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Omelia nell’Ottava del Santissimo Natale Monsignor Carlo Maria Viganò



Carissimi amici e lettori,
in questo tempo di Natale «Contempliamo Cristo che per noi è nato, non scoraggiamoci quando ci sentiamo deboli, troviamo nella fede la forza per proseguire in pace e serenità il nostro cammino».Ecco perché oggi possiamo rallegrarci: perché Dio ci vuole bene. 
«Ma la speranza non deve affievolirsi, perché nulla può riempirci il cuore come la presenza di Dio». A voi tutti buona lettura e condivisione!
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Il primo gennaio coincide con l’Ottava di Natale, la cui liturgia è incentrata sulla Circoncisione del Signore e sulla divina Maternità di Maria Santissima, proclamata dal Concilio di Efeso nel 431 Deipara, in greco Theotokos, ossia Madre di Dio. Anticamente in questo giorno venivano celebrate due Messe, una dell’Ottava e una in onore della Vergine Madre. In seguito il ricordo della celebrazione mariana è rimasto nel postcommunio e nella stazione a Santa Maria in Trastevere.

Nell’Incarnazione il Verbo di Dio si è fatto carne, rendendo feconda la Verginità intemerata della Santa Madre del Redentore. La Parola prende corpo – Verbum caro factum est – generando l’Emmanuele nel seno della Vergine, per opera dello Spirito Santo. E verrà chiamato – dice la Scrittura nella profezia d’Isaia – Consigliere ammirabile, Dio forte, Principe della pace, Padre del secolo venturo, Angelo del gran consiglio (Is 9, 6). Anche l’Arcangelo, nel portare l’annuncio a Maria, Le dice: Ecco concepirai e partorirai un figlio, e gli darai nome Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine (Lc 1, 31-33). Con la Circoncisione Gli viene imposto il Suo Nome: Gesù, Dio salva.

Dare il nome significa definire la persona o la cosa nella sua essenza. E questa è prerogativa della Santissima Trinità, del Dio Uno e Trino che Si manifesta rivelando il Suo Nome. Nell’atto creatore, il nome designa la creazione stessa: Sia la luce. E la luce fu (Gen 1, 3). E chiamò la luce giorno e le tenebre notte (Gen 1, 5); chiamò il firmamento cielo; chiamò l’asciutto terra e la massa delle acque mare (Gen 1, 10). Avendo Dio decretato che l’uomo fosse a Sua immagine e somiglianza (Gen 1, 26) e che dominasse la terra, permette ad Adamo di partecipare in qualche modo all’atto creativo consentendogli di attribuire un nome agli animali: Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome (Gen 2, 19). Il nome esprime la realtà e la definisce: per questo la Parola è Santa, e per questo il nome di Dio è Santo e terribile (Sal 111, 10) – come recita il Salmo –perché è Parola di Verità. Per questo i Sacramenti hanno materia, intenzione e forma, ossia la parola sacramentale: Io ti battezzo, Io ti assolvo, Io ti confermo sono parole che realizzano ciò che esse dicono e significano.

Tra pochi giorni celebreremo la festa del Santissimo Nome di Gesù: perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi in cielo, sulla terra e sotto terra; ed ogni lingua proclami – anche qui, la parola proclamata, pronunciata – che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre (Fil 2, 10-11). Nel Nome di Gesù viene scacciato il demonio: perché il Nome rende presente colui che lo porta, e la Verità rende palese la menzogna come la Luce dissipa le tenebre. Creatore e creatura sono in qualche modo accomunati dalla parola: Ecce, venio dice la Sapienza nell’eternità del tempo. Fiat mihi secundum verbum tuum, risponde la Sede della Sapienza, Maria Santissima. E quel corpo benedetto che per obbedienza la Seconda Persona della Santissima Trinità assume nell’unione ipostatica inizia il Suo cammino verso la Passione sin dalla culla, affrontando i rigori dell’inverno in una grotta; e di lì a poco, sempre per obbedienza, il Santo Bambino verserà le prime stille di sangue nel rito della Circoncisione, nel quale essa è prefigurata.

In questo nuovo anno civile, che da 2025 anni è computato a partire dalla Nascita di Nostro Signore Gesù Cristo, vorrei che riflettessimo sull’importanza della parola: la Parola di Dio, nella quale è custodito il senso della nostra vita eterna; e la parola con cui comunichiamo e ci esprimiamo, che custodisce il senso della nostra quotidianità.

La Rivoluzione, matrice satanica di questo mondo ribelle e ostile al Verbo Incarnato, sa bene che cambiando le parole se ne muta anche il significato. È per questo che la menzogna dell’antico Serpente si avvale di un linguaggio falso e ingannatore. È per questo che i servi del Maligno nascondono i propri inganni dietro parole solo apparentemente innocue. È la neolingua orwelliana che chiama l’orrendo crimine dell’aborto salute riproduttiva, la mutilazione transizione di genere, il vizio e la trasgressione libertà, la distruzione del Creato green deal, lo sterminio dell’umanità net zero, la sostituzione etnica inclusione.

E se fino a qualche decennio fa Santa Madre Chiesa sapeva opporsi a questa sovversione ripetendo immutata la Parola eterna e verace di Dio e usando il linguaggio proprio alla Fede e alla Morale, oggi una Gerarchia corrotta mostra il suo tradimento nello stesso modo, manipolando il linguaggio, annullando così la parola di Dio (Mc 7, 12). Essa chiama sinodalità la distruzione della costituzione divina della Chiesa e la manipolazione del Papato, dialogo ecumenico la rinuncia all’evangelizzazione e alla conversione, presenza reale i poveri, accoglienza la legittimazione del peccato.

La Parola di Dio è parola di Verità. Essa non si limita ad echeggiare nell’eternità, ma si fa carne e cibo, si immola sulla Croce perché il Verbo proclami la gloria del Padre, ci riscatti dalla menzogna di Satana e ci preservi in questo cammino terreno dalla falsità e dagli inganni del mondo, della carne, del diavolo.

Rimanere fedeli alla Parola di Dio significa rimanere fedeli al Vangelo, alla dottrina, alla Tradizione, alla Messa di sempre in cui le parole, pronunciate nella lingua sacra della Chiesa, conservano intatto il loro significato e lo comunicano senza equivoci, come la luce risplende nelle tenebre. Rimanere fedeli alla Parola di Dio, ossia a Dio stesso, significa saper rispondere alla parola con la parola, come fece Maria Santissima accogliendo il saluto dell’Arcangelo Gabriele.

Chiamiamo dunque le cose con il loro nome: virtù la virtù, vizio il vizio; memori del monito della Sacra Scrittura: Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l’amaro in dolce e il dolce in amaro (Is 5, 20). Sia dunque il vostro parlare Sì sì, no no: tutto il resto viene dal Maligno (Mt 5, 37). E così sia.

+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo

1 gennaio 2025

In Circumcisione Domini

Octava Nativitatis

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