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Puer Natus Est Nobis



Oggi 25 Dicembre i cristiani in tutto il mondo celebrano il Natale, una delle principali festività ecclesiastiche. 

in questa notte luminosa, riviviamo la gioia spirituale dell’incontro del mondo con il suo Salvatore. Vediamo di nuovo nel pensiero il Figlio del Dio vivente che dorme nella mangiatoia della grotta di Betlemme. Udiamo di nuovo nel nostro cuore la voce angelica che canta la lode al Creatore e Redentore: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli, pace sulla terra e per gli uomini buona volontà» (Luca, 2, 14).

Attenti alle lodi delle forze celesti, diveniamo consapevoli che la Natività di Cristo colma di un significato senza tempo e ha un senso immediato per il destino di ogni essere umano. Anche colui che non sa ancora nulla del sacrificio del Salvatore può fin da ora giungere alla conoscenza della Verità, divenire figlio di Dio ed ereditare la vita eterna. La Natività di Cristo ci rivela la verità su noi stessi e ci permette di comprendere e di assimilare questa verità.

Ricordiamoci che il primo essere umano è stato plasmato perfetto dal Creatore, a immagine e somiglianza di Dio (cfr. Genesi, 1, 26). Ma Adamo, avendo disobbedito al comandamento, ha alterato l’intenzione del Creatore a suo riguardo. Privata della relazione viva con Dio, l’umanità è sprofondata sempre più nell’abisso del peccato e dell’orgoglio. Allora il Signore, pieno d’amore per la sua creatura e desiderando la sua salvezza, ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito che ha ristabilito la pienezza della natura umana ed è divenuto il nuovo Adamo. Cristo ci ha dato l’esempio di una vita conforme al disegno divino per l’umanità. Questo esempio rappresenta l’orientamento pieno di speranza che ci aiuta a non smarrirci e a trovare l’unico cammino giusto che conduce alla pienezza di vita, sia nella nostra esistenza terrena sia nell’eternità.Noi seguiamo questo cammino di salvezza nella misura in cui rispondiamo alla chiamata di Dio. Una di queste chiamate a noi rivolte è contenuta in una lettera di san Paolo: «Glorificate Dio nel vostro corpo e nel vostro spirito, i quali appartengono a Dio» (1 Corinzi, 6, 20). significa che noi rendiamo grazie a Dio non solo con le preghiere e con il canto, ma anche con le buone opere per il bene del nostro prossimo, per il bene del nostro popolo, per il bene della Chiesa.

Un simile sforzo diviene gioioso nel nome di Cristo, trasfigura realmente il mondo che ci circonda, e anche noi stessi. Le persone raggiungono la coesione operando non per obbligo, non per il profitto, ma mosse dal desiderio sincero di compiere un’opera buona e utile. In tal modo serviamo insieme il Creatore mettendo in pratica la sua volontà. La parola greca leitourgia è tradotta con «opera comune». E tutta la nostra vita deve divenire Liturgia, preghiera comune e opera comune compiute al fine d’incarnare nella vita il disegno di Dio per il mondo e per l’umanità e in tal modo rendere gloria e lode al Creatore. Si esige da noi la solidarietà con i nostri fratelli e le nostre sorelle attraverso la fede e anche con coloro che non hanno ancora trovato nel loro cuore il Signore, ma che, come i re magi del Vangelo, sono in cammino verso di lui.Oggi festeggiamo un avvenimento che ha radicalmente cambiato il corso della storia umana. Dio entra nel profondo della vita umana, diventa uno di noi, prende su di sé il peso dei nostri peccati, della fragilità e delle debolezze e umane, e lo porta sul Golgotha, per liberare noi uomini da questo peso insostenibile. Da allora Dio non è più lontano, nella sommità inaccessibile dei cieli, ma è qui, con noi, è in mezzo a noi! In ogni liturgia ci scambiamo il bacio della pace, dicendo l’uno all’altro: “Cristo è in mezzo a noi!”, e rispondendo: “C’è e ci sarà!”. E’ questa una testimonianza chiara della presenza dello stesso Dio incarnato, Cristo Salvatore, tra i suoi fedeli. Ricevendo regolarmente il suo Corpo e il suo Sangue, sforzandoci di compiere i suoi comandamenti, noi entriamo in una reale relazione con Lui, nostro Salvatore, riceviamo il perdono dei peccati.

I credenti in Cristo e i suoi fedeli discepoli sono chiamati ad essere testimoni del Regno di Dio, che si manifesta in Cristo, fin dalla loro vita terrena. Un grande onore ci è concesso: quello di poter agire in questo mondo come ha agito il nostro Maestro e Dio, di essere inflessibili, per la forza di Cristo, nella nostra resistenza al male e al peccato, di non infiacchirci nel compimento del bene, di non perderci d’animo nei nostri sforzi quotidiani per trasfigurare la nostra natura di peccato nell’uomo nuovo della Grazia.

Cristo Salvatore ha stabilito un criterio sicuro e assoluto di verifica del nostro rapporto con Dio: il nostro prossimo. Prendendo su di noi la debolezza degli altri, condividendo dolori e sofferenze dei miseri e derelitti, noi mettiamo in pratica la legge di Cristo (Gal 6, 2) e diveniamo in ciò simili al Salvatore, che si è caricato delle nostre sofferenze e si è addossato i nostri dolori (Is 53, 4).

In questo giorno di gioia e di luce del Natale di Cristo, in cui ogni creatura accorre con stupore alla mangiatoia in cui giace il Dio-bambino, non possiamo dimenticare il nostro prossimo. La Grazia che oggi nelle nostre chiese scende a riempire i nostri cuori deve traboccare anche su quanti sono ancora lontani dalla Chiesa e vivono “secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo” (Col 2, 8). Se noi non andremo da loro incontro la Buona Novella di Cristo potrebbe non giungere fino a loro, se noi non apriremo i nostri cuori per condividere con loro la gioia che ci ricolma, questa gioia potrebbe non arrivare neanche a quanti sono pronti ad accoglierla.

L’incarnazione del Figlio di Dio ha innalzato la natura umana a un’altezza da essa mai raggiunta. Ognuno di noi non solo è creato “a immagine e somiglianza” di Dio, ma attraverso Cristo è ora anche adottato da Dio: non siamo quindi più “stranieri né ospiti”, ma “concittadini dei santi e familiari di Dio” (Ef 2, 19). Di questa prossimità e parentela con Dio parla la stessa preghiera del Signore, nella quale ci rivolgiamo al Creatore dell’universo come a un Padre secondo la carne.

Ogni vita umana ha un valore infinito: per essa il Figlio Unigenito di Dio ha pagato con la sua incarnazione, vita, morte e resurrezione. Ciò ci spinge ad avere ancor maggiore attenzione e rispetto nei nostri rapporti con ogni persona, indipendentemente dalla nostra similitudine o diversità. Il santo   Pontefice Pio X diceva, che “l’amore è una partecipazione viva e attiva al bene dell’altro”. Proprio a un tale amore attivo vorremmo esortare tutti, in questi giorni gioiosi del Natale di Cristo: ad amarci gli uni gli altri, secondo quanto dice l’apostolo Paolo, con affetto fraterno, a gareggiare nello stimarci a vicenda, a non essere pigri nello zelo, a essere ferventi nello spirito, a servire il Signore (Rom 12, 10-11; Ebr 13, 16).

Di cuore vi auguro un Buon Natale. Il Dio d’amore e di pace (2 Cor 13, 11) conceda alla Chiesa alle nostre famiglie, e a ognuno di noi, pace e prosperità nel nuovo anno.


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