Carissimi amici e lettori,
ricevo e pubblico la risposta di Enrico Maria Radaelli, a un articolo di Davide Lovat,
La matrice del pensiero di Ratzinger è proprio Hegel. Buona lettura e condivisione.
(Fonte Saved in: Blog by Aldo Maria Valli )
di Enrico Maria Radaelli
Il 7 gennaio 2025 tal Davide Lovat, plurilaureato membro del direttivo dell’associazione cattolica Liberi in Veritate, ha pubblicato sul suo sito personale un articolo intitolato senza mezzi termini Il pensiero di Ratzinger? Incompatibile con quello di Hegel. Nelle cinque righe iniziali che ne sunteggiano il contenuto il suo autore afferma: «Una strana leggenda fomentata da ciarlatani confusionari vorrebbe classificare Joseph Ratzinger – Benedetto XVI nella parte finale della sua vita nel novero dei discepoli di Hegel, bollandolo pertanto come modernista e progressista alla pari di altri teologi contemporanei. Spieghiamo brevemente perché questa è la classica fantozziana “cag… pazzesca!”».
A questa impudica introduzione segue una mezza decina di durissimi giudizi, da cui i nostri maldestri «ciarlatani e confusionari» autori di tanto sconclusionato ardire non hanno vie d’uscita, crivellati a sangue come sono, qui, da una professorale e multi laureata mitraglia che, dopo averli scorticati vivi con quelli che – lascio a voi giudicare – potrebbero essere ritenuti i più offensivi, umilianti e oltremodo oltraggiosi epiteti, li lascia deperire, inani, nel cestino inodore, incolore e insapore dei vuoti a perdere.
Ma… orrore: chi potrebbe mai essere il malaccorto e più che malaccorto condottiero di quei miserabili, malcapitati e insensati tapini senza nome, ovvero nient’altro che, come ben specifica il nostro cattolicissimo ratzingeriano di ferro, «ciarlatani e confusionari», oltre che «vecchi rincoglioniti e malmostosi», per non dire senz’altro, alla faccia della più cristiana, santissima e ratzingeriana caritas in veritate, «cretini con ascendente ebete»?
Sarà mica un vescovo, vero?! Vergine santissima: Dio non voglia! Anche se sappiamo bene che, per grazia di Dio, prima uno e ora ben due Pastori di grido si son presto alzati, eroi d’altri tempi e a ben altre cause avvezzi, a sventolare davanti a tutti il gran vessillo della più evangelica verità, così salvando la santa Chiesa – che Dio li ricompensi – da morte sicura, e che morte: ahi lei, neppur cosciente!
No: lo sconsiderato comandante, anzi persino inventore di sì tanta e ben «strana leggenda» si può facilmente individuare nel mai troppo sconosciuto e mai troppo miserabile e infingardo «soggetto in malafede», come lo chiama il Lovat, professor Enrico Maria Radaelli, cioè nel sottoscritto, che nel 2015 ebbe la mai troppo malaugurata idea di elaborare, impaginare e persino pubblicare un tomo di 370 pagine di fitto testo intitolato Al cuore di Ratzinger. Al cuore del mondo, sette anni dopo poi ulteriormente messo a punto in un’edizione definitiva di ben 469 pagine con titolo decisamente mirato, come dovuto, Al cuore di Ratzinger. È lui il Papa, non l’altro, subito tradotto poi in francese e in inglese, così da permettere a un molto sconsiderato e ben più ancora disattento, ma senz’altro cristianamente molto eroico vescovo americano, di redigerne subito persino una breve ma potente prefazione, dimenticando che, povero monsignor René Henry Gracida, come sottolinea l’esimio di cui sopra, «non basta far corrispondere dei suoni a dei segni per dire di saper leggere, poiché “leggere e non intelligere è peggio che non leggere”»!
Ma le cose stanno davvero così? Siamo cioè davvero sicuri che il pensiero di Joseph Aloisius monsignor professore e poi persino papa Ratzinger sia il tutt’altro dal pensiero di Georg Wilhelm Friedrich Professor Hegel?
Siamo cioè davvero sicuri che il sottoscritto, seguito da presso da un povero vescovo texano, e oggi accolto nelle sue scoperte persino da un altro sconsiderato vescovo italiano, anzi arcivescovo, abbia preso un così marchiano, spropositato, diciamo anzi senz’altro imperdonabile abbaglio?
Nella breve analisi comparativa del suo severissimo e forse, chissà, per alcuni anche oltraggiosissimo articolo, il bilaureato dottor Davide Lovat sostiene che vi sono radicali, assolute e anzi abissali differenze tra il pensiero di colui che diventerà il 265° papa di Santa Romana Chiesa e il pensiero del torvo e nullificante filosofo di Stoccarda. Anzi, che tali pensieri sono assolutamente incompatibili, come scrive nel suo titolo, perché il primo, «seguendo – dice – la tradizione agostiniana, pone Dio e il Bene assoluto al centro della sua ontologia», mentre il secondo, attraverso il più che tristemente infausto passaggio di «tesi, antitesi e sintesi», enuncia «un pensiero connotato … da “una ontologia eminentemente negativa” … che in ultima analisi nega Dio».
Ma no, caro bisdottor Lovat, ma no, nient’affatto: le cose non stanno per niente così. Sono tutto il contrario, ripeto, e in caratteri maiuscoli: SONO TUTTO IL CONTRARIO, perché nel 1967 il professor monsignor Joseph Aloisius Ratzinger elaborò all’Università di Tubinga una dottrina tanto hegeliana da aver persino costruito la sua finta, falsa, bugiarda, nulla e quindi invalida Rinuncia da pontefice proprio ed esattamente sul famigerato metodo hegelian/dialettico di tesi, antitesi, sintesi, come denuncio nei miei libri fin dal 2015.
Ecco qui, di tal dottrina, alcuni pochi ma chiarissimi esempi, raccolti da quello che possiamo considerare il suo libro/manifesto: Introduzione al cristianesimo, un libro che lo rese presto famoso in tutto il mondo e che gli aprì anzi gli spalancò le porte al gran Concilio ecumenico Vaticano II come perito speciale del cardinale Joseph Frings, presidente della Conferenza episcopale tedesca, ovvero uno dei maggiori e più ascoltati protagonisti della maggioranza modernista della Chiesa di allora, e forse ancor più di oggi.
*
Il pensiero di Ratzinger secondo il dottor Davide Lovat: «Centralità del Bene e di Dio: contrariamente alla negazione dialettica di Hegel, Ratzinger, seguendo la tradizione agostiniana, pone Dio e il Bene assoluto al centro della sua ontologia. La realtà è vista come un riflesso dell’ordine divino, creando una visione positiva dell’essere e della verità, in cui ogni creatura ha uno scopo e un valore derivante dalla sua relazione con Dio».
Il pensiero di Ratzinger secondo Ratzinger: «… il credente può vivere la sua fede unicamente e sempre librandosi sull’oceano del nulla, della tentazione e del dubbio, trovandosi assegnato il mare dell’incertezza come unico luogo possibile della sua fede, però, reciprocamente, nemmeno l’incredulo va immaginato immune dal processo dialettico, ossia come semplicemente una persona priva di fede» (Introduzione al cristianesimo, p. 37). E si noti che è lo stesso Ratzinger a parlare di processo dialettico.
*
Il pensiero di Ratzinger secondo il dottor Davide Lovat: «Ratzinger enfatizza l’importanza della rivelazione divina come fonte di verità. Invece di vedere la verità come un processo dialettico che emerge da conflitti e negazioni, Ratzinger la considera come un dono che viene dall’alto, accessibile attraverso la fede, la ragione e la tradizione».
Il pensiero di Ratzinger secondo Ratzinger: «La fede ha rappresentato da sempre qualcosa come una rottura e un salto avventuroso, perché esprime in ogni tempo il rischio di accettare un valore invisibile, accogliendolo come genuinamente reale e basilare» (Introduzione al cristianesimo, p. 44).
*
Il pensiero di Ratzinger secondo il dottor Davide Lovat: «Positività vs. Negatività. Mentre l’ontologia di Hegel si basa su un processo di negazione e di superamento, quella di Ratzinger è caratterizzata da una visione positiva e teleologica, in cui ogni essere ha un significato in relazione a Dio».
Il pensiero di Ratzinger secondo Ratzinger: «Una cosa è senz’altro vera: chi tenta di diffondere la fede in mezzo agli uomini che si trovano a vivere e a pensare nell’oggi può realmente avere l’impressione di essere un pagliaccio, oppure addirittura un resuscitato da un vetusto sarcofago … [Egli] constaterà … la condizione di insicurezza in cui versa la sua propria fede, la potenza quasi inarginabile dell’incredulità che si oppone alla sua buona volontà di credere » (Introduzione al cristianesimo, p. 33).
*
Il pensiero di Ratzinger secondo il dottor Davide Lovat: «L’approccio di Hegel è caratterizzato da un continuo movimento e cambiamento, mentre l’ontologia agostiniana di Ratzinger lavora per preservare la stabilità dell’essere in relazione a un Dio trascendente e immutabile».
Il pensiero di Ratzinger secondo Ratzinger: «Il credente sperimenterà sempre l’oscura tenebra in cui lo avvolge la contraddizione dell’incredulità, incatenandolo come in una tetra prigione da cui non è possibile evadere, e anche l’indifferenza del mondo che prosegue imperterrito come se nulla fosse successo, assumendo anzi l’aria beffarda di chi non fa che schernire la sua speranza» (Introduzione al cristianesimo, p. 73).
*
Il pensiero di Ratzinger secondo il dottor Davide Lovat: «Per Hegel, la verità emerge da un processo dialettico di conflitto, mentre per Ratzinger la verità è contemplata come rivelazione divina che illumina la realtà».
Il pensiero di Ratzinger secondo Ratzinger: «È la struttura fondamentale del destino umano poter trovare la dimensione definitiva dell’esistenza unicamente in questa interminabile rivalità fra dubbio e fede, fra tentazione e certezza. E chissà mai che proprio il dubbio … non divenga il luogo della loro comunicazione» (Introduzione al cristianesimo, p. 39). Niente di meno hegeliano, vero dottore?
*
Dobbiamo poi qui rilevare che lo stesso Ratzinger si premurò di confermare a più riprese la direttrice teologica del pensiero su cui aveva imperniato la propria docenza più significativa in quel di Tubinga, sicché il libro, elaborato a cavallo del 1967-68 per gli studenti di quella celebre università con un titolo con cui il suo autore lo volle porre subito e chiaramente al centro della fede, Einführung in das Christentum: Vorlesungen über das apostolische Glaubensbekenntnis (Introduzione al cristianesimo: conferenze sul credo apostolico), fu tradotto presto in tutte le lingue – nell’edizione italiana Introduzione al cristianesimo, appunto – e nel 2000, ossia dopo più di trent’anni di costante e larga sua pubblicazione di long seller in tutto l’orbe cristiano, ricevette dal suo sempre più autorevole autore, da tempo creato persino cardinale e financo chiamato a ricoprire la carica di prefetto del più delicato Dicastero della Curia romana, la Sacra Congregazione per la dottrina della fede, ricevette, dicevo, un apporto che più significativo non si poteva, fin dal titolo: Saggio introduttivo alla nuova edizione 2000, «Introduzione al cristianesimo», ieri, oggi, domani, che è come dire: Cari fratelli e apostoli di Cristo, questo è il mio pensiero sul credo della santa Chiesa così come l’ho elaborato ieri, lo confermo con forza oggi e gli aderirò senz’altro domani. Fate anche voi così.
Vogliamo avere una prova ancor più palmare della persistente adesione dell’eminentissimo signor cardinale alle hegeliane dottrine dalla sua mente uscite ben tre decenni prima? Prego leggere a pagina 24 di quel Saggio introduttivo, allorché sua eminenza spiega, quasi parlando a sé stesso: «L’orientamento di fondo era, a mio avviso, corretto. Da qui il mio coraggio oggi di porre ancora una volta il libro nelle mani del lettore».
Carissimo dottore, e allora: com’era la storia? Ah, sì: «leggere e non intelligere è peggio che non leggere»… Dunque, delle due l’una: o lei non ha mai letto questo deciso e ben solido caposaldo del ratzingerismo, e allora ci dobbiamo chiedere con quale veste lei possa salire su un palco tanto centrale per la fede di milioni di cristiani come è la dottrina di tanto personaggio senza aver mandato come minimo a memoria quelle poche decine di righe che ne costituiscono, come ha visto, la più solida dorsale; oppure lei ha letto il libro, nel senso che ne ha scorso qua e là le 367 paginette, ma non ne ha fatto seguire il dovuto suo “intelligere”, sicché, temo, forse è capitato proprio a lei il peggio da cui lei così amichevolmente ci metteva in guardia, brrr!
Ma c’è una cosa, esimio dottore, che va qui detta, anzi sottolineata, anzi, se possibile, persino gridata, e la cosa è questa: io non mi sarei mai impegnato come in tutti i modi e per anni mi impegnai a provare a far avere il mio Al cuore di Ratzinger a Sua Santità, cinque volte cinque, tutte e sempre assolutamente senza alcun risultato, se non fossi stato profondamente consapevole che la teologia di colui che nel frattempo aveva accettato di diventare il 265° pontefice romano era giunta persino a intaccare, anzi a compromettere, anzi a del tutto e gravemente invalidare il santissimo e più che santissimo insegnamento evangelico intorno al papato, come fin dal 2015 cerco di spiegare con la più attenta e studiata chiarezza prima specialmente al paragrafo 22 di quel mio saggio, poi, nella seconda e definitiva edizione, praticamente per tutto il libro, come la cosa ben meritava.
Grazie all’hegelismo, papa Benedetto XVI è riuscito a rimanere pontefice di Santa Romana Chiesa fino alla morte (tesi), facendo credere a tutti che era meglio però non avvedersene, cioè far finta che invece si era davvero dimesso (antitesi), così buttando da ben undici anni la misera Sposa di Cristo nella più nera e nascosta crisi (sintesi) di tutta la sua pur bimillenaria storia, come illustro in quei miei poveri e tediosissimi ma credo anche decisissimi lavori.
A questo punto davanti a lei, dottor Davide Lovat, si presentano due notevolissime e determinanti possibilità. Diciamo pure vitali.
La prima: tenendo ben a mente che «leggere e non intelligere è peggio che non leggere», lei ora potrebbe riconoscere con vero, cattolicissimo e quindi santissimo eroismo di Libero in Veritate la realtà che le è davanti, così da portare ulteriore soccorso a tutti quei cristiani, semplici fedeli o invece sacerdoti, vescovi e cardinali che siano, che da undici anni a milioni e più che a milioni navigano più o meno inconsapevoli nelle acque buie e mortali in cui li ha spinti l’ultimo improvvido Timoniere della misera Nave in cui si trovano, e così contribuire santamente e, ripeto, ultra eroicamente, a portare e raccogliere intorno al grande ed eroico arcivescovo che negli ultimi tempi, come sappiamo, ha preso con determinazione il testimone dalle mani dell’ormai ultracentenario grande monsignor Gracida, mille e mille santissimi e saldissimi difensori della vera dottrina papale insegnata da nostro Signore Gesù Cristo nel divino e petrino Vangelo.
La seconda: restare pietrificato nelle forse molto ingiuriose, certo per nulla veritiere e men che meno poi evangeliche convinzioni espresse in Il pensiero di Ratzinger? Incompatibile con quello di Hegel, così chiarendo a tutti che il dottor Davide Lovat è proprio quello che molti, ma forse, Dio non voglia, mai troppi, ritengono lui essere: il più autorevole membro ad honorem della tutta funesta e per niente cattolica associazione Captivi in Magna et absolute non divina Falsitate.
Buona scelta.
E pensi che c’è qualcuno, in questo momento, che sta intensamente pregando per lei, affinché cioè lei non cada, brrr!, nel corno sbagliato.
Il 7 gennaio 2025 tal Davide Lovat, plurilaureato membro del direttivo dell’associazione cattolica Liberi in Veritate, ha pubblicato sul suo sito personale un articolo intitolato senza mezzi termini Il pensiero di Ratzinger? Incompatibile con quello di Hegel. Nelle cinque righe iniziali che ne sunteggiano il contenuto il suo autore afferma: «Una strana leggenda fomentata da ciarlatani confusionari vorrebbe classificare Joseph Ratzinger – Benedetto XVI nella parte finale della sua vita nel novero dei discepoli di Hegel, bollandolo pertanto come modernista e progressista alla pari di altri teologi contemporanei. Spieghiamo brevemente perché questa è la classica fantozziana “cag… pazzesca!”».
A questa impudica introduzione segue una mezza decina di durissimi giudizi, da cui i nostri maldestri «ciarlatani e confusionari» autori di tanto sconclusionato ardire non hanno vie d’uscita, crivellati a sangue come sono, qui, da una professorale e multi laureata mitraglia che, dopo averli scorticati vivi con quelli che – lascio a voi giudicare – potrebbero essere ritenuti i più offensivi, umilianti e oltremodo oltraggiosi epiteti, li lascia deperire, inani, nel cestino inodore, incolore e insapore dei vuoti a perdere.
Ma… orrore: chi potrebbe mai essere il malaccorto e più che malaccorto condottiero di quei miserabili, malcapitati e insensati tapini senza nome, ovvero nient’altro che, come ben specifica il nostro cattolicissimo ratzingeriano di ferro, «ciarlatani e confusionari», oltre che «vecchi rincoglioniti e malmostosi», per non dire senz’altro, alla faccia della più cristiana, santissima e ratzingeriana caritas in veritate, «cretini con ascendente ebete»?
Sarà mica un vescovo, vero?! Vergine santissima: Dio non voglia! Anche se sappiamo bene che, per grazia di Dio, prima uno e ora ben due Pastori di grido si son presto alzati, eroi d’altri tempi e a ben altre cause avvezzi, a sventolare davanti a tutti il gran vessillo della più evangelica verità, così salvando la santa Chiesa – che Dio li ricompensi – da morte sicura, e che morte: ahi lei, neppur cosciente!
No: lo sconsiderato comandante, anzi persino inventore di sì tanta e ben «strana leggenda» si può facilmente individuare nel mai troppo sconosciuto e mai troppo miserabile e infingardo «soggetto in malafede», come lo chiama il Lovat, professor Enrico Maria Radaelli, cioè nel sottoscritto, che nel 2015 ebbe la mai troppo malaugurata idea di elaborare, impaginare e persino pubblicare un tomo di 370 pagine di fitto testo intitolato Al cuore di Ratzinger. Al cuore del mondo, sette anni dopo poi ulteriormente messo a punto in un’edizione definitiva di ben 469 pagine con titolo decisamente mirato, come dovuto, Al cuore di Ratzinger. È lui il Papa, non l’altro, subito tradotto poi in francese e in inglese, così da permettere a un molto sconsiderato e ben più ancora disattento, ma senz’altro cristianamente molto eroico vescovo americano, di redigerne subito persino una breve ma potente prefazione, dimenticando che, povero monsignor René Henry Gracida, come sottolinea l’esimio di cui sopra, «non basta far corrispondere dei suoni a dei segni per dire di saper leggere, poiché “leggere e non intelligere è peggio che non leggere”»!
Ma le cose stanno davvero così? Siamo cioè davvero sicuri che il pensiero di Joseph Aloisius monsignor professore e poi persino papa Ratzinger sia il tutt’altro dal pensiero di Georg Wilhelm Friedrich Professor Hegel?
Siamo cioè davvero sicuri che il sottoscritto, seguito da presso da un povero vescovo texano, e oggi accolto nelle sue scoperte persino da un altro sconsiderato vescovo italiano, anzi arcivescovo, abbia preso un così marchiano, spropositato, diciamo anzi senz’altro imperdonabile abbaglio?
Nella breve analisi comparativa del suo severissimo e forse, chissà, per alcuni anche oltraggiosissimo articolo, il bilaureato dottor Davide Lovat sostiene che vi sono radicali, assolute e anzi abissali differenze tra il pensiero di colui che diventerà il 265° papa di Santa Romana Chiesa e il pensiero del torvo e nullificante filosofo di Stoccarda. Anzi, che tali pensieri sono assolutamente incompatibili, come scrive nel suo titolo, perché il primo, «seguendo – dice – la tradizione agostiniana, pone Dio e il Bene assoluto al centro della sua ontologia», mentre il secondo, attraverso il più che tristemente infausto passaggio di «tesi, antitesi e sintesi», enuncia «un pensiero connotato … da “una ontologia eminentemente negativa” … che in ultima analisi nega Dio».
Ma no, caro bisdottor Lovat, ma no, nient’affatto: le cose non stanno per niente così. Sono tutto il contrario, ripeto, e in caratteri maiuscoli: SONO TUTTO IL CONTRARIO, perché nel 1967 il professor monsignor Joseph Aloisius Ratzinger elaborò all’Università di Tubinga una dottrina tanto hegeliana da aver persino costruito la sua finta, falsa, bugiarda, nulla e quindi invalida Rinuncia da pontefice proprio ed esattamente sul famigerato metodo hegelian/dialettico di tesi, antitesi, sintesi, come denuncio nei miei libri fin dal 2015.
Ecco qui, di tal dottrina, alcuni pochi ma chiarissimi esempi, raccolti da quello che possiamo considerare il suo libro/manifesto: Introduzione al cristianesimo, un libro che lo rese presto famoso in tutto il mondo e che gli aprì anzi gli spalancò le porte al gran Concilio ecumenico Vaticano II come perito speciale del cardinale Joseph Frings, presidente della Conferenza episcopale tedesca, ovvero uno dei maggiori e più ascoltati protagonisti della maggioranza modernista della Chiesa di allora, e forse ancor più di oggi.
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Il pensiero di Ratzinger secondo il dottor Davide Lovat: «Centralità del Bene e di Dio: contrariamente alla negazione dialettica di Hegel, Ratzinger, seguendo la tradizione agostiniana, pone Dio e il Bene assoluto al centro della sua ontologia. La realtà è vista come un riflesso dell’ordine divino, creando una visione positiva dell’essere e della verità, in cui ogni creatura ha uno scopo e un valore derivante dalla sua relazione con Dio».
Il pensiero di Ratzinger secondo Ratzinger: «… il credente può vivere la sua fede unicamente e sempre librandosi sull’oceano del nulla, della tentazione e del dubbio, trovandosi assegnato il mare dell’incertezza come unico luogo possibile della sua fede, però, reciprocamente, nemmeno l’incredulo va immaginato immune dal processo dialettico, ossia come semplicemente una persona priva di fede» (Introduzione al cristianesimo, p. 37). E si noti che è lo stesso Ratzinger a parlare di processo dialettico.
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Il pensiero di Ratzinger secondo il dottor Davide Lovat: «Ratzinger enfatizza l’importanza della rivelazione divina come fonte di verità. Invece di vedere la verità come un processo dialettico che emerge da conflitti e negazioni, Ratzinger la considera come un dono che viene dall’alto, accessibile attraverso la fede, la ragione e la tradizione».
Il pensiero di Ratzinger secondo Ratzinger: «La fede ha rappresentato da sempre qualcosa come una rottura e un salto avventuroso, perché esprime in ogni tempo il rischio di accettare un valore invisibile, accogliendolo come genuinamente reale e basilare» (Introduzione al cristianesimo, p. 44).
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Il pensiero di Ratzinger secondo il dottor Davide Lovat: «Positività vs. Negatività. Mentre l’ontologia di Hegel si basa su un processo di negazione e di superamento, quella di Ratzinger è caratterizzata da una visione positiva e teleologica, in cui ogni essere ha un significato in relazione a Dio».
Il pensiero di Ratzinger secondo Ratzinger: «Una cosa è senz’altro vera: chi tenta di diffondere la fede in mezzo agli uomini che si trovano a vivere e a pensare nell’oggi può realmente avere l’impressione di essere un pagliaccio, oppure addirittura un resuscitato da un vetusto sarcofago … [Egli] constaterà … la condizione di insicurezza in cui versa la sua propria fede, la potenza quasi inarginabile dell’incredulità che si oppone alla sua buona volontà di credere » (Introduzione al cristianesimo, p. 33).
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Il pensiero di Ratzinger secondo il dottor Davide Lovat: «L’approccio di Hegel è caratterizzato da un continuo movimento e cambiamento, mentre l’ontologia agostiniana di Ratzinger lavora per preservare la stabilità dell’essere in relazione a un Dio trascendente e immutabile».
Il pensiero di Ratzinger secondo Ratzinger: «Il credente sperimenterà sempre l’oscura tenebra in cui lo avvolge la contraddizione dell’incredulità, incatenandolo come in una tetra prigione da cui non è possibile evadere, e anche l’indifferenza del mondo che prosegue imperterrito come se nulla fosse successo, assumendo anzi l’aria beffarda di chi non fa che schernire la sua speranza» (Introduzione al cristianesimo, p. 73).
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Il pensiero di Ratzinger secondo il dottor Davide Lovat: «Per Hegel, la verità emerge da un processo dialettico di conflitto, mentre per Ratzinger la verità è contemplata come rivelazione divina che illumina la realtà».
Il pensiero di Ratzinger secondo Ratzinger: «È la struttura fondamentale del destino umano poter trovare la dimensione definitiva dell’esistenza unicamente in questa interminabile rivalità fra dubbio e fede, fra tentazione e certezza. E chissà mai che proprio il dubbio … non divenga il luogo della loro comunicazione» (Introduzione al cristianesimo, p. 39). Niente di meno hegeliano, vero dottore?
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Dobbiamo poi qui rilevare che lo stesso Ratzinger si premurò di confermare a più riprese la direttrice teologica del pensiero su cui aveva imperniato la propria docenza più significativa in quel di Tubinga, sicché il libro, elaborato a cavallo del 1967-68 per gli studenti di quella celebre università con un titolo con cui il suo autore lo volle porre subito e chiaramente al centro della fede, Einführung in das Christentum: Vorlesungen über das apostolische Glaubensbekenntnis (Introduzione al cristianesimo: conferenze sul credo apostolico), fu tradotto presto in tutte le lingue – nell’edizione italiana Introduzione al cristianesimo, appunto – e nel 2000, ossia dopo più di trent’anni di costante e larga sua pubblicazione di long seller in tutto l’orbe cristiano, ricevette dal suo sempre più autorevole autore, da tempo creato persino cardinale e financo chiamato a ricoprire la carica di prefetto del più delicato Dicastero della Curia romana, la Sacra Congregazione per la dottrina della fede, ricevette, dicevo, un apporto che più significativo non si poteva, fin dal titolo: Saggio introduttivo alla nuova edizione 2000, «Introduzione al cristianesimo», ieri, oggi, domani, che è come dire: Cari fratelli e apostoli di Cristo, questo è il mio pensiero sul credo della santa Chiesa così come l’ho elaborato ieri, lo confermo con forza oggi e gli aderirò senz’altro domani. Fate anche voi così.
Vogliamo avere una prova ancor più palmare della persistente adesione dell’eminentissimo signor cardinale alle hegeliane dottrine dalla sua mente uscite ben tre decenni prima? Prego leggere a pagina 24 di quel Saggio introduttivo, allorché sua eminenza spiega, quasi parlando a sé stesso: «L’orientamento di fondo era, a mio avviso, corretto. Da qui il mio coraggio oggi di porre ancora una volta il libro nelle mani del lettore».
Carissimo dottore, e allora: com’era la storia? Ah, sì: «leggere e non intelligere è peggio che non leggere»… Dunque, delle due l’una: o lei non ha mai letto questo deciso e ben solido caposaldo del ratzingerismo, e allora ci dobbiamo chiedere con quale veste lei possa salire su un palco tanto centrale per la fede di milioni di cristiani come è la dottrina di tanto personaggio senza aver mandato come minimo a memoria quelle poche decine di righe che ne costituiscono, come ha visto, la più solida dorsale; oppure lei ha letto il libro, nel senso che ne ha scorso qua e là le 367 paginette, ma non ne ha fatto seguire il dovuto suo “intelligere”, sicché, temo, forse è capitato proprio a lei il peggio da cui lei così amichevolmente ci metteva in guardia, brrr!
Ma c’è una cosa, esimio dottore, che va qui detta, anzi sottolineata, anzi, se possibile, persino gridata, e la cosa è questa: io non mi sarei mai impegnato come in tutti i modi e per anni mi impegnai a provare a far avere il mio Al cuore di Ratzinger a Sua Santità, cinque volte cinque, tutte e sempre assolutamente senza alcun risultato, se non fossi stato profondamente consapevole che la teologia di colui che nel frattempo aveva accettato di diventare il 265° pontefice romano era giunta persino a intaccare, anzi a compromettere, anzi a del tutto e gravemente invalidare il santissimo e più che santissimo insegnamento evangelico intorno al papato, come fin dal 2015 cerco di spiegare con la più attenta e studiata chiarezza prima specialmente al paragrafo 22 di quel mio saggio, poi, nella seconda e definitiva edizione, praticamente per tutto il libro, come la cosa ben meritava.
Grazie all’hegelismo, papa Benedetto XVI è riuscito a rimanere pontefice di Santa Romana Chiesa fino alla morte (tesi), facendo credere a tutti che era meglio però non avvedersene, cioè far finta che invece si era davvero dimesso (antitesi), così buttando da ben undici anni la misera Sposa di Cristo nella più nera e nascosta crisi (sintesi) di tutta la sua pur bimillenaria storia, come illustro in quei miei poveri e tediosissimi ma credo anche decisissimi lavori.
A questo punto davanti a lei, dottor Davide Lovat, si presentano due notevolissime e determinanti possibilità. Diciamo pure vitali.
La prima: tenendo ben a mente che «leggere e non intelligere è peggio che non leggere», lei ora potrebbe riconoscere con vero, cattolicissimo e quindi santissimo eroismo di Libero in Veritate la realtà che le è davanti, così da portare ulteriore soccorso a tutti quei cristiani, semplici fedeli o invece sacerdoti, vescovi e cardinali che siano, che da undici anni a milioni e più che a milioni navigano più o meno inconsapevoli nelle acque buie e mortali in cui li ha spinti l’ultimo improvvido Timoniere della misera Nave in cui si trovano, e così contribuire santamente e, ripeto, ultra eroicamente, a portare e raccogliere intorno al grande ed eroico arcivescovo che negli ultimi tempi, come sappiamo, ha preso con determinazione il testimone dalle mani dell’ormai ultracentenario grande monsignor Gracida, mille e mille santissimi e saldissimi difensori della vera dottrina papale insegnata da nostro Signore Gesù Cristo nel divino e petrino Vangelo.
La seconda: restare pietrificato nelle forse molto ingiuriose, certo per nulla veritiere e men che meno poi evangeliche convinzioni espresse in Il pensiero di Ratzinger? Incompatibile con quello di Hegel, così chiarendo a tutti che il dottor Davide Lovat è proprio quello che molti, ma forse, Dio non voglia, mai troppi, ritengono lui essere: il più autorevole membro ad honorem della tutta funesta e per niente cattolica associazione Captivi in Magna et absolute non divina Falsitate.
Buona scelta.
E pensi che c’è qualcuno, in questo momento, che sta intensamente pregando per lei, affinché cioè lei non cada, brrr!, nel corno sbagliato.
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