia di una esistenza felice in questo mondo e di una riunione beata nell'altro.

Con tale augurio e come pegno delle più elette grazie celesti, Sua Santità annunciava la paterna Apostolica Benedizione che avrebbe poco dopo impartita. Prima però voleva aggiungere alcune parole per il foltissimo stuolo di Religiose presenti alla udienza :

Ed ora godiamo di salutare voi, dilette Figlie in Cristo, Religiose insegnanti, che appunto alla educazione della fanciullezza e della gioventù avete dedicato la vostra vita. Le alunne, delle quali vi prendete cura, vi chiamano spesso col delizioso nome di Madre; eppure esse non sono in senso proprio le vostre figlie. Per meglio amare quelle degli altri, per consacrarvi alla loro istruzione e formazione, voi avete rinunziato alle legittime gioie del focolare domestico. E le vere madri vengono volentieri ad affidare ciò che hanno al mondo di più caro, le loro bambine, alle vostre sollecitudini. Per esse voi curate la sanità fisica, ornate la mente e formate il cuore di quelle fanciulle e adolescenti. Voi le circondate di premure veramente materne, prodigate loro le attenzioni più costanti ed ansiose, quali forse non poche di esse difficilmente potrebbero ricevere nel seno stesso delle loro famiglie. E di tutta la loro riconoscente tenerezza nulla volete riversare in voi, nulla ritenere per voi.

Giacché voi lavorate innanzi tutto e soprattutto per Dio. Più che la vita materiale e quella stessa della intelligenza, alle quali pure consacrate così generosi e assidui sforzi, la vita delle anime vi occupa e vi preoccupa. Nel delicato e fragile involucro di quei corpi giovanili voi sapete che Dio ha messo, quasi scintilla divina in un vaso d'argilla, un'anima purificata dalla grazia e destinata alla beatitudine soprannaturale. Figlie privilegiate della Provvidenza divina, voi, per vocazione e per intimo slancio del vostro cuore, volete imitare nella formazione progressiva delle giovani anime, la eterna Sapienza, che «attingit a fine usque ad finem fortiter, et disponit omnia suaviter» (Sap., VIII, I), compiendo tutto il vostro dovere, da una estremità all'altra, con fortezza; ma apportandovi, nella esecuzione, i temperamenti di una soave e benevola mansuetudine.

Per rendere questa imitazione più perfetta, per conformarla sempre meglio alle norme della autorità gerarchica, per mettere in comune i risultati delle vostre, esperienze personali allo scopo di una utile coordinazione degli sforzi, voi vi trovate in questi giorni riunite in un Convegno nazionale. Il programma delle lezioni che vi saranno impartite, dei vostri studi e delle vostre discussioni, così ricco di promesse, porterà senza dubbio nella sua attuazione dei frutti abbondanti e sostanziosi, se il Signore si degnerà, come Noi con voi lo preghiamo, di fecondare i vostri lavori con una larga effusione delle Sue grazie celesti.

*Discorso di Sua Santità Pio XII

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