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Dagli scritti di Mons. MarceI Lefebvre Il Sacerdozio cattolico

Carissimi amici e lettori,
mai fu tanto provvidenziale per la Santa Chiesa, la figura del vescovo missionario mons. Marcel Lefebvre , egli fu profeta, nel denunciare gli errori che venivano inniettati nella Chiesa durante il Concilio Vaticano II. Oggi, viviamo una crisi della Chiesa è la decadenza del sacerdozio cattolico e la cura d'anime. 
Un attento osservatore può vedere che questi ultimi anni, la gerarchia ecclesiastica ha battuto un percorso addirittura suicidario, in nome dell'inclusione e della sinodalità. 
Carissimi lettori, se la Messa onora Dio ed applica alle anime i meriti di Gesù Cristo, non esiste Messa senza sacerdote. I due termini sacerdote e sacrificio rimandano uno all’altro. Non c’è sacerdote senza Sacrificio, né Sacrificio senza sacerdote. Ma occorre dire di più. Non basta che ci siano dei sacerdoti, bisogna che quei sacerdoti siano santi! 
Come diceva san Pio X, “ la santità sola ci rende quali ci richiede la nostra vocazione divina, uomini cioè crocifissi al mondo e ai quali il mondo è crocifisso secondo l’avviso dell’Apostolo (2 Cor 6,5 e seguenti); uomini che unicamente tendano ai beni celesti e si studino con ogni zelo di rivolgere al cielo le anime degli altri”.
Nessuno l’ha capito meglio di Mons. Lefebvre, che affermava a sua volta: “Quello di cui la Chiesa ha bisogno, e che i fedeli si aspettano, sono quei sacerdoti di Dio, quei sacerdoti che manifestano Dio in tutta la loro persona, in tutto il loro comportamento, in tutto il loro modo di essere, in tutte le loro parole. Ecco di cosa hanno bisogno i fedeli". Buona lettura e condivisione
A.diJ



IL SACERDOTE È PER IL SACRIFICIO

Non si può definire il sacerdote senza il sacrificio né il sacrificio senza il sacerdote. Essi sono legati essenzialmente. Il sacerdote è fatto per il sacrificio(1) e non può esserci sacrificio senza sacerdote. Occorre quindi riflettere su cos’è il sacrificio per sapere esattamente cos’è il sacerdote. Il sacrificio è un qualcosa di misterioso, profondo, divino. È un tesoro sul quale potete meditare per tutta la vostra vita sacerdotale, senza che sia esaurito al momento della vostra morte. Solo nell’al di là capiremo bene cosa sia questo sacrificio di Nostro Signore che rinnoviamo tutti giorni sull’altare(2). Già nel Vecchio Testamento, il Sommo Sacerdote entrava ogni anno nel Santo dei santi e, come dice san Paolo (Eb 9, 7-11), non entrava senza il sangue delle vittime. Questa è un’immagine di ciò che sarebbe stato in futuro il sacrificio di Nostro Signore. Neanche Lui, il Santo per eccellenza, sarebbe entrato nel tabernacolo che non era opera dell’uomo senza il suo Sangue prezioso(3). Ed è quello che fa il sacerdote oggi, riproduce il sacrificio di Nostro Signore facendo discendere sull’altare il suo Sangue, il Sangue dell’Espiazione, della Riparazione e della Redenzione. Quanto è più grande, quanto più efficace, quanto più sublime, quanto più divino è il sacrificio che i sacerdoti offrono oggi di quello che La Tradizione un tempo offriva il Sommo Sacerdote una volta l’anno, quando penetrava nel Santo dei santi(4)!

IL SACERDOZIO DI CRISTO

La definizione forse più bella, più completa del sacerdozio di Cristo si trova nell’epistola di san Paolo agli Ebrei. Tutta la prima parte di essa è destinata a farci conoscere cosa sia il sacrificio di Nostro Signore. È davvero meravigliosa. San Paolo è stato certamente ispirato quando scriveva queste pagine. Egli mostra innanzitutto che Gesù è superiore agli angeli (Eb 1, 4-14 e 2). Poi spiega che Gesù è superiore a Mosé, il maggiore dei profeti (Eb 3). Mentre Mosé balbettava il Nome di Dio, Gesù è la Parola sostanziale, il Verbo eterno, disceso fino a noi per salvarci. I segreti dei cuori sono messi a nudo ai suoi occhi. Ben superiore quindi a quel che poteva essere Mosé. In terzo luogo, Gesù è incomparabilmente superiore ai Sommi Sacerdoti dell’antica Legge. Il sacerdozio di Cristo è in effetti il più perfetto che si possa concepire(5).

TRIPLICE UNIONE DEL SACERDOTE

Donde gli viene queste perfezione? Lo vediamo facilmente considerando la triplice unione del sacerdote con Dio, con la vittima che offre e con il popolo per il quale la offre. Più il sacerdote è unito a Dio e più il suo sacrificio è perfetto; più è unito alla vittima e più ugualmente il suo sacrificio è perfetto. Infine, più è unito al popolo con il quale lo offre e più il suo sacrificio è perfetto. Quindi, più il sacerdote sarà unito a Dio, più il sacerdozio sarà perfetto, poiché il sacerdote deve supplire con la sua santità all’imperfezione dell’adorazione, della riconoscenza, dell’espiazione e della supplica del popolo, come spiega san Tommaso. Più la vittima sarà pura, preziosa ed interamente consumata in onore di Dio, più il sacrificio sarà perfetto. L’olocausto era il più perfetto dei sacrifici dell’antica Legge perché tutta la vittima era consumata in onore di Dio, per significare che l’uomo deve offrirsi a lui interamente. Più il sacerdote e la vittima saranno uniti, più il sacrificio sarà perfetto, poiché l’oblazione e l’immolazione esteriori della vittima non sono che il segno dell’oblazione e dell’immolazione interiori del cuore del sacerdote che compie in tal modo l’atto più grande della virtù di religione. Infine, più il sacerdote ed il popolo saranno uniti, più il sacerdozio sarà perfetto, poiché il sacerdote deve riunire tutte le adorazioni, rendimenti di grazie, preghiere, riparazioni dei fedeli in un’unica elevazione a Dio. È sufficiente applicare questi princìpi al sacerdozio di Nostro Signore per concludere immediatamente che è il maggiore di tutti quelli che si possano concepire. Infatti, Gesù Cristo sacerdote non è soltanto puro da ogni colpa originale e personale, da ogni imperfezione, ma è la Santità stessa. Non è possibile immaginare un sacerdote più unito a Dio. È egli stesso Dio grazie alla sua unione ipostatica(6). Di conseguenza, grazie alla sua unione con Dio, non può che essere il sacerdote più perfetto. Non può esistere un’unione più perfetta tra Nostro Signore, sacerdote, e la sua vittima. La vittima è Egli stesso (Eb 5, 2) e non si può immaginare una vittima più perfetta di Nostro Signore. Anche qui, Egli è la perfezione assoluta, che supera tutto quanto si possa immaginare. L’unione tra il sacerdote e la vittima non può essere più intima, il legame del sacrificio esteriore e di quello interiore non può essere più stretto, poiché è il sacerdote stesso ad essere vittima(7), non solo nel suo corpo, ma nel suo cuore e nella sua anima. Il suo dolore più intenso è generato dalla sua carità alla vista del male immenso che ha la missione di cancellare. Questa unione tra il sacerdote e la vittima si è manifestata sempre di più nell’ultima Cena, al Calvario e dopo la Resurrezione. L’eucaristia, nel Cenacolo, è l’inizio della Passione; ne è anche la conseguenza. Quindi, il sacerdote e la vittima non possono essere uniti più perfettamente che in Nostro Signore immolato per noi. Infine, neppure l’unione tra il sacerdote ed il popolo fedele può essere maggiore che in Nostro Signore, perché egli è il capo del corpo mistico. Non può esistere un unione più grande che quella che vi è tra le membra ed il capo del corpo mistico perché noi siamo uniti a lui, nel corpo mistico, tramite la partecipazione alla sua grazia. È quindi Gesù, in qualche modo esteso al corpo mistico, che offre il sacrificio(8).

IL NOSTRO SACERDOZIO

San Paolo e quindi lo Spirito di Dio, che gli ha dettato queste parole, afferma: «Il sacerdote, che è scelto tra gli uomini, è costituito sacerdote per gli uomini» (Eb 5, 1). Facciamo attenzione a questa prima affermazione, che potrebbe forse giustificare il nuovo orientamento che si vuole dare al sacerdote oggi: un uomo costituito solo per gli uomini. Ma che dice dopo san Paolo? Precisa: «per gli uomini, per ciò che riguarda il culto di Dio» (Eb 5, 1). È costituito per gli uomini, senza dubbio, ma nelle cose che sono di Dio, per condurli a Dio. È questa la finalità del sacerdozio(9). San Paolo prosegue: «Affinché offra doni e compia il santo sacrificio per la Redenzione dei peccati» (Eb 5, 1). Ed aggiunge anche: «Poiché è egli stesso soggetto a debolezza, deve compatire ed essere indulgente con coloro che sono nell’errore e nell’ignoranza» (Eb 5, 2). Lì si trova tutto il segreto del sacramento della penitenza. Il sacerdote è quindi costituito per offrire il santo sacrificio e diffondere le grazie del sacrificio, in modo particolare tramite il sacramento della penitenza, per chinarsi su coloro che sono nell’errore e nell’ignoranza. Dato che egli stesso è peccatore, deve offrire il santo sacrificio per i suoi propri peccati e non solo per i peccati del popolo di Dio. Vedete che in poche righe, san Paolo ha riassunto ciò che costituisce l’essenza stessa del sacerdote. Allora, è importante che tutti coloro che sono chiamati a salire all’altare per ricevere un’ordinazione che li prepara ad offrire questi sacri misteri di Nostro Signore Gesù Cristo meditino queste parole di san Paolo. Devono sapere che anche loro sono deboli, e tuttavia Dio li ha scelti. È ancora san Paolo a dirlo: «Nessuno si attribuisce da se stesso questo onore; ma vi si è chiamati come Aronne» (Eb 5,4), come i leviti, per offrire il vero sacrificio di Nostro Signore Gesù Cristo(10). Quale mistero! Dio che vuole scegliere degli esseri umani per santificare gli uomini, per consacrarli alla continuazione della sua opera di Redenzione affidando loro il suo proprio sacrificio! È questo un grande mistero d’amore, di carità verso di noi e tutti quelli che attraverso il sacerdozio, nel corso dei secoli, riceveranno grazie di santificazione(11).

“La vostra vocazione è bella! Siatele attaccati, approfonditela, e che diventi per voi una vita, una trasformazione dell’anima nella persona di Nostro Signore Gesù Cristo.” Mons. Marcel Lefebvre

Note
(1) Somma teologica, III, q. 63, a. 6; III, q. 82, a. 1. (2) Omelia, Écône, 8 dicembre 1987. (3) «Il Nostro Dio e Signore [si è offerto] egli stesso una volta per tutte a Dio Padre sull’altare della croce con la sua morte, per realizzare per [noi] una Redenzione eterna» (Concilio di Trento, 22ª sessione, 17 settembre 1562, dottrina sul Sacrificio della Messa, c. 1, DS 1740). (4) Omelia, Ecône, 27 settembre 1986. (5) Somma teologica, III, q. 22, a. 1 e 4; q. 48, a. 3. Vedi ugualmente sant’Agostino, 1. VI, De Trinitate, c. 14; e sant’Alberto Magno, De Eucaristia, D.V, c. 3. Ed. Borgnet, 1899, t. 38, p. 387. (6) Somma teologica, III, q. 2, a. 6. L’unione ipostatica designa l’unione sostanziale della natura divina e della natura umana in una sola persona, la persona stessa del Verbo, seconda persona della Santa Trinità. (7) Somma teologica, III, q. 22, a. 2. (8) Ritiro, Ecône, 22 settembre 1978. (9) Omelia, Ecône, 29 giugno 1975. (10) Omelia, Ecône, 1° novembre 1980. (11) Omelia, Ecône, 16 aprile 1987.
(Tratto da: Mons. Marcel Lefebvre, La sainteté sacerdotale, ed. Clovis, p. 191 e ss.)

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