L'artista gesuita padre Rupnik SJ, che è amico di vecchia data del papa Bergoglio e del cardinale Fernandez Tucho, si è macchiato del grave crimine dello stupro, viene denunciato dalle suore che furono da lui violate e che operavano al Centro Aletti fondato dallo stesso Rupnik, ottiene anni di tolleranza e le sue opere vengono ancora commissionate dalla Santa Sede, questa cricca di delinquenti proteggono selettivamente i pervertiti e danno la caccia a coloro che espongono la loro malvagità come potete constatare.Domenica 18 agosto sul quotidiano il giornale è uscito questo articolo che noi vi consigliamo di leggere.
Il caso
La Santa Sede, ci ricasca non "scarica" Rupnik. Nonostante la protesta delle ex suore e presunte vittime, Vatican News, sito del Dicastero vaticano per la Comunicazione, ha continuato ad ignorare le critiche e in occasione del 15 agosto ha riproposto l'immagine di un mosaico di Marko Rupnik, l'artista sloveno cacciato dai gesuiti più di un anno fa per le accuse di abusi sessuali di ex suore ritenute credibili dall'ordine religioso.
Nonostante Rupnik sia attualmente sotto indagine da parte del Dicastero per la dottrina della fede dopo la deroga alla prescrizione decisa dal Papa su pressione della Pontificia commissione per la protezione dei minori, la comunicazione della Santa Sede ha insistito a pubblicare le sue opere d'arte per celebrare solennità del calendario liturgico. L'ultimo caso è avvenuto per la Festa dell'Assunta, lasciando molti osservatori delusi ed interdetti. La scelta del Dicastero, infatti, arriva dopo la lettera del cardinale Sean O'Malley, presidente della Pontificia commissione per la protezione dei minori e prelato noto per la lotta anti-abusi, che invitava i capi degli uffici vaticani a non esporre più le opere di Rupnik. Nulla da fare, il dicastero guidato da Paolo Ruffini ha ignorato l'indicazione del cardinale americano.
L'appello delle presunte vittime
L'appello delle presunte vittime
Non è stato solo O'Malley a chiedere alla Santa Sede di smetterla con l'esposizione delle immagini di Rupnik. Cinque presunte vittime dell'ex gesuita avevano fatto un appello per fermare quest'esposizione, dicendo che la visione dei mosaici era per loro causa di traumi. L'ostinazione del Vaticano, già finito sotto il banco dell'accusa per la gestione del caso Rupnik, rischia di provocare un danno di credibilità alla lotta interna contro gli abusi di cui il cardinale O'Malley è stato uno dei simboli in questi anni.
Sulla questione della rimozione dei mosaici e dello stop all'utilizzo delle immagini sul sito, il prefetto del Dicastero per la comunicazione Paolo Ruffini ha pronunciato parole molto discusse poco tempo fa, dicendo che sull'artista sloveno "c'è una procedura in corso. Quindi dobbiamo aspettare la procedura” ed aggiungendo poi che “non stiamo parlando di abusi sui minori”. Infine, Ruffini si era rivolto ai giornalisti presenti ad un incontro negli USA chiedendo: "Pensate che se tolgo una foto di un'opera d'arte dal nostro sito web, sarò più vicino alle vittime". Davanti al "sì" della platea, il prefetto vaticano aveva detto: "Penso che vi sbagliate". La posizione delle presunte vittime, però, aveva sconfessato questa posizione.
La vicenda non è etichettabile come un attacco dei cosiddetti tradizionalisti. Lo dimostra il fatto che contro l'uso insistente delle immagini dell'ex gesuita da parte del sito della Santa Sede si è schierato apertamente anche Alberto Melloni, storico del Cristianesimo e guida della Scuola di Bologna, che su X ha scritto "Nel sito VaticanNews sulle letture dell'Assunzione è rimasto un mosaico di p. Rupnik che non è esattamente infungibile". Melloni ha anche affermato che a causa di questo comportamento "il partito del #TooLittleTooLate vi vedrà la prova di oscuri legami; chi vuol prendere in castagna il Papa sarà contento; le vittime si sentiranno più ferite" e sulle opere ha aggiunto: "immagino che nessuna comunità dove viva una delle sue vittime possa imporle di non chiederne la demolizione".
Dai critici è stato più volte sottolineato il fatto che al Dicastero per la comunicazione lavori Natasa Govekar nel ruolo di direttore del dipartimento teologico-pastorale.
La professionista è legata al Centro Aletti fondato da Rupnik e che lo ha strenuamente difeso dalle accuse tramite le posizioni pubbliche di Maria Campitelli. Govekar è stata anche coautrice di libri con l'ex gesuita sloveno.
Sulla questione della rimozione dei mosaici e dello stop all'utilizzo delle immagini sul sito, il prefetto del Dicastero per la comunicazione Paolo Ruffini ha pronunciato parole molto discusse poco tempo fa, dicendo che sull'artista sloveno "c'è una procedura in corso. Quindi dobbiamo aspettare la procedura” ed aggiungendo poi che “non stiamo parlando di abusi sui minori”. Infine, Ruffini si era rivolto ai giornalisti presenti ad un incontro negli USA chiedendo: "Pensate che se tolgo una foto di un'opera d'arte dal nostro sito web, sarò più vicino alle vittime". Davanti al "sì" della platea, il prefetto vaticano aveva detto: "Penso che vi sbagliate". La posizione delle presunte vittime, però, aveva sconfessato questa posizione.
La vicenda non è etichettabile come un attacco dei cosiddetti tradizionalisti. Lo dimostra il fatto che contro l'uso insistente delle immagini dell'ex gesuita da parte del sito della Santa Sede si è schierato apertamente anche Alberto Melloni, storico del Cristianesimo e guida della Scuola di Bologna, che su X ha scritto "Nel sito VaticanNews sulle letture dell'Assunzione è rimasto un mosaico di p. Rupnik che non è esattamente infungibile". Melloni ha anche affermato che a causa di questo comportamento "il partito del #TooLittleTooLate vi vedrà la prova di oscuri legami; chi vuol prendere in castagna il Papa sarà contento; le vittime si sentiranno più ferite" e sulle opere ha aggiunto: "immagino che nessuna comunità dove viva una delle sue vittime possa imporle di non chiederne la demolizione".
Dai critici è stato più volte sottolineato il fatto che al Dicastero per la comunicazione lavori Natasa Govekar nel ruolo di direttore del dipartimento teologico-pastorale.
La professionista è legata al Centro Aletti fondato da Rupnik e che lo ha strenuamente difeso dalle accuse tramite le posizioni pubbliche di Maria Campitelli. Govekar è stata anche coautrice di libri con l'ex gesuita sloveno.
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