Mons. Carlo Maria Viganò
INTERVISTA CON IL DOTTOR TAYLOR MARSHALL
VIDEO, PARTE I
VIDEO, PARTE II
Carissimi amici e lettori,
Un Intervista a tutto campo di Taylor Marshall a monsignor Carlo Maria Viganò.
Il Terzo segreto di Fatima, lo Ior, casi McCarrick e Maradiaga, cattiva gestione di risorse e persone in Vaticano, la scomunica per scisma, la situazione degli istituti ex Ecclesia Dei, la rinuncia di Benedetto XVI, i nomi degli uomini più pericolosi oggi in Vaticano, il compito del prossimo papa…
Pensa che il terzo segreto di Fatima pubblicato nel 2000 sia quello vero?
Carlo Maria Viganò: Il testo della terza parte del Segreto di Fatima fu consegnato da Suor Lucia al Vescovo di Leiria nel 1944: esso si riferisce alla visione che i tre pastorelli ebbero nel 1917 e che per volontà della Vergine Maria doveva essere rivelato nel 1960. Venne consegnato al Sant’Uffizio nel 1957, regnante Pio XII. Giovanni XXIII lo lesse nel 1959 e dispose di non renderlo pubblico. Altrettanto fece nel 1967 Paolo VI. Giovanni Paolo II lo lesse nel 1978 o forse nel 1981. Nel 2000 in occasione del Giubileo, ne dispose la pubblicazione lasciando credere che fosse il testo integrale, attribuendo a sé la visione del Papa colpito, e più precisamente all’attentato che egli subì in Piazza San Pietro il 13 Maggio 1981. Il sospetto che il testo del Segreto sia stato manipolato è più che fondato. Aldilà delle anomalie e delle incongruenze tecniche – come ad esempio il formato del supporto cartaceo usato da Suor Lucia – mi pare evidente che il contenuto “rivelato” sia stato censurato, in modo da non confermare ciò che è sotto gli occhi di tutti: la demolizione della Chiesa Cattolica dal suo interno e l’apostasia della fede mediante un “cattivo Concilio” e una “cattiva Messa”. La decisione di non pregiudicare l’esito rivoluzionario del Vaticano II portò Roncalli a non rivelare il Terzo Segreto; allo stesso modo agì Montini, anche perché la rivoluzione del Concilio si era nel frattempo estesa alla riforma liturgica. D’altra parte, non stupisce che una Gerarchia che adultera la Sacra Scrittura e il Magistero possa arrivare anche a censurare le parole della Vergine Santissima nell’ambito di apparizioni riconosciute dalla Chiesa.
Lo IOR dovrebbe essere abolito?
L’Istituto per le Opere di Religione (IOR) è una banca, ed è normale che un’istituzione come la Chiesa Cattolica e lo Stato della Città del Vaticano ne siano dotati. La sua gestione è affidata a due laici: un Presidente e un Direttore generale; mentre una Commissione cardinalizia è preposta come organo di vigilanza sulle sue attività. Non dipendendo dal Governatorato, nelle mie funzioni di Segretario Generale non vi ho mai avuto alcun ruolo istituzionale.
Sta a chi amministra lo IOR – cioè alla Commissione cardinalizia e in ultima istanza alla Segreteria di Stato, a nome del Santo Padre – dettare le norme che ne garantiscano una corretta gestione, la trasparenza delle sue operazioni e impediscano speculazioni e attività illecite.
Nel mio libro Infiltrazione documento il suo lavoro investigativo come Segretario Generale del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano dal Luglio 2009 al Settembre 2011 sotto Papa Benedetto XVI. Cos’altro ha scoperto? Per amore della storia, cosa è successo esattamente?
Prima di essere nominato al Governatorato, mi era stato assegnato l’incarico da Giovanni Paolo II di Delegato per le Rappresentanze Pontificie, nella Prima Sezione della Segreteria di Stato, avendo come immediati superiori il Sostituto e il Segretario di Stato, che erano i soli a poter accedere al Santo Padre. Il mio compito era di istruire tutte le pratiche relative alle assunzioni e alle promozioni del personale della Curia Romana e delle Nunziature Apostoliche, oltre a gestire pratiche riservatissime riguardanti i membri dei Dicasteri Romani e del Collegio Cardinalizio.
La mia attività di indagine, di istruzione delle pratiche e di formulazione di un giudizio sulle persone e sulle decisioni da prendere, finiva con la consegna dei dossier al Sostituto. Stava poi al Sostituto e al Segretario di Stato – prima Sodano e poi Bertone – presentare o meno i miei dossier al Papa, decidendo a loro totale discrezione anche il loro eventuale insabbiamento. Ad esempio – oltre al caso ben noto di McCarrick – cos’hanno fatto i miei Superiori quando ho raccolto le gravissime informazioni su Maradiaga? Perché è stato elevato al Cardinalato, anziché venire punito conformemente ai reati da lui commessi?
Il Card. Bertone, che teneva Papa Benedetto sotto controllo, ottenne da quest’ultimo di rimuovermi dal mio incarico perché, come ho detto nel mio J’accuse, ostacolavo la sua azione e le sue nomine. Mi fece mandare al Governatorato come Segretario Generale, ma trattandosi di una diminutio, ossia di una retrocessione rispetto al ruolo precedente, Bertone mi promise che al termine del mandato di Lajolo, ormai prossimo al pensionamento, sarei stato nominato Presidente del Governatorato, una carica cardinalizia.
Lo stesso giorno della mia presentazione al Governatorato, il 16 Luglio 2009, mi resi conto dello stato di totale irregolarità e corruzione dell’amministrazione. Scoprii immediatamente l’esistenza di una Commissione Finanza & Gestione – illegale e non prevista dagli statuti del Governatorato – composta da un gruppo di eminenti banchieri italiani incaricati della gestione finanziaria dello Stato della Città del Vaticano. Questa commissione, presentata come organo meramente consultivo, in realtà aveva funzioni decisionali e speculava a loro profitto sugli investimenti vaticani presso fondi d’investimento – fra cui la BlackRock – con i quali avevano firmato contratti di gestione i cui costi erano superiori agli interessi versati al Governatorato.
Mi misi dunque immediatamente all’opera, e nel giro di pochi mesi il deficit di oltre 10 milioni di dollari riscontrato nell’esercizio del 2009, passò a un disavanzo di 44 milioni di dollari, mettendo fine agli affari illeciti di Prelati e laici. Quest’operazione di risanamento avrebbe dovuto ovviamente comportare la rimozione dei protagonisti di tanto malaffare, ad iniziare dal Cardinale Presidente Lajolo e dal Direttore amministrativo dei Musei Vaticani, mons. Paolo Nicolini.
Lajolo, in odore di massoneria, appartiene alla cordata del card. Silvestrini, a sua volta creatura del Segretario di Stato Agostino Casaroli, l’uomo della Ostpolitik, figura-chiave del pontificato di Giovanni Paolo II. Silvestrini, responsabile della Seconda Sezione per i Rapporti con gli Stati, era membro preminente della Mafia di San Gallo e responsabile del Collegio universitario Villa Nazareth, una sorta di Young Global Leaders for Tomorrow di Davos in versione ecclesiastica. L’ex Primo Ministro Giuseppe Conte, personaggio oscuro che ha condannato gli Italiani agli arresti domiciliari durante la farsa pandemica, è uscito da questa fucina al crocevia tra deep church e deep state.
Mons. Paolo Nicolini appartiene alla cosiddetta Lavender mafia, la lobby omosessuale vaticana. Come Direttore amministrativo dei Musei Vaticani e dei Beni Culturali del Governatorato si trovava a gestire la fonte principale degli introiti dello Stato della Città del Vaticano. Tra le principali malefatte di Nicolini con cui dovetti immediatamente confrontarmi, vi era il contratto da lui predisposto, con l’approvazione del card. Lajolo e del mio predecessore mons. Renato Boccardo, per il restauro del Colonnato del Bernini e delle due Fontane di Piazza San Pietro, per un valore di 15 milioni di euro.
Il Governatorato non risultava affatto fra i contraenti di detto contratto, che era stato invece stipulato, in una banca svizzera (la Banca del Gottardo di Lugano), tra la ditta incaricata della raccolta di fondi per finanziare i lavori (attraverso l’esposizione di pubblicità sul Colonnato di Piazza San Pietro) e l’impresa incaricata dei lavori di restauro (scelta da Nicolini senza nessuna gara d’appalto). A mons. Nicolini spettava una significativa parcella mensile versatagli direttamente dalla ditta che raccoglieva i fondi con la pubblicità. Quest’ultima trattenne per sé alcuni milioni di euro già raccolti, che avrebbero dovuto essere versati all’impresa che stava eseguendo i restauri, secondo l’avanzamento dei lavori, al punto da provocarne l’interruzione. Fui perciò costretto ad intervenire per far sciogliere il contratto ed esigere che le somme raccolte venissero immediatamente versate al Governatorato e provvedere così alla remunerazione dei lavori effettuati. Fu allora che fui cacciato dal Governatorato e che il card. Lajolo si trovò nuovamente nelle condizioni di agire indisturbato.
Un altro caso di mala gestione fu l’assegnazione all’Opera Laboratori Fiorentini del contratto per l’allestimento dei punti vendita ai Musei Vaticani, che rappresentavano un giro d’affari di milioni di euro e che permisero a Nicolini di trarne sottobanco un enorme vantaggio economico personale.
La mia rimozione dal Governatorato avvenne dopo una campagna diffamatoria via stampa organizzata da mons. Nicolini e dal giovane potente Marco Simeon, noto massone omosessuale, già segretario del Ministro per i Beni Culturali Urbani e segretario del Presidente di Mediobanca, intimo del Segretario di Stato Bertone e suo protetto, al quale dovrà poi la sua promozione alla RAI come responsabile dei rapporti con il Vaticano.
Il mio operato venne vanificato e sciolto il team di collaboratori che avevo costituito, e confermando ai loro posti tutti i protagonisti della corruzione da me segnalati. Nicolini fu promosso a Responsabile delle Ville Pontificie a Castel Gandolfo, dove poteva gestire un’enorme proprietà, molto più estesa dello Stato della Città del Vaticano. Ottenne da Bergoglio la cacciata immediata, con metodi brutali e vendicativi, di Eugenio Hasler, uomo integerrimo e mio stretto collaboratore, figlio del Maggiore della Guardia Svizzera, che si vide distrutta la reputazione, la carriera professionale, il suo buon nome e la sua stessa esistenza. Recentemente Mons. Nicolini è stato nominato da Bergoglio Direttore del Centro di Alta Formazione Laudato si’ (qui) che si occupa di “progetti green”, conformemente ai diktat del World Economic Forum di Davos. L’ultimo di essi, pubblicizzato poche settimane fa, consiste in un impianto agrivoltaico nella zona extraterritoriale di Santa Maria di Galeria. Questo progetto era già stato proposto dal card. Lajolo sotto Benedetto XVI e fui io a impedirne la realizzazione.
A seguito di questi attacchi mediatici Benedetto XVI costituì una Commissione d’inchiesta composta da tre Cardinali: Herranz, Burke e Lajolo, nonostante quest’ultimo fosse direttamente implicato. Bertone riuscì a persuadere Herranz a sciogliere la Commissione, che sostituì con una Commissione disciplinare del Governatorato, che nonostante fosse sotto il controllo dello stesso Bertone, decise il licenziamento di Nicolini e adottò misure sanzionatorie nei confronti della Direzione delle Ville Pontificie. I provvedimenti adottati da questa Commissione disciplinare furono però vanificati da Bertone e Lajolo.
Mentre Papa Benedetto mi aveva espresso per ben due volte la volontà di nominarmi Presidente della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede al posto del card. Velasio de Paolis – incarico, mi disse, “in cui avrei potuto servire al meglio la Santa Sede” – Bertone ottenne il mio invio a Washington lontano dalla Curia Romana e da quanti avevo “disturbato” nella mia lotta contro la corruzione.
Il maggiordomo Paolo Gabriele – uomo onesto e ingenuo ma ben intenzionato – di sua iniziativa consegnò alla stampa le mie lettere indirizzate a papa Benedetto e a Bertone nelle quali denunciavo la vasta corruzione nel Governatorato. Con questo gesto, Gabriele sperava di poter aiutare Benedetto portando alla luce la rete di complicità in Vaticano, il ruolo di strapotere di Bertone e Lajolo e le macchinazioni ai danni del Papa. Fu determinante anche il ruolo di mons. Gänswein, che contendeva a Bertone il controllo su Benedetto nel governo della Chiesa. Nel 2012, dopo la fuga di questi documenti (Vatileaks 1) il Papa istituì una nuova Commissione cardinalizia composta da Herranz, Tomko e De Giorgi. Pur essendo al centro di quelle vicende, tale nuovo organismo cercò di ignorarmi per almeno due mesi e fu solo a seguito di una mia esplicita richiesta telefonica al card. Herranz, mentre mi trovavo a Washington, che venni ascoltato per depositare la mia testimonianza. “Eminenza, non pensi che abbia anch’io qualcosa da dire in questa vicenda?” La risposta stizzita del Cardinale fu: “Se proprio lo vuoi…”
La mia memoria scritta, oltre al verbale dell’interrogatorio, fu inserita nel famoso scatolone bianco che l’Emerito consegnò a Bergoglio nell’Aprile 2013 quando si recò a visitarlo a Castel Gandolfo (vedi foto), incaricando il Successore di intervenire per sanare la corruzione dilagante in Vaticano.
Il 23 giugno 2013 quando incontrai Bergoglio, questi, dopo avermi chiesto di McCarrick e dei Gesuiti negli USA per sondare quale fosse la mia posizione, mi chiese di consegnargli il dossier che avevo dato ai tre Cardinali incaricati da Benedetto di indagare. Lo feci immediatamente, e mi disse: “Nella mia camera da letto ho una piccola cassaforte. Adesso lo porto di là (cosa che fece) e questa sera lo leggo.”
È ovvio che a Bergoglio interessava solamente sapere chi erano le persone corrotte per poterle usare, controllare e ricattare. Nicolini era tra i suoi protetti che, come abbiamo visto, non solo ha mantenuto al suo posto ma ha promosso a più alti incarichi, eliminando chiunque gli si opponesse, ad iniziare da Eugenio Hasler.
Mi chiedo che fine abbia fatto quello scatolone bianco e perché i due Cardinali ancora vivi – Herranz e De Giorgi – continuino a tacere dinanzi all’insabbiamento di quanto emerso dalla loro indagine.
Il cardinale Fernandez ha dichiarato che lei ha ricevuto una scomunica latæ sententiæ per il reato di scisma. Le si applica la pena canonica? Perché o perché no?
L’11 giugno sono stato informato con una semplice mail (senza mai ricevere nessuna notifica ufficiale) di un processo a mio carico, per il quale mi sarei dovuto presentare a Roma il 20 successivo per ritirare le accuse nei miei confronti, così da preparare la mia difesa entro il 28, vigilia dei Santi Pietro e Paolo. Non credo che si dia una settimana di tempo nemmeno a chi ha ricevuto una multa per aver parcheggiato in divieto di sosta.
Le accuse che mi sono mosse sono del tutto inconsistenti: scisma per aver messo in dubbio la legittimità di Bergoglio e aver rifiutato il Vaticano II. Ma il diritto riconosce la non applicabilità della volontà di scisma nel caso in cui l’imputato sia persuaso che colui che siede sul Soglio di Pietro non sia Papa e, laddove sia dimostrata l’infondatezza dei suoi sospetti, sia disponibile a sottomettersi alla sua autorità. Io considero Jorge Mario Bergoglio un anti-papa o meglio: un contro-papa, un usurpatore, un emissario della lobby anticattolica che da decenni ha infiltrato la Chiesa. L’evidenza della sua alienità al Papato, le sue molteplici eresie e la coerenza della sua azione di governo e di “magistero” in chiave eversiva sono elementi gravissimi che non possono essere liquidati sbrigativamente come delitto di lesa maestà.
Aldilà del metodo e del merito della causa penale extragiudiziale, la vacanza della Sede Apostolica e l’usurpazione del Soglio di Pietro da parte di un falso papa rendono tutti gli atti dei Dicasteri romani del tutto privi di validità e di efficacia, per cui anche la scomunica nei miei confronti è nulla.
Ci troviamo davanti ad un cortocircuito canonico: colui che ricopre la suprema autorità terrena nella Chiesa, nel momento in cui è denunciato per eresia risponde accusando di scisma colui che lo denuncia e lo scomunica. Questo uso strumentale della giustizia – tipico delle dittature – contraddice la mens del Legislatore e giustamente ricade sotto quanto previsto dalla Bolla di Paolo IV: è l’adesione stessa all’eresia ad estromettere l’eretico dalla Chiesa e rendere la sua autorità illegittima, invalida e nulla.
Chi sono gli uomini più pericolosi del Vaticano in questo momento?
Dopo Bergoglio, i più pericolosi sono Fernàndez, Hollerich, Roche, Peña Parra… Costoro, assieme al Segretario di Stato Parolin, sono tutti complici della disastrosa gestione del Vaticano e dell’intera Chiesa. Ricordo en passant che Parolin era membro della cordata della Seconda Sezione della Segreteria di Stato, allora capeggiata dal massone Silvestrini, membro di spicco della Mafia di San Gallo a cui deve la sua ascesa.
Come dovrebbero comportarsi i Cattolici in caso di proibizione della Messa antica?
La Messa tridentina è un tesoro inestimabile per la Santa Chiesa. Essa è “canonizzata” dal Suo uso plurisecolare in cui vediamo espressa la voce della Sacra Tradizione. Se la Gerarchia, abusando del proprio potere contro il fine che il Signore le ha dato, impedisce la celebrazione della Messa antica, compie un abuso e questa proibizione è nulla.
Sacerdoti e vescovi dovrebbero mostrare più coraggio, continuando a celebrare il rito antico e rifiutandosi di celebrare il Novus Ordo. Andrebbero probabilmente incontro a sanzioni da parte del Vaticano, ma dovrebbero chiedersi quali sanzioni li aspettino quando dovranno rispondere al tribunale del Signore per non aver compiuto il proprio dovere, preferendo l’obbedienza servile al potente anziché l’obbedienza a Dio.
I laici dovrebbero organizzarsi in piccole comunità acquistando le chiese oggi messe in vendita o allestendo cappelle domestiche, e cercando sacerdoti disposti a celebrare per loro la Messa e i Sacramenti secondo il Rito Apostolico e aiutandoli materialmente a svolgere il loro Ministero.
Cosa pensa della Fraternità Sacerdotale San Pietro (FSSP), dell’Istituto Cristo Re Sommo Sacerdote (ICRSS) e della Fraternità Sacerdotale San Pio X (FSSPX)? Incoraggia le persone a partecipare alle loro Messe?
Gli istituti ex Ecclesia Dei nascono dalla volontà del Vaticano di indebolire la Fraternità San Pio X dopo le Consacrazioni Episcopali del 1988, che essendosi data una successione apostolica poteva continuare il proprio apostolato anche dopo la morte di Mons. Marcel Lefebvre. La “concessione” di celebrare la Liturgia tridentina – fino ad allora del tutto esclusa – aveva e ha come condizione l’accettazione del “magistero postconciliare” e della liceità del Novus Ordo. Tale premessa è del tutto inaccettabile, perché riduce la celebrazione della Messa antica ad una questione cerimoniale, mentre è evidente che il rito tridentino riassume in sé tutta la dottrina e la spiritualità della Fede Cattolica, in antitesi al rito protestantizzato di Paolo VI che quella Fede ecumenicamente tace. Chi celebra la Messa di San Pio V non può accettare il Vaticano II. Infatti, sin dall’inizio, molti sacerdoti che avevano lasciato la Fraternità di Mons. Lefebvre ed erano confluiti negli istituti Ecclesia Dei continuarono ad avere forti riserve e, per così dire, giocarono sull’equivoco di una tacita accettazione che lo stesso Vaticano non chiedeva di esplicitare.
Nel 2007 Benedetto XVI ha riconosciuto legittimità alla Liturgia tradizionale, dichiarando la Messa antica “forma straordinaria” del Rito Romano, a fianco alla “forma ordinaria” del Novus Ordo. Il Motu Proprio Summorum Pontificum rivela l’impostazione hegeliana di Ratzinger, che nella compresenza di due forme del medesimo rito ha cercato di comporre la sintesi tra la tesi della Messa tradizionale e l’antitesi del rito montiniano. Ma anche in quel caso, la base ideologica del Motu Proprio era di fatto moderata dalla pratica, per cui il risultato finale di Summorum Pontificum è stato relativamente positivo, quantomeno nella diffusione della celebrazione della Messa antica che le nuove generazioni non avevano mai conosciuto. Giovani sacerdoti e tanti fedeli si sono avvicinati al Rito Apostolico, scoprendone la bellezza e la coerenza intrinseca con la Fede cattolica. Dinanzi al successo della Messa di Sempre, il Motu Proprio Traditionis Custodes ha drasticamente limitato la liberalizzazione di Summorum Pontificum, dichiarando abolito il diritto di ogni sacerdote alla celebrazione della Messa tradizionale e riservandolo ai soli istituti ex-Ecclesia Dei. Ecco così creata una “riserva indiana” di chierici più o meno conservatori che dipendono da Bergoglio, ai quali è richiesta la professione di fede conciliare mediante la concelebrazione del nuovo rito almeno una volta l’anno: cosa che praticamente tutti i sacerdoti di questi istituti sono costretti a fare, volenti o nolenti. D’altra parte, non mi pare che i Vescovi o Cardinali che li sostengono abbiano espresso riserve sul Concilio o sulle deviazioni dottrinali, morali e liturgiche del postconcilio e dello stesso Bergoglio. Difficile aspettarsi dai subalterni una combattività che eminenti Prelati non hanno mai dimostrato.
Questi istituti sono dunque sotto ricatto. Se con Summorum Pontificum era plausibile pensare ad un tentativo di pax liturgica che lasciasse i conservatori liberi di scegliersi il rito che preferiscono (in una visione, per così dire, liberale), con Traditionis Custodes sui chierici che celebrano e sui fedeli che assistono alla Messa antica grava lo stigma ecclesiale dell’indietrismo, del rifiuto del Vaticano II, del rigidismo preconciliare. In questo caso la sinodalità e la parresia cedono all’autoritarismo di Bergoglio, che però dice una scomoda verità: quel rito mette in discussione l’ecclesiologia e la teologia del Vaticano II e come tale non rappresenta la chiesa conciliare. L’illusione della pax liturgica si è quindi infranta miseramente dinanzi all’evidenza dell’inconciliabilità di due riti che si “scomunicano” reciprocamente, così come le due chiese – quella Cattolica e quella sinodale – di cui sono espressione cultuale.
Nel caso dell’Istituto di Cristo Re Sommo Sacerdote la questione rituale e cerimoniale sembra prevalere su quella dottrinale, e non è un caso se nella dissoluzione generale i Canonici di Gricigliano sembrano essere esenti da opposizioni e ostracismi: essi non rappresentano un problema, perché non mettono minimamente in discussione il nuovo corso ed anzi hanno nelle proprie Costituzioni ampie citazioni di documenti conciliari. Gli altri istituti sopravvivono ma sarà da capire come intenderanno rispondere alle future restrizioni.
La Fraternità San Pio X, dopo cinquant’anni di attività, dà segni di stanchezza e talvolta sembra che il suo silenzio sugli orrori di Santa Marta sia motivato da un tacito accordo di non belligeranza, forse nella speranza di poter diventare il collettore del conservatorismo e di parte del tradizionalismo cattolico, una volta eliminata da Bergoglio “la concorrenza” degli istituti ex-Ecclesia Dei. Il mio timore è che questa speranza finisca con il ratificare lo scisma de facto già presente nella Chiesa, costringendo i Cattolici a lasciare la chiesa ufficiale come se fossero loro, e non la Gerarchia romana, in stato di scisma. Una volta eliminate le voci critiche, Bergoglio si troverebbe ad avere una “sua” chiesa ereticale, dalla quale sono banditi i sacerdoti e i fedeli che non accettano la rivoluzione permanente.
Per quanto riguarda i fedeli, credo sia necessario comprendere la situazione di grande disorientamento e di anarchia presente nella Chiesa. Molti Cattolici che hanno scoperto la Messa antica non riescono più ad assistere al rito montiniano ed è comprensibile che si “accontentino” – per così dire – delle Messe tridentine celebrate dagli istituti ex-Ecclesia Dei, senza però accettare i compromessi che sono richiesti ai loro sacerdoti. Ma si tratta di una situazione che presto o tardi dovrà essere chiarita, specialmente se l’accettazione degli errori conciliari e sinodali diventa la condicio sine qua non della fruizione della Messa antica. In quel caso il fedele deve agire coerentemente e cercare dei sacerdoti non compromessi con la chiesa sinodale. Gli orrori di questo “pontificato” stanno comunque erodendo il consenso del Clero nei riguardi di Bergoglio: una fronda tradizionale potrebbe decidere di non seguirlo sulla via fallimentare intrapresa.
Cosa vorrebbe dire ai laici che non possono frequentare la Messa antica?
Comprendo lo strazio che molti provano a non poter assistere alla Messa tridentina. È come essere privati della presenza del Signore e delle Grazie che il Santo Sacrificio spande sulle anime e sulla Chiesa. Ma nel corso della storia molti Cattolici, sia in terre lontane non ancora raggiunte dai Missionari, sia in tempi di persecuzione, si sono trovati a non poter avere la Messa se non saltuariamente. Senza Messa si può sopravvivere, ma non senza Fede. Se dunque la Fede è indispensabile per la salvezza, è importante che ogni Cattolico alimenti la propria istruzione religiosa riprendendo in mano il Catechismo tridentino e nutrendo l’intelletto e il cuore in modo da resistere al contagio del Novus Ordo e delle sue degenerazioni. Occorre pregare perché il Signore mandi operai per la Sua messe, e aiutare i pochi sacerdoti ancora fedeli.
Qual è stato il ruolo di McCarrick nell’accordo sino-vaticano?
Nonostante le accuse sulla scandalosa condotta di McCarrick e fossero già note e vi fossero provvedimenti disciplinari presi da Papa Benedetto nei suoi confronti, Bergoglio incaricò l’allora Cardinale di tenere i contatti con il governo di Pechino, anche in ragione delle sue entrature alla Casa Bianca e con l’establishment democratico che avevano – e hanno tuttora – rapporti con la dittatura cinese.
La capacità di McCarrick di “monetizzare” la collaborazione della Chiesa nei confronti di alcuni governi ha portato alla firma di un accordo segreto, che secondo alcune indiscrezioni – che non sono in grado di verificare – frutterebbe al Vaticano milioni ogni anno, in cambio del suo silenzio sulla persecuzione dei Cattolici fedeli alla Sede Apostolica e sulla violazione dei diritti umani.
Come ex Nunzio, qual era lo stato di salute dell’episcopato statunitense?
L’Episcopato statunitense è il frutto di decenni di mala gestio vaticana: la corruzione e la presenza di una potentissima lobby omosessuale – formata in gran parte di protetti di McCarrick – è totalmente favorevole al nuovo corso bergogliano, in un appiattimento scandaloso sulle posizioni woke della Sinistra radicale che sta distruggendo gli Stati Uniti. Tra questi corrotti possono essere annoverati i Cardinali Spellman, Bernardin, Dearden, McCarrick e la loro progenitura, oltre beninteso alla Compagnia di Gesù, che ha giocato un ruolo decisivo nella dissoluzione del Cattolicesimo.
La parte “sana” di Vescovi – che come Nunzio ho cercato in ogni modo di promuovere e di difendere – è minoritaria, conservatrice ma di impostazione conciliare.
Cosa pensa dell’argomentazione del munus – ministerium secondo cui Benedetto XVI non si è dimesso?
La Rinunzia di Benedetto XVI, per i vizi di procedura e per il monstrum canonico che ha prodotto, è certamente invalida, come ha spiegato egregiamente il prof. Enrico Maria Radaelli. L’invenzione del “papato emerito” ha minato ulteriormente il Primato petrino e aperto la strada a quel “papato scomposto” – in una divisione surreale di munus e ministerium senza basi teologiche e canoniche – che si sta oggi evolvendo in una rilettura del ruolo del Pontefice in chiave ecumenica, come vediamo nel Documento di studio Il Vescovo di Roma recentemente pubblicato dal Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Un’unità che è già una nota della unica vera Chiesa di Cristo, che è la Chiesa Cattolica e che significativamente il Vaticano II presenta come obiettivo da conseguire mediante una interpretazione del dogma che non presenti conflitti con gli errori delle sette acattoliche.
Il fatto che Ratzinger abbia ritenuto soggettivamente di abdicare al Papato non incide sulla nullità della Rinunzia. Nonostante l’aura di ortodossia che circonda il Pontificato di Benedetto XVI specialmente negli ambienti del conservatorismo moderato, la sua ridefinizione dell’istituto petrino e la creazione del Papato emerito costituiscono la massima espressione delle istanze ereticali presenti nella teologia ratzingeriana, e come tali dovranno essere oggetto di una ben precisa condanna, assieme alle altre eresie (ben evidenziate dagli studi dell’esimio Professor Radaelli) che il teologo tedesco non ha mai sconfessato.
Cosa dovrebbe fare il prossimo Papa? Dovrebbe dichiarare Bergoglio antipapa? Invalidare il Vaticano II?
Quando Nostro Signore Si incarnò 2024 anni fa in Israele non vi era né re né sacerdozio. Se ci stiamo avvicinando agli ultimi tempi, credo che la vacanza della Sede Apostolica sia destinata a durare. Quando tornerà sulla terra, Nostro Signore riprenderà lo scettro temporale e la corona spirituale, riassumendo in Sé la potestà regale e sacerdotale oggi illegittime.
Ma se la Provvidenza si degnasse di concedere alla Chiesa un vero Papa, egli potrebbe essere riconoscibile per la condanna e la dichiarazione di nullità del Concilio e dei disastri che ha prodotto. Un santo Papa abolirebbe il Novus Ordo e ripristinerebbe la Liturgia tradizionale, perché avrebbe a cuore prima di tutto la gloria di Dio, l’onore della Chiesa e la salvezza delle anime.
Papa Leone II dichiarò anatema il suo predecessore Papa Onorio. Succederà di nuovo?
Sarebbe il minimo. La condanna dell’errore è necessaria per ripristinare l’ordine violato, che si fonda in Dio, ossia sulla Verità somma. Onorio fu scomunicato da Papa Leone II non perché eretico, ma perché profana proditione immaculatam fidem subvertere conatus est – con prodizione mondana provò a sovvertire la purezza della Fede – perché non aveva condannato chiaramente l’eresia monotelita, secondo cui in Cristo non vi sarebbero due volontà – una divina e una umana secondo le due nature – ma una sola. L’azione sovversiva di Bergoglio è ben più grave, così come sono ben più gravi le eresie che il Vaticano II non solo non combatté, ma di cui anzi si fece veicolo pastorale, in un colossale inganno del corpo ecclesiale.
Se Bergoglio fosse un antipapa, i suoi cardinali non sarebbero anti-cardinali e non validi? Come avverrebbe un conclave? Per risolvere questo problema, leggete la “tesi di Cassiciacum” di Guérard des Lauriers. È d’accordo con la sua tesi del “papato materiale”?
Il Collegio Cardinalizio è composto per la maggioranza da personaggi ampiamente compromessi e corrotti. Per di più, l’illegittimità di Bergoglio (anche per le infrazioni a quanto prescritto nella Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis che ne invalidano l’elezione[1]) rende nulli tutti i suoi atti di governo, quindi anche tutte le nomine del Sacro Collegio. Se i Cardinali nominati dal Predecessore riconoscessero che Bergoglio non è Papa e convocassero un Conclave, dovrebbero avere il coraggio non solo di deplorare gli effetti presenti, ma anche le loro cause, che rimontano tutte al Concilio Vaticano II.
La tesi cosiddetta di Cassiciacum prende il suo nome dal paese che oggi si chiama Cassago Brianza, in Lombardia, dove nel 387 Sant’Agostino si ritirò in preghiera con la madre prima di ricevere il Battesimo. Questa tesi, formulata nel 1978 da padre Guérand des Lauriers o.p., individua nei Papi postconciliari – da Montini a Bergoglio – un’accettazione esteriore del Papato inficiata da un ostacolo interno (la volontà di promuovere le nuove istanze del Concilio Vaticano II che contraddicono il Magistero perenne della Chiesa) – un ostacolo che impedisce la comunicazione da parte di Dio del carisma divino che normalmente appartiene al Vicario di Cristo. Venendo meno questa «intenzione oggettiva ed abituale di procurare e di realizzare il bene e il fine della Chiesa» i Papi del postconcilio sarebbero dunque Papi solo materialmente, in quanto solo canonicamente eletti, e quindi propriamente “non papi”.
La rivoluzione conciliare – di cui Bergoglio è implacabile esecutore – ha come scopo la dissoluzione del Cattolicesimo Romano in una falsa religione senza dogmi di ispirazione massonica, da ottenersi mediante la parlamentarizzazione della Chiesa sul modello delle istituzioni civili. Ciò richiede un ridimensionamento del Papato e l’estinzione della Successione Apostolica, assieme ad un radicale stravolgimento del Sacerdozio ministeriale. Per questo motivo, anche se al momento è opportuno sospendere il giudizio definitivo sul Papi del Concilio, è necessario mettere per così dire tra parentesi tutto ciò che essi hanno prodotto, in particolare il Catechismo e l’insegnamento dottrinale, la riforma della Messa e dei Sacramenti, e tra questi il rito di conferimento degli Ordini Sacri.
Quel che posso dire è che, rispetto alle tesi del sedevacantismo o del sedeprivazionismo – che pure hanno elementi condivisibili in linea teorica – non è possibile credere che il Signore abbia permesso che la Sua Chiesa rimanesse eclissata e priva dei mezzi ordinari della Grazia – i Sacramenti – per oltre sessant’anni, con Vescovi e sacerdoti non validamente ordinati e quindi con Messe e Sacramenti invalidi. Il mysterium iniquitatis non può implicare il venir meno dell’assistenza promessa da Cristo alla Chiesa – Ecce ego vobiscum sum usque ad consummationem sæculi (Mt 28, 19). Ma da parte nostra urge il ripristino dell’integrità del Depositum Fidei (Lex credendi) e della sua espressione orante (Lex orandi) perché’ le porte degli inferi non abbiano a prevalere.
+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo
[1] Elezione invalida perché 1) Benedetto XVI non si è mai dimesso in modo canonicamente valido; 2) perché Bergoglio era già caduto in eresia ed entrò in conclave scomunicato latæ sententiæ; 3) perché durante il conclave si sono verificate palesi infrazioni. Oltre ovviamente all’argomento decisivo del vitium consensus di cui ho già ampiamente parlato.
(Fonte exsurgedomine.it)
Carlo Maria Viganò: Il testo della terza parte del Segreto di Fatima fu consegnato da Suor Lucia al Vescovo di Leiria nel 1944: esso si riferisce alla visione che i tre pastorelli ebbero nel 1917 e che per volontà della Vergine Maria doveva essere rivelato nel 1960. Venne consegnato al Sant’Uffizio nel 1957, regnante Pio XII. Giovanni XXIII lo lesse nel 1959 e dispose di non renderlo pubblico. Altrettanto fece nel 1967 Paolo VI. Giovanni Paolo II lo lesse nel 1978 o forse nel 1981. Nel 2000 in occasione del Giubileo, ne dispose la pubblicazione lasciando credere che fosse il testo integrale, attribuendo a sé la visione del Papa colpito, e più precisamente all’attentato che egli subì in Piazza San Pietro il 13 Maggio 1981. Il sospetto che il testo del Segreto sia stato manipolato è più che fondato. Aldilà delle anomalie e delle incongruenze tecniche – come ad esempio il formato del supporto cartaceo usato da Suor Lucia – mi pare evidente che il contenuto “rivelato” sia stato censurato, in modo da non confermare ciò che è sotto gli occhi di tutti: la demolizione della Chiesa Cattolica dal suo interno e l’apostasia della fede mediante un “cattivo Concilio” e una “cattiva Messa”. La decisione di non pregiudicare l’esito rivoluzionario del Vaticano II portò Roncalli a non rivelare il Terzo Segreto; allo stesso modo agì Montini, anche perché la rivoluzione del Concilio si era nel frattempo estesa alla riforma liturgica. D’altra parte, non stupisce che una Gerarchia che adultera la Sacra Scrittura e il Magistero possa arrivare anche a censurare le parole della Vergine Santissima nell’ambito di apparizioni riconosciute dalla Chiesa.
Lo IOR dovrebbe essere abolito?
L’Istituto per le Opere di Religione (IOR) è una banca, ed è normale che un’istituzione come la Chiesa Cattolica e lo Stato della Città del Vaticano ne siano dotati. La sua gestione è affidata a due laici: un Presidente e un Direttore generale; mentre una Commissione cardinalizia è preposta come organo di vigilanza sulle sue attività. Non dipendendo dal Governatorato, nelle mie funzioni di Segretario Generale non vi ho mai avuto alcun ruolo istituzionale.
Sta a chi amministra lo IOR – cioè alla Commissione cardinalizia e in ultima istanza alla Segreteria di Stato, a nome del Santo Padre – dettare le norme che ne garantiscano una corretta gestione, la trasparenza delle sue operazioni e impediscano speculazioni e attività illecite.
Nel mio libro Infiltrazione documento il suo lavoro investigativo come Segretario Generale del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano dal Luglio 2009 al Settembre 2011 sotto Papa Benedetto XVI. Cos’altro ha scoperto? Per amore della storia, cosa è successo esattamente?
Prima di essere nominato al Governatorato, mi era stato assegnato l’incarico da Giovanni Paolo II di Delegato per le Rappresentanze Pontificie, nella Prima Sezione della Segreteria di Stato, avendo come immediati superiori il Sostituto e il Segretario di Stato, che erano i soli a poter accedere al Santo Padre. Il mio compito era di istruire tutte le pratiche relative alle assunzioni e alle promozioni del personale della Curia Romana e delle Nunziature Apostoliche, oltre a gestire pratiche riservatissime riguardanti i membri dei Dicasteri Romani e del Collegio Cardinalizio.
La mia attività di indagine, di istruzione delle pratiche e di formulazione di un giudizio sulle persone e sulle decisioni da prendere, finiva con la consegna dei dossier al Sostituto. Stava poi al Sostituto e al Segretario di Stato – prima Sodano e poi Bertone – presentare o meno i miei dossier al Papa, decidendo a loro totale discrezione anche il loro eventuale insabbiamento. Ad esempio – oltre al caso ben noto di McCarrick – cos’hanno fatto i miei Superiori quando ho raccolto le gravissime informazioni su Maradiaga? Perché è stato elevato al Cardinalato, anziché venire punito conformemente ai reati da lui commessi?
Il Card. Bertone, che teneva Papa Benedetto sotto controllo, ottenne da quest’ultimo di rimuovermi dal mio incarico perché, come ho detto nel mio J’accuse, ostacolavo la sua azione e le sue nomine. Mi fece mandare al Governatorato come Segretario Generale, ma trattandosi di una diminutio, ossia di una retrocessione rispetto al ruolo precedente, Bertone mi promise che al termine del mandato di Lajolo, ormai prossimo al pensionamento, sarei stato nominato Presidente del Governatorato, una carica cardinalizia.
Lo stesso giorno della mia presentazione al Governatorato, il 16 Luglio 2009, mi resi conto dello stato di totale irregolarità e corruzione dell’amministrazione. Scoprii immediatamente l’esistenza di una Commissione Finanza & Gestione – illegale e non prevista dagli statuti del Governatorato – composta da un gruppo di eminenti banchieri italiani incaricati della gestione finanziaria dello Stato della Città del Vaticano. Questa commissione, presentata come organo meramente consultivo, in realtà aveva funzioni decisionali e speculava a loro profitto sugli investimenti vaticani presso fondi d’investimento – fra cui la BlackRock – con i quali avevano firmato contratti di gestione i cui costi erano superiori agli interessi versati al Governatorato.
Mi misi dunque immediatamente all’opera, e nel giro di pochi mesi il deficit di oltre 10 milioni di dollari riscontrato nell’esercizio del 2009, passò a un disavanzo di 44 milioni di dollari, mettendo fine agli affari illeciti di Prelati e laici. Quest’operazione di risanamento avrebbe dovuto ovviamente comportare la rimozione dei protagonisti di tanto malaffare, ad iniziare dal Cardinale Presidente Lajolo e dal Direttore amministrativo dei Musei Vaticani, mons. Paolo Nicolini.
Lajolo, in odore di massoneria, appartiene alla cordata del card. Silvestrini, a sua volta creatura del Segretario di Stato Agostino Casaroli, l’uomo della Ostpolitik, figura-chiave del pontificato di Giovanni Paolo II. Silvestrini, responsabile della Seconda Sezione per i Rapporti con gli Stati, era membro preminente della Mafia di San Gallo e responsabile del Collegio universitario Villa Nazareth, una sorta di Young Global Leaders for Tomorrow di Davos in versione ecclesiastica. L’ex Primo Ministro Giuseppe Conte, personaggio oscuro che ha condannato gli Italiani agli arresti domiciliari durante la farsa pandemica, è uscito da questa fucina al crocevia tra deep church e deep state.
Mons. Paolo Nicolini appartiene alla cosiddetta Lavender mafia, la lobby omosessuale vaticana. Come Direttore amministrativo dei Musei Vaticani e dei Beni Culturali del Governatorato si trovava a gestire la fonte principale degli introiti dello Stato della Città del Vaticano. Tra le principali malefatte di Nicolini con cui dovetti immediatamente confrontarmi, vi era il contratto da lui predisposto, con l’approvazione del card. Lajolo e del mio predecessore mons. Renato Boccardo, per il restauro del Colonnato del Bernini e delle due Fontane di Piazza San Pietro, per un valore di 15 milioni di euro.
Il Governatorato non risultava affatto fra i contraenti di detto contratto, che era stato invece stipulato, in una banca svizzera (la Banca del Gottardo di Lugano), tra la ditta incaricata della raccolta di fondi per finanziare i lavori (attraverso l’esposizione di pubblicità sul Colonnato di Piazza San Pietro) e l’impresa incaricata dei lavori di restauro (scelta da Nicolini senza nessuna gara d’appalto). A mons. Nicolini spettava una significativa parcella mensile versatagli direttamente dalla ditta che raccoglieva i fondi con la pubblicità. Quest’ultima trattenne per sé alcuni milioni di euro già raccolti, che avrebbero dovuto essere versati all’impresa che stava eseguendo i restauri, secondo l’avanzamento dei lavori, al punto da provocarne l’interruzione. Fui perciò costretto ad intervenire per far sciogliere il contratto ed esigere che le somme raccolte venissero immediatamente versate al Governatorato e provvedere così alla remunerazione dei lavori effettuati. Fu allora che fui cacciato dal Governatorato e che il card. Lajolo si trovò nuovamente nelle condizioni di agire indisturbato.
Un altro caso di mala gestione fu l’assegnazione all’Opera Laboratori Fiorentini del contratto per l’allestimento dei punti vendita ai Musei Vaticani, che rappresentavano un giro d’affari di milioni di euro e che permisero a Nicolini di trarne sottobanco un enorme vantaggio economico personale.
La mia rimozione dal Governatorato avvenne dopo una campagna diffamatoria via stampa organizzata da mons. Nicolini e dal giovane potente Marco Simeon, noto massone omosessuale, già segretario del Ministro per i Beni Culturali Urbani e segretario del Presidente di Mediobanca, intimo del Segretario di Stato Bertone e suo protetto, al quale dovrà poi la sua promozione alla RAI come responsabile dei rapporti con il Vaticano.
Il mio operato venne vanificato e sciolto il team di collaboratori che avevo costituito, e confermando ai loro posti tutti i protagonisti della corruzione da me segnalati. Nicolini fu promosso a Responsabile delle Ville Pontificie a Castel Gandolfo, dove poteva gestire un’enorme proprietà, molto più estesa dello Stato della Città del Vaticano. Ottenne da Bergoglio la cacciata immediata, con metodi brutali e vendicativi, di Eugenio Hasler, uomo integerrimo e mio stretto collaboratore, figlio del Maggiore della Guardia Svizzera, che si vide distrutta la reputazione, la carriera professionale, il suo buon nome e la sua stessa esistenza. Recentemente Mons. Nicolini è stato nominato da Bergoglio Direttore del Centro di Alta Formazione Laudato si’ (qui) che si occupa di “progetti green”, conformemente ai diktat del World Economic Forum di Davos. L’ultimo di essi, pubblicizzato poche settimane fa, consiste in un impianto agrivoltaico nella zona extraterritoriale di Santa Maria di Galeria. Questo progetto era già stato proposto dal card. Lajolo sotto Benedetto XVI e fui io a impedirne la realizzazione.
A seguito di questi attacchi mediatici Benedetto XVI costituì una Commissione d’inchiesta composta da tre Cardinali: Herranz, Burke e Lajolo, nonostante quest’ultimo fosse direttamente implicato. Bertone riuscì a persuadere Herranz a sciogliere la Commissione, che sostituì con una Commissione disciplinare del Governatorato, che nonostante fosse sotto il controllo dello stesso Bertone, decise il licenziamento di Nicolini e adottò misure sanzionatorie nei confronti della Direzione delle Ville Pontificie. I provvedimenti adottati da questa Commissione disciplinare furono però vanificati da Bertone e Lajolo.
Mentre Papa Benedetto mi aveva espresso per ben due volte la volontà di nominarmi Presidente della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede al posto del card. Velasio de Paolis – incarico, mi disse, “in cui avrei potuto servire al meglio la Santa Sede” – Bertone ottenne il mio invio a Washington lontano dalla Curia Romana e da quanti avevo “disturbato” nella mia lotta contro la corruzione.
Il maggiordomo Paolo Gabriele – uomo onesto e ingenuo ma ben intenzionato – di sua iniziativa consegnò alla stampa le mie lettere indirizzate a papa Benedetto e a Bertone nelle quali denunciavo la vasta corruzione nel Governatorato. Con questo gesto, Gabriele sperava di poter aiutare Benedetto portando alla luce la rete di complicità in Vaticano, il ruolo di strapotere di Bertone e Lajolo e le macchinazioni ai danni del Papa. Fu determinante anche il ruolo di mons. Gänswein, che contendeva a Bertone il controllo su Benedetto nel governo della Chiesa. Nel 2012, dopo la fuga di questi documenti (Vatileaks 1) il Papa istituì una nuova Commissione cardinalizia composta da Herranz, Tomko e De Giorgi. Pur essendo al centro di quelle vicende, tale nuovo organismo cercò di ignorarmi per almeno due mesi e fu solo a seguito di una mia esplicita richiesta telefonica al card. Herranz, mentre mi trovavo a Washington, che venni ascoltato per depositare la mia testimonianza. “Eminenza, non pensi che abbia anch’io qualcosa da dire in questa vicenda?” La risposta stizzita del Cardinale fu: “Se proprio lo vuoi…”
La mia memoria scritta, oltre al verbale dell’interrogatorio, fu inserita nel famoso scatolone bianco che l’Emerito consegnò a Bergoglio nell’Aprile 2013 quando si recò a visitarlo a Castel Gandolfo (vedi foto), incaricando il Successore di intervenire per sanare la corruzione dilagante in Vaticano.
Il 23 giugno 2013 quando incontrai Bergoglio, questi, dopo avermi chiesto di McCarrick e dei Gesuiti negli USA per sondare quale fosse la mia posizione, mi chiese di consegnargli il dossier che avevo dato ai tre Cardinali incaricati da Benedetto di indagare. Lo feci immediatamente, e mi disse: “Nella mia camera da letto ho una piccola cassaforte. Adesso lo porto di là (cosa che fece) e questa sera lo leggo.”
È ovvio che a Bergoglio interessava solamente sapere chi erano le persone corrotte per poterle usare, controllare e ricattare. Nicolini era tra i suoi protetti che, come abbiamo visto, non solo ha mantenuto al suo posto ma ha promosso a più alti incarichi, eliminando chiunque gli si opponesse, ad iniziare da Eugenio Hasler.
Mi chiedo che fine abbia fatto quello scatolone bianco e perché i due Cardinali ancora vivi – Herranz e De Giorgi – continuino a tacere dinanzi all’insabbiamento di quanto emerso dalla loro indagine.
Il cardinale Fernandez ha dichiarato che lei ha ricevuto una scomunica latæ sententiæ per il reato di scisma. Le si applica la pena canonica? Perché o perché no?
L’11 giugno sono stato informato con una semplice mail (senza mai ricevere nessuna notifica ufficiale) di un processo a mio carico, per il quale mi sarei dovuto presentare a Roma il 20 successivo per ritirare le accuse nei miei confronti, così da preparare la mia difesa entro il 28, vigilia dei Santi Pietro e Paolo. Non credo che si dia una settimana di tempo nemmeno a chi ha ricevuto una multa per aver parcheggiato in divieto di sosta.
Le accuse che mi sono mosse sono del tutto inconsistenti: scisma per aver messo in dubbio la legittimità di Bergoglio e aver rifiutato il Vaticano II. Ma il diritto riconosce la non applicabilità della volontà di scisma nel caso in cui l’imputato sia persuaso che colui che siede sul Soglio di Pietro non sia Papa e, laddove sia dimostrata l’infondatezza dei suoi sospetti, sia disponibile a sottomettersi alla sua autorità. Io considero Jorge Mario Bergoglio un anti-papa o meglio: un contro-papa, un usurpatore, un emissario della lobby anticattolica che da decenni ha infiltrato la Chiesa. L’evidenza della sua alienità al Papato, le sue molteplici eresie e la coerenza della sua azione di governo e di “magistero” in chiave eversiva sono elementi gravissimi che non possono essere liquidati sbrigativamente come delitto di lesa maestà.
Aldilà del metodo e del merito della causa penale extragiudiziale, la vacanza della Sede Apostolica e l’usurpazione del Soglio di Pietro da parte di un falso papa rendono tutti gli atti dei Dicasteri romani del tutto privi di validità e di efficacia, per cui anche la scomunica nei miei confronti è nulla.
Ci troviamo davanti ad un cortocircuito canonico: colui che ricopre la suprema autorità terrena nella Chiesa, nel momento in cui è denunciato per eresia risponde accusando di scisma colui che lo denuncia e lo scomunica. Questo uso strumentale della giustizia – tipico delle dittature – contraddice la mens del Legislatore e giustamente ricade sotto quanto previsto dalla Bolla di Paolo IV: è l’adesione stessa all’eresia ad estromettere l’eretico dalla Chiesa e rendere la sua autorità illegittima, invalida e nulla.
Chi sono gli uomini più pericolosi del Vaticano in questo momento?
Dopo Bergoglio, i più pericolosi sono Fernàndez, Hollerich, Roche, Peña Parra… Costoro, assieme al Segretario di Stato Parolin, sono tutti complici della disastrosa gestione del Vaticano e dell’intera Chiesa. Ricordo en passant che Parolin era membro della cordata della Seconda Sezione della Segreteria di Stato, allora capeggiata dal massone Silvestrini, membro di spicco della Mafia di San Gallo a cui deve la sua ascesa.
Come dovrebbero comportarsi i Cattolici in caso di proibizione della Messa antica?
La Messa tridentina è un tesoro inestimabile per la Santa Chiesa. Essa è “canonizzata” dal Suo uso plurisecolare in cui vediamo espressa la voce della Sacra Tradizione. Se la Gerarchia, abusando del proprio potere contro il fine che il Signore le ha dato, impedisce la celebrazione della Messa antica, compie un abuso e questa proibizione è nulla.
Sacerdoti e vescovi dovrebbero mostrare più coraggio, continuando a celebrare il rito antico e rifiutandosi di celebrare il Novus Ordo. Andrebbero probabilmente incontro a sanzioni da parte del Vaticano, ma dovrebbero chiedersi quali sanzioni li aspettino quando dovranno rispondere al tribunale del Signore per non aver compiuto il proprio dovere, preferendo l’obbedienza servile al potente anziché l’obbedienza a Dio.
I laici dovrebbero organizzarsi in piccole comunità acquistando le chiese oggi messe in vendita o allestendo cappelle domestiche, e cercando sacerdoti disposti a celebrare per loro la Messa e i Sacramenti secondo il Rito Apostolico e aiutandoli materialmente a svolgere il loro Ministero.
Cosa pensa della Fraternità Sacerdotale San Pietro (FSSP), dell’Istituto Cristo Re Sommo Sacerdote (ICRSS) e della Fraternità Sacerdotale San Pio X (FSSPX)? Incoraggia le persone a partecipare alle loro Messe?
Gli istituti ex Ecclesia Dei nascono dalla volontà del Vaticano di indebolire la Fraternità San Pio X dopo le Consacrazioni Episcopali del 1988, che essendosi data una successione apostolica poteva continuare il proprio apostolato anche dopo la morte di Mons. Marcel Lefebvre. La “concessione” di celebrare la Liturgia tridentina – fino ad allora del tutto esclusa – aveva e ha come condizione l’accettazione del “magistero postconciliare” e della liceità del Novus Ordo. Tale premessa è del tutto inaccettabile, perché riduce la celebrazione della Messa antica ad una questione cerimoniale, mentre è evidente che il rito tridentino riassume in sé tutta la dottrina e la spiritualità della Fede Cattolica, in antitesi al rito protestantizzato di Paolo VI che quella Fede ecumenicamente tace. Chi celebra la Messa di San Pio V non può accettare il Vaticano II. Infatti, sin dall’inizio, molti sacerdoti che avevano lasciato la Fraternità di Mons. Lefebvre ed erano confluiti negli istituti Ecclesia Dei continuarono ad avere forti riserve e, per così dire, giocarono sull’equivoco di una tacita accettazione che lo stesso Vaticano non chiedeva di esplicitare.
Nel 2007 Benedetto XVI ha riconosciuto legittimità alla Liturgia tradizionale, dichiarando la Messa antica “forma straordinaria” del Rito Romano, a fianco alla “forma ordinaria” del Novus Ordo. Il Motu Proprio Summorum Pontificum rivela l’impostazione hegeliana di Ratzinger, che nella compresenza di due forme del medesimo rito ha cercato di comporre la sintesi tra la tesi della Messa tradizionale e l’antitesi del rito montiniano. Ma anche in quel caso, la base ideologica del Motu Proprio era di fatto moderata dalla pratica, per cui il risultato finale di Summorum Pontificum è stato relativamente positivo, quantomeno nella diffusione della celebrazione della Messa antica che le nuove generazioni non avevano mai conosciuto. Giovani sacerdoti e tanti fedeli si sono avvicinati al Rito Apostolico, scoprendone la bellezza e la coerenza intrinseca con la Fede cattolica. Dinanzi al successo della Messa di Sempre, il Motu Proprio Traditionis Custodes ha drasticamente limitato la liberalizzazione di Summorum Pontificum, dichiarando abolito il diritto di ogni sacerdote alla celebrazione della Messa tradizionale e riservandolo ai soli istituti ex-Ecclesia Dei. Ecco così creata una “riserva indiana” di chierici più o meno conservatori che dipendono da Bergoglio, ai quali è richiesta la professione di fede conciliare mediante la concelebrazione del nuovo rito almeno una volta l’anno: cosa che praticamente tutti i sacerdoti di questi istituti sono costretti a fare, volenti o nolenti. D’altra parte, non mi pare che i Vescovi o Cardinali che li sostengono abbiano espresso riserve sul Concilio o sulle deviazioni dottrinali, morali e liturgiche del postconcilio e dello stesso Bergoglio. Difficile aspettarsi dai subalterni una combattività che eminenti Prelati non hanno mai dimostrato.
Questi istituti sono dunque sotto ricatto. Se con Summorum Pontificum era plausibile pensare ad un tentativo di pax liturgica che lasciasse i conservatori liberi di scegliersi il rito che preferiscono (in una visione, per così dire, liberale), con Traditionis Custodes sui chierici che celebrano e sui fedeli che assistono alla Messa antica grava lo stigma ecclesiale dell’indietrismo, del rifiuto del Vaticano II, del rigidismo preconciliare. In questo caso la sinodalità e la parresia cedono all’autoritarismo di Bergoglio, che però dice una scomoda verità: quel rito mette in discussione l’ecclesiologia e la teologia del Vaticano II e come tale non rappresenta la chiesa conciliare. L’illusione della pax liturgica si è quindi infranta miseramente dinanzi all’evidenza dell’inconciliabilità di due riti che si “scomunicano” reciprocamente, così come le due chiese – quella Cattolica e quella sinodale – di cui sono espressione cultuale.
Nel caso dell’Istituto di Cristo Re Sommo Sacerdote la questione rituale e cerimoniale sembra prevalere su quella dottrinale, e non è un caso se nella dissoluzione generale i Canonici di Gricigliano sembrano essere esenti da opposizioni e ostracismi: essi non rappresentano un problema, perché non mettono minimamente in discussione il nuovo corso ed anzi hanno nelle proprie Costituzioni ampie citazioni di documenti conciliari. Gli altri istituti sopravvivono ma sarà da capire come intenderanno rispondere alle future restrizioni.
La Fraternità San Pio X, dopo cinquant’anni di attività, dà segni di stanchezza e talvolta sembra che il suo silenzio sugli orrori di Santa Marta sia motivato da un tacito accordo di non belligeranza, forse nella speranza di poter diventare il collettore del conservatorismo e di parte del tradizionalismo cattolico, una volta eliminata da Bergoglio “la concorrenza” degli istituti ex-Ecclesia Dei. Il mio timore è che questa speranza finisca con il ratificare lo scisma de facto già presente nella Chiesa, costringendo i Cattolici a lasciare la chiesa ufficiale come se fossero loro, e non la Gerarchia romana, in stato di scisma. Una volta eliminate le voci critiche, Bergoglio si troverebbe ad avere una “sua” chiesa ereticale, dalla quale sono banditi i sacerdoti e i fedeli che non accettano la rivoluzione permanente.
Per quanto riguarda i fedeli, credo sia necessario comprendere la situazione di grande disorientamento e di anarchia presente nella Chiesa. Molti Cattolici che hanno scoperto la Messa antica non riescono più ad assistere al rito montiniano ed è comprensibile che si “accontentino” – per così dire – delle Messe tridentine celebrate dagli istituti ex-Ecclesia Dei, senza però accettare i compromessi che sono richiesti ai loro sacerdoti. Ma si tratta di una situazione che presto o tardi dovrà essere chiarita, specialmente se l’accettazione degli errori conciliari e sinodali diventa la condicio sine qua non della fruizione della Messa antica. In quel caso il fedele deve agire coerentemente e cercare dei sacerdoti non compromessi con la chiesa sinodale. Gli orrori di questo “pontificato” stanno comunque erodendo il consenso del Clero nei riguardi di Bergoglio: una fronda tradizionale potrebbe decidere di non seguirlo sulla via fallimentare intrapresa.
Cosa vorrebbe dire ai laici che non possono frequentare la Messa antica?
Comprendo lo strazio che molti provano a non poter assistere alla Messa tridentina. È come essere privati della presenza del Signore e delle Grazie che il Santo Sacrificio spande sulle anime e sulla Chiesa. Ma nel corso della storia molti Cattolici, sia in terre lontane non ancora raggiunte dai Missionari, sia in tempi di persecuzione, si sono trovati a non poter avere la Messa se non saltuariamente. Senza Messa si può sopravvivere, ma non senza Fede. Se dunque la Fede è indispensabile per la salvezza, è importante che ogni Cattolico alimenti la propria istruzione religiosa riprendendo in mano il Catechismo tridentino e nutrendo l’intelletto e il cuore in modo da resistere al contagio del Novus Ordo e delle sue degenerazioni. Occorre pregare perché il Signore mandi operai per la Sua messe, e aiutare i pochi sacerdoti ancora fedeli.
Qual è stato il ruolo di McCarrick nell’accordo sino-vaticano?
Nonostante le accuse sulla scandalosa condotta di McCarrick e fossero già note e vi fossero provvedimenti disciplinari presi da Papa Benedetto nei suoi confronti, Bergoglio incaricò l’allora Cardinale di tenere i contatti con il governo di Pechino, anche in ragione delle sue entrature alla Casa Bianca e con l’establishment democratico che avevano – e hanno tuttora – rapporti con la dittatura cinese.
La capacità di McCarrick di “monetizzare” la collaborazione della Chiesa nei confronti di alcuni governi ha portato alla firma di un accordo segreto, che secondo alcune indiscrezioni – che non sono in grado di verificare – frutterebbe al Vaticano milioni ogni anno, in cambio del suo silenzio sulla persecuzione dei Cattolici fedeli alla Sede Apostolica e sulla violazione dei diritti umani.
Come ex Nunzio, qual era lo stato di salute dell’episcopato statunitense?
L’Episcopato statunitense è il frutto di decenni di mala gestio vaticana: la corruzione e la presenza di una potentissima lobby omosessuale – formata in gran parte di protetti di McCarrick – è totalmente favorevole al nuovo corso bergogliano, in un appiattimento scandaloso sulle posizioni woke della Sinistra radicale che sta distruggendo gli Stati Uniti. Tra questi corrotti possono essere annoverati i Cardinali Spellman, Bernardin, Dearden, McCarrick e la loro progenitura, oltre beninteso alla Compagnia di Gesù, che ha giocato un ruolo decisivo nella dissoluzione del Cattolicesimo.
La parte “sana” di Vescovi – che come Nunzio ho cercato in ogni modo di promuovere e di difendere – è minoritaria, conservatrice ma di impostazione conciliare.
Cosa pensa dell’argomentazione del munus – ministerium secondo cui Benedetto XVI non si è dimesso?
La Rinunzia di Benedetto XVI, per i vizi di procedura e per il monstrum canonico che ha prodotto, è certamente invalida, come ha spiegato egregiamente il prof. Enrico Maria Radaelli. L’invenzione del “papato emerito” ha minato ulteriormente il Primato petrino e aperto la strada a quel “papato scomposto” – in una divisione surreale di munus e ministerium senza basi teologiche e canoniche – che si sta oggi evolvendo in una rilettura del ruolo del Pontefice in chiave ecumenica, come vediamo nel Documento di studio Il Vescovo di Roma recentemente pubblicato dal Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Un’unità che è già una nota della unica vera Chiesa di Cristo, che è la Chiesa Cattolica e che significativamente il Vaticano II presenta come obiettivo da conseguire mediante una interpretazione del dogma che non presenti conflitti con gli errori delle sette acattoliche.
Il fatto che Ratzinger abbia ritenuto soggettivamente di abdicare al Papato non incide sulla nullità della Rinunzia. Nonostante l’aura di ortodossia che circonda il Pontificato di Benedetto XVI specialmente negli ambienti del conservatorismo moderato, la sua ridefinizione dell’istituto petrino e la creazione del Papato emerito costituiscono la massima espressione delle istanze ereticali presenti nella teologia ratzingeriana, e come tali dovranno essere oggetto di una ben precisa condanna, assieme alle altre eresie (ben evidenziate dagli studi dell’esimio Professor Radaelli) che il teologo tedesco non ha mai sconfessato.
Cosa dovrebbe fare il prossimo Papa? Dovrebbe dichiarare Bergoglio antipapa? Invalidare il Vaticano II?
Quando Nostro Signore Si incarnò 2024 anni fa in Israele non vi era né re né sacerdozio. Se ci stiamo avvicinando agli ultimi tempi, credo che la vacanza della Sede Apostolica sia destinata a durare. Quando tornerà sulla terra, Nostro Signore riprenderà lo scettro temporale e la corona spirituale, riassumendo in Sé la potestà regale e sacerdotale oggi illegittime.
Ma se la Provvidenza si degnasse di concedere alla Chiesa un vero Papa, egli potrebbe essere riconoscibile per la condanna e la dichiarazione di nullità del Concilio e dei disastri che ha prodotto. Un santo Papa abolirebbe il Novus Ordo e ripristinerebbe la Liturgia tradizionale, perché avrebbe a cuore prima di tutto la gloria di Dio, l’onore della Chiesa e la salvezza delle anime.
Papa Leone II dichiarò anatema il suo predecessore Papa Onorio. Succederà di nuovo?
Sarebbe il minimo. La condanna dell’errore è necessaria per ripristinare l’ordine violato, che si fonda in Dio, ossia sulla Verità somma. Onorio fu scomunicato da Papa Leone II non perché eretico, ma perché profana proditione immaculatam fidem subvertere conatus est – con prodizione mondana provò a sovvertire la purezza della Fede – perché non aveva condannato chiaramente l’eresia monotelita, secondo cui in Cristo non vi sarebbero due volontà – una divina e una umana secondo le due nature – ma una sola. L’azione sovversiva di Bergoglio è ben più grave, così come sono ben più gravi le eresie che il Vaticano II non solo non combatté, ma di cui anzi si fece veicolo pastorale, in un colossale inganno del corpo ecclesiale.
Se Bergoglio fosse un antipapa, i suoi cardinali non sarebbero anti-cardinali e non validi? Come avverrebbe un conclave? Per risolvere questo problema, leggete la “tesi di Cassiciacum” di Guérard des Lauriers. È d’accordo con la sua tesi del “papato materiale”?
Il Collegio Cardinalizio è composto per la maggioranza da personaggi ampiamente compromessi e corrotti. Per di più, l’illegittimità di Bergoglio (anche per le infrazioni a quanto prescritto nella Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis che ne invalidano l’elezione[1]) rende nulli tutti i suoi atti di governo, quindi anche tutte le nomine del Sacro Collegio. Se i Cardinali nominati dal Predecessore riconoscessero che Bergoglio non è Papa e convocassero un Conclave, dovrebbero avere il coraggio non solo di deplorare gli effetti presenti, ma anche le loro cause, che rimontano tutte al Concilio Vaticano II.
La tesi cosiddetta di Cassiciacum prende il suo nome dal paese che oggi si chiama Cassago Brianza, in Lombardia, dove nel 387 Sant’Agostino si ritirò in preghiera con la madre prima di ricevere il Battesimo. Questa tesi, formulata nel 1978 da padre Guérand des Lauriers o.p., individua nei Papi postconciliari – da Montini a Bergoglio – un’accettazione esteriore del Papato inficiata da un ostacolo interno (la volontà di promuovere le nuove istanze del Concilio Vaticano II che contraddicono il Magistero perenne della Chiesa) – un ostacolo che impedisce la comunicazione da parte di Dio del carisma divino che normalmente appartiene al Vicario di Cristo. Venendo meno questa «intenzione oggettiva ed abituale di procurare e di realizzare il bene e il fine della Chiesa» i Papi del postconcilio sarebbero dunque Papi solo materialmente, in quanto solo canonicamente eletti, e quindi propriamente “non papi”.
La rivoluzione conciliare – di cui Bergoglio è implacabile esecutore – ha come scopo la dissoluzione del Cattolicesimo Romano in una falsa religione senza dogmi di ispirazione massonica, da ottenersi mediante la parlamentarizzazione della Chiesa sul modello delle istituzioni civili. Ciò richiede un ridimensionamento del Papato e l’estinzione della Successione Apostolica, assieme ad un radicale stravolgimento del Sacerdozio ministeriale. Per questo motivo, anche se al momento è opportuno sospendere il giudizio definitivo sul Papi del Concilio, è necessario mettere per così dire tra parentesi tutto ciò che essi hanno prodotto, in particolare il Catechismo e l’insegnamento dottrinale, la riforma della Messa e dei Sacramenti, e tra questi il rito di conferimento degli Ordini Sacri.
Quel che posso dire è che, rispetto alle tesi del sedevacantismo o del sedeprivazionismo – che pure hanno elementi condivisibili in linea teorica – non è possibile credere che il Signore abbia permesso che la Sua Chiesa rimanesse eclissata e priva dei mezzi ordinari della Grazia – i Sacramenti – per oltre sessant’anni, con Vescovi e sacerdoti non validamente ordinati e quindi con Messe e Sacramenti invalidi. Il mysterium iniquitatis non può implicare il venir meno dell’assistenza promessa da Cristo alla Chiesa – Ecce ego vobiscum sum usque ad consummationem sæculi (Mt 28, 19). Ma da parte nostra urge il ripristino dell’integrità del Depositum Fidei (Lex credendi) e della sua espressione orante (Lex orandi) perché’ le porte degli inferi non abbiano a prevalere.
+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo
[1] Elezione invalida perché 1) Benedetto XVI non si è mai dimesso in modo canonicamente valido; 2) perché Bergoglio era già caduto in eresia ed entrò in conclave scomunicato latæ sententiæ; 3) perché durante il conclave si sono verificate palesi infrazioni. Oltre ovviamente all’argomento decisivo del vitium consensus di cui ho già ampiamente parlato.
(Fonte exsurgedomine.it)
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