Le ragioni della profonda crisi della Fede e della Chiesa, che con costernazione molti cattolici osservano e vivono oggi, sono quelle individuate con logica e realismo da San Pio X, il grande Pontefice riformatore e restauratore che guidò la Chiesa nel primo Novecento fino allo scoppio della prima Guerra mondiale.
Instaurare omnia in Christo
San Pio X prese alla lettera le parole dell’Apostolo delle genti che esaminò e spiegò per primo, con espressioni ricolme di Spirito Santo e rivolgendosi «ai santi che sono in Efeso, credenti in Cristo Gesù» , il mistero della Salvezza e della Chiesa, parole che San Pio X fece sue. Per realizzare questo disegno in terra San Pio X avviò un piano santamente ambizioso e di riforma generale poiché non solo le forze nemiche, liberali e massoniche, minacciavano la Chiesa, e i semi avvelenati del liberalismo e del modernismo (termine presente per la prima volta nella Pascendi) avevano ormai attecchito con successo in alcuni ambienti “cattolici”, sia nel clero, sia fra i laici; ma si era andato formando, in particolare sotto il Pontificato di Leone XIII (1810-1903), un clima di stanchezza e di apatia nei Seminari, nelle parrocchie e persino nelle celebrazioni delle Santa Messe, dove erano entrati addirittura canti profani, bande musicali, arie di opere liriche... fra le azioni di Papa Sarto ci fu anche la Riforma della musica sacra: avvalendosi della consulenza di un eccellente esperto e compositore come Lorenzo Perosi (1872-1956), diede al canto gregoriano la preminenza assoluta nella liturgia.
Il Modernismo, definito nella Pascendi, «sintesi di tutte le eresie», tentava di coniugare Vangelo e positivismo, Chiesa e mondo, filosofia moderna e teologia cattolica; esso aveva visto i suoi albori in Francia, dove si era consumata la Rivoluzione che aveva abolito il diritto divino, incoronando la «dea ragione». Il motto «liberté, égalité, fraternité», che aveva prodotto il testo giuridico della Déclaration des Droits de l'Homme et du Citoyen (26 agosto 1789), divenne, lungo i decenni, il lite motive di molti pensatori cristiani che decisero di inchinarsi al mondo, senza più condannare gli errori e senza più preservare l’integrità della dottrina della Fede. Fu proprio contro questa mentalità che San Pio X decise di combattere al fine di tutelare gli interessi di Cristo e della Sua Sposa. Profonda Fede, amore immenso per la Chiesa, grande umiltà e grande sensibilità. Uomo dalle poche parole e dai molti fatti, era sempre teso a compiere la volontà di Dio, anche quando, chiamato ad alte mansioni, sentiva tutto il peso gravoso delle responsabilità; ma una volta accolto l’impegno, la sua preoccupazione era quella di rispettare e far rispettare leggi e principi divini, senza distrazioni verso il rispetto umano e il consenso delle opinioni del mondo. Non cercò mai i riflettori, ma soltanto la difesa dei diritti del Creatore e la salvezza delle anime. Dal campanile di Riese, dove nacque il 2 giugno 1935, passò a quelli di Salzano e di Treviso per poi arrivare a quello di San Marco a Venezia e approdare a quello di San Pietro a Roma, tuttavia rimase sempre identico a se stesso: libero da ogni passione terrena, continuò a voler vivere in povertà, come lasciò scritto nel suo Testamento: «Nato povero, vissuto povero e sicuro di morir poverissimo». Povertà per sé, ma non per Dio: non lesinava mai corredi e paramenti nella Sacra Liturgia. San Pio X si caratterizza per la sua formazione tomista, per il suo sano e disincantato realismo, per la sua tangibile pastoralità (vicina ai reali e non demagogici problemi), per il suo attaccamento alla Fede e non all’ideologia, ma proprio per questo suo atteggiamento di pastore-missionario fu sempre stimato e rispettato in vita. Questo Pontefice, seppure con discrezione ed umiltà, come era di sua natura, è diventato interprete determinato e determinate della Chiesa militante e continua, senza rumore, ma nel proficuo e fertile silenzio di Dio, a fare scuola.La sua grandezza si misura nei suoi molteplici atti. La sua indole, oltre che la sua vocazione, fu fin da ragazzo autenticamente e genuinamente sacerdotale: anima, spirito, ragione, volontà sacerdotale. Al di là delle posizioni storicistiche che sbrigano le loro tesi affermando che «fu uomo del suo tempo», Pio X è stato innanzitutto un servo di Cristo ed un servo della Chiesa. Diede vita ad un’immensa opera di restaurazione con l’obiettivo di Instaurare omnia in Christo, come ebbe a scrivere nella sua enciclica programmatica E Supremi Apostolatus del 4 ottobre 1903:«Poiché a Dio piacque innalzare l’umiltà Nostra a questa pienezza di potere, rivolgemmo l’animo a “Colui che ci conforta”, e sorretti dalla virtù divina mentre mettiamo mano all’impresa, dichiariamo che nell’esercizio del Pontificato Noi abbiamo un solo proposito: “Rinnovare tutte le cose in Cristo” , affinché sia “Tutto e in tutti Cristo” . Vi saranno certamente taluni che, applicando alle cose divine una misura umana, tenteranno di spiare le Nostre riposte intenzioni e di volgerle a scopi terreni e ad interessi di parte. Per togliere a costoro ogni vana speranza, Noi affermiamo con grande determinazione che Noi altro non vogliamo essere — e con l’aiuto di Dio lo saremo nella società umana — che ministri di Dio, il quale Ci ha investito della sua autorità. Le ragioni di Dio sono le ragioni Nostre; è stabilito che ad esse saranno votate tutte le Nostre forze e la vita stessa. Perciò se qualcuno chiederà quale motto sia l’espressione della Nostra volontà, risponderemo che esso sarà sempre uno solo: “Rinnovare tutte le cose in Cristo»".
Pontefice riformatore
Agì su due fronti: da un lato riformò e dall’altro condannò: «Restaurare un edificio non è abbatterlo per farne un altro; è rinnovarlo, conservandolo e preservandolo. Tale fu l’opera instauratrice di Pio X; d’incremento e di miglioramento da un lato, di correzione e di difesa dall’altro». Riformare per restaurare. Dirà lo spagnolo Cardinale Rafael Merry del Val, non solo Segretario di Stato di San Pio X, ma suo braccio destro, suo confidente, suo amico d’anima: «La riforma della curia romana, la fondazione dell’istituto Biblico, l’erezione dei seminari centrali e la legislazione per una migliore formazione del clero, la nuova disciplina per la prima – per la frequente – comunione, la restaurazione della musica sacra, il suo poderoso atteggiamento contro i fatali errori del cosiddetto modernismo e la sua energica difesa della libertà della Chiesa in Francia, in Germania, in Portogallo, in Russia e altrove – per non parlare di molti atri atti di governo – basterebbero indubbiamente per additare Pio X come un grande pontefice e un eccezionale condottiero di uomini. Posso attestare che tutto questo enorme lavoro fu dovuto principalmente, e spesso elusivamente, al suo progetto e alla sua iniziativa personale. La storia non si limiterà a proclamarlo semplicemente un papa la cui “bontà” nessuno sarebbe capace di mettere in questione» . Il processo riformatore della Curia romana, teso a snellire e organizzare meglio le diverse congregazioni, venne portato a termine, nonostante le resistenze di alcuni prelati, e ciò grazie alla tenacia del Papa, quella che fu decisiva anche di fronte alle reticenze di Vescovi e rettori dei Seminari, Seminari che vennero rinnovati, molti dei quali accorpati in nuclei maggiormente centralizzati e meno proclivi a soggettivismi. Fu lui, che sentiva enormemente la responsabilità Petrina di Vicario di Cristo, a dettare, con la sua paterna mansuetudine e il suo autorevole rigore, linee e criteri. La Riforma si realizzò non senza il superamento di ostacoli di varia natura, e i drastici mutamenti non furono certo indolore; tutto ciò non fa altro che dimostrare il carattere pratico ed energico dell’opera riformatrice di Pio X «Che pur di provvedere al bene generale della Chiesa, non si arresta dinanzi a difficoltà, salvo a riparare nei limiti del possibile, i danni per ventura sopravvenuti» . Quel suo passato da cappellano a Tombolo (1858-1867); da parroco a Salzano (1867-1875); da canonico, da Direttore di Seminario, da cancelliere, da Vicario capitolare a Treviso (1875-1884); da Vescovo di Mantova (1884-1893); da Cardinale e Patriarca di Venezia (1893- 1903), fu basilare per il gigantesco piano riformatore che mise in moto durante il suo Pontificato, che durò 11 anni, dal 1903 al 1914. Racconterà il Cardinale Merry del Val a proposito del Conclave che elesse Sommo Pontefice il Patriarca di Venezia: «Fu nel giorno di lunedì 3 agosto 1903 che ebbi il privilegio di parlare con lui per la prima volta. […] La mattina del 3 agosto, immediatamente dopo la prima adunanza dei cardinali nella Cappella Sistina, il cardinale decano, Origlia di Santo Stefano, mi parlò in modo serio e approfondito della sua crescente ansietà intorno all’elezione. Sembrava non esservi alcuna probabilità di un esito sollecito del conclave qualora – così diceva l’eminentissimo cardinale decano - il cardinale Sarto, i cui voti andavano sempre più aumentando, avesse continuato nel suo fermo ed energico rifiuto ad accettare il papato. Sua Eminenza si sentiva obbligato in coscienza a fare in modo che le cose non si protraessero troppo a lungo, e a questo scopo mi mandò dal cardinale Sarto con l’incarico di domandargli se egli volesse persistere nell’opporsi alla propria elezione e se, perciò, desiderasse e autorizzasse che Sua Eminenza facesse al conclave una pubblica e definitiva dichiarazione in questo senso durante San Pio X l’adunanza del pomeriggio. In questo caso, il cardinale decano avrebbe invitato i suoi colleghi a riflettere sull’opportunità o meno di pensare a qualche altro candidato. Andai prontamente in cerca del cardinale Sarto. Mi era stato detto che egli non era in camera e che facilmente lo avrei trovato nella Cappella Paolina. Era circa mezzogiorno quando entrai nella silenziosa e oscura Cappella. La lampada ardeva di vivida luce davanti al Santissimo Sacramento e in alto, sopra l’altare, ai lati del quadro di Nostra Signora del Buon Consiglio, erano accese alcune candele. Scorsi un cardinale inginocchiato sul pavimento di marmo, a breve distanza dall’altare, assorto in profonda preghiera, con la testa tra le mani e i gomiti appoggiati a un piccolo banco. Era il cardinale Sarto. M’inginocchiai al suo fianco e, a voce bassa, gli manifestai la commissione affidatami. Appena ebbe inteso la mia ambasciata, Sua Eminenza sollevò la testa e volse lentamente il suo sguardo verso di me, mentre copioso di lacrime sgorgavano dai suoi occhi. Davanti a una così grande angoscia, trattenni quasi il respiro nell’attesa di una sua risposta. Sì, sì, monsignore – mi sussurrò egli dolcemente – dica al cardinale decano che mi faccia questa carità. In quel momento mi sembrò che egli ripetesse le parole del divino Maestro nell’orto del Getsèmani: “Transeat a me calix iste”. Il fiat ancora tardava a venire. Le sole parole che ebbi la forza di pronunciare, e che mi vennero spontanee sulle labbra, furono: - Eminenza, si faccia coraggio, il Signore l’aiuterà! Il cardinale mi fissò attentamente con quel suo sguardo profondo che in seguito, per un’ammirabile disposizione della Provvidenza, avrei dovuto imparare a conoscere così bene e aggiunse semplicemente: - Grazie, grazie! Nascose di nuovo il volto tra le mani e continuò la sua preghiera. Allora mi ritirai, ma non potrò mai dimenticare l’impressione profonda, davanti a un’angoscia così intensa, che riportai da questo mio incontro con il cardinale patriarca di Venezia. Era la prima volta che avvicinavo il cardinale Sarto e sentii di essere stato come alla presenza di un santo» .
La risposta all’ignoranza religiosa Quando Giuseppe Sarto divenne sacerdote (18 settembre 1858), si dedicò subito e con particolare attenzione all’istruzione catechistica, considerando l’ignoranza religiosa il primo grave problema che un ministro di Dio deve affrontare. Già a Tombolo, infatti, dedicava molte ore per preparare, anche di notte, le sue lezioni di dottrina dirette a piccoli ed adulti. «Frequentare la Messa, diceva, e ignorare le verità della fede sono cose che si elidono a vicenda, perché non è possibile accettare verità che non si conoscono» . La preoccupazione dell’insegnamento catechistico occupò i suoi primi pensieri di parroco di Salzano, a testimoniarla rimane il testo manoscritto che egli compilò in quegli anni, dove in nuce ritroviamo quello che sarà poi stampato e divulgato sotto il suo Pontificato. Nello stendere il «suo» Catechismo, «per esporre, con parola facile e adatta alla intelligenza dei semplici e specialmente dei fanciulli, le verità che deve conoscere ogni cristiano» , il parroco di Salzano si ispirò, oltre al Catechismo di Monsignor Michele Casati-Trona (1682-1750), vescovo di Mondovì, anche alla Dottrina Cristiana breve, ad uso della città e diocesi di Treviso, che Monsignor Federico Maria Zinelli (1823-1879) aveva fatto pubblicare nel 1872 (volumetto che ripresentava quello di Roberto Bellarmino). L’originalità dell’autore del manoscritto catechistico di Salzano sta nelle immagini e nelle espressioni, inoltre nel metodo della domanda e della risposta, metodo che don Sarto mise in prova con un sacerdote di un paese a pochi chilometri da Salzano, don Giuseppe Menegazzi : uno poneva la domanda, l’altro rispondeva e tale sistema venne messo in atto davanti ai parrocchiani.
La Chiesa, per la prima volta, si avvale di un Codice giuridico
Il Papa diede anche avvio alla formulazione di un Codice di Diritto canonico, il Codex iuris canonici, mai esistito nella Chiesa. Era un’esigenza viva e sentita da Vescovi e canonisti, un’istanza che era giunta anche nell’aula del Concilio Vaticano I (1870), ma alla quale non si era potuto dare risposta visto che l’Assise venne interrotta anzitempo a causa del capitolare della situazione dovuta alla breccia di Porta Pia. Dopodiché l’impresa venne accantonata, anche perché considerata di complessa e lunga realizzazione. Ma ciò non spaventò l’intrepido Pio X, che mai si impaurì di fronte al lavoro diurno e notturno (gli erano sufficienti 4-5 ore quotidiane di risposo). E finalmente volle dare rimedio al caos delle norme, alla poca chiarezza di molte di esse, alla contraddittorietà delle une e delle altre che andavano spesso a elidersi a vicenda e alla difficoltà del reperimento di fonti certe, tanto che molte erano persino sconosciute a chi avrebbe dovuto servirsene. In qualità di cancelliere della diocesi di Treviso aveva sentito tutto il peso e la fatica di offrire giuste e coerenti risposte giuridiche in materia canonica e, una volta Pontefice, volle porre rimedio. Il venir meno dell’intesa fra diritto secolare e quello canonico aveva indebolito quest’ultimo, «lo aveva reso in molti casi impervio, inapplicabile ed inesigibile», procurando effetti decisamente negativi poiché il crollo di quell’intesa fra codici, fondati su comuni norme etiche di diritto naturale e divino se da un lato aveva contribuito ad allentare l’influenza della Chiesa sulla società, dall’altro lato «in ragione dell’unicità del sistema giuridico, aveva paradossalmente reso meno efficace il diritto canonico all’interno stesso della Chiesa». Pertanto produrre un Codex significò ripensare e riformulare lo stesso Diritto canonico, partendo proprio dal presupposto della non collaborazione del diritto secolare. Da notare, infatti, che sotto il Pontificato di Pio X, la Santa Sede ebbe una ristrettissima azione nelle relazioni internazionali e diplomatiche. D’altro canto gli Stati, vedendo che la Chiesa si dotava di un Codice canonico, furono costretti a prenderne atto e darne l’appoggio per non entrare in ulteriore collisione, perciò «la codificazione canonica ha costituito il presupposto necessario perché, insieme alla politica concordataria che sarebbe stata sviluppata dai successori di papa Sarto (in particolare da Pio XI), il diritto canonico tornasse per altra via, modo ad essere vigente negli ordinamenti statali».Con questo clamoroso atto Pio X dimostrò che, all’interno della Chiesa, come Fede e ragione si accompagnano in maniera sostanziale, così non esiste contraddizione e contrapposizione fra legge e Vangelo.
Gesù Eucaristia
L’Eucaristia fu un asse portante della dottrina pastorale di Giuseppe Sarto. Già Patriarca egli raccomandava vivamente la Santa Messa quotidiana, prendendo ispirazione dagli insegnamenti dei Padri della Chiesa. «In effetti (…) dal tabernacolo si rinforza la volontà a respingere le insidie del tentatore nemico, si ispira orrore al peccato, si ammonisce l’aridità del cuore, si estinguono gli ardori della concupiscenza (…)» . Dimostrazione concreta del pensiero di San Pio X - pensiero che sempre doveva diventare azione e per tale motivo si comprende come riuscì, grazie alla sua formidabile capacità di lavoro, a portare a termine tante riforme in soli undici anni di governo della Chiesa – è il decreto Sacra Tridentina Synodus del 1905 sulla comunione frequente e il decreto Quam singulari del 1910 sull’anticipazione a 7 anni dell’età della prima comunione e la bolla Tradita ab antiquis del 1912 sulla possibilità per i cattolici romani di riti diversi di comunicarsi se le circostanze lo avessero richiesto. Tre atti molto innovativi e che mettevano al centro della vita di ogni fedele, come della stessa Chiesa, Gesù Eucaristico. La ragione per cui volle anticipare la prima comunione era per rispondere all’esigenza di preservare il più possibile l’innocenza nei bambini, quell’innocenza che oggi la civiltà laica e senza Cristo fa di tutto per violare ed infrangere. San Pio X vide in una maggiore spiritualità eucaristica la possibilità di ritornare tangibilmente a Cristo e per tale ragione incrementò l’attenzione sui Congressi eucaristici. In un tempo «che per la Chiesa presentava tante asprezze (dal modernismo alla laicizzazione degli stati) i congressi eucaristici costituivano una fonte di consolazione perché attestavano in modo concreto e visibile il “divampare” di “un nuovo incendio di carità cristiana” frutto dell’intervento di Dio che “invita gli erranti a ritornare sul retto sentiero”», secondo, quindi, le parole di Pio X l’errante esisteva, come pure esisteva l’errore e se il secondo era da condannare, il primo era invitato alla conversione. La forza della Grazia esercitata da Gesù Eucaristia avrebbe poi, in qualche modo e secondo i voleri di Dio, risposto sia ai nemici interni (individuati nei modernisti) che ai nemici esterni (i sostenitori della laicizzazione dello Stato)Il Papa attribuiva diversi significati e ruoli all’Eucaristia, alla quale attingere la forza per il combattimento personale (contro passioni, vizi, peccati) e forza per il combattimento degli errori della Fede, per tale ragione sostenne con vigore le associazioni eucaristiche allo scopo di «infiammare» ovunque l’animo dei cattolici: «non si trattava soltanto di salvare delle anime, ma di creare le premesse per la restaurazione di una società cristiana».
Per restaurare la società cristiana, San Pio X fissò e delineò il nemico da cui la Chiesa doveva essere salvata per ritornare alle radici della Fede autentica e ricreare un tessuto di rispetto nei confronti di Dio e delle sue leggi: il modernismo. Il fascicolo Pascendi all’Archivio Segreto Vaticano comprende circa 300 fogli. Diversamente dalle Encicliche e dalle lettere motu proprio tradotte da Monsignor Vincenzo Sardi di Rivisondoli (1855-1920) negli anni 1905-1906, il fascicolo della Pascendi contiene non solo il manoscritto e le bozze della traduzione latina del documento, ma alche altre importantissime carte riguardanti la sua preparazione. Il primo documento del fascicolo è un autografo del Papa (una pagina e mezza) ed evoca la situazione drammatica del momento: «L’implacabile nemico del genere umano non dorme mai; secondo le vicende dei tempi, ed il prodursi degli avv en im enti cam bia t atticament e linguaggio, ma sempre pronto alla lotta, anzi quanto più l’errore inseguito dalla verità è condannato a nascondersi e tanto più è da temersi per le pericolose imboscate dietro le quali non tarderà molto a ristabilire le sue batterie sempre micidiali. – Perciò non potremo mai abbandonarci ad una falsa sicurezza senza incorrere in quegli anatemi lanciati contro i falsi profeti che annunciavano la pace dove la pace non era, e cantavano la vittoria quando tutto ci chiamava al combattimento. – E per questo è necessario in tutti i tempi, ed è specialmente in questo, in cui la grande cospirazione ordita direttamente contro nostro Signore Gesù Cristo, contro la sua religione soprannaturale e rivelata, contro dei popoli i falsi maestri che dicono bene al male e male al bene, vocantes tenebras lucem et lucem tenebras, seducendo molte intelligenze che si piegano ad ogni vento di dottrina. – Per questo crediamo sia venuto il tempus loquendi» . Guardiano fedeli della Chiesa e del depositum Fidei, San Pio X non scappò di fronte ai lupi e, con la sua Fede così forte da permettergli di avere una visione soprannaturale dell’esistenza, si affidò totalmente a Dio e alla Provvidenza. Il suo Credo non fu mai idealizzato, ma sensibile: «il nostro cuore, quando si incontra con quello di Gesù, è attratto da Lui» . Tutti i testi magisteriali di papa Sarto seguono un filo conduttore che poggia su tre pilastri: - Restaurare tutto in Cristo. - Importanza ed essenzialità del sacerdozio. - Salus animarum.Uomo di profonda e riflessiva intelligenza (come risulta dalle perizie calligrafiche e dalle cariche sempre più importanti che gli vennero affidate), persona davvero libera, perché immersa costantemente nella Verità portata da Gesù Cristo («Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi»), non aveva difficoltà alcuna a parlare con tutti, ad ascoltare tutti, ad avere un atteggiamento di carità concreta (i suoi agiografi ne hanno registrato l’immensa portata, oltre che descrivere grazie e miracoli ottenuti per sua intercessione e ancora in vita) e intellettuale con ogni individuo:traboccante di umiltà, non fu mai né altero, né superbo, neppure quando venne avviato il piano repressivo nei confronti dei modernisti: il suo cuore rimase sempre generosamente evangelico, seppure fieramente dalla parte di Cristo.
“Il primo impegno sarà quello di formare Cristo in coloro che sono destinati per vocazione a formare Cristo negli altri”.
San Pio X
(fonte la tradizione cattolica F.S.S.P.X)
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