Blog della Tradizione Cattolica Apostolica Romana

mercoledì 10 giugno 2020

Basta guanti, lo dicono le regioni. Basta anche per l’Eucarestia

di Maria Stella Lopinto

(Marco Tosatti, Stilum Curiae – 9 giugno 2020) Carissimi Stilumcuriali, l’avvocato Maria Stella Lopinto ci ha scritto, per annunciare una grossa novità, che si spera abbia una ricaduta immediata sulle famigerate norme imposte per la distribuzione dell’eucarestia. Buona lettura, nella speranza che la Conferenza Episcopale Italiana sia rapida nel recepirle così come lo è stata nell’assecondare i diktat del governo. 

Pregiatissimo Direttore,

vi è una grossa novità. La Conferenza delle Regioni, come potrà leggere nell’allegato, ha emanato il 25 maggio un’ordinanza che esclude l’uso dei guanti in tutte le attività pubbliche, a partire dalle attività di ristorazione, bar, attività turistiche, strutture ricettive, servizi alla persona, commercio al dettaglio, piscine, palestre, ma anche uffici con contatto col pubblico come gli uffici postali (pag. 3).

La novità non ha “stranamente” avuto una neppur minima risonanza, considerato il rilievo che ha sia a livello informativo che psicologico per tutti gli italiani, e comunque per il clamore che ha avuto la questione dei guanti negli ambienti cattolici a seguito del protocollo del 7 maggio scorso intervenuto fra la Cei e il Governo italiano per la distribuzione dell’Eucarestia.

Insomma i guanti non sono più considerati fra “le misure di prevenzione e contenimento riconosciute a livello scientifico per contrastare la diffusione del contagio”, tanto che si precisa che “RELATIVAMENTE ALL’UTILIZZO DEI GUANTI MONOUSO, IN CONSIDERAZIONE DEL RISCHIO AGGIUNTIVO DERIVANTE DA UN LORO ERRATO IMPIEGO, SI RITIENE DI PRIVILEGIARE LA RIGOROSA E FREQUENTE IGIENE DELLE MANI CON ACQUA E SAPONE O SOLUZIONE IDRO-ALCOLICA”.

Il lungo elenco delle attività cui si riferisce la suddetta precisazione la dice lunga in ordine al convincimento a cui è giunta la Conferenza delle Regioni, che del resto è esplicita nel dire che “tutte le indicazioni riportate nelle singole schede tematiche devono intendersi come integrazioni alle raccomandazioni igienico-comportamentali finalizzate a contrastare la diffusione di SARS-CoV-2 IN TUTTI I CONTESTI DI VITA SOCIALE”.

La Conferenza delle Regioni precisa inoltre che “le indicazioni si pongono in continuità ..con i criteri generali di cui ai documenti tecnici prodotti da INAIL e ISTITUTO SUPERIORE di SANITA’, con il principale obiettivo di ridurre il rischio di contagio per i singoli e per la collettività”

La Conferenza delle Regioni infine raccomanda che “le indicazioni operative di cui al presente documento, eventualmente integrate con soluzioni di efficacia superiore, siano adattate ad ogni singola organizzazione, individuando le misure più efficaci in relazione ad ogni singolo contesto” e che le procedure/istruzioni in atto siano opportunamente integrate.

L’ordinanza della Conferenza delle Regioni è stata recepita da ogni singola Regione, come evincibile dalle ordinanze rinvenibili sui rispettivi siti, e del resto basta andare in qualsiasi bar, ristorante, o anche presso gli uffici postali per riscontrare l’assenza dei guanti e il disinvolto passaggio dei più diversi oggetti (dalle bottigliette, ai piatti, ai bollettini postali) A MANI NUDE.

Ovviamente ho informato immediatamente il Cardinale Bassetti con una mail indirizzata alla CEI, certa di dargli una splendida notizia, visto che potrà finalmente sollevare i sacerdoti dall’improprio uso liturgico.

Quale sorpresa poi nel leggere che qualche ora fa l’Oms ha a sua volta disincentivato l’uso dei guanti perché pericolosi: “L’Oms non raccomanda l’uso di guanti per contenere la diffusione del coronavirus perché può aumentare il rischio di infezione, dal momento che può portare ad una autocontaminazione o a una trasmissione ad altri quando si toccano le superfici contaminate e quindi il viso”.

La successione cronologica mi fa addirittura pensare che il dato sulla pericolosità dei guanti fosse ormai acquisito da tempo (la Federazione dell’Ordine dei Medici è rimasta purtroppo a lungo inascoltata), visto che è già sfociato a livello di Conferenza delle Regioni fin dal 25 maggio e oggi è assurto a dato mondiale con l’OMS. E a maggior ragione mi chiedo perché il dato è rimasto oscurato. Soprattutto è stato portato all’attenzione a tu per tu, quasi segreta, dei singoli esercenti e utenti pubblici, ma non dei cattolici.

Insomma, sarebbe urgente che nel giro di qualche ora i Vescovi e i sacerdoti, consapevoli che l’uso dei guanti è addirittura pericoloso, non li utilizzino più per la distribuzione delle Ostie. Se non li ha convinti la “sacrilegalità”, speriamo che li convinca la pericolosità.

E speriamo anche di non vedere più nemmeno le PINZE che alcuni sacerdoti hanno stranamente adottato, forse convinti di fare “meno” sacrilegio che con i guanti e di salvaguardare comunque dal contagio i fedeli.

Sed contra: a) come ha detto il Cardinale Sarah, le pinze sono ugualmente sacrileghe, forse in misura meno evidente che nel caso dei guanti, ma con ciò che è male in sé non si può essere tolleranti e transigenti, soprattutto quando il bene offeso è tanto più non negoziabile quanto più è Assoluto, come nel nostro caso – come se tutto sommato uno schiaffo si possa dare, visto che si evita di dare una bastonata -, b) con le pinze, che vorrebbero forse costituire una facile mediazione fra la disobbedienza a Dio e a Cesare, si disobbedisce invece ad entrambi i padroni (come Arlecchino), per cui i sacerdoti finiscono per mettere in piedi una farsa che contravviene all’una e all’altra legge, destando solo sconcerto fra i fedeli e mettendosi ridicolamente a rischio sia con l’autorità civile che con quella ecclesiastica, perché non possono nemmeno invocare l’obbedienza, visto che violano ogni legge, c) l’uso delle pinze non salva da un presunto contagio, così come dimostrato dall’odierno divieto dei guanti, perché è EVIDENTE che le pinze non sono altro che un prolungamento delle mani inguantate, per cui è illogico pensare che con i guanti si contagi e con le pinze no, visto che le pinze sono esposte a “viralizzarsi” tutte le volte che si avvicinano ai fedeli, così come i guanti, e costituiscono quindi un veicolo di contagio peggiore, anche perché è più facile governare le mani che non le pinze, e queste sono più esposte al contatto, essendo rigide e non certo gestite con la perizia di un chirurgo, d) se effettivamente vi fosse stato il serio e concreto pericolo di un contagio evitabile con l’uso delle pinze quale extrema ratio, le pinze avrebbero costituito un autorevole rimedio fin da subito, ed invece i sacerdoti che hanno fatto ricorso alle pinze lo hanno fatto per “iniziativa personale” e solo dopo il protocollo, bocciando motu proprio i guanti ma promuovendo un’alternativa non richiesta e che comunque contravviene alla liturgia, assumendo un comportamento che sa più di bizzarria, preteso estro, smania di protagonismo in violazione delle regole, pretesa di individuare la soluzione giusta pur se non richiesta. E comunque assumendo un comportamento contraddittorio che, pur disobbedendo alla liturgia, si piega con timore reverenziale verso l’autorità civile/ecclesiastica e non certo perché motivato dal fine di preservare i fedeli dal contagio: è sufficiente che tali sacerdoti si chiedano perché non l’abbiano fatto prima del protocollo e se usano le pinze anche quando non temono di essere visti! La buona fede è facile da stanare! E non si può essere così permissivi su una materia così grave e nei confronti di soggetti che per definizione sono periti in materia. Mi scuso per l’apparente severità, ma è dettata dall’esame astratto della questione e non vuole esprimere giudizi personali, auspicando che ognuno faccia poi i conti con la propria coscienza e tragga motivo per emendarsi.

Vorrei soffermarmi sul se è sacrilego usare le pinze per distribuire l’ostia, argomento che dovrebbe farla da padrone su tutti gli altri. Premesso che è davvero un cattivo segno dover disquisire su questioni che dovrebbero essere acquisite, scontate, inattaccabili, soprattutto da parte dei Ministri della Chiesa, persone che dovrebbero aver ricevuto una formazione accuratissima sulla verità centrale della nostra fede, vorrei rifarmi ad una fonte incontestabile quale San Francesco d’Assisi, sicuramente tanto caro anche a Papa Francesco, che non dovrebbe lasciare dubbi sulla deprecabilità dell’uso delle pinze e che così recita:

A TUTTI I CHIERICI

SULLA RIVERENZA DEL CORPO DEL SIGNORE

207

1Badiamo, quanti siamo chierici, di evitare il grande peccato e l’ignoranza, che certi hanno riguardo al santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo…

3Niente infatti abbiamo e vediamo corporalmente in questo mondo dello stesso Altissimo, se non il corpo e il sangue..

208

4Tutti quelli, poi, che amministrano sì grandi ministeri, considerino tra sé, soprattutto chi li amministra senza il dovuto rispetto, quanto siano vili i calici, i corporali, le tovaglie usate per la consacrazione del corpo e del sangue del Signore nostro Gesù Cristo.

5E da molti il corpo è lasciato in luoghi indegni, è portato per via in modo lacrimevole, è ricevuto senza le dovute disposizioni e amministrato senza riverenza.

209

8Non dovremmo essere ripieni, per tutto questo, di zelo dato che lo buon Signore si offre alle nostre mani e noi lo abbiamo a nostra disposizione e ce ne comunichiamo ogni giorno? 9Ignoriamo forse che dobbiamo venire nelle sue mani?(2).

10Orsù, di tutte queste cose, e di altre, subito e con fermezza emendiamoci, 11e ovunque il santissimo corpo del Signore nostro Gesù Cristo sarà stato senza decoro collocato e lasciato, sia tolto di là e sia posto e custodito in un luogo prezioso. ..

13E sappiamo che tutto ciò siamo tenuti ad osservare sopra ogni altra cosa secondo i comandamenti del Signore e i precetti di santa madre Chiesa.

14E chi non farà questo sappia che deve rendere ragione al Signore nostro Gesù Cristo nel giorno del giudizio.

15E chi poi farà trascrivere questo scritto perché meglio sia osservato, sappia che il Signore lo benedirà.”

Non c’è scritto che le pinze sono vietate, ma non dovrebbe essere necessario prevedere una norma esplicita che vieti l’uso di un oggetto o tal comportamento, perché quando si arriva a dover prescrivere esplicitamente ciò che viola un bene, circoscrivendone in modo sempre più analitico i motivi di dignità e sviscerando certosinamente perché un certo comportamento è offensivo, vuol dire che si è perso il senso del bene, tanto da dover fare sempre più uso della ragione. L’uso della ragione è fondamentale e imprescindibile, ma la sua applicazione segue all’esistenza di un bene, trova un orientamento, un confine, proprio nel valore assoluto del bene, non potendone prescindere. Altrimenti la ragione vaga persa senza trovare un nord, mai paga di risposte ai perché. Quando si è costretti a dare eccessive spiegazioni per difendere la vita appena concepita o il bene matrimonio, o il bene paternità, o il bene figli, o il bene lavoro, o il bene giustizia (i tribunali oggi chiusi da mesi sono un pessimo segno di perdita di umanità e di senso comune, più che di civiltà, perché il bisogno di giustizia è connaturale all’uomo, a prescindere dal grado di civiltà), vuol dire che si va verso una deriva pericolosa e occorre recuperare terreno per non finire “snaturalizzati”, per non rischiare di perdere il senso del vero e il senso di sé. Non dovrebbe essere quindi necessario sviscerare il perché l’uso delle pinze sia sacrilego e il doverne invece parlare è indice di una patologia del senso del bene. Ancor più se il bene in gioco è quello assoluto e chi nutre dubbi sul come trattarlo sono proprio i sacerdoti a cui è affidato quel bene assoluto.

Come breve chiosa mi pare ultroneo, eppure paradossalmente necessario, precisare che le pinze sono vili per definizione, perché lo è già il nome, pinze, termine che evoca un’azione violenta perché necessita di usare la forza, il dover stringere oltre modo un oggetto, per l’insufficienza delle mani nel toccarlo e prenderlo: con le pinze si evita che le mani consacrate, uniche a poterlo fare, tocchino l’ostia, non già per rispetto ma perché la reputano “pericolosa” per il contagio, prendendone le distanze, con un’azione che anche figurativamente è offensiva. E ricordiamoci chi è l’Offeso. Né si potrebbe giammai pensare che le pinze siano più rispettose e amorevoli delle mani. Una madre, un fidanzato, un marito, un fratello, una figlia, non toccherebbe mai la persona amata con una pinza, ma semplicemente laverebbe accuratamente le mani e le userebbe con il massimo amore, tranne che non sapesse di essere egli/ella stessa contagiato ed allora si asterrebbe, dovrebbe astenersi. Insomma, l’unica ipotesi plausibile sarebbe quella che non vi fossero altri sacerdoti oltre al contagiato. Ma non è questo il caso, anzi, quanti sacerdoti in questi tempi di Covid hanno peccato di omissione e sono spariti dalla circolazione, invece di approfittare di un’occasione unica nella vita!

Considerato che è evidente, oggi confermato dalla Conferenza delle Regioni, dall’INAIL, dall’Istituto Superiore di Sanità, dall’OMS, che le pinze non possono che essere, proprio perché sostitutive dei guanti, occasione di ripetizione di contagio ancor più pericoloso, a maggior ragione chi ha ritenuto di assumere la non richiesta iniziativa personale di usare le pinze, lo ha fatto solo a causa del protocollo (lo avrebbero fatto a prescindere da quello?), in sostituzione del prescritto uso dei guanti, e quindi non col fine di salvaguardare i fedeli, ma con quello di evitare i guanti. Costoro hanno mostrato certamente un’apprezzabile sensibilità (visto che ci sono invece sacerdoti che hanno usato i guanti senza alcuno scrupolo apparente, con un esibizionismo che fa penosamente emergere uomini annoiati dalla monotonia della solita liturgia e rinvigoriti dalla novità della teatralità offerta dal poter indossare guanti colorati, con gestualità eccessive, vanagloriose, quasi trionfanti, come se finalmente avessero trovato l’occasione della vita), ma lo hanno comunque fatto col fine di mantenere una parvenza di “obbedienza” evitando di toccare l’ostia con le mani, il che evidentemente non è motivo sufficiente per far compromettere il bene assoluto dell’Eucarestia al solo fine di salvarsi la pelle dalle sanzioni ecclesiastiche. Il protocollo infatti non prevede sanzioni civili, quindi i sacerdoti nell’usare le pinze hanno solo avuto la soggezione verso i superiori ecclesiastici per eventuali punizioni o ritorsioni che potessero penalizzarli. Insomma, l’unico motivo apparentemente sotteso (perché ognuno approfondirà in coscienza) all’uso delle pinze in questo periodo di protocollo Cei/Governo è il tradimento di Dio per un’affermazione personale o per salvarsi la pelle, la carriera, la vita comoda, evitare la reprimenda, scendere a compromessi per non perdere il consenso del vescovo o del superiore e farla però purtroppo pagare all’Unico che dà il senso al sacerdozio. Chi ha usato le pinze in questo periodo, ha quindi tradito Dio per un inutile consenso, perdendo per un attimo il senso e l’obiettivo del proprio sacro Ministero.

Si è parlato di pinze usate in tempi di peste e di pinze conservate nei musei a riprova della liceità del loro uso. Prima di tutto tali racconti paiono di nicchia, visto che i racconti più significativi sono quelli delle processioni indomite e delle Comunioni amministrate dai Santi nonostante le epidemie. Non sottovaluterei poi il fatto che la citazione delle pinze usate in tempi in cui la scienza non aveva raggiunto i progressi attuali appare quantomeno anacronistico e forzato, tanto che non sono state prescritte dal protocollo Cei/Governo, né direttamente consigliate da alcun santo pastore o dotto scienziato, ma sono state solo frutto della iniziativa personale, quasi un tentativo di protagonismo alternativo rispetto a chi ha usato festosamente i guanti, come se le pinze fossero più chic (ed infatti costano sicuramente “molto” più dei guanti).

Mi chiedo poi se, in un futuro ipotetico scenario epidemico, le foto dei sacerdoti che nel 2020 hanno distribuito la Comunione con i guanti potranno mai diventare argomento per affermarne la liceità liturgica e diventare fonte autorevole per la ripetibilità di tali gesti. Che un fatto sia accaduto ne prova solo l’accadimento ma non l’intrinseca bontà, né la consacrazione a rito liturgico. Le foto di oggi come le stampe di ieri che riproducono sacerdoti con le pinze, non possono costituire una fonte che conferma la bontà di un comportamento, addirittura riconosciuto dalla Chiesa. In questo caso sì che l’uso della ragione dovrebbe approfondire e considerare come, così come oggi il terrorismo covid l’ha fatta da padrone inducendo a scelte scellerate e autolesioniste su ogni fronte, altrettanto dicasi per ipotesi analoghe svoltesi secoli fa in tempi di peste ed epidemie, per di più non accompagnate da altrettanta “scienza” come oggi. E se oggi, nonostante cotanta scienza che ci contraddistingue, si sono fatte scelte prive di ogni logica oltre che di scientificità, a maggior ragione quelle raffigurazioni con le pinze risalenti a secoli fa possono solo essere il racconto doloroso di quanto avvenuto in occasione di altre epidemie, senza che vi possa essere una seppur minima pretesa di liceità, ma semmai godere di un’attenuante in ordine alla gravità di quei comportamenti. Non si può dire altrettanto oggi. Oggi non ci sono attenuanti. Perché è banalmente rilevabile ad occhio nudo come le pinze non preservino da nulla.

Saranno sufficienti le parole di San Francesco per convincere del sacrilego uso delle pinze?

Basterà l’OMS e la Conferenza delle Regioni e l’INAIL e l’Istituto Superiore di sanità per vedere scomparire IMMEDIATAMENTE lo scempio dei guanti?

Roma, 8.6.2020

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