Se vi chiedessero: cos'è la Messa? Cosa rispondereste?
Se vi chiedessero: perché partecipate alla Messa? Cosa direste?
Nella Messa partecipiamo a un vero sacrificio. La Messa cattolica, che è rinnovamento non cruento dell’unico sacrificio del Calvario, dove Gesú, per mano di se stesso nel Sacerdote, si offre a Dio Padre per ottenere il perdono dei peccati dei vivi e dei morti, è il mistero terribile di questa Vittima divina ed eterna che rinnova l’espressione della sua compassione verso l’umanità rovinata, corrotta, attratta dal male piú che dal bene, esclusa dal Paradiso, in preda alla malizia propria e a quella del demonio.
La Messa cattolica è quindi la supplica, l’offerta del Redentore a pro degli uomini, del Redentore che si fa peccato per lavare nel suo Sangue i nostri peccati.
Questa Messa va seguita con rispetto, profondo silenzio, contemplazione devota, partecipazione commossa del cuore che guarda e si unisce all’azione del suo Redentore che si presenta, fatto peccato, al giusto Giudice che su tutto fa un esame esatto, e intercede a nostro favore perché siamo perdonati. Gesú dice al Padre: «Padre, guarda a questa perfetta adorazione, a questa perfetta riparazione che ti offro col mio Sangue purissimo tratto da una Vergine perché fosse purificazione dei peccati di tutto il mondo. Guardando al mio Sangue, al mio amore, al mio dolore, alla mia preghiera, perdona loro, dimentica i loro peccati, guarda me solo che ti amo d’amore eterno, perfetto, infinito, che li amo piú della mia stessa vita, che te li ho resi preziosi perché comprati col mio Sangue divino.»
E noi spettatori adoranti di questa supplica, dobbiamo unire i nostri cuori al Cuore di Gesú che parla per noi, a nostro favore. Lasciamolo parlare con le parole e i gesti che la Chiesa ha definiti e canonizzati nei secoli.
Ecco qualche documento della Chiesa, riguardo alla Messa:
- Concilio di Trento: decreto e canoni sulla Messa:
«E poiché le cose sante devono essere amministrate santamente e, di tutte, questo è il sacrificio pìú santo: la Chiesa cattolica, perché potesse essere offerto e ricevuto degnamente e con rispetto, ha stabilito da molti secoli il sacro canone, talmente puro da ogni errore, da non contenere niente che non profumi di grande santità e di pietà, e non innalzi a Dio la mente di quelli che lo offrono. Esso è composto infatti sia dalle parole stesse del Signore, sia dalle Tradizioni apostoliche e anche da quanto hanno piamente stabilito i santi Pontefici.» (n° 1745).
Il culto dell’adorazione, l’offerta del sacrificio è dunque cosa definita dalla Chiesa, da sempre; non può essere modificato, alterato, proibito.
Dalla Bolla Quo primum tempore di san Pio V, del 14 luglio 1570:
«Sommamente conviene che uno solo sia il rito per celebrare la Messa… Abbiamo giudicato di dover affidare questa difficile incombenza a uomini di eletta dottrina… Hanno restituito il Messale stesso nella sua antica forma secondo la norma e il rito dei santi Padri…
«La Messa non potrà essere cantata o recitata in altro modo da quello prescritto dall’ordinamento del Messale da Noi pubblicato…
«Con la presente Nostra Costituzione, da valere in perpetuo… stabiliamo e comandiamo, sotto pena della nostra indignazione, che a questo Nostro Messale, recentemente pubblicato, nulla mai possa venire aggiunto, detratto, cambiato…
«In virtú dell’Autorità Apostolica, Noi concediamo a tutti i sacerdoti, a tenore della presente, l’Indulto perpetuo di poter seguire, in modo generale, in qualunque chiesa, senza scrupolo veruno di coscienza o pericolo di incorrere in alcuna pena, giudizio o censura, questo Messale, di cui avranno la piena facoltà di servirsi liberamente e lecitamente, cosí che, Prelati, Amministratori, Canonici, Cappellani e tutti gli altri Sacerdoti secolari, qualunque sia il loro grado, o i Regolari, a qualunque Ordine appartengano, non siano tenuti a celebrare la Messa in maniera differente da quella che noi abbiamo prescritto, né d’altra parte, possano venire costretti e spinti da alcuno a cambiare questo Messale…
«Similmente decretiamo e dichiariamo che le presenti Lettere in nessun tempo potranno venir revocate o diminuite, ma stabili sempre e valide dovranno perseverare nel loro vigore…
«Nessuno dunque, e in nessun modo, si permetta con temerario ardimento di violare e trasgredire questo Nostro documento: facoltà, statuto, ordinamento, mandato, precetto, concessione, indulto, dichiarazione, volontà, decreto e inibizione. Che se qualcuno avrà l’audacia di attentarvi, sappia che incorrerà nell’indignazione di Dio Onnipotente e dei suoi beati Apostoli Pietro e Paolo.»
D’altronde, come avete letto, il rito celebrato è un rito antico confermato da immemorabile consuetudine, canonizzato dal Concilio di Trento e da S. Pio V, che molti di voi ricordano ancora.
- Dal Diritto Canonico:
Vecchio codice:
Titulus XII, De delictis contra religionem
Can. 2320 - Qui species consecratas abiecerit vel ad malum finem abduxerit aut retinuerit, est suspectus de hæresi; incurrit in excommunicationem latæ sententiæ specialissimo modo Sedi Apostolicæ reservatam; est ipso facto infamis, et clericus præterea est deponendus.
(Chi avrà profanato le specie consacrate o le avrà trafugate o trattenute per fini cattivi, è sospetto d’eresia; incorre nella scomunica latæ sententiæ riservata in specialissimo modo alla Sede Apostolica; il reo è ipso facto infame e inoltre, se è un ecclesiastico, deve essere deposto).
Nuovo codice:
Can 1367 - Qui species consecratas abicit aut in sacrilegum finem abducit vel retinet, in excommunicationem latæ sententiæ Sedi Apostolicæ reser-vatam incurrit; clericus præterea alia pœna non exclusa dimissione e statu clericali, puniri potest.
(Chi profana le specie consacrate, oppure le asporta o le conserva a scopo sacri-lego, incorre nella scomunica latæ sententiæ riservata alla Sede Apostolica; il chierico inoltre può essere punito con altra pena, non esclusa la dismissione dallo stato clericale).
Chi mai crederà che a questa prassi attuale della comunione in mano, si possa applicare questo canone?
Vuol dire che molti sacerdoti e vescovi si trovano scomunicati dalla Chiesa Cattolica!
I fatti sono fatti, e contro i fatti non valgono gli argomenti!
È vero che non gettano i Frammenti con scopo maligno, però sanno che i Frammenti cadono, sanno che ognuno di essi è Dio Sacramentato.
Che direste di una mamma che butta il bambino per la finestra senza cattiveria, senza volerlo fare? Se non è criminale, è pazza!
L’orrore, l’odio, la detestazione assoluta verso la Messa Tridentina ha qualcosa che oltrepassa la logica, il ragionamento e anche i motivi pastorali.
Questa Messa moderna è un incubo, un peccato mortale che fa pensare alle battute altamente teologiche di Lutero: «Quando la messa sarà stata rovesciata, io sono convinto che avremo rovesciato con essa tutto il papismo. Il papismo, infatti, poggia sulla messa come su di una roccia, tutto intero, con i suoi monasteri, vescovadi, collegi, altari, ministeri e dottrine, in una parola, con tutta la sua pancia. Tutto ciò crollerà necessariamente quando sarà crollata la loro messa sacrilega e abominevole. Io dichiaro che tutti i bordelli, gli omicidi, i furti, gli assassinii e gli adulterii sono meno malvagi di quella abominazione che è la messa papista.» (Per chi ha l’ossessione di rivalutare Lutero!).
Come spiegare questo fanatismo contro la S. Messa?
La chiamano “nostalgia del passato”:
può mai un rito
- fatto secondo “la norma e il rito dei Santi Padri”, cioè dei primissimi secoli della Chiesa,
- che ha santificato la Chiesa per secoli, ed è stato celebrato dai piú grandi santi,
- che riflette l’eterno presente di Dio, cioè senza passato né futuro, sempre identico a se stesso,
- regolato da norma consuetudinaria e alla quale si aggiunge una legge scritta, il tutto approvato da atti
infallibili,
- universalmente celebrato nella sua lingua sacra e “stabilito da molti secoli”,
può mai questo rito andare soggetto ad un gusto (nostalgia) o disgusto personale?
Questi sentimentalismi e preferenze sono la caratteristica del protestantesimo, religione creata dai gusti e dalla superbia dell’uomo, non rivelata dall’Alto.
L’accusano di “fissismo liturgico”.
In verità, si dovrebbe ammirare la sua “stabilità” lungo i secoli, cosa non umana, ma divina, prova della sua perfezione.
Non hanno certamente il senso dell’umorismo questi “instabili” i quali, con il pretesto della partecipazione, della comprensione da parte del popolo, usando termini scientifici quale l’aggiornamento continuo, l’inculturazione, l’approfondimento, la formazione permanente, ecc… danno retta a tutte le loro fregole personali di novità, prendendo per legge ciò che è solo capriccio del momento.
Poiché quando una comunità condanna il proprio passato e chiama nostalgici quelli che ancora lo amano, sicuramente, un domani, questa comunità rinnegherà il suo presente.
Cosí fanno gli instabili: per nascondere la loro fragilità, sono sempre in ricerca, scrivono libri competenti, fanno ragionamenti dotti, ma ciò non toglie che il movente è sempre il bisogno, ormai, di una continua fuga in avanti, effetto di una instabilità caratteriale, di una volontà di protagonismo, di una ambizione di scrivere e riscrivere la storia, con continue correzioni, al punto che alla fine agiscono etsi Deus non daretur, “come se nella Messa non importasse piú se Dio c’è e se ci parla e ci ascolta” (CARD. RATZINGER, La mia vita).
E alla fine ecco il “patatrac”!, l’ultima trovata: la comunione in mano.
Però questa volta la cosa si fa grave. Sono profanazioni belle e buone. Lo dice la Fede, la pietà cristiana, il Diritto Canonico.
Si scopre che non sanno piú chi è Dio.
Celebrano con convinzione e qualche volta con dignità, ma un rito personale, dove la “comunità celebra se stessa, senza che ne valga la pena” (CARD. RATZINGER, La mia vita).
“Siate dei buoni attori”, disse ultimamente il vescovo di B. ai suoi sacerdoti.
È vero, nel teatro, gli attori cercano di coinvolgere emotivamente gli spettatori, se no, che attori sono?
Si crea quindi comunione, trasmissione di un messaggio. In effetti, nella ricerca della comunicazione tra uomo e uomo (sumpaqeia) si è tanto indaffarati che ci si dimentica, per distrazione, la dimensione verticale del Sacro.
Il Sacerdote va in cerca del popolo con affanno, deve piacere al popolo, ha bisogno del popolo, non può celebrare senza il popolo.
D’altra parte, il Sacerdote si è messo al posto dove una volta si trovava Dio, manifestando cosí la sua sete di potere, di fare la comparsa, di presiedere, di comandare, di essere rivalutato.
E la gente porta dei giudizi: “come celebra bene…”, “non la finisce mai!…”, “almeno questo fa subito!…”, “pare che la Messa non m’è valsa…” Ne sentiamo di tutti i colori, per quanti sono i riti e le fantasie del celebrante.
“Se il sale perde il suo sapore… non è piú buono a nulla, se non ad essere gettato via e calpestato dalla gente.” (Mt., 5, 13). Il Sacerdozio è calpestato insieme alla Santissima Eucaristia, poiché adesso sono i laici che comandano al Sacerdote: “Dammi l’Ostia in mano perché ne ho il diritto”. Il Sacerdote cioè è costretto dal laico a fare una profanazione.
Mi direte che sono tutti d’accordo. Certo, ma nell’anarchia.
Mi direte che sono tutti insieme. Certo, ma la maggioranza non fa la Verità.
C’è chi corre avanti, chi rimane indietro, chi spinge e chi frena, chi segue spensierato la trovata del momento, il suggerimento accettabile. Dal rito locale della messa al repertorio dei canti, locale anch’esso, si assiste ad una babele di funzioni, tutte piú ricercate le une delle altre, una vera confusione. Ogni parrocchia diventa un ghetto con i suoi riti, canti, usanze…
Come nell’ecumenismo: unità nella diversità: sono tutti fratelli infatti, nella confusione.
La Chiesa Cattolica invece dice: unità nella Verità. La stabilità liturgica, l’uniformità dei riti plasma ogni sacerdote come in uno stampo unico, uniforme, fabbricato nell’antichità, conservato e tramandato integro dall’Autorità.
Il Sacerdote si annienta nel rito perché in lui è la Chiesa che celebra. E allora si è sicuri che il dogma è trasmesso, vissuto, la grazia resa presente ed efficace.
In tutti i luoghi della Terra, il sacrificio è unico, unica la lingua, unico il canto, e quindi unica la casa dove si ritrovano tutti i cattolici, fratelli nella Verità, nella vera adorazione, nella celebrazione di un rito puro, santo, completo, ispirato da Dio, gradito a Dio, anima della Chiesa, luce dei cuori. Rito che non ha niente di umano, totalmente spoglio di elementi o tonalità terrestri.
“Fissismo” significa stabilità, solidità, eternità, verità, sicurezza.
Quando al “Russicum” (Roma), fu proposto dal Rettore di cantare in italiano l’epistola e il Vangelo, i romani si incaricarono di stampare i testi in italiano per i fedeli, purché i testi fossero cantanti in slavone.
Non mi risulta che negli altri riti esista un movimento liturgico di tipo latino, cioè ecumenico-evoluzionista manipolato dalla base e imposto all’Autorità.
È comunque chiaro che questa mentalità attuale non ha niente a che fare con quella cattolica. È evidente la rottura, prima nella mentalità, poi nei fatti. «La promulgazione del divieto del messale che si era sviluppato nei secoli, fin dal tempo dei sacramentali dell’antica Chiesa, ha comportato una rottura nella storia della liturgia, le cui conseguenze potevano solo essere tragiche…». «Sono convinto che la crisi ecclesiale in cui oggi ci troviamo dipende in gran parte dal crollo della liturgia». «La riforma liturgica, …, ha prodotto danni estremamente gravi per la fede». (CARD. RATZINGER, La mia vita, ed. San Paolo, 1997).
È probabile anche che la crisi mondiale dipenda dall’abolizione del sacrificio perpetuo. Infatti nello stesso periodo (anni 70):
- circa centomila sacerdoti e vescovi hanno abbandonato il sacerdozio;
- abbiamo avuto le leggi sul divorzio e sull’aborto (nell’aprile 1997 abbiamo superato il miliardo di morti per aborto, piú
vittime che in tutte le guerre della storia umana, e poi si pretende che la pena di morte sia stata abolita!);
- le Brigate rosse e il terrorismo;
- la droga;
- il satanismo.
“Già è in azione il mistero dell’iniquità; solamente vi è colui che lo trattiene ora e lo tratterrà fino a che sia tolto di mezzo. Allora l’iniquo si manifesterà.” (II Tess., 2, 7-8).
Che sia questa riforma la causa di questa apostasia?
Che sia il sacrificio della Messa l’ostacolo che tratteneva l’avversario?
«Cari figli e care figlie, Noi vogliamo una volta ancora invitarvi a riflettere su questa novità che costituisce il nuovo rito della messa, che sarà utilizzato nella celebrazione del santo sacrificio, a partire da domenica prossima 30 novembre, prima domenica di Avvento. Nuovo rito della messa! È un cambiamento che tocca una venerabile tradizione multisecolare (…). Questo cambiamento porta sullo svolgimento delle cerimonie della messa. Constateremo forse un certo rimpianto, che all’altare, le parole e i gesti non sono piú identici a quelli a cui eravamo talmente abituati che quasi non ci facevamo piú attenzione… Ci dobbiamo preparare a questi molteplici incomodi; sono inerenti a tutte le novità che cambiano le nostre abitudini…
«I sacerdoti che celebrano in latino, in privato (…) possono, fino al 28 novembre 1971, utilizzare sia il Messale Romano, sia il nuovo rito. Se prendono il Messale Romano, possono (…). Se usano il nuovo rito, devono seguire il testo ufficiale…» (PAOLO VI, Allocuzione all’udienza generale del 26 novembre 1969).
Rito moderno quindi opposto al rito romano antico.
La Messa cattolica (dal Catechismo di san Pio X)
La santa Messa è il sacrificio del Corpo e del Sangue di Gesú Cristo che, sotto le specie del pane e del vino, si offre dal sacerdote a Dio sull’altare, memoria e rinnovazione del sacrificio della Croce.
- Si tratta di un vero sacrificio o immolazione del Corpo e del Sangue del Signore Gesú.
- Il sacerdote è il sacrificatore della vittima offerta per i peccati del mondo. È Cristo che nella persona del sacerdote, si offre a Dio Padre per espiare i nostri peccati e redimerci dal male.
- La presenza del Signore è reale, sostanziale e fisica sotto le specie eucaristiche, a prescindere dalla presenza del popolo.
Praticamente:
- Affermazione della presenza del Corpo, Sangue, Anima e Divinità di nostro Signore Gesú Cristo sotto le apparenze del pane e del vino, cioè, la sostanza del pane e del vino viene trasformata nella sostanza del Corpo e del Sangue del Signore.
- Affermazione del sacerdozio ministeriale, cioè, il sacerdote è consacrato con un carattere indelebile per essere in eterno un altro Cristo, per permettere a Cristo nella sua persona e attraverso la sua persona, di benedire, assolvere i peccati e consacrare il pane e il vino.
- La Messa è valida e giustificata anche detta dal solo sacerdote, perché Cristo nel sacerdote consacra se stesso nelle Specie Eucaristiche e si offre al Padre vittima per i nostri peccati rinnovando il sacrificio del Calvario, dove solo e abbandonato si immolava per noi.
La nuova Messa (Istituzione Generale del Messale Romano, n° 7)
La cena del Signore, o Messa, è la santa assemblea o riunione del popolo di Dio che si raduna insieme sotto la presidenza del sacerdote per celebrare il memoriale del Signore. Perciò, per quanto riguarda la riunione locale della santa Chiesa, vale in modo eminente la promessa di Cristo: “Là dove si trovano due o tre radunati nel mio nome, io mi trovo in mezzo a loro” (Mt., 18, 20).
- Si tratta di una riunione del popolo.
- Il sacerdote è il presidente di una assemblea per dirigere l’adunanza. Egli è in tutto uguale ai fedeli (atto penitenziale iniziale e rito della comunione comune al sacerdote e ai fedeli).
- La presenza del Signore è puramente spirituale, resa possibile dalla riunione del popolo, quindi inesistente senza il popolo.
Praticamente:
- Negazione implicita della presenza reale del Signore nelle specie eucaristiche. Affermazione di una sua mera presenza spirituale nel popolo.
- Negazione del sacerdozio ministeriale, a pro di una funzione di presidenza per dirigere un’assemblea (nel nuovo linguaggio il sacerdote presiede la Messa, non celebra la Messa).
- Non ha senso una Messa in assenza del popolo, il quale è necessario per assicurare la presenza (spirituale) del Signore.
Se le parole hanno un senso, non si può non constatare a prima vista queste differenze.
Se poi non era intenzione del Redattore dare questo significato alla sue parole, cioè modificare totalmente la dottrina cattolica sulla santa Messa, se ne torni alle elementari per imparare ad esprimersi.
Ma siccome il redattore era intelligente, è chiaro che ha voluto esprimere il suo pensiero e la sua fede in termini inequivocabili.
Dopo, è stata redatta un’altra definizione della Messa, meno eretica, ma non è stata cambiata la realtà del nuovo rito.
Come se un architetto facesse la pianta di una casa, e dopo la costruzione della casa si accorgesse che la casa non regge in piedi, e allora si accontenta di cambiare la pianta senza modificare la casa.
Sentiamo la voce dei protestanti, in questo caso piú illuminati dei cattolici.
Lutero, a proposito del rito cattolico:
“Io dichiaro che tutti i bordelli, gli omicidi, gli assassinii e gli adulterii sono meno malvagi di questa abominazione che è la Messa dei Papi”.
I protestanti odierni a proposito del nuovo rito:
Max Thurian (della comunità di Taizé, uno dei sei pastori che parteciparono alla redazione del nuovo rito - La Croix, 30.5.1969): “Uno dei frutti del nuovo Ordo sarà forse che le comunità non cattoliche potranno celebrare la santa cena con le stesse preghiere della Chiesa cattolica. Teologicamente è possibile.”
Siegevalt (professore nella Facoltà protestante di Strasburgo - Le Monde, 22.11.1969): “Adesso, nella messa rinnovata, non c’è niente che possa veramente turbare il cristiano evangelico.”
S. A. Teinone (teologo luterano - La Croix, 5.5.1972): “La maggior parte delle riforme desiderate da Lutero esistono d’ora innanzi nell’interno stesso della Chiesa cattolica… Perché non riunirsi?”
A questo punto chi non vuole vedere e capire è disonesto.
Non interessa ciò che piace o non piace, l’importante è la Verità, cioè la comunione con Dio.
Crearci un rito che piace, ma che è falso e eretico, significa battere l’aria con l’illusione di impastare il pane.
È anche ingiurioso verso Dio e tradimento verso i fedeli cattolici.
Si parla di ubbidienza.
Ma se uno mi presenta un sasso e mi dice che per ubbidienza devo credere che è un pane, posso crederlo per ignoranza, per paura, per menefreghismo, ma ciò non toglie che è un sasso.
L’ubbidienza nella Chiesa è un’arma micidiale se male interpretata, perché tutta la vita della Chiesa è basata sull’ubbidienza, essendo la Chiesa una società monolitica, costruita su Pietro.
Il primo ubbidiente deve essere il Papa, che non deve discostarsi dalla verità.
“Ai successori di Pietro, lo Spirito Santo non è stato promesso perché manifestassero, per sua rivelazione, una nuova dottrina , ma perché con la sua assistenza custodissero santamente ed esponessero fedelmente la rivelazione trasmessa dagli Apostoli, cioè il deposito della Fede.” (Concilio Vaticano I).
Se per ipotesi il Papa si allontanasse dalla verità, data la mentalità cattolica si porterebbe dietro con tanta facilità tutta la Chiesa, fuori dalla verità.
Ora, dalle due diverse definizioni della Messa e dal commento logico e quello susseguente dei protestanti, risulta chiaro che il nuovo rito si è allontanato dalla dottrina cattolica della Messa.
Non si giudicano le intenzioni, si guardano i fatti, e contro i fatti gli argomenti e le intenzioni non valgono. Non interessano le giustificazioni dei novatori su di una presunta maggiore ricchezza di contenuti nei nuovi libri liturgici.
Per ubbidienza, si è passati da una realtà della Messa, cattolica, dogmatica, canonizzata, ad una realtà protestante.
Posso mai chiamare pane un sasso, per ubbidienza?
Posso mai seguire un rito riformato solo perché lo ha comandato l’Autorità? Troppo comodo! Chiediamo allora ai protestanti di ridiventare cattolici in nome dell’ubbidienza.
Posso mai chiamare Messa cattolica una nuova Messa tanto lontana dalla definizione del Concilio dogmatico di Trento e tanto approvata dai protestanti, con il pretesto che è stata imposta dall’Alto?
La regola prima dell’ubbidienza è la volontà divina, dice san Tommaso d’Aquino, e la regola seconda è la volontà dei superiori nella misura in cui aderiscono a Cristo. Per cui è un dovere riprendere i superiori se fosse in gioco un pericolo per la fede. In questo caso i superiori dovrebbero essere ripresi dai loro inferiori anche pubblicamente. Ciò si evince dal modo di agire di san Paolo nei confronti di san Pietro. (Summa Theologiae, II-II, q. 33, a. 4, ad 2m).
Si dice che basta pregare con devozione.
Ma molti protestanti, musulmani o buddisti pregano con sincera devozione, e ciò non vuol dire che il loro culto è vero.
“Gli dei dei pagani sono demoni” (Salmo 95).
Si dice che tutti fanno cosí.
Gesú, per aver affermato la verità, si è trovato solo davanti a Pilato e ciò non toglie che Lui da solo avesse ragione.
Insomma, quando si dice che il nuovo rito della Messa rappresenta, sia nel suo insieme come nei particolari, un impressionante allontanamento dalla teologia cattolica della Santa Messa, quale fu formulata nella sessione XXII del Concilio Tridentino, non si tratta dell’opinione personale di qualche cardinale tradizionalista arretrato, bensí della fede di tutta la Chiesa espressa in quel Concilio dogmatico. Se poi qualcuno se ne volesse allontanare, è pure libero, ma non si chiami piú cattolico, per non confondere i figli della Chiesa.
Non interessa chi ha scritto quella definizione, interessa la verità sulla Messa.
Qualcuno dice che i due riti sono equivalenti. Come se mi dicesse che sono uguali un violino e una chitarra.
Chiedete al grande Paganini di suonare il IV concerto brandeburghese con l’archetto su una chitarra e mi darete notizie del capolavoro.
Chiedete a un sacerdote serio di celebrare il sacrificio del Calvario con questo strumento protestante che è il nuovo rito (anglicano-calvinista), forgiato a ricordare unicamente la cena del Signore, e ne avrete forse una Messa, ma veramente stiracchiata.
Se poi fossero equivalenti (e lo nega la teologia sia cattolica che protestante), perché inventare un rito nuovo quando ne abbiamo già uno bell’e fatto a prova della storia e della teologia?
Seguendo la nuova definizione della Messa - ed anche i teologi protestanti confermano che il contenuto corrisponde alla definizione -, non si fa piú ciò che faceva la Chiesa cattolica, e allora dobbiamo concludere che il sacrificio perpetuo è stato abolito?
Insomma:
- se per la validità della Messa bisogna fare ciò che fa la Chiesa,
- e se la Chiesa di oggi non fa piú ciò che faceva la Chiesa di ieri e di sempre,
bisogna concludere che nella Messa di oggi non c’è validità?
La validità della Messa dipende allora dalla fede personale del “presidente, e molti “presidenti”, secondo i su elencati difetti, dimostrano una diminuzione della loro fede e alcuni non ci credono piú (40% in Francia), soprattutto il giovane clero cresciuto nella nuova mentalità.
Che poi ci sia una diminuzione della fede è un fatto evidente:
- il Santissimo Sacramento, nel tabernacolo, era al centro delle nostre chiese, sull’altare maggiore dove troneggiava, oggetto immediato di adorazione per chi entrava. Oggi è stato spostato, e a volte non si sa dove lo hanno messo, oppure è sistemato in modo veramente indecoroso! (l’ho visto in mezzo a scope e stracci in una scatola di cartone, in uno sgabuzzino). Il posto centrale è riservato alla mensa;
- la quale mensa non è piú un altare con le reliquie dei martiri, ma una semplice tavola;
- si dice la Messa faccia al popolo alla maniera dei calvinisti e anglicani, e non piú rivolti ad oriente (dove sorge il sole, simbolo di Gesú risorto), o al tabernacolo;
- al Santissimo si rivolge l’incenso come alle statue o al popolo: 3x2 invece che 3x3, come prima;
- non si incensa piú alla Consacrazione della Messa, mentre lo si fa alla mensa, alle statue e al popolo;
- non si fa piú la genuflessione dopo le parole della Consacrazione, prima dell’elevazione; si dubita forse che le parole dette dal sacerdote siano efficaci? si presenta l’Ostia al popolo e il popolo consacra insieme al sacerdote (sacerdozio comune del “presidente” e dei battezzati?);
- c’è la tendenza a voler diminuire il numero delle Messe infrasettimanali, per sostituirle magari con la lettura della Bibbia, mentre prima la Messa era obbligatoria ogni giorno, in ogni parrocchia;
- la comunione si dà sulla mano, mentre fino al 1989 era un sacrilegio toccare il Santissimo;
- la si riceve in piedi o seduti, mentre prima si faceva in ginocchio con la genuflessione prima e dopo;
- tutti, uomini e donne, possono toccare il Santissimo o distribuirLo, mentre prima spettava ai soli sacerdoti o diaconi;
- non si usa piú il piattino, per cui Frammenti vengono dispersi per terra e cosí calpestati (Lucifero deve invidiare questo peccato che non ha mai potuto commettere);
- si getta l’acqua delle abluzioni dopo la comunione (se si fanno ancora le abluzioni!), mentre prima il sacerdote, dopo essersi lavato le dita col vino e l’acqua, sul calice, beveva il tutto;
- soppressione pressoché generale della benedizione eucaristica;
su questi punti i sacerdoti devoti si trovano a lottare continuamente contro le perversioni insite in queste novità, o si debbono adeguare anche contro coscienza.
Altri fenomeni concomitanti:
- negli anni 70, circa centomila preti hanno abbandonato il sacerdozio, e non per motivi futili o volgari, ma per crisi religiosa e di identità. Scusa, ma se una dottrina (sul sacerdozio e sulla Messa) che ti è stata insegnata come vera, ti viene d’un colpo dichiarata sbagliata, è chiaro che butti tutto per aria;
- c’è una proibizione astiosa verso il rito cattolico, come se ci fosse un terrore sacro, una antipatia viscerale inspiegabile, un odio soprannaturale solo a pensarlo (Lutero non è lontano!);
- per la prima volta nella storia, le riforme degli ordini religiosi non sono state un ritorno al rigore dei fondatori, ma un adattamento ed una apertura maggiore alla mentalità del mondo dal quale i religiosi si erano distaccati; il tutto stranamente organizzato dai Superiori Maggiori, mentre serpeggia il sospetto, il disprezzo, l’emarginazione per quei religiosi che hanno voluto mantenere la loro fedeltà all’abito, ai voti e alle loro regole religiose;
- i sacerdoti e molti religiosi si sono laicizzati (abito, stile di vita);
- i laici entrano a far parte del clero, con i diaconi permanenti ammogliati;
- i seminari e i noviziati si chiudono o si adeguano al mondo;
- sempre di piú, i “cattolici” si affidano alle cosiddette comunità ecclesiali, fondate da maestri dubbii, specie di guru, formando cosí dei ghetti di separati, superiori al comune dei fedeli, con i loro riti fioriti e multicolori e la loro gerarchia;
- variazioni infinite per quanto riguarda il dogma, la morale, la Sacra Scrittura, la liturgia…;
- tra i fedeli, sempre di piú, si fa strada l’idea che tutte le religioni sono buone, purché l’uomo sia buono.
Le piaghe sono innumerevoli, la confusione è totale, la Chiesa è una Babele.
E allora è necessario ritornare all’anima della Chiesa: la santa Messa autentica, non riformata, in attesa di tempi migliori.
Poiché, dice l’adagio latino: “Lex orandi, lex credenti” (la legge della preghiera stabilisce la legge della fede), cioè: come si prega cosí si crede; dalla S. Messa cattolica scaturisce la vera fede cattolica necessaria alla salvezza.
La S. Messa non è un’invenzione del Papa san Pio V, ma il ripristino della Messa romana antica alla quale vennero tolte alcune aggiunte apportate durante i secoli: insomma, essa è il rito romano antico riportato alla sua antica semplicità e reso obbligatorio, dopo solo sei mesi, in tutto l’orbe cattolico, sino alla fine del mondo, con minacce a chi osasse ritoccarlo.
Non come la nuova Messa, che dopo trent’anni è ancora in fase di ricerca e di modifiche, soggetta al capriccio del “presidente” o degli esperti di turno; i quali non sanno cosa vogliono né dove vanno, però si ritengono infallibili e investiti di poteri assoluti, di autorità drastica. Pieni di scienza, di competenza, sanno tutto loro!
“Orgoglio è senza dubbio quella fiducia in sé per cui si erigono a regola universale. Orgoglio è quella vanagloria che li rappresenta a far loro dire, altezzosi e gonfi di se stessi: noi non siamo come il resto dell’umanità! E che per non venire infatti a confronto con gli altri li spinge alle piú assurde novità…” (San Pio X).
“Vi sarà un tempo che non sopporteranno piú la sana dottrina, ma secondo le proprie passioni, per prurito di novità, faran sí che si affollino i maestri; ma dalla verità ritrarranno l’orecchio per voltarsi alle favole” (2 Tim., 4, 3-4).
“Se il sale diventa insipido… non è piú buono ad altro che ad essere buttato via e calpestato dalla gente” (Mt, 5, 13).
“VOS AUTEM RESISTITE FORTES IN FIDE”
(I Petr., 5, 9).
Hoc est Corpus meum, Hic est Calix sanguinis mei
Queste parole della consacrazione sono l’apice di un itinerario in salita che parte dall’offerta della vittima (Vittima immacolata, Calice della salvezza) e dalla sua preparazione, per approdare alla sua immolazione per i peccati del mondo.
Questo itinerario, composto di testi e di riti, è stato stabilito dalla Chiesa durante i secoli fino alla sua ultima e perfetta redazione voluta dal Concilio di Trento.
Il risultato di questi secoli di ricerca e di aggiustamento è quindi un testo preciso, cesellato, atto ad esprimere il dogma cattolico e la realtà della Santa Messa. A tal punto che, il 14 luglio 1570, san Pio V poté promulgare il Messale in modo definitivo con una bolla dogmaticaCOSTITUZIONE APOSTOLICA QUO PRIMUM TEMPORE che ne stabilizzava per sempre il contenuto:
«Perciò… ordiniamo che nelle chiese di tutte le province dell’Orbe cristiano…in avvenire e senza limiti di tempo, la Messa… non potrà essere cantata o recitata in altro modo da quello prescritto dall’ordinamento del Messale da Noi pubblicato.
«Decretiamo e dichiariamo che le presenti lettere in nessun tempo potranno venir revocate o diminuite, ma stabili sempre e valide dovranno perseverare nel loro vigore.
«Nessuno dunque, e in nessun modo, si permetta con temerario ardimento di violare e trasgredire questo Nostro documento: facoltà, statuto, ordinamento, mandato, precetto, concessione, indulto, dichiarazione, volontà, decreto e inibizione. Che se qualcuno avrà l’audacia di attentarvi, sappia che incorrerà nell’indignazione di Dio Onnipotente e dei suoi beati Apostoli Pietro e Paolo.»
Testi e rubriche obbligavano sub gravi, vale a dire che non era concesso al sacerdote il minimo stampo personale per delle variazioni, e questo per sempre. Si era trovata la formula perfetta e definitiva con la quale, attraverso la preghiera ufficiale della Chiesa, si esprimeva la fede della Chiesa.
La Chiesa prudentemente diffidava della fragilità umana e quindi imponeva un percorso sicuro per arrivare al compimento valido ed efficace del rito. All’infuori di questo percorso il rito non era valido.
Per esempio, le parole della consacrazione, pronunciate da sole, non possono essere valide, perché esse non sono parole magiche campate per aria, ma sono valide solo se il sacerdote ha percorso l’itinerario voluto dalla Chiesa, con l’intenzione di arrivare all’immolazione della Vittima secondo la volontà della Chiesa.
E tutte le generazioni umane dovevano passare attraverso questo rito perfetto del sacrificio della Croce per essere purificate dai peccati e promosse all’eternità beata.
Con la riforma, cambiando la preghiera, si è per forza cambiata la fede, e lo dimostrano due fatti:
- la nuova Messa è stata composta con il concorso effettivo di sei teologi protestanti (dott. Georges, canonico Jasper, dott.
Sephard, dott. Konneth, dott. Smith, il fratello Max Thurian);
- essi hanno espresso la loro piena soddisfazione per questo rito ammissibile anche dalle comunità protestanti, quindi non
piú cattolico. Mentre prima la Messa era la peggiore “abominazione”, oggi per i protestanti (luterani, anglicani, calvinisti) la
Messa non presenta piú nessun ostacolo alla comunione, non perché essi abbiano accettato la nostra fede, bensí perché si è
alterata la fede cattolica.
È il colmo, in assoluto, che noi cattolici si sia chiesta questa “grazia” a degli eretici, fuorusciti dalla Chiesa quattro secoli fa; proprio a dei negatori del Sacrificio propiziatorio, ignoranti della nostra fede; a delle chiese morte perché senza sacramenti, specie l’Eucaristia, Pane di vita eterna, senza verità, senza dottrina: a costoro abbiamo chiesto di comporci una Messa cattolica!
Assurdo in assoluto, tanto è lampante la loro incapacità e la loro incompetenza nel creare un culto giusto, gradito a Dio.
Abbiamo chiesto di comporre la nostra Messa a gente che non ci crede.
Sarebbe come chiedere a un cieco di guidarci su un impervio sentiero di montagna, o di guidare una macchina su un’arteria molto trafficata; oppure a un analfabeta di insegnarci il greco; oppure smontare una impalcatura perfetta per farla rimontare a gente che ne usa solo alcuni elementi a caso.
Vi immaginate i musulmani chiedere agli ebrei di comporre le cerimonie della moschea?
Ora, come possiamo noi fidarci di persone senza dottrina, senza regole morali precise, abbandonate al loro libero esame; degli estranei, odiatori della Chiesa, groviglio inestricabile di confusione spirituale, spergiuri alla fede dei loro antenati antecedenti alla riforma?
Non affermo nulla di gratuito: per esperienza di ecumenismo (tre anni molto impegnativi), posso affermare che il protestantesimo è un’impresa di demolizione. Con esso nessun dialogo è possibile perché gli mancano le basi dottrinali sulle quali fondare un punto di partenza al dialogo. Di che possiamo discutere quando essi stessi non sanno cosa credono? Ho constatato il loro astio quando, Bibbia alla mano, si dimostrava la giustezza delle posizioni cattoliche. Con gli ortodossi era tutto diverso: amore, sincerità e serietà nella ricerca della verità.
Un esempio: una conferenza dei ministri del monoteismo. Ognuno ha parlato con chiarezza della propria religione, eccetto il protestante al quale alla fine, come professione di fede fondamentale, ho chiesto se credeva nella divinità di Cristo. Ci credeva. Ho chiesto allora se per lui i riformati che la negano fossero dei fratelli separati. “No - mi rispose - vado ugualmente da loro a celebrare il culto, siamo tutti fratelli riformati”. Dissi io: “Allora credere o non credere nella Santissima Trinità è per voi indifferente, quindi essere protestanti significa credere qualsiasi cosa”. Mi fece solo un’alzata di spalle e se ne andò.
Era il presidente del Concistoro Calvinista francese.
Bonum ex integra causa, malum ex uno defectu. Figuriamoci a che punto stanno questi negatori del dato rivelato. E nella Messa, una sola virgola accettata su suggerimento dei protestanti era già lesione al rito, quel malum ex uno defectu.
Questo costituisce la massima disonestà verso Dio, verso la Verità e verso le anime.
Si è cercato un compromesso nella confusione per promuovere delle simpatie terrene. Si è chiamata carità ecumenica ciò che è tradimento della Chiesa cattolica. Si è soffocata la Verità nella melma dei compromessi.
I protestanti, abituati a credere a ciò che loro piace, si sono trovati a guazzare allegramente nei testi neo-cattolici. Vissuti nella confusione da tanti secoli, sono stati certamente soddisfatti di portare la Chiesa cattolica nella loro mentalità, seppure con quattro secoli di ritardo, dopo tanti conflitti di parole e di sangue (dico mentalità perché, per quanto li riguarda, essendo in loro assente la fede e l’ubbidienza alla Verità rivelata, non si può certamente parlare di religione, ma solamente di un pensiero vago, fluttuante, incerto, unicamente mora-lizzante, che va dal rigorismo all’indifferentismo, il tutto comunque solo e soltanto creazione umana).
“Nessuno viene a me se non lo chiama il Padre”, vale a dire: la conoscenza della verità non dipende dalla capacità umana, ma da una rivelazione gratuita dall’alto: “non la carne e il sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli”. Vuol dire, quindi, che chi nega la verità rivelata non è chiamato dal Padre, ed è per forza condannato a inventare e a errare senza fine e senza meta fino a esaurirsi nell’ateismo.
Il Concilio Ecumenico delle Chiese (CEC) era stato creato appunto per arrestare il frazionamento infinito delle teorie riformate, nel tentativo disperato di stabilire un accordo su alcuni elementi comuni da ritenere, per conservare ancora un’apparenza cristiana. A questo marasma drammatico era proibito alla Chiesa cattolica di partecipare, perché Essa, invece, luminosa e rigogliosa, era poggiata su tre colonne: la Dottrina rivelata, i santi Sacramenti e il Vicario; quest’ultimo incaricato di sorvegliare con occhio accorto e competente (infallibilità) che il deposito della fede fosse conservato e trasmesso integralmente, essendo cosa celestiale.
Per quanto riguarda i protestanti, si auspicava per loro un felice ritorno all’ovile, cosí divinamente alimentato dai pascoli eucaristici. Si guardava con profonda pietà a queste anime erranti e ammalate, da secoli prive del Cibo di vita eterna.
Mai si sarebbe sognato di raggiungerle nella loro morte, pensando di far loro del bene e di voler loro bene. Eppure, ecco lo spettacolo cosí doloroso: a lo-ro, i negatori del dogma, i bestemmiatori del Sacrificio perpetuo (“Io dichiaro che tutti i postriboli, gli omicidi, gli assassini e gli adulteri sono meno malvagi di quella abominazione che è la Messa dei Papi”), i disprezzatori della Chiesa cattolica (Lutero la chiamava “puttana”), gli odiatori del Papa (“Chi non si oppone con tutto il cuore al papato non può raggiungere l’eterna felicità”), a costoro è stato affidato il compito di creare un rito liturgico da loro accettabile, sia nell’insieme sia nei dettagli, come fu scritto dai responsabili cattolici; un rito reso obbligatorio per la Chiesa cattolica e che io, sacerdote cattolico, sarei tenuto a celebrare.
Ecco l’origine dell’anarchia liturgica e degli abusi segnalati sopra: siamo diventati anche noi protestanti, cioè inventori dei nostri riti senza piú certezze.
Però, a questo punto, essendo cosí cambiato il percorso canonizzato per sempre dalla Chiesa, è ancora valida la Messa? Arriviamo ancora all’apice dell’itinerario con quest’altra via traversa che è il testo riformato dai Riformati?
Con quanta gioia i protestanti hanno cosí potuto prendere per mano questi “bambini cattolici” ritardati di quattro secoli, per farli infine approdare alla libertà di pensiero, alla libertà religiosa, all’età adulta di chi si scopre autonomo e in grado di gestire la propria vita senza piú nessun riferimento ad una Autorità superiore! Ecco l’anarchia liturgica, dogmatica, morale: il protestantesimo nella Chiesa.
Per quanto riguarda gli autori del nuovo rito, credo che la sentenza della Chiesa sia piú che una scomunica: infatti, la scomunica può essere abusiva e quindi invalida. In passato, Papi e Patriarchi se le davano senza risparmio.
L’ultimo e unico caso nella Chiesa attuale, che ha tolto le scomuniche a ogni specie di cristiani eretici e scismatici, è quello della scomunica di Mons. Lefèbvre, scomunica smentita poi in una famosa tesi di dottorato in Diritto Canonico, sostenuta e approvata summa cum laude all’Università Gregoriana nel 1995.
È quindi chiaro che la Chiesa non è infallibile nell’applicare le sanzioni canoniche, e la prova ne è l’annullamento delle scomuniche comminate in passato contro ortodossi e protestanti (l’ecumenismo può tutto).
Invece, nella Bolla “Quo primum tempore”, sembra che san Pio V abbia impegnato anche il giudizio di Dio e della gerarchia trionfante: “Nessuno dunque, e in nessun modo, si permetta con temerario ardimento di violare e trasgredire questo nostro documento… Che se qualcuno avrà l’audacia di attentarvi, sappia che incorrerà nell’indignazione di Dio onnipotente e dei suoi beati Apostoli Pietro e Paolo.”
Quindi la Bolla è piú di una canonizzazione del rito, e piú di una scomunica per i trasgressori: mentre la scomunica non impegna il giudizio di Dio, ma solo la società ecclesiale terrena, questi termini impegnano anche i decreti divini eterni.
La riforma liturgica, quella voluta da Paolo VI e realizzata con il contributo e la soddisfazione di teologi protestanti, “ha prodotto - come dice il Card. Ratzinger - dei danni estremamente gravi per la fede!” (JOSEPH RATZINGER, La mia vita, p. 112).
Padre Louis Demornex -
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