Della crocifissione e morte di Gesù Cristo. I. Eccoci al Calvario fatto teatro dell'amor divino, dove un Dio muore per noi in un mar di dolori. Giunto ivi Gesù, gli strappano con violenza le vesti attaccate alle sue lacere carni e lo gittano sulla croce. L'Agnello divino si stende su quel letto di morte, presenta le mani ai carnefici e presenta all'Eterno Padre il gran sagrificio della sua vita per la salute degli uomini. Ecco già l'inchiodano e l'alzano in croce. Mira, anima mia, il tuo Signore che appeso a tre uncini di ferro pende da quel legno dove non trova sito né riposo. Ora s'appoggia sulle mani, ora sui piedi; ma dove s'appoggia, cresce il dolore. Ah Gesù mio, e qual morte amara è questa che fate! Io vedo scritto sulla croce; Iesus Nazarenus rex Iudaeorum (Io. XIX, 19); ma fuori di questo titolo di scherno, quale contrassegno voi dimostrate di re? Ah che questo trono di pene, queste mani inchiodate, questo capo trafitto, queste carni lacerate ben vi fanno conoscere per re, ma re d'amore. Mi accosto dunque intenerito a baciare questi piedi impiagati. Mi abbraccio a questa croce, dove, fatto voi vittima d'amore, voleste morire sagrificato per me. Ah Gesù mio, che ne sarebbe di me, se voi non aveste per me soddisfatta la divina giustizia? Vi ringrazio e v'amo. II. Stando sulla croce Gesù non ha chi lo consoli. Di coloro che gli stanno d'intorno, chi lo bestemmia, chi lo deride, chi dice: Si Filius Dei es, descende de cruce; chi dice: Alios salvos fecit, se ipsum non potest salvum facere (Matth. XVII, 40, 42).1 Stavane bensì Maria sotto la croce, assistendo con amore al Figlio moribondo; ma la vista di questa madre addolorata non consolava Gesù ma più l'affliggeva, vedendo la pena ch'ella soffriva per suo amore. onde il Redentore si volta all'Eterno Padre, ma il Padre vedendolo coperto di tutti i peccati degli uomini, pei quali stava soddisfacendo: No, Figlio, disse, io non posso consolarti. Conviene che ancor io ti abbandoni alle pene e ti lasci morire senza conforto. E allora fu che Gesù esclamò: Deus meus, Deus meus, ut quid dereliquisti me? (Matth. XXVII, 46). Ah Gesù mio, come vi miro addolorato e mesto! Ah che troppo ne avete ragione, in pensare che tanto patite per essere amato dagli uomini e che poi tanto pochi vi hanno da amare. o belle fiamme d'amore, voi che consumate la vita di un Dio, deh consumate in me tutti gli affetti di terra e fatemi ardere solo per quel Signore, che volle per amor mio lasciar la vita su di un patibolo infame. Ma voi, o Signore, come avete potuto morire per me prevedendo le ingiurie che poi v'ho fatte? Deh vendicatevi ora meco, datemi un tal dolor che mi faccia star sempre addolorato de' disgusti che v'ho dati. Venite flagelli, spine, chiodi e croce che tanto tormentaste il mio Signore; venite a ferirmi il cuore, e ricordatemi sempre l'amore ch'egli mi ha portato. Salvatemi, Gesù mio; e il salvarmi sia darmi la grazia di amarvi; l'amar voi è la salute mia. III. Il Redentore già prossimo a spirare, con voce moribonda disse: Consummatum est (Io. XIX, 3O), come dicesse: Uomini, tutto è compito. è fatta la vostra Redenzione. Amatemi dunque, mentr'io non ho più che fare per farmi amare da voi. - Anima mia, su guarda il tuo Gesù che già sen muore. Mira quegli occhi oscurati, la faccia impallidita, il cuore che con languido moto va palpitando, il corpo che già si abbandona alla morte; e mira quell'anima bella che già sta vicina a lasciare quel sacro corpo. S'oscura il cielo, trema la terra, s'aprono i sepolcri; segni che già sen muore il Fattore del mondo. Ecco alla fine come Gesù, dopo aver raccomandato al Padre l'anima sua benedetta, dando prima dall'afflitto Cuore un gran sospiro e chinando poi il capo in segno dell'offerta di sua vita che in quel punto rinnova per la nostra salute, finalmente per violenza del dolore spira e rende lo spirito in mano del suo diletto Padre: Clamans voce magna, emisit spiritum (Matth. XXVII, 50). Accostati su, anima mia, a quella croce. Abbracciati ai piedi del tuo morto Signore, e pensa ch'egli è morto per l'amore che ti ha portato. Ah Gesù mio, dove vi ha ridotto l'affetto verso degli uomini e specialmente verso di me! E chi più di me ha goduti i frutti della vostra morte? Deh fatemi voi capire qual amore sia stato l'essere un Dio morto per me, acciò da oggi avanti io non ami altro che voi. Io v'amo, o sommo bene, o vero amante dell'anima mia: nelle vostre mani ve la raccomando. Deh per li meriti della vostra morte fatemi morire a tutti gli amori terreni, acciocché io ami solo voi che solo meritate tutto il mio amore. Maria speranza mia, pregate Gesù per me. Viva Gesù nostro amore e Maria nostra speranza. __________________________________ 1 In edizioni posteriori, come quelle di Monza (Corbetta), di Venezia (Antonelli) e di Torino (Marietti), troviamo aggiunto: «e non riscuote compassione neppure da quelli stessi che gli sono compagni nel supplizio, unendosi anzi uno di essi cogli altri a bestemmiarlo: Unus autem de his qui pendebant, latronibus, blasphemabat eum. Luc. XXIII, 39».
Della crocifissione e morte di Gesù Cristo. I. Eccoci al Calvario fatto teatro dell'amor divino, dove un Dio muore per noi in un mar di dolori. Giunto ivi Gesù, gli strappano con violenza le vesti attaccate alle sue lacere carni e lo gittano sulla croce. L'Agnello divino si stende su quel letto di morte, presenta le mani ai carnefici e presenta all'Eterno Padre il gran sagrificio della sua vita per la salute degli uomini. Ecco già l'inchiodano e l'alzano in croce. Mira, anima mia, il tuo Signore che appeso a tre uncini di ferro pende da quel legno dove non trova sito né riposo. Ora s'appoggia sulle mani, ora sui piedi; ma dove s'appoggia, cresce il dolore. Ah Gesù mio, e qual morte amara è questa che fate! Io vedo scritto sulla croce; Iesus Nazarenus rex Iudaeorum (Io. XIX, 19); ma fuori di questo titolo di scherno, quale contrassegno voi dimostrate di re? Ah che questo trono di pene, queste mani inchiodate, questo capo trafitto, queste carni lacerate ben vi fanno conoscere per re, ma re d'amore. Mi accosto dunque intenerito a baciare questi piedi impiagati. Mi abbraccio a questa croce, dove, fatto voi vittima d'amore, voleste morire sagrificato per me. Ah Gesù mio, che ne sarebbe di me, se voi non aveste per me soddisfatta la divina giustizia? Vi ringrazio e v'amo. II. Stando sulla croce Gesù non ha chi lo consoli. Di coloro che gli stanno d'intorno, chi lo bestemmia, chi lo deride, chi dice: Si Filius Dei es, descende de cruce; chi dice: Alios salvos fecit, se ipsum non potest salvum facere (Matth. XVII, 40, 42).1 Stavane bensì Maria sotto la croce, assistendo con amore al Figlio moribondo; ma la vista di questa madre addolorata non consolava Gesù ma più l'affliggeva, vedendo la pena ch'ella soffriva per suo amore. onde il Redentore si volta all'Eterno Padre, ma il Padre vedendolo coperto di tutti i peccati degli uomini, pei quali stava soddisfacendo: No, Figlio, disse, io non posso consolarti. Conviene che ancor io ti abbandoni alle pene e ti lasci morire senza conforto. E allora fu che Gesù esclamò: Deus meus, Deus meus, ut quid dereliquisti me? (Matth. XXVII, 46). Ah Gesù mio, come vi miro addolorato e mesto! Ah che troppo ne avete ragione, in pensare che tanto patite per essere amato dagli uomini e che poi tanto pochi vi hanno da amare. o belle fiamme d'amore, voi che consumate la vita di un Dio, deh consumate in me tutti gli affetti di terra e fatemi ardere solo per quel Signore, che volle per amor mio lasciar la vita su di un patibolo infame. Ma voi, o Signore, come avete potuto morire per me prevedendo le ingiurie che poi v'ho fatte? Deh vendicatevi ora meco, datemi un tal dolor che mi faccia star sempre addolorato de' disgusti che v'ho dati. Venite flagelli, spine, chiodi e croce che tanto tormentaste il mio Signore; venite a ferirmi il cuore, e ricordatemi sempre l'amore ch'egli mi ha portato. Salvatemi, Gesù mio; e il salvarmi sia darmi la grazia di amarvi; l'amar voi è la salute mia. III. Il Redentore già prossimo a spirare, con voce moribonda disse: Consummatum est (Io. XIX, 3O), come dicesse: Uomini, tutto è compito. è fatta la vostra Redenzione. Amatemi dunque, mentr'io non ho più che fare per farmi amare da voi. - Anima mia, su guarda il tuo Gesù che già sen muore. Mira quegli occhi oscurati, la faccia impallidita, il cuore che con languido moto va palpitando, il corpo che già si abbandona alla morte; e mira quell'anima bella che già sta vicina a lasciare quel sacro corpo. S'oscura il cielo, trema la terra, s'aprono i sepolcri; segni che già sen muore il Fattore del mondo. Ecco alla fine come Gesù, dopo aver raccomandato al Padre l'anima sua benedetta, dando prima dall'afflitto Cuore un gran sospiro e chinando poi il capo in segno dell'offerta di sua vita che in quel punto rinnova per la nostra salute, finalmente per violenza del dolore spira e rende lo spirito in mano del suo diletto Padre: Clamans voce magna, emisit spiritum (Matth. XXVII, 50). Accostati su, anima mia, a quella croce. Abbracciati ai piedi del tuo morto Signore, e pensa ch'egli è morto per l'amore che ti ha portato. Ah Gesù mio, dove vi ha ridotto l'affetto verso degli uomini e specialmente verso di me! E chi più di me ha goduti i frutti della vostra morte? Deh fatemi voi capire qual amore sia stato l'essere un Dio morto per me, acciò da oggi avanti io non ami altro che voi. Io v'amo, o sommo bene, o vero amante dell'anima mia: nelle vostre mani ve la raccomando. Deh per li meriti della vostra morte fatemi morire a tutti gli amori terreni, acciocché io ami solo voi che solo meritate tutto il mio amore. Maria speranza mia, pregate Gesù per me. Viva Gesù nostro amore e Maria nostra speranza. __________________________________ 1 In edizioni posteriori, come quelle di Monza (Corbetta), di Venezia (Antonelli) e di Torino (Marietti), troviamo aggiunto: «e non riscuote compassione neppure da quelli stessi che gli sono compagni nel supplizio, unendosi anzi uno di essi cogli altri a bestemmiarlo: Unus autem de his qui pendebant, latronibus, blasphemabat eum. Luc. XXIII, 39».
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