In questi tempi di confusione e disorientamento, solo i ciechi non riescono a vedere che la situazione della Chiesa, oggi, è gravemente compromessa: verità ed eresie sono messe quasi sullo stesso piano, noi tutti laici , religiosi, sacerdoti, vescovi, siamo chiamati a scelte di coscienza, coraggiose, controcorrente anche mettendo a rischio la nostra vita, la nostra famiglia, i rapporti familiari, professionali. "A voi miei amici, dico: Non temete coloro che uccidono il corpo e dopo non possono far più nulla" (Lc 12,4). Oggi siamo chiamati a questo eroismo, a questa santità. Nella crisi attuale della Chiesa post-concilio noi dobbiamo riprendere in mano nuovamente il Catechismo della Dottrina Cristiana di san Pio X nella sua attualità, necessità e importanza per la salvezza della fede e delle anime.
Sia nella sfera civile sia in quella ecclesiastica, i cattolici affrontano crescenti pressioni per sottomettersi a sentenze o comandi che sono sempre più in contrasto con l’insegnamento della Scrittura, della Tradizione e persino della ragione naturale. Per quanto riguarda la Chiesa non si può trovare migliore esempio di un diktat così preoccupante di quello del motu proprio Traditionis Custodes di papa Francesco e dei Responsa ad dubia della Congregazione per il culto divino, che limitano l’accesso ai tradizionali riti sacramentali e vogliono la loro eventuale eliminazione dalla vita della Chiesa. Cosa deve fare un fedele cattolico? Resistere perché: i
l culto liturgico tradizionale della Chiesa, la sua lex orandi o legge della preghiera, è un’espressione fondamentale, normativa e immutabile della sua lex credendi o legge della fede, che non può essere contraddetta o abolita o pesantemente riscritta senza rifiutare la continuità guidata dallo Spirito della Chiesa cattolica nel suo insieme.
Inoltre la storia della Chiesa attesta che è stato ripetutamente provato che la Messa è proprio una tale professione di fede, come hanno dimostrato soprattutto le azioni di coloro che hanno cercato di minare tale fede. Proprio per questo motivo, solo due gruppi di cattolici (o, dovrei dire, ex cattolici) hanno mai messo in discussione la lex orandi tradizionale: i protestanti, che la rifiutavano perché dissentivano apertamente dalla lex credendi che essa esprimeva, e i modernisti, che credevano che la lex credendi si evolve perpetuamente e deve evolversi, e quindi la lex orandi deve essere mutevole e malleabile per stare al suo passo.
Per lo stesso motivo, la tradizione cattolica riconosce, d’altronde, il solenne dovere del papa nei confronti dell’immemorabile pratica liturgica della Chiesa, secondo il famoso giuramento pontificio del Liber Diurnus Romanorum Pontificum, prontuario di formulari utilizzato dalla cancelleria pontificia alla fine del primo millennio, il papa giurerà: "Manterrò inviolata la disciplina e il rito della Chiesa così come L’ho trovato e ricevuto tramandato dai miei predecessori”.
In uno dei suoi testi approvati, il Concilio di Costanza afferma: "Poiché il Romano Pontefice esercita un potere così grande tra i mortali, è giusto che sia legato tanto più dagli inoppugnabili vincoli della fede e dai riti che devono essere osservati riguardo ai Sacramenti della Chiesa”.
Di moltissime autorità teologiche che potrebbero essere citate, basti ricordare Francisco Suárez, SJ (1548-1617): “Se il papa dà un ordine contrario ai giusti costumi, non si deve obbedire; se cerca di fare qualcosa di manifestamente contrario alla giustizia e al bene comune, sarebbe lecito resistergli; se attacca con la forza, potrebbe essere respinto con la forza, con la moderazione caratteristica di una buona difesa” (De Fide, disp. X, sez. VI, n. 16).
Suárez sostiene inoltre che il papa potrebbe essere scismatico “se volesse sovvertire tutte le cerimonie ecclesiastiche fondate sulla tradizione apostolica” (De Caritate, disp. XII, sez. 1). È sempre legittimo per noi voler aderire a ciò che la Chiesa ha solennemente insegnato e praticato.
Già nel IV secolo sant’Atanasio Magno poteva dire ai fedeli: “I nostri canoni e le nostre forme [Atanasio si riferisce alle consuetudini pubbliche della preghiera e del culto, la lex orandi] infatti non sono stati dati oggi alle Chiese, ma ci sono stati sapientemente e sicuramente trasmessi dai nostri padri”. Dovremmo essere scettici nei confronti delle novità che alcuni uomini di Chiesa desiderano aggiungere alla tradizione o con cui vorrebbero sostituirla, e dovremmo essere disposti a resistere se si cerca di eliminare la tradizione, che è indiscutibilmente parte essenziale e costitutiva del bene comune della Chiesa.
Non dobbiamo obbedienza a un’autorità ecclesiastica se agisce contro il bene comune della Chiesa.I teologi cattolici sono unanimi nel sostenere che ciò è possibile – l’autorità ecclesiastica può effettivamente agire contro il bene comune e i fedeli, sono obbligati a resistergli se la loro fede viene minacciata da nuove dottrine che sono in conflitto con il magistero della Chiesa di sempre.
In Inghilterra molti cattolici si rifiutarono di partecipare al nuovo rito protestante della Messa dell’arcivescovo Cranmer, anche quando furono incoraggiati a farlo dal clero che preferì la strategia del compromesso con le forze eretiche che arrivarono al potere nel XVI secolo. Anche a costo di disagi e sanzioni, i devoti cattolici inglesi si rifiutarono di partecipare a quello che solo in seguito sarebbe stato chiamato il rito anglicano, e questo ben prima che qualsiasi direttiva da Roma che affermasse che il nuovo servizio era “la progenie dello scisma, il segno dell’odio della Chiesa” e che parteciparvi era “gravemente peccaminoso”. Proprio come i governanti secolari non hanno un’autorità che può prevaricare l’esercizio della ragione da parte di un cittadino e la voce della sua coscienza, così anche nel regno della grazia i governanti ecclesiastici non hanno un’autorità che possa semplicemente spegnere la ragione del credente ed eliminare la sua responsabilità davanti a Dio per amare il bene comune della Chiesa più di ogni bene personale di chiunque altro.
Il sensus fidelium è parte integrante dell’indefettibilità della Chiesa, che troppo spesso viene erroneamente interpretata come una sorta di qualità magisteriale dall’alto, solo della gerarchia, mentre in realtà è una dotazione divina fatta alla Chiesa proprio come entità corporativa. Ecco perché Newman ha potuto osservare che durante la crisi ariana del quarto secolo, “il dogma divino della divinità di Nostro Signore fu proclamato, imposto, mantenuto e (umanamente parlando) preservato, molto più dalla Ecclesia docta [la Chiesa insegnata] che dalla Ecclesia docens [la Chiesa docente]” e che “il corpo dell’episcopato era infedele al suo incarico, mentre il corpo dei laici era fedele al suo Battesimo” (Ariani del IV secolo, Nota 5).
Oggi un vero appello alla coscienza può e deve essere fatto dai cattolici che vedono che i beni vitali vengono loro sottratti con violenza. Questo non è essere “progressisti”; è essere umani e cristiani. È essere giustamente tradizionali, conoscendo e testimoniando il valore perenne di ciò che è stato amato e venerato prima di noi ed è stato sempre tramandato con incrollabile fedeltà.
Di moltissime autorità teologiche che potrebbero essere citate, basti ricordare Francisco Suárez, SJ (1548-1617): “Se il papa dà un ordine contrario ai giusti costumi, non si deve obbedire; se cerca di fare qualcosa di manifestamente contrario alla giustizia e al bene comune, sarebbe lecito resistergli; se attacca con la forza, potrebbe essere respinto con la forza, con la moderazione caratteristica di una buona difesa” (De Fide, disp. X, sez. VI, n. 16).
Suárez sostiene inoltre che il papa potrebbe essere scismatico “se volesse sovvertire tutte le cerimonie ecclesiastiche fondate sulla tradizione apostolica” (De Caritate, disp. XII, sez. 1). È sempre legittimo per noi voler aderire a ciò che la Chiesa ha solennemente insegnato e praticato.
Già nel IV secolo sant’Atanasio Magno poteva dire ai fedeli: “I nostri canoni e le nostre forme [Atanasio si riferisce alle consuetudini pubbliche della preghiera e del culto, la lex orandi] infatti non sono stati dati oggi alle Chiese, ma ci sono stati sapientemente e sicuramente trasmessi dai nostri padri”. Dovremmo essere scettici nei confronti delle novità che alcuni uomini di Chiesa desiderano aggiungere alla tradizione o con cui vorrebbero sostituirla, e dovremmo essere disposti a resistere se si cerca di eliminare la tradizione, che è indiscutibilmente parte essenziale e costitutiva del bene comune della Chiesa.
Non dobbiamo obbedienza a un’autorità ecclesiastica se agisce contro il bene comune della Chiesa.I teologi cattolici sono unanimi nel sostenere che ciò è possibile – l’autorità ecclesiastica può effettivamente agire contro il bene comune e i fedeli, sono obbligati a resistergli se la loro fede viene minacciata da nuove dottrine che sono in conflitto con il magistero della Chiesa di sempre.
In Inghilterra molti cattolici si rifiutarono di partecipare al nuovo rito protestante della Messa dell’arcivescovo Cranmer, anche quando furono incoraggiati a farlo dal clero che preferì la strategia del compromesso con le forze eretiche che arrivarono al potere nel XVI secolo. Anche a costo di disagi e sanzioni, i devoti cattolici inglesi si rifiutarono di partecipare a quello che solo in seguito sarebbe stato chiamato il rito anglicano, e questo ben prima che qualsiasi direttiva da Roma che affermasse che il nuovo servizio era “la progenie dello scisma, il segno dell’odio della Chiesa” e che parteciparvi era “gravemente peccaminoso”. Proprio come i governanti secolari non hanno un’autorità che può prevaricare l’esercizio della ragione da parte di un cittadino e la voce della sua coscienza, così anche nel regno della grazia i governanti ecclesiastici non hanno un’autorità che possa semplicemente spegnere la ragione del credente ed eliminare la sua responsabilità davanti a Dio per amare il bene comune della Chiesa più di ogni bene personale di chiunque altro.
Il sensus fidelium è parte integrante dell’indefettibilità della Chiesa, che troppo spesso viene erroneamente interpretata come una sorta di qualità magisteriale dall’alto, solo della gerarchia, mentre in realtà è una dotazione divina fatta alla Chiesa proprio come entità corporativa. Ecco perché Newman ha potuto osservare che durante la crisi ariana del quarto secolo, “il dogma divino della divinità di Nostro Signore fu proclamato, imposto, mantenuto e (umanamente parlando) preservato, molto più dalla Ecclesia docta [la Chiesa insegnata] che dalla Ecclesia docens [la Chiesa docente]” e che “il corpo dell’episcopato era infedele al suo incarico, mentre il corpo dei laici era fedele al suo Battesimo” (Ariani del IV secolo, Nota 5).
Oggi un vero appello alla coscienza può e deve essere fatto dai cattolici che vedono che i beni vitali vengono loro sottratti con violenza. Questo non è essere “progressisti”; è essere umani e cristiani. È essere giustamente tradizionali, conoscendo e testimoniando il valore perenne di ciò che è stato amato e venerato prima di noi ed è stato sempre tramandato con incrollabile fedeltà.
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