Venticinque anni di apparizioni a Medjugorie: manifestazione divina, diabolica o umana?di don Stefano Bellunato
DA PICCOLO CENTRO AGRICOLO DEI BALCANI A CAPITALE DELLO STRAORDINARIO
Nome arcinoto alla maggioranza dei cattolici oggi, Medjugorje è nondimeno una verdeggiante località della BosniaErzegovina(1 ) che sarebbe rimasta nel suo tranquillo e secolare anonimato se un giorno non fosse successo qualcosa dʼinsolito. È il 24 giugno 1981. Alcuni giovani del villaggio cominciano ad affermare di aver visto nel pomeriggio, lì e a più riprese, niente meno che la Madre di Dio stessa. Sulla collina del Podbrdo, che domina la pianura dove si erge la Chiesa Parrocchiale apparirebbe loro quella che essi chiamano, in lingua croata, la “Gospa”, cioè la Madonna. I Francescani, che si occupano della Chiesa Parrocchiale di Medjugorje, attorniano ben presto i veggenti che iniziano ad avere le visioni non più sul monte Podbrdo, ma nelle case, nellʼufficio parrocchiale e poi in chiesa. Da tali visioni, vere o presunte, ma comunque in un breve lasso di tempo, prende origine un grande fenomeno di pellegrinaggi provenienti dai quattro angoli della terra(2 ). Anche la pronta persecuzione della psico-polizia comunista ancora fedele a Tito non sembra fermare il fenomeno. Numerosissime pubblicazioni fanno ben presto da cassa di risonanza(3 ) a tutta la vicenda. In esse si racconta di altrettanto apparentemente straordinarie conversioni e guarigioni. Sembra di assistere ad una nuova Lourdes o ad una nuova Fatima, anzi, a detta di alcuni, ad un fenomeno ben più importante. È questa lʼopinione di diversi uomini di Chiesa. Tra i più famosi il mariologo francese René Laurentin, che da allora fino a pochissimo tempo fa si dedicherà ad una raccolta sistematica e instancabile di tutti i fatti che contano per provare lʼorigine soprannaturale e divina di Medjugorje. Essi saranno pubblicati nel best-seller “La Vergine appare a Medjugorje”, edito in Italia per i tipi della “Queriniana” e ristampato più volte a partire dal 1984. Laurentin aggiornerà annualmente i suoi lettori fino a tempi recenti con i diciassette volumi di “Dernières Nouvelles de Medjugorje”, editi, in un primo tempo, sempre dalla casa bresciana ed ultimamente dalle Edizioni “Il Segno”. Al Laurentin farà eco in Italia, anche se in maniera diversa, Padre Livio Fanzaga, il quale concretizzerà nel 1988 la sua adesione a Medjugorje con la creazione di quel successo mediatico che è, a tuttʼoggi, Radio Maria(4 ). Attorno a lui si riuniranno laici e religiosi di indubbia levatura, quali, per citare solo un caso tra i più recenti, Antonio Socci. Voci discordi con la pretesa soprannaturalità delle visioni si levano però altrettanto velocemente, anche se non godranno né di eguale pubblicità né di eguale attenzione. Innanzitutto Mons. Pavao Žanić (+11 novembre 2000), Vescovo di Mostar fino allʼinizio di agosto del 1993. Dopo aver preso le difese dei veggenti e dei francescani di Medjugorje nei primi giorni delle apparizioni contro lʼintervento quasi immediato della Polizia comunista, il Vescovo jugoslavo sembra presto costretto a fare marcia indietro. Al termine di alterne vicende pubblicherà un rapporto nel marzo 1990(5 ). La conclusione: se qualcosa appare a Medjugorje non viene senzʼaltro da Dio. Diversi motivi lo spingono a pensare che il tutto sia addirittura una truffa ordita dai francescani della sua diocesi. Il suo successore, Mons. Ratko Perić, sarà dello stesso avviso(6 ). Anche la Conferenza Episcopale Jugoslava e la Congregazione per la Dottrina della Fede, ricorderanno a più riprese che «...i pellegrinaggi sia ufficiali che privati a Medjugorje non sono permessi se presuppongono lʼautenticità dellʼapparizione» (Mons. Bertone a Mons. G. Aubry, 1998). A questi pronunciamenti ufficiali si unirà in Francia quella di Frère Michel de la Sainte Trinité, religioso, il quale pubblicherà diversi articoli sulle pagine di CRC, La Contre-réforme Catholique, dal maggio 1984 al giugno 1985. In essi la condanna è senza appello, anche se in parte diversa da quella di Mons. Žanić: Medjugorje è emanazione diretta del Movimento Carismatico che ha infiltrato nella Chiesa Cattolica gli errori del Pentecostismo protestante sorto in America nel ʻ900.
Lʼelemento diabolico non sarebbe da escludere. Allora, chi ha ragione? La domanda è lecita. Il “fenomeno Medjugorje”, anche se procede forse con meno slancio che allʼinizio, non si è infatti arrestato, ma continua ad interessare molti fedeli nel mondo intero. A quanto ci consta ancora tre dei veggenti, Ivan, Marija e Vicka, vedrebbero la “Gospa” regolarmente ovunque si trovino nel mondo(7 ). Gli altri tre, Mirjana, Ivanka e Jakov, la vedrebbero a date differenti, ma una sola volta allʼanno(8 ). In tutto si tratta comunque, a tuttʼoggi, di circa trentacinquemila apparizioni in luoghi diversi, poiché la “Gospa” sembra seguirli ovunque essi siano(9 ). Nel presente articolo tentiamo di sintetizzare argomenti vecchi e nuovi da entrambe le parti per arrivare ad una conclusione inevitabilmente personale e senza valore ufficiale. Al lettore la responsabilità di decidere quale fiducia debba esserle accordata, così come ai fautori di Medjugorje. In ogni caso il presente esame vuole essere una buona occasione per conoscere i fatti il più obiettivamente possibile e per trarne un giudizio il più conforme possibile alla dottrina e alla prudenza plurisecolare della Maestra di Verità, Santa Madre Chiesa, della quale in nessuna maniera desideriamo usurpare il ruolo di giudice definitivo. DOTTRINA SUL DISCERNIMENTO DEGLI SPIRITI E DEI CARISMI: UNA NECESSITÀ Prima di esaminare il caso specifico di Medjugorje, occorre però passare almeno brevemente in rassegna ciò che la Chiesa ci dice a proposito di due aspetti ben precisi della vita spirituale, e che si devono tener ben presenti allorché si ha a che fare con casi straordinari, siano essi pubblici o privati; intendiamo parlare del “discernimento degli spiriti” e dei “carismi”. La conoscenza di tali criteri è utile a tutti. Essa salva da una parte le anime troppo inclini verso tali fenomeni, proteggendole dalla manipolazione e dal plagio, così come protegge dallo spirito moderno spesso intriso di razionalismo. I “golosi del soprannaturale”, laici o chierici che siano, sono infatti spesso vittime di questa malsana curiosità. Le conseguenze di tale difetto sono a volte parecchio spiacevoli, poiché possono addirittura spaziare dagli abusi fisici a quelli morali, dalle truffe ai suicidi di massa(10). Qualora inoltre lʼorigine di presunti fenomeni soprannaturali fosse demoniaca i rischi sarebbero addirittura più grandi, poiché, come insegna in più punti san Giovanni della Croce, potrebbe essere messa in pericolo la salvezza stessa delle anime. Ma tali criteri di discernimento proteggono, abbiamo detto, anche quegli spiriti a tendenza troppo razionale dalle tentazioni del naturalismo o dellʼagnosticismo, e non solo, ma anche dal puro e semplice errore. A tale proposito nessuno (tranne lʼautorità costituita, cioè i rappresentanti della Chiesa, o i loro delegati, veramente zelanti, beninteso) in un campo come nellʼaltro, può credersi troppo preparato o investito di una possibile infallibilità. Il buon senso ed anche una certa scienza e santità possono essere insufficienti per un giudizio giusto, anche se solo ad tempus(11). È noto ad esempio che il santo Curato dʼArs si espresse dapprima contro le visioni di La Salette in Francia per poi accettarle successivamente quando i processi diocesani fecero il loro corso. Sempre nel campo del preternaturale poi Padre A. Poulain nel suo Delle grazie dʼorazione(12) riferisce un elenco di trentadue santi, beati e servi di Dio che nelle loro rivelazioni sono caduti palesemente in errore. Egli riferisce, poi, del caso di una certa Madeleine de la Croix, francescana di Cordova, che nel XVI secolo ingannò coi suoi “carismi” i più grandi teologi, vescovi e cardinali del tempo durante ben trentotto anni. Solo alla fine si scoprì che la religiosa era stata votata al demonio sin dallʼinfanzia(13). Ancora più emblematico il caso di Nicole Tavernier, che a Parigi, sempre nel XVI secolo, «aveva reputazione di essere una santa e di operare miracoli»(14). Era capace di prevedere il futuro ed aveva visioni e rivelazioni. Digiunava spesso e «parlava senza posa della necessità di fa penitenza per uscire dalle condizioni in cui (Parigi allora) si trovava. Essa annnunciava che se ci si fosse pentiti dei propri peccati si sarebbe vista la fine delle calamità pubbliche. Dietro suo incitamento la gente si confessava e comunicava. In diverse città della Francia si ordinarono persino delle processioni. Ed ella stessa ne fece fare una a Parigi alla quale assistette il Parlamento accompagnato dalla corte e da un gran numero di cittadini»(15). Fu smascherata solo dalla Beata Acarie, che dimostrò come quanto si vedeva in Nicole Tavernier fosse opera del demonio «il quale sapeva perdere un poʼ per guadagnare molto»(16). Insomma, perché unʼapparizione sia da Dio non basta qualche buon frutto, come un certo ritorno alla pietà di alcuni o qualche guarigione. È dunque sempre necessaria unʼindagine il più possibile esatta, poiché, come osservava Padre Oddone dalle pagine della Civiltà Cattolica: «Ogni avvenimento meraviglioso affermato come divino, e che non sia veramente divino, oltre agli altri inconvenienti e danni, distoglie gli animi dallʼoggetto della vera fede, favorisce la falsa pietà e rende la religione ridicola presso gli increduli»(17). La necessità di tale discernimento esisterebbe poi anche indipendentemente da ogni eventuale azione demoniaca o possibilità di frode. La sola inaccessibilità divina è infatti ragione sufficiente, come ricorda san Giovanni della Croce: «Non dobbiamo essere sicuri di intendere la parola divina, perché non è possibile comprendere le verità occulte e la moltitudine di sensi contenute nei detti di Dio. Egli risiede su in cielo, e parla in cammino di eternità; noi, ciechi, siamo sulla terra, e non intendiamo se non le vie della carne e del tempo»(18). Per non confondere questa attività divina con quella umana la Chiesa impiega spesso molti anni prima di esprimere il proprio giudizio. Lʼimpazienza, se altrove è a giusto titolo considerata un vizio, in questo campo diventa addirittura mostruosità. Al contrario, si impongono allo studioso e al direttore di anime serio e onesto i doveri della pratica di unʼumiltà profonda e di una pazienza instancabile nello studio, come nel discernimento, degli “spiriti” e dei “carismi.”CHE COSʼÈ IL DISCERNIMENTO DEGLI SPIRITI È «…una saggia discrezione che procede dalla prudenza infusa, con il concorso della prudenza acquisita e di quello più elevato del dono di consiglio e delle grazie di stato, accordate al direttore spirituale fedele ai suoi doveri…»(19). Così il Padre Garrigou-Lagrange o.p. di venerata memoria definisce questo discernimento. E questo è precisamente ciò che occorre avere anche nel caso di Medjugorje: una qualità infusa dallo Spirito Santo tramite la grazia santificante e i doni che perfezionano in noi la virtù di prudenza, ma anche unʼabilità acquisita con lʼesperienza, perciò di per se stessa non comunicabile dal solo studio, seppur indispensabile. Ancora una volta quindi chi, sprovvisto di una solida prudenza e di una vera pietà, precipita il giudizio su fatti straordinari o pretende di esprimerlo in maniera irreformabile senza prendere il tempo di acquisire una solida scienza o una vita spirituale altrettanto seria, si espone di per sé allʼerrore e allʼillusione. Notiamo che questo discernimento è differente dal carisma straordinario omonimo ricordato da san Paolo(20) ed esercitato ad esempio da Padre Pio o dal santo Curato dʼArs, i quali potevano prendere conoscenza diretta dei difetti interni delle anime. Tale carisma era un poʼ il coronamento straordinario di questo discernimento-virtù che invece dovrebbe essere ordinario nel direttore dʼanime. Ma a che cosa a serve questo “discernimento degli spiriti”? Gli autori spirituali più illustri, quali san Giovanni della Croce, santʼIgnazio di Loyola, ecc., trattano in vario modo di questo aspetto della vita interiore: le azioni umane, ordinarie come straordinarie, possono essere variamente ispirate da tre “spiriti” (o motori, o cause che dir si voglia) possibili. Uno è lo “spirito di natura”, cioè le tendenze naturali della nostra anima afflitta dalle conseguenze del peccato originale, che si lascia cioè spesso influenzare, se non irretire, dal mondo e dai disordini della propria carne. Una seconda fonte di attività per la nostra anima è Dio stesso, lo spirito buono, il quale agisce in noi e fuori di noi in diverse maniere, ma essenzialmente tramite lo Spirito Santo(21). Questi utilizza nelle anime nelle quali abita stabilmente (cioè i battezzati in grazia), tutto il corteo di virtù infuse quali ad es. la fede la speranza o la carità e le loro diverse parti, ma soprattutto i doni ricordati dal catechismo, quali la scienza, lʼintelletto, il consiglio, ecc. Tali doni (come le virtù) si ricevono in embrione al Battesimo fino a raggiunger la loro pienezza alla Cresima(22). Questa azione dello Spirito Santo tramite le virtù e i doni è del tutto ordinaria nei battezzati, ma può presentare dei gradi più o meno profondi a seconda della maturità spirituale delle anime e del loro stato. Ad esempio la virtù infusa della fede in un neoconvertito non produrrà gli stessi effetti che si possono riscontrare in un direttore di anime o in un missionario(23). La nostra anima però, dopo il peccato originale, può, ahimè, essere influenzata da un terzo “spirito”, lo “spirito cattivo”, come lo chiama santʼIgnazio di Loyola, cioè tutto ciò che è messo in opera dentro e contro di noi dal nemico dellʼumana natura, Satana e gli angeli ribelli. Questi puri spiriti, anche se decaduti, conservano per natura il loro potere sulla materia. Potranno perciò, col permesso divino e mai senza questo, influenzare in noi tutto ciò che è materiale o sensibile(24), come i nostri sensi esterni o la nostra immaginazione o la nostra memoria(25), producendo ad esempio voci, visioni o desideri sensibili. Essi possono addirittura assumere il controllo dei corpi(26), ma non potranno mai agire direttamente in ciò che è squisitamente spirituale, come la nostra intelligenza o volontà(27). Queste restano sempre libere e capaci del loro oggetto, nonostante possano essere esternamente influenzabili dallʼimpatto, a volte veemente, dei sensi e delle passioni influenzate dai mali spiriti(28). Per le anime che vogliono progredire nel servizio di Dio (e chi non ne sarebbe tenuto?) è perciò necessario conoscere la fonte dei diversi movimenti che si possono produrre quotidianamente nellʼanima «al fine di accettarli se essi provengono dallo spirito buono, o per respingerli»(29) qualora provengano dalla natura corrotta o dallo spirito cattivo. Rimandiamo agli autori spirituali succitati per conoscere in dettaglio i possibili effetti dei vari spiriti. Qui ci limiteremo solo a notare quanto ci interessa in rapporto allʼaffare Medjugorje. Aggiungiamo infine, con Nostro Signore, unʼindicazione generale per potere distinguere lo spirito buono dallo spirito cattivo o di natura: «Un albero buono non produce frutti cattivi, né un albero cattivo può produrre frutti buoni» (Mt 7, 18). La filosofia tomista condenserà questo insegnamento nel celebre adagio Bonum ex integra causa, malum ex quocumque defectu, “Il Bene è ciò che è integralmente buono, il male è ciò che invece è difettoso anche in un solo aspetto”(30). Nel campo spirituale santʼIgnazio ricorderà questo principio riassumendolo così: «Dobbiamo esaminare con molta cura il processo dei pensieri. Se lʼinizio, il mezzo e il fine sono tutti buoni e tendono pienamente al bene, è segno che procedono dallʼangelo buono. Ma se il corso dei pensieri che ci sono suggeriti termina a qualche cosa cattiva o che distrae, o meno buona di quella che lʼanima aveva prima proposto di fare, o se questi pensieri infiacchiscono o inquietano o turbano lʼanima, togliendo la pace, la tranquillità e la quiete che prima aveva, è chiaro segno che essi procedono dal cattivo spirito, nemico del nostro profitto e della nostra eterna salute»(31). Insomma, omne agens agit propter finem, cioè ognuno di questi spiriti agirà per un fine diverso, e più precisamente il proprio: Iddio per innalzarci a Lui non solo esternamente, ma tramite una trasformazione interiore reale, che è quella operata dalle virtù e dai doni; il demonio invece agirà per allontanarci dallʼunione con Dio, anche utilizzando mezzi apparentemente buoni, pur di portarci al suo fine cattivo. La natura decaduta, cioè tutto ciò che in noi non è ancora ordinato a Dio, agirà per soddisfare se stessa, cioè per il disordine della nostra carne o quello del nostro ego orgoglioso, collaborando così, volente o nolente al piano demoniaco della dannazione. Inoltre, agere sequitur esse, cioè lʼazione di questi spiriti sarà conseguenza della loro natura. Impossibile dunque per il demonio trasmettere ad esempio la pace vera, frutto della grazia e della visione beatifica che non possiede, ma segno certo della sua presenza sarà il turbamento, lʼinquietudine senza speranza, o magari anche una certo eccitamento sensibile differente dalla vera pace, come ci dice santʼIgnazio qui sopra sullʼesempio di Nostro Signore. In ogni caso si noterà ben presto, nelle anime influenzate dallo spirito cattivo, la paralisi spirituale, anche se travestita da una certa austerità o dallʼattivismo, dallʼeresia delle opere esterne magari presenti, ma che non produrranno frutti profondi e duraturi. Questi sono solo nelle mani di Dio, come dimostra la mirabile espansione del cristianesimo, degli ordini religiosi o i progressi dellʼarte e della conoscenza nel «tempo in cui la filosofia del Vangelo governava gli stati»(32).I CARISMI, LORO VALORE E LORO DIVISIONE Dopo la considerazione del discernimento degli spiriti, un altro aspetto da valutare attentamente nel giudizio dei fatti straordinari è quello dei “carismi”. Nella Prima Epistola ai Corinti, cap. 2, v. 4, san Paolo ci parla delle grazie straordinarie, o carismi, quali la profezia o le rivelazioni private. Tali carismi saranno chiamati dagli autori spirituali, in epoche successive, “gratiae gratis datae”, cioè grazie puramente gratuite: «…Vi sono differenze di carismi, ma lo Spirito è uno solo». Bisogna dire subito che, per quanto straordinari possano essere, san Paolo pone ben al di sopra di queste grazie la virtù di carità: «Se non ho la carità, tutto ciò non mi serve a nulla»(33), poiché senza di essa la nostra volontà è rivolta contro quella di Dio. San Tommaso spiega infatti(34) che «...la grazia santificante e la carità», che si ricevono normalmente tramite i sacramenti e si conservano ed aumentano con lʼosservanza dei dieci comandamenti e la pratica delle virtù e dei doni, riassunte nei due precetti della carità, «sono ben più elevate dei carismi. La grazia santificante e la carità ci uniscono infatti direttamente a Dio, nostro ultimo fine, mentre i carismi, anche se sono doni eccezionali, non sono ordinati ad altro che alla santificazione del prossimo, e per di più non provocano questa santificazione, ma lo dispongono (lo preparano) solamente alla conversione senza dare allʼanima nessuna vita soprannaturale»(35). La differenza tra carismi da una parte e grazia santificante e carità dallʼaltra, sta quindi nel fatto che questʼultime sono «essenzialmente soprannaturali, in quanto partecipazione della vita intima di Dio. Esse sono dunque invisibili, e non possono essere conosciute perciò tramite i sensi». I carismi, o grazie gratis datae, invece «non sono per essenza soprannaturali, ma solo nel modo per come si producono: così la resurrezione di un cadavere gli rende in maniera soprannaturale la vita naturale (vegetativa e sensitiva) senza pertanto produrre in esso la vita soprannaturale, che è la partecipazione alla vita divina. Il soprannaturale di tali segni (i carismi, n.d.r.) è dunque esterno e di molto inferiore a quello della grazia che si riceve già dal Battesimo»(36). San Paolo enumera poi nove carismi, ben diversi lʼuno dallʼaltro, al versetto 7(37), schematizzati poi da san Tommaso(38). Le rivelazioni private appartengono alla categoria del carisma della profezia, categoria ampiamente trattata dal Dottore Comune nella sua Somma Teologica(39). Anche qui la bontà di tali doni viene giudicata dalla conformità allʼordine divino: se tali carismi vengono da Dio non potranno certo contraddire innanzitutto lʼazione esterna di Dio, quale lʼordine nella natura, la fede rivelata, la sua Chiesa, per la quale certo né Iddio né Maria Santissima sarebbero degli sconosciuti(40). Insomma, quanto detto per il discernimento degli spiriti rimane vero anche nel caso dei carismi come la profezia, sia essa manifestata dalle visioni o dalle locuzioni interiori: «È sufficiente che un solo punto certo in fatto di dogma sia contraddetto […] per affermare che chi parla non è inviato da Dio»( 41). Ancor di più lʼordine interno alle anime, cioè lʼorganismo spirituale voluto dalla divina Provvidenza, non potrà essere contraddetto da qualsiasi profezia che si vuole divina. Così, come ricorda a più riprese il Padre Garrigou-Lagrange(42), lʼanalisi dei carismi ha il suo metro di giudizio nella comparazione con le virtù e i doni dello Spirito Santo normalmente infusi dai sacramenti, e in special modo, per escludere lʼazione della natura o dello stesso demonio, si dovrà controllare che queste profezie (parole o visioni) siano conformi alle virtù teologali e soprattutto a quelle dellʼumiltà e dellʼobbedienza(43). Anche alcuni effetti sensibili possono però dare indicazioni dellʼinfluenza divina o demoniaca su presunti veggenti: «… lʼinquietudine, il tormento, la paura, il disgusto, ma se ci fosse anche qualche piacere sensibile sarebbe molto differente dalla pace divina»(44): essi sono il segno dellʼazione demoniaca, che sempre utilizza la nostra sensibilità e la cui azione rimane a quel livello. Così invece una vera «pace interna, una santa gioia accompagnata da una profonda umiltà e da un attaccamento incrollabile alla virtù» sono i segni della presenza dello “spirito buono”, che invece agisce innanzitutto sulle facoltà più alte dellʼanima, illuminandone la ragione e incoraggiandone la volontà, anche quando queste sono poi aiutate da fervore sensibile. Per tutte queste difficoltà nel conoscere la fonte di possibili carismi, e a causa della natura ben più elevata della vita della grazia, si può dunque affermare con san Giovanni della Croce e con san Vincenzo Ferreri che il desiderio di tali carismi è da riprovarsi. San Giovanni dimostra quanto lʼanima che desiderasse le rivelazioni sia vana, poiché essa, tramite tale curiosità: 1) dà al demonio lʼoccasione di ingannarla(45); 2) tale inclinazione leva la purezza della fede(46); 3) produce ostacoli per lo spirito(47); 4) denota mancanza di umiltà(48); 5) espone lʼanima ad una moltitudine di errori(49); è inoltre una mancanza di rispetto per Nostro Signore il domandarla poiché la pienezza della Rivelazione è stata data col Vangelo(50); 6) il desiderio volontario di tali grazie è dunque per lo meno peccato veniale, anche in presenza di un fine buono(51). La ragione ne è che il desiderio di tali carismi distoglie dalla contemplazione infusa dei misteri della fede: «Lo Spirito Santo illumina lʼintelligenza raccolta (nella contemplazione, n.d.r.) nella misura di tale raccoglimento. Ora il raccoglimento più perfetto è quello che ha luogo nella fede […]. La carità è infusa in proporzione alla purezza dellʼanima che si trova nella fede perfetta: più tale carità è intensa e più lo Spirito Santo la illumina e le comunica i suoi doni»(52). Concludiamo dunque dicendo con Padre Garrigou-Lagrange che «è dunque un grande e purtroppo frequente errore quello di confondere il desiderio delle rivelazioni con la contemplazione infusa; non solo il primo è reprensibile, ma esso ci distoglie inoltre dalla contemplazione infusa che al contrario è altamente desiderabile»(53). Quanto detto sarà ora applicato a Medjugorje, per quanto ci è possibile. La mole delle apparizioni e dei messaggi, nonché della “letteratura” in proposito non ci permetteranno infatti unʼindagine assolutamente completa. Ma quanto diremo sarà spesso tratto da documenti favorevoli alla bontà delle apparizioni. Quindi, anche se incompleta, pensiamo che tale indagine sarà comunque sufficiente. Lʼabbiamo detto prima: “Malum ex quocumque defectu – il male è ciò che è difettoso anche in un solo aspetto”. PAURA E PANICO NELLE PRIME VISIONI. AGITAZIONE PRIMA DI OGNI NUOVA APPARIZIONE Notiamo innanzitutto la grande paura provata dai veggenti al momento delle prime apparizioni. Tale paura sembra andare al di là del timore reverenziale che si può riscontrare in altre visioni, come quello di Mosè di fronte al roveto ardente, o quello del profeta Daniele, o di Maria stessa, di fronte ad apparizioni angeliche, timore sempre seguito da coraggio e grande pace. Anche Bernadette a Lourdes o i pastorelli di Fatima conosceranno questo timore che non durerà più di qualche istante e che lascerà posto prestissimo ad una compostezza sovrumana. Ma per Medjugorje sembra diverso. Tutte le testimonianze più sicure concordano. I veggenti sono stati presi da un panico sorprendente alla vista delle apparizioni: innanzitutto le prime due veggenti. Ce lo dice il più famoso cantore di Medjugorje, nonché celebre mariologo, Padre René Laurentin(54): «La bruna Ivanka Ivanković (15 anni) e la bionda Mirjana Dragićević (16 anni)» sono le prime a vedere la “Gospa” il 24 Giugno 1981. Esse «escono a passeggio […]. Partono lungo la via di Podbrdo che costeggia i piedi della collina». Poi sulla via del ritorno, a cinquanta passi dalle prime case del villaggio e allʼincrocio di una stradina che scompare tra i terreni verso la chiesa, Ivanka vede dʼimprovviso […] una forma luminosa. Una donna lontana, indistinta, […] forse a duecento metri […]. È la Gospa! (la Madonna), mormora […]. A dispetto di unʼattrattiva incomprensibile, la paura ha il sopravvento. Tornano sui loro passi in tutta fretta e raggiungono il villaggio». Lì incontrano la piccola Milka Pavlović (12 anni) e si recano di nuovo sul luogo delle apparizioni. La vedono di nuovo «sempre là in alto, a destra, luminosa, su una piccola nuvola che le fa da piedestallo […]; ed ecco arrivare Vicka Ivanković, 16 anni, una contadina vivace e gioiosa, vicina di Ivanka e di Mirjana […]; le tre ragazze, voltate verso la collina, la chiamano da lontano: Guarda la Gospa! Quella chiamata intempestiva infastidisce Vicka, la irrita(55). […] -Quale Gospa? Scherzano, o hanno visto una biscia? [...] Mi cavai le scarpe e a piedi nudi fuggii via, correndo come una pazza. Arrivata al villaggio si ferma e scoppia a piangere? [...] Non sapevo che fare né dove mettermi... Passano di lì due ragazzi… Ivan Ivanković (20 anni)… e Ivan Dragićević (16 anni) bruno e timido, che ha delle mele in un sacchetto di plastica… Vieni con me gli chiede Vicka […] parla tra le lacrime che continuano a scenderle… Dicono di vedere la Gospa. Io non voglio vederla. Voglio solo andar là. Torna e vede. Questa volta resta conquisa (sic)». Non i due Ivan però. «…Anche Ivan Dragićević vede. Ma, preso dalla paura, scavalca lo steccato, fa ruzzolare il sacchetto di mele e scappa via senza raccoglierle. Anche lʼaltro Ivan se la dà a gambe... Vicka la guarda per cinque o sei minuti. Poi la paura ha il sopravvento di fronte a questo mistero che non si dissipa. – Fuggii di nuovo… Dove? A casa mia certo. Ero felice e allo stesso tempo spaventata. Avevo paura ed ero contenta. Mi sono gettata sul divano e non finivo di piangere…». Il secondo giorno due dei veggenti del giorno prima non ritorneranno: Ivan Ivanković, nonostante sia «lungo come un palo»(56), e Milka Pavlović. Notiamo due cose: innanzitutto le veggenti sono subito certe di vedere la Madonna. Non fu così per santa Bernadette a Lourdes che parlò per molto tempo di “Signora”, né per Lucia, Francesco e Giacinta a Fatima. Notiamo inoltre che questo forte turbamento allʼidea di poter vedere la Gospa sembra continuare anche ad anni di distanza. «Ivan Ivanković (che, con Milka, non avrà più apparizioni dopo il famoso 24 giugno, n.d.r.) il giorno dopo non ritornerà, e cerca di non parlarne. “Non mi piace pensarci, mi mette in confusione”», ripeterà tre anni dopo a Padre Laurentin, il 3 novembre 1984(57). È evidente anche lʼimbarazzo di Padre Laurentin; nel raccontare le prime visioni cerca di minimizzarlo intercalando alla nuda cronaca della paura frasi gratuite a proposito di Vicka che, nonostante il turbamento, sarebbe “conquisa” o che lʼapparizione «le è entrata in cuore». Sono frasi sue, non di Vicka. Anche il secondo giorno, 25 giugno, dove Marija Pavlović (16 anni), sorella di Milka, e Jakov Čolo (10 anni) si uniranno ai quattro veggenti “superstiti” (dopo il “ritiro” di Milka e Ivan Ivanković, ed anche questa è una particolarità di Medjugorje) e nonostante Padre Laurentin affermi che «non è ancora lʼestasi» e che «la paura è scomparsa», il religioso francese non può fare a meno di aggiungere che «Ivanka prova un senso di malessere e molti veggenti scoppiano in lacrime al ritorno: lacrime di pace profonda»(58) per Laurentin, ma per noi difficilmente conciliabili col “malessere” di Ivanka o con quello di Ivan Ivanković a tre anni di distanza. E se questo non bastasse, la ricerca psicofisiologica dei dottori Andreas Resch e Giorgio Gagliardi nel 1998, cioè 17 anni dopo le apparizioni, ci tranquillizza ancora meno. Nelle loro ricerche, condotte a quattro riprese tra il 22 aprile e lʼ11 dicembre 1998, nonostante il rapporto concluda escludendo la malattia psichica o la frode, si riportano, tra gli altri, i dati seguenti: «Ivan e Marija hanno ancora apparizioni giornaliere, Vicka invece è in una delle sue pause […]. Il desiderio di far rivivere separatamente in due luoghi diversi è frustrato dallʼinsistenza di Ivan, che vuole pregare e prepararsi assieme alla compagna (Marija). Essi sono là, fermi e legati a quelle macchine incongrue, e cominciano a scandire le loro preghiere. Ivan è teso e pallido, col viso quasi imperlato di un sottile sudore. Vicka gli è accanto. Marija è lì con gli occhi che cercano, il viso rosso dallʼemozione… gli altri medici si alternano a sottoporre i veggenti ai test di stimolazione, e loro accennano abbozzando anche un sorriso. Ad un tratto, gli occhi sbarrati, il viso immobile, prima Ivan e poi Marija restano in un atteggiamento sospeso, pupille midriatiche, solo un leggero ammiccamento delle palpebre. Ivan bisbiglia parole senza farne sentire il suono. Marija è immobile […]. Poche decine di secondi e tutto finisce. I veggenti ritornano alla realtà, leggermente stanchi ma rilassati(59)». Non sembra davvero il racconto delle apparizioni a Bernadette Soubirous, che conservava sempre la calma anche durante le punizioni fisiche impartitegli dalla madre(60). Tale paura o comunque malessere nei veggenti di Medjugorje è testimoniato dalle anamnesi personali (colloquio psicologico) ai quali si sottoposero più o meno volontariamente tutti i veggenti (Ivanka rifiutò la macchina della verità ed ogni altro test(61), anche Jakov fu sottoposto solo al colloquio). I colloqui con Maria, Ivan e Vicka furono inoltre condotti con interprete e redatti a Medjugorje, quindi purgati al massimo di ogni eventuale contraddizione. In essi si legge che questa paura non fu affare dei primi istanti ma perdurò, nonostante una specie di sovreccitazione per vedere la Gospa. Ivan, oltre a confermare quanto detto per la sua fuga del primo giorno e per il panico di Vicka e delle altre, afferma che anche «quella notte (dopo lʼapparizione) fu piena di paure»(62). Poi, nel secondo giorno la visione stessa le disse «non aver paura, tornerò domani»(63). E allʼindomani, terzo giorno di apparizioni, nonostante i veggenti incomincino a correre verso la montagna passando attraverso le spine - «Sembrava che volassimo […] non sentivamo alcun dolore o stanchezza - la paura perdura: «Io pensai che non ce lʼavrei fatta e volevo fuggire di nuovo, ma cʼera qualcosa più forte di me […] quando passavamo sulle pietre ed attraverso le spine […]. Io non avevo la forza per fuggire. Mi sentivo le gambe paralizzate, ma avevamo una forza che non era nostra»(64). Anche Vicka conferma abbondantemente il panico dei primi giorni. Ma tale ansia è presente anche nelle apparizioni di Marija e Ivan avute il 22 e 23 aprile 1998 (17 anni dopo le prime) e monitorate dallo staff medico dei dottori Resch e Gagliardi. Il ritmo cardiaco soprattutto alla fine del rosario (che precede sempre le apparizioni) e allʼinizio delle apparizioni è per entrambi paragonabile a quello di una persona sotto sforzo. Quelli di Ivan raggiungono addirittura i 135 battiti al minuto (87 allʼinizio) durante lʼestasi del 22 aprile(65) e 120 in quella del giorno dopo (tra 95 e 100 allʼinizio)(66). Marija, nonostante il carattere molto più controllato, raggiungerà le 114 pulsazioni al minuto (dalle 84 iniziali) il 22/4(67) e le 100 il 23/4 (dalle 84 iniziali)(68). È lecito dunque notare ancora che tale agitazione non corrisponde agli effetti che le vere apparizioni, cioè quelle di cui la Chiesa permette il culto, hanno sui veggenti, come dicevamo per Bernadette Soubirous e come visto nella parte sui carismi e sul discernimento degli spiriti. Ci si può dunque domandare se tale agitazione e paura dei veggenti Medjugorje sia di origine preternaturale o semplicemente umana. AMNESIE E CONTRADDIZIONI. QUAL È LʼATTENDIBILITÀ DEI VEGGENTI Un altro aspetto interessante degli interrogatori di tutti i veggenti nello studio di Padre Resch sono i numerosissimi “Non ricordo”. Impossibile riportarli tutti. Ad esempio nellʼinterrogatorio a Jakov se ne contano quasi due decine(69). Ed essi non riguardano però solo le circostanze esterne alle visioni di 17 anni prima, come ad esempio il numero di persone presenti(70) o addirittura il giorno(71) o i luoghi(72) delle visioni, ma anche i messaggi stessi(73). Non si tratta neanche del solo Jakov, appena decenne allʼinizio delle apparizioni. Anche Marija, Ivan, Vicka hanno dei vuoti di memoria preoccupanti. Marija non ricorda il luogo dellʼapparizione del 27 giugno, terzo giorno per lei delle apparizioni(74) né quello del 28(75), così come non ricorda se il 28 giugno ebbe lʼapparizione da sola o con altri(76). Particolare di non poca importanza come si mostrerà in seguito. Ivan, richiesto di quanto sia forte il suo ricordo della Gospa risponde che «Nel cuore ho un ricordo forte»(77), ma poi poco dopo, a proposito dei primi giorni, afferma: «Oggi è difficile parlarne perché è difficile ricordare tutto dopo 17 anni»(78). Anche nellʼinterrogatorio del giorno dopo afferma: «Sono pronto... ma difficilmente riuscirò a ricordare i quattro giorni in dettaglio»(79); infatti non si ricorda se Padre Jozo lo fece interrogare da Padre Kosir che, vestito da laico, si presentò semplicemente come dottore. Similmente non si ricorda dellʼapparizione del 1° luglio, avuta in macchina da due ragazze di fronte alla Chiesa(80). Tutto ciò fa pensare a quanto accadde a Lourdes. Nel luglio successivo alle apparizioni, alcuni bambini del vicino villaggio di Ossen, affermarono che anchʼessi, come Bernadette, vedevano la Madonna. Tali visioni sono ampiamente riportate da Mons. Cristiani nel suo libro “Présence de Satan dans le monde moderne”(81). Mons. Cristiani prova però che, a differenza delle visioni di Bernadette, queste visioni ai bimbi di Ossen e di Lourdes furono accompagnate da manifestazioni assurde e grottesche, che non diedero mai agli spettatori la pace delle visioni di Bernadette(82). Inoltre, i veggenti, ormai adulti ed interrogati ad anni di distanza riferirono come quelle visioni fossero ormai confuse per loro(83), anche se la paura e la sensazioni sgradevoli restavano ben impresse(84). Questo non avvenne mai per Bernadette, né per Lucia di Fatima né in genere per coloro che hanno visioni di origine divina. Come abbiamo visto, solo la Potenza increata è capace di imprimere in maniera indelebile lʼoggetto della visione, e questo accade sia che tale operazione divina abbia come termine lʼintelligenza umana, sia lʼimmaginazione sensibile. Ma, oltre alle chiare paure e dimenticanze di cui soffrirebbero ancora oggi i veggenti di Medjugorje, ci preoccupano anche le numerose contraddizioni. Marija ad esempio afferma che il 26 giugno «sentivamo sempre il bisogno di andare nel luogo in cui appariva la Madonna», ma qualche riga più sotto afferma invece che, dopo lʼapparizione sul monte «lʼunico pensiero era di tornare a casa». Paura? Poi continua: «Non provavo alcun sentimento né necessità di andare nel momento dellʼapparizione. Allora la Madonna mi apparve a metà strada»(85). (Tutto questo per Ivan invece accade il sesto giorno, cioè il 30 giugno)(86). O ancora: «Nei primi giorni non guardavamo lʼorologio, eppure avevamo lʼapparizione sempre alla stessa ora»(87) (?). Poi afferma che il 29 giugno «abbiamo avuto lʼapparizione alle 18.45», ma alla domanda «Quanto è durata quellʼapparizione?», risponde: «Nessuno di noi aveva lʼorologio»(88). Quale orologio disse dunque loro che lʼapparizione fu alle 18.45, ma non la durata dellʼapparizione? Orologio biologico? Ivan non è più fortunato. Lʼabile intervistatore lo induce a dire che allʼottavo giorno di apparizioni, il 1° luglio, egli prima si recò alla chiesa su invito dei genitori: «I nostri genitori sentirono che sarebbe venuta la polizia e ci dissero “Andate verso la chiesa”»(89): lì ci fu unʼapparizione in chiesa o addirittura nellʼufficio parrocchiale. Poi, dopo qualche altra domanda, dimentico ormai delle precedenti risposte afferma che sempre quel 1° luglio lui in chiesa non era presente, perché «penso che quel giorno fossi a casa. I miei genitori non mi permisero di andare […] mi dissero che cʼera la polizia nelle vicinanze e di non uscire»(90). Allora cosa dissero i genitori? Di andare in chiesa? Di restare a casa? E lui, dove si trovava? A casa o in chiesa? Bilocazione, dunque, o confusione? Oppure, e non vorremmo mai sospettarlo, ma ne siamo costretti, siamo di fronte ad una semplice menzogna! Non vogliamo continuare con gli altri veggenti, poiché troppi sono i passi dove si denunciano dimenticanze e contraddizioni. Rimandiamo direttamente al rapporto di Padre Resch. Però dobbiamo chiederci, dal nostro punto di vista che vuol rimanere squisitamente dottrinale: per quale ragione tante dimenticanze e addirittura contraddizioni evidenti? A volte sembra quasi che i veggenti vogliano addirittura proteggersi. In fondo il “Non ricordo” non può forse significare: “Non chiedermelo perché non voglio parlarne!”? È dunque tutta una montatura, come già suggeriva il Vescovo Žanić? Egli riporta infatti: «Un mese dopo lʼinizio delle apparizioni andai a interrogare i veggenti. Chiesi ad ognuno di giurare sulla croce e di dire la verità. Quella conversazione e quel giuramento furono registrati. La prima fu Mirjiana: -Andavamo a prendere i nostri montoni, quando dʼun tratto… Il vicario della parrocchia lʼinterruppe e mi raccontò che uscivano per fumare, e questo di nascosto dai loro genitori. - Aspettate un minuto, Mirjana, voi state parlando sotto sigillo di giuramento. Uscivate per andare a prendere i montoni?- Ella si mise la mano davanti alla bocca: - Perdonatemi, uscivamo per andare a fumare»(91). Mons. Žanić non è tenero neanche verso Vicka. «Vicka ha parlato e scritto molto e, così facendo, ha detto parecchie cose contradddittorie. Il Padre Nikola Bulat, membro della prima commissione, lʼha interrogata ed ha eseguito su di lei uno studio di sessanta pagine. Egli ha constatato le illogicità e menzogne del suo diario»(92). Il 14 gennaio 1982 i veggenti andarono da Mons. Žanić. Egli racconta: «Vicka si mise a parlare nervosamente, perché mentiva. Ella disse: - Nostra Signora ci manda a dire che siete troppo duro coi francescani(93)». Mons. Žanić aveva chiesto il trasferimento di due di loro, Ivica Vego e Ivan Prusina. Il primo aveva lʼamante. Fu ben presto espulso dallʼOrdine, nel gennaio 1982, e ridotto allo stato laico(94). Avrà anche dei figli. Ma, continua Mons. Žanić, «Secondo il “diario” di Vicka e le relazioni fatte dai veggenti, Nostra Signora afferma tredici volte che egli è innocente e che il Vescovo ha torto» (95). Quel 14 gennaio 1982 Mons. Žanić chiese a Vicka, Marija e Jakov: «Nostra Signora vi ha detto qualcosa a riguardo dei cappellani di Mostar, Ivica Vego e Ivan Prusina? -No, non li conosciamo - risposero tutti e tre. La nostra conversazione durò trenta minuti e lʼho tutta registrata. Ripetei più volte la domanda a proposito dei cappellani di Mostar, ed essi risposero sempre: - Non li conosciamo. Più tardi scoprii dal diario di Vicka che essi conoscevano benissimo i cappellani»(96). Il rapporto di Mons. Žanić continua rilevando le molte contraddizioni e le palesi bugie dei veggenti. A noi interessa sapere se, oltre a questa inaffidabilità, si possa attribuire tutto ciò ad una eventuale azione demoniaca, così come sembrava provare anche lʼansia evidente che accompagna le visioni. Non accettiamo comunque la giustificazione di Padre Laurentin a queste contraddizioni e menzogne. Egli invoca addirittura le apparenti contraddizioni del Vangelo: «Esistono contraddizioni nelle molte parole trasmesse dai veggenti? Sarebbe sbagliato chiamare troppo presto contraddizioni le varianti o interpretazioni divergenti del messaggio ricevuto […]. Gesù domanda di andare in Missione “senza bastone” (Mt 10, 10) o “soltanto con un bastone” (Mc 6, 8)? Le formule “senza bastone”, “con un bastone soltanto” sono solo materialmente contraddittorie; di fatto su due piani [sono] la medesima cosa: la povertà del Missionario che deve ridurre al minimo i mezzi di questo mondo»(97). Eh no! Non si possono invocare le “apparenti contraddizioni” del linguaggio analogico tipico delle parabole e usato da Gesù nei suoi insegnamenti, per confonderli con le evidenti contraddizioni (o addirittura le chiare menzogne anche sotto giuramento, come visto sopra) dei veggenti quando interrogati su dei fatti precisi e non su misteri soprannaturali od opinioni teologiche. Gesù certo insegnò i misteri soprannaturali tramite simboli, le parabole, poiché la nostra intelligenza non può conoscere direttamente quaggiù le realtà che sorpassano la nostra natura, ma solo tramite le similitudini con le cose create. Ecco che dunque per parlare del cielo Gesù si serve di simboli quali il festino di nozze, la vigna o la perla di gran pregio. Tali simboli possono lasciare lʼinterlocutore in una certa oscurità e implicare a volte una certa apparente contraddizione. Ma quando sarà interrogato sullʼesistenza di fatti reali anche soprannaturali, come negli interrogatori di Anna e Caifa, Gesù non sarà mai colto in contraddizione neanche apparente; ad esempio quando testificherà la sua natura divina o la sua regalità in maniera chiara e non analogica: “tu dicis!”. Né si può accettare da Laurentin che «la filosofia greca e i suoi derivati moderni… ci insegnano che ogni concetto si esprime in un gioco di contrasti: due contrari e i loro contraddittori, che ne esplicitano le sfaccettature complementari… morte e vita, inizio e fine si spiegano a vicenda e si rispondono»(98). Eh no, caro Hegel! … pardon… caro Laurentin! Se nella fase di induzione di un concetto i suoi contrari, o i suoi contraddittori, possono aiutare, per accidens, ad ottenerne qualche comprensione, nondimeno in buona filosofia, cioè né moderna né hegeliana, ma aristotelica e scolastica, un concetto è definito di per sé dal suo genere prossimo e dalla differenza specifica, e non dai suoi contrari o contraddittori. Così la morte (che tra lʼaltro è una privazione e non un essere vero e proprio) sarebbe definita solo approssimativamente come “assenza di vita”(99), ma lo è invece in maniera precisa dalla definizione “separazione (genere prossimo) dellʼanima dal corpo (differenza specifica)”. Ciò è ancor più chiaro quando si tratta di definire esseri concreti, ad esempio definire la natura dellʼuomo col suo contrario “non angelo” o “non-animale bruto” sarebbe approssimativo rispetto alla definizione classica di “animale (genere prossimo) razionale (differenza specifica)”. Né in buona logica lʼopposizione di privazione invocata da Laurentin, come vita-morte, o quella di contrarietà, inizio-fine, può essere confusa con la contraddizione tra un fatto affermato e la sua esatta negazione (come abbiamo visto nel caso degli interrogatori dei veggenti). Tra i due non esiste nulla in comune a differenza degli altri tipi di opposizione. Solo Hegel potrà affermare il contrario, col suo ricorrere alla contraddizione tra “tesi” e “antitesi” per generare una “nuova verità”, eppur sempre relativa. Tale stravolgimento della logica poté accadere solo in un periodo ed in un ambiente storico, quello protestante, dove la vera filosofia aristotelico-tomista fu volutamente dimenticata per sostituirla col primato della coscienza individuale. E vediamo oggi con quali risultati. OBBEDIENZA Anche in questo campo non possiamo purtroppo lodare i veggenti, né coloro che li hanno sostenuti durante questi anni. Secolari infatti sono le diatribe tra una parte dei Francescani che da sempre evangelizzarono la regione, e la Curia, istallata dʼufficio dalle autorità romane, e perciò legittimamente. Su tale diatriba, che appare già evidente da quanto detto sopra, non ci dilungheremo anche perché riportata in parecchi luoghi. Segnaliamo solo gli ultimi sviluppi. «Ci sono almeno sei-sette comunità religiose o quasi, in fieri o già esistenti, di diritto diocesano oppure no, che dimorano a Medjugorje per volontà loro, senza sottomettersi alla Curia vescovile. Tali comunità sono più segno di disobbedienza che carisma dʼobbedienza in questa Chiesa! Nella diocesi di Mostar-Duvno esiste il problema che negli ultimi anni si è giunti ad uno scisma. Almeno otto francescani, espulsi dallʼOrdine francescano, e sospesi a divinis, si sono ribellati alla decisione della Santa Sede non permettendo il passaggio di alcune parrocchie dallʼamministrazione francescana a quella diocesana. Hanno occupato con la forza almeno cinque parrocchie, svolgendo in esse tutte le attività pastorali. Assistono invalidamente alle celebrazioni del matrimonio, confessano senza il permesso necessario, hanno amministrato invalidamente la cresima ai giovani. Tre anni fa hanno invitato un diacono veterocattolico che si è spacciato per Vescovo e che ha cresimato circa ottocento ragazzi in tre parrocchie, ecc. Due di loro hanno chiesto la consacrazione episcopale al Vescovo veterocattolico svizzero, Hans Gerny, ma non ci sono riusciti. Quanti sacramenti nulli, disobbedienze, aggressioni, sacrilegi, disordine, irregolarità ma neppure un “messaggio” di quelle decine di migliaia di “apparizioni” è stato mandato per togliere questi scandali. Veramente strano!»(100) Anche i veggenti, come abbiamo visto sopra, e non solo alcuni francescani, non sono purtroppo mai sembrati disposti ad obbedire al Vescovo. Questo atteggiamento di rifiuto dei veggenti permane purtroppo anche negli interrogatori di Padre Resch nel 1998(101). STRANI COMPORTAMENTI DELLA “GOSPA” Se il numero delle apparizioni, circa 35.000 in totale a tuttʼoggi secondo una stima che non può essere altro che approssimativa(102), potrebbe essere già motivo sufficiente per dubitare che ciò che appare, se appare, sia veramente Maria Santissima, è utile comunque esaminare altri aspetti dei messaggi. Innanzitutto la “Gospa” sembra promettere cose che non mantiene. Il 1° Marzo 1984 la “Gospa” annuncia «…Ogni giovedì darò un messaggio particolare per voi»(103). Il 26 Aprile 1984 «la Gospa non ha mandato messaggi»(104). Il 30 aprile (che non è un giovedì), richiesta da Marija del perché non abbia mandato messaggi il 26 precedente, essa avrebbe risposto: «Non voglio costringere nessuno a fare qualcosa che non sente(105) o che non vuole fare, anche se ho dei messaggi da dare alla parrocchia, con i quali vorrei risvegliare la fede di ognuno di loro; ma solo pochi hanno accolto quelli che ho già mandato; erano ancora in tanti, allʼinizio, ma poi è sembrato che la cosa fosse troppo quotidiana per loro; e adesso negli ultimi tempi, alcuni si interessano ai miei messaggi per curiosità e non per fede e per devozione verso mio figlio e me (minuscole non nostre, ma nel testo, n.d.r.)»(106). Francamente, la risposta della “Gospa” sembra più degna di una comare delle “Baruffe chiozzotte” di Goldoni, o alle reprimende del presidente di una squadra di calcio abbandonato dai suoi tifosi, piuttosto che della Madre di Dio. “Voi non venite? E io chiudo lo stadio” sembra quasi dire la brava “Gospa”. Ribadisce il concetto nel messaggio successivo del 10 maggio dove afferma, con aria di maestrina stizzita dai suoi agitati pargoli: «Io vi parlo e vorrei continuare a parlarvi; ma voi dovete ascoltare quello che dico»(107). Con tutto ciò si intende coprire lʼevidente mancanza di fedeltà alla parola data precedentemente: «Ogni giovedì darò un messaggio particolare per voi …». Ma di nuovo la “Gospa” si “dimentica” della promessa il 14 e il 28 giugno 1984, anche se questa volta preferisce “far finta di niente” non giustificando lʼingiustificato silenzio(108). Ma non finisce qui. Oltre a promettere cose che non mantiene (e ci si passi di verificare le altre trentaquattromila e rotte apparizioni che potrebbero in qualche maniera voler giustificare la cosa) la “Gospa” manifesta ancor più questa sete di affetto umano quando dice ai veggenti che vuol essere “toccata” (sic). Lo afferma Marija ancora nel 1998 a P. Resch. Tutto ciò sarebbe accaduto il 29 giugno 1981: «Abbiamo avuto lʼapparizione alle ore 18.45 […]. Recitammo il rosario e la Madonna apparve, poi ci disse che potevamo avvicinarci e toccarla. Noi chiedemmo alla Madonna – Come possono toccarti se non ti vedono? La Madonna disse – Prendete le loro mani – e noi lo facemmo e tutti toccarono la Madonna»(109). Padre Livio Fanzaga cerca di giustificare tale comportamento adducendolo al “Cuore materno” di Maria: «Cʼè da meravigliarsi che in momenti particolari la Madonna scambi con i veggenti un abbraccio o un bacio, nella festa del compleanno o dellʼonomastico o quando cʼè bisogno di tenerezza o di incoraggiamento?» (110). Quindi la “Tota Pulchra”, lʼImmacolata, “Colei che non conosce uomo”, lʼ“Hortus conclusus”, il Giardino cinto dalle stesse cure della Trinità Santa, poiché riservata ad essere Tempio dellʼAltissimo per conservare lʼAgnello Immacolato nel suo seno, e che perciò non fu sfiorata in vita neanche dal fedele custode della sua Verginità, san Giuseppe, Ella, richiederebbe ora, dopo essere stata assunta in Cielo, di essere toccata da chiunque? E se, ammesso ma non concesso, per unʼimpossibile derogazione allʼordine divino ed eterno, così fosse, a che pro? Per soddisfare una fede che non si distingue più da un sentimentalismo troppo umano? Davvero strano. Poiché anche nelle apparizioni di Lourdes, dove Bernadette si avvicinò realmente a Maria su invito della Vergine, Ella volle almeno in un primo tempo che le altre signore stessero lontano dal luogo dove si trovava. Così il Trochu nella vita di santa Bernadette: durante la terza apparizione del 18 febbraio, la veggente era accompagnata da due dame che le chiesero di portare penna e calamaio allʼapparizione perché potesse scrivere il suo nome. Quando Bernadette si avvicinò «noi ci preparavamo a seguirla – racconta la signorina Peyret – quando Bernadette, senza voltarsi, ci fece segno con la mano destra di indietreggiare, e noi ci ritirammo dietro lʼangolo della roccia, al fondo del sentiero dove ci inginocchiammo»(111). Per la prima volta la Signora parlò, ma non disse né ancor meno scrisse il suo nome. Solo in seguito al colloquio con Bernadette permise alle dame di avvicinarsi, ed esse «in ginocchio ripresero le loro Ave»(112), e non si peritarono certo di andare a toccare la Vergine, né mai Ella invitò tutti i presenti indifferentemente a toccarla. Quanto è diversa la “Gospa” di Medjugorje dalla Sempre Vergine della liturgia e della Scrittura e dalla “Signora” di Lourdes. “DOGMI” NUOVI E SEMINUOVI A MEDJUGORJE Quanto sopra ci fa già riflettere su quanta discrepanza ci sia tra lʼeterna dottrina della Chiesa e quanto affermato a Medjugorje. Aggiungiamo solo un ultima chicca sui Novissimi, riportata da Wayne Weible, protestante americano convertito a Medjugorje(113). I veggenti infatti affermarono ben presto di essere stati portati in Paradiso, in Purgatorio e allʼInferno. A questo proposito, oltre alle solite contraddizioni riscontrate in Resch, quali quella di Marija che afferma che tutti videro questi tre luoghi(114), mentre Ivan afferma poche pagine dopo di non essere andato in Purgatorio «perché avevo paura»(115) (e lʼInferno? A occhio e croce si dovrebbe avere più paura di questo che di quello…), ed oltre alla puerilità delle descrizioni, ad es. «Poi abbiamo visto il Purgatorio, in Purgatorio non abbiamo visto nulla, ma abbiamo sentito delle voci»(116), nel testo di Weible possiamo leggere una risposta sconvolgente di Mirjana a proposito del Purgatorio. Egli riporta, in un articolo del 18 dicembre 1985, il seguente botta e risposta tra Mirjana e Padre Tomislav Vlašić, ex-francescano e parroco, ma oggi allontanato da Medjugorje(117): «P. Vlašić: - La Madonna ti ha detto se oggi va allʼinferno molta gente? - Mirjana: - Sì. Glielʼho domandato recentemente e mi ha detto che oggi la maggior parte delle anime va in Purgatorio. Un grande numero va allʼInferno; poche vanno direttamente in Paradiso» Ora, carissimo lettore, se così stanno le cose, vuol dire che qui ci troviamo in presenza di una nuova rivelazione sostanziale del dogma cattolico, cioè quella a proposito del numero degli eletti. “Oggi la maggior parte va in Purgatorio” asserita da Mirjana significa, che lo si voglia o no, che oggi la maggior parte delle anime si salvano. Oggi, cioè in mezzo a questʼapostasia generale dove neanche il più piccolo degli stati si confessa più cattolico, dove lʼEuropa e il mondo Occidentale in genere favoriscono con le loro leggi i più grandi crimini, quelli sì, contro lʼumanità, quale lo sterminio sistematico dei bimbi nel grembo delle loro madri; oggi, in questo mondo dove lʼanormalità di tutto ciò che attacca la famiglia e i costumi sembra diventata la norma e la norma anormalità, ebbene in questo mondo di guerre ingiuste alimentate dal traffico del petrolio, della droga, delle armi, dei bambini e degli organi, la maggior parte delle anime si salverebbe? Oggi, nel tempo il cui il numero dei Cattolici è passato ad un settimo della popolazione mondiale mentre neanche centʼanni fa era la metà, e quando il Cattolicesimo, per la prima volta nella storia, ha dovuto cedere il primo posto assoluto allʼIslam nella classifica delle religioni più diffuse, si salverebbero dunque più anime di quante se ne dannino? Anche se siamo i primi ad augurarci che sia così, che dovremmo dire allora di quando gli stati erano cattolici? LʼInferno era forse vuoto allora, come vorrebbero oggi molti anche tra la gerarchia ecclesiastica(118)? A che pro dunque gli avvertimenti di Lourdes e Fatima, e ancor di più, perché a Medjugorje la “Gospa” inviterebbe alla preghiera e alla penitenza tramite la recita di tre corone quotidiane e di tre digiuni settimanali(119), mentre a Fatima, dove i veggenti videro, loro sì, lʼinferno, la Madonna chiese allʼinizio solo una corona quotidiana, e solo dopo la pratica dei cinque sabati? Forse che a Fatima e a Lourdes la Madonna esagerò con le visioni mentre fu lassista nella riparazione? Ma anche al di là di queste contraddizioni, come abbiamo già detto, per quanto ci insegna la Chiesa, il mistero sul “numero degli eletti”, cioè se il numero delle anime salvate dalla Misericordia divina sia relativamente maggiore o minore del numero di quelle dei dannati, è un mistero che la Bontà di Dio si è voluta tenere chiaramente per sé(120). Infatti, unʼeventuale conoscenza di questo mistero, anche pro tempore, cioè ad un dato momento storico come per lʼ“oggi”di Mirijana, potrebbe, nel caso di numero ristretto degli eletti, facilmente scoraggiare i deboli spingendoli alla disperazione, o, nel caso contrario, incoraggiare i pigri nella loro presunzione della salvezza, oltre a togliere il merito della fede. Ecco perché, nella Sacra Scrittura, la Sapienza Divina ci rappresenta lʼaccesso alla vita eterna come una «porta stretta»(121) o afferma che siano «molti i chiamati, pochi gli eletti»(122), chiamandoli «piccolo gregge»(123), così come Essa Sapienza ci informa allo stesso tempo che gli eletti sono «una moltitudine che nessuno poteva contare»(124), che bisogna perdonare «settanta volte sette»(125) o che «il Nostro Salvatore è morto per tutti»(126), poiché «Egli è propiziazione per i nostri peccati, e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo»(127). Sì, lʼignoranza di tale mistero, così come di quella della data della fine del mondo o del giudizio universale, già pietra dʼinciampo per millenaristi e protestanti di ogni epoca, o di quella della propria morte, sono infatti ben più vantaggiose, per lʼuomo decaduto, della loro conoscenza. Ma non sembra questo essere lʼavviso di Mirjana. E se Mirjana ha ragione dobbiamo allora ammettere che Nostro Signore aveva torto quando disse che era venuto «non per abolire la legge, ma per completarla»(128). Secondo Mirjana, e chi le crede, dunque il deposito della fede non si sarebbe chiuso colla morte dellʼultimo degli Apostoli, come ci dice il Magistero costante(129) e ci prova la sana teologia(130), ma si sarebbe arricchito di una nuova verità mai rivelata per duemila anni dalla morte di Nostro Signore Gesù Cristo e mai affermata dalla Chiesa. Insomma, Mirjana come i modernisti(131); entrambi, per i loro seguaci, ne sanno di più di Gesù, il Verbo Incarnato. UNA “MADONNA” ECUMENICA Per confermare questo nuovo “spirito profetico” che soffierebbe nella ridente cittadina bosniaca, nel resto dellʼintervista Mirjana, con Ivanka questa volta, ci rivela unʼaltra “verità”, cioè che: «fondamentalmente le religioni sono simili». La “Gospa” infatti, afferma Mirjana «“...ci ha parlato anche del problema della separazione tra gli uomini a motivo delle diverse religioni. Qui da noi, ad esempio, cʼè separazione tra serbi ortodossi, maomettani e cattolici. Tali separazioni non sono una cosa buona. La Madonna dice: cʼè un solo Dio, sono stati gli uomini a creare le divisioni. Non si può credere sinceramente, essere un cristiano autentico, se non si rispettano anche le altre religioni”- P. Vlašić: Qual è dunque il ruolo di Gesù Cristo se lʼIslamismo è una buona religione? Mirjana: Non abbiamo parlato (sic) di questo. La Madonna (sic) si è limitata a indicare e a deplorare la mancanza di unità religiosa specialmente nei piccoli centri. Ha detto che ognuno dovrebbe rispettare la religione degli altri e, naturalmente, la propria»(132). Et voilà! La Madonna per Mirjana domanderebbe dunque il rispetto delle altre religioni, sic et simpliciter. Ma questa Madonna di Mirjana sarebbe dunque quella della fede cattolica? Ne dubitiamo fortemente. Ancora una volta la “Gospa” non assomiglia al “Maglio di tutte le eresie” di cui ci parla la liturgia, né alla Madonna del Rosario che ha permesso le vittorie a Lepanto e a Belgrado proprio contro i Musulmani, vittorie spirituali innanzitutto ma anche politiche e militari, festeggiate ogni anno dalla Chiesa fino a tempi non troppo lontani. Certo, possiamo anche essere dʼaccordo che, per amore di una convivenza pacifica e necessaria allo sviluppo della fede, i cristiani non debbano abbandonarsi ad una facile quanto demoniaca persecuzione fisica dei noncristiani(133). Pietà dunque per i peccatori. Ma se Mirjana dice (poiché non possiamo credere che sia la Madonna): “Non si può credere sinceramente, essere un cristiano autentico, se non si rispettano anche le altre religioni”, ebbene noi diciamo che “Non si può credere sinceramente, essere un cristiano autentico, se non si rispetta Nostro Signore Gesù Cristo e se non si condanna lʼerrore di chi lo rifiuta come Salvatore” come fanno, ahimè, Islam e religione ebraica, “o chi lo diminuisce più o meno direttamente” come fanno Testimoni di Geova e altre sette protestanti, nonché i loro degni alter ego di casa nostra, cioè i cattolici infetti dalla peste del pensiero liberale. E infatti la Chiesa ha sempre cercato di convertire gli infedeli con lʼesempio della carità cristiana, fermo restando il diritto dei popoli cristiani alla difesa dalle invasioni degli stessi infedeli (come fecero i principi cristiani con le Sante Crociate). Essa, tramite i Missionari, ha sempre esercitato questa carità effettiva, portando però innanzitutto la vera fede e i mezzi della grazia. Da quelle poi sono scaturite ineluttabilmente le scuole, gli ospedali, le università e tutte quelle opere, altrettanto ineluttabilmente assenti appena viene meno la Verità Eterna, Gesù Cristo, ma che fanno da fondamento al buon ordine e alla pace degli stati. Ma volere la pace, che è “tranquillità dellʼordine”, senza il rispetto della verità, ponendo la Chiesa divinamente fondata da Dio fatto Uomo, incarnato e morto per noi, sullo stesso piano delle false religioni fondate da uomini, è fare opera di disordine, non di pace. E possiamo anche essere dʼaccordo che le “divisioni”, successive però allʼistituzione divina della Chiesa, siano state provocate da chi si è allontanato da quella vera fede, cioè dagli eretici e dagli scismatici. Non possiamo però attribuire questa responsabilità della divisione alla Santa Chiesa Cattolica, perché essa non è di istituzione umana. Essa infatti è stata positivamente voluta e istituita dal Dio fatto uomo, Gesù Cristo, e solo ad essa è stata promessa lʼesistenza fino alla fine dei secoli(134). Non possiamo dunque credere alle parole di Mirjana, né ancor meno a quelle di Ivanka che nel libro di Weible(135) si spinge ancora più in là affermando che «la Madonna (sic) ha detto che, fondamentalmente, le religioni sono simili, ma che gli uomini hanno creato, a motivo di esse, molte divisioni e inimicizie tra loro». Cadono qui dunque tutti i tentativi di difesa di Laurentin(136) che, per giustificare Mirjana, afferma che la confusione deriverebbe dallʼincomprensione della lingua croata da parte di avversari che «deformano e radicalizzano le frasi improvvisate dai veggenti, liberamente riferite in croato, e spesso arrivate a noi tramite molteplici traduzioni. Le manipolano con una superba ignoranza del loro contesto e della loro cultura»(137). Vogliamo certo tenere ben in conto col massimo rispetto la dimestichezza colle lingue balcaniche che Padre Laurentin si attribuisce, e, notiamo en passant, che nega a quanti, traduttori o semplici studiosi, hanno esaminato i messaggi dei veggenti, raggruppandoli nelle categorie dei “manipolatori” o dei “ superbi ignoranti”(138). Notiamo anche en passant la sua stima verso i veggenti, che, secondo lui, parlano «liberamente in croato» proferendo “frasi improvvisate», ma che a noi suona come se non sapessero bene quel che dicono. Secondo lʼillustre mariologo i messaggi parlerebbero solo «dellʼeguaglianza delle persone, visto che tutti, su questa terra, hanno la vocazione di figli di Dio»(139). «Lʼambiguità su cui i polemisti giocano, per schiacciare i veggenti, poggia sul fatto culturale che in questi paesi, le nazioni e le religioni vengono identificate»(140). Che etnie e religioni siano spesso identificate tra loro nei Balcani nessuno lo nega. Ma la frase: «La Madonna (sic) ha detto che, fondamentalmente, le religioni sono simili, ma che gli uomini hanno creato, a motivo di esse, molte divisioni e inimicizie tra loro» affermata da Ivanka, lascia poco spazio a dubbi. Qui, se sappiamo ancora leggere, gli “uomini” che hanno creato divisioni, e le “religioni”, usate dai primi come mezzo di divisione, sono ben distinte. E così anche Mirjiana, qui sopra distingue bene le due cose, parlando di «religione - degli altri». «Ha detto che ognuno dovrebbe rispettare la religione degli altri e, naturalmente, la propria». A meno che Laurentin non voglia far dire anche a Ivanka e Mirjana quello che dal testo non appare minimamente. Questa sì sarebbe manipolazione bella e buona, e non quella degli avversari “manipolatori”, “superbi” e “ignoranti” di Medjugorje. Né ci tranquillizza il fatto che Mirjana abbia aggiunto: «Preservate la vostra religione per voi stessi e per i vostri figli»(141), poiché la Chiesa non sarebbe più missionaria secondo il precetto di Gesù: «Andate e insegnate a tutte le genti» (Mt 28, 19), non solo a se stessi e a i propri figli, che quello sarebbe fare opera di divisione legando la religione ad una sola etnia. Ripetiamo dunque quanto già detto: le religioni che rifiutano Gesù Cristo come Salvatore e Dio fatto uomo sarebbero dunque simili a quellʼunica che lo riconosce Figlio di Dio e Salvatore? Quante volte dovremo, col Magistero costante, provare la fallacia e il ridicolo di tali fantasie, che si riassumono in quellʼerrore mostruoso che è lʼindifferentismo religioso e il latitudinarismo, e che vorrebbe a tutti i costi unʼunità tra i credenti a dispetto della fede? La Gospa di Mirjana e Ivanka sembra non aver letto la Mortalium Animos di Pio XI dove la sua stessa frase è fatta a pezzi a più riprese: «…Tutti sanno che lʼapostolo della carità, san Giovanni stesso, vietò assolutamente ogni relazione di sorta con quanti non professavano intera ed immacolata la dottrina di Cristo: “Se vien qualcuno fra voi e non porta questa dottrina, non lo ricevete in casa e nemmeno salutatelo” (Gv 10). Se la carità dunque, non ha altro fondamento che la fede integra e sincera, è necessario ai cristiani, se vogliono unirsi, di unirsi prima e sopra di tutto, nellʼunità della fede [...]». Nella Chiesa Cattolica dunque la Madonna non potrà mai «deplorare la mancanza di unità religiosa», perché rientrerebbe nelle «iniziative molteplici degli acattolici, relative allʼunione delle Chiese cristiane. I fautori di essa [...] pensano che lʼunità di fede e di regime, dote distintiva della Chiesa, non sia in fondo mai esistita prima dʼora, e non esista oggi»(142). Contro di essi si scaglia così Pio XI. Né la Gospa sembra ricordarsi della condanna della libertà religiosa su cui si basa tale indifferentismo e condannata da decine di passaggi del Magistero di tutti i tempi ed elencate dallʼEnchiridion Symbolorum. Una su tutte, lʼincipit del Simbolo Atanasiano: «Chiunque voglia esser salvato, prima di tutto deve tenere la fede cattolica, che, se qualcuno non la serberà integra e inviolata, questi perirà senza dubbio in eterno»(143). Ma anche Gregorio XVI in Mirari vos(144), Pio IX in Qui pluribus(145) e in Quanto conficiamur moerore condanna la visione che ci si possa salvare in qualsiasi religione, e specialmente nel caso di rifiuto pertinace della fede cattolica(146). Egli qui riprende lʼallocuzione Singulari quadam, e ripeterà la stessa condanna nel Sillabo(147). Così il Concilio Vaticano I nella Dei Filius(148) con tutti i Papi fino allʼinfausto Concilio Vaticano II ripeteranno senza ambiguità le stesse condanne e ricorderanno la necessità di appartenere veramente alla Chiesa Cattolica e di accettarne la rivelazione per salvarsi, condannando chi se ne separa. Ancora una volta dunque lungi da noi il desiderio di aderire a tali eresie sullʼunione tra religioni a dispetto della fede rivelata, siano esse eresie raccomandate da presunte visioni, da nuove rivelazioni o addirittura da documenti emanati da autorità ecclesiastiche in «prurito di novità», e siano esse riportate per bocca di sedicenti “profeti” laici, chierici o religiosi. Anche in questʼultimo caso si tratterebbe purtroppo di “profeti del proprio cervello”, e non certo della fede rivelata, profeti da osteggiare e combattere, anche per amore della loro salvezza. I FAUTORI DI MEDJUGORJE E IL MOTIVO DEL LORO ENTUSIASMO Al lettore che ha avuto la pazienza di seguirci fin qui sarà oramai chiaro che non possiamo condividere lʼottimismo e lʼentusiasmo di coloro che, per quanto siano illustri, vedono ancora nei veggenti di Medjugorje dei testimoni attendibili o ammettono nelle supposte apparizioni un qualsiasi carattere soprannaturale. Ci riferiamo soprattutto a due di loro che hanno, più di ogni altro in questi anni, fatto da cassa di risonanza al paesello bosniaco e che abbiamo già citato qui sopra: Padre René Laurentin e Padre Livio Fanzaga. Del primo abbiamo già parlato un poʼ. Soffermiamoci ora un poʼ di più sul secondo. Precisiamo che chi scrive non lo fa per umana antipatia, anzi dobbiamo ammettere che esiste, specialmente verso il nostro Padre Fanzaga, una certa simpatia e una certa ammirazione per aver saputo riempire, anche se solo in parte, un vuoto evidente nel panorama radiofonico italiano di cui tutto si potrà dire, ma non che sia massicciamente invaso da radio anche solo velatamente cattoliche. Padre Livio infatti, con una certa liberalità, ammette a Radio Maria programmi inimmaginabili a volte anche su Radio Vaticana. Non voglio far nomi o esempi per evitare appropriazioni o reazioni eventualmente sfavorevoli verso chi noi preferiamo. Per quanto ci è stato dato di conoscere di Radio Maria in questi anni si trovano, oltre alla trasmissione del rosario e della Messa, programmi adatti ai “target” di pubblico più disparati: dalla vite dei santi alle conferenze specialistiche di storia, dallʼinsegnamento del catechismo alla discussione di problemi medici, dal commento politico dellʼattualità alla trattazione di argomenti di filosofia, ecc. La convinzione sincera di Padre Livio e dei differenti autori dei programmi ha poi fatto il resto. Certo, i contenuti di questi programmi sono lontani dallʼottenere tutti indifferentemente un nostro plauso incondizionato, ma pensiamo che la formula indubbiamente vincente di Radio Maria(149) debba esser tenuta presente da chiunque desidera utilizzare la radio come mezzo di apostolato. Ma a parte questo giudizio più o meno assennato sui requisiti di una buona radio cattolica, per noi Radio Maria è la prova evidente che Padre Fanzaga, per quanto riguarda Medjugorje, è più una vittima che un protagonista, o al massimo una vittima che è diventata, quasi suo malgrado, protagonista. E questo a noi interessa esaminare il più possibile brevemente: comʼè possibile che “teologi illustri” (secondo lʼopinione più diffusa, anche se non necessariamente la più giusta, come dimostreremo) come Padre Laurentin o dottori in filosofia come Padre Fanzaga si siano fatti coinvolgere e convincere a propagandare come divinamente ispirato ciò che invece è per lo meno sapiens haeresim? Come si può sottoscrivere, dopo quanto visto, lʼopinione che «A Medjugorje uno vi è condotto da una mano invisibile che [...] guida i suoi passi verso questo luogo privilegiato dalla grazia» o che «Non si va in questo luogo come in qualsiasi (sic) santuario del mondo, fosse pure il più importante e il più santo»(150)? Tale atteggiamento è possibile solo per chi, alla semplice constatazione dei fatti e alla fede rivelata, preferisce purtroppo, il sentimento, e per chi invece alla trascendenza delle virtù, ne preferisce lʼ“immanenza vitale”. Per chi ha infatti avuto occasione di scorrere il libro succitato di Padre Livio, Perché credo in Medjugorje, potrà constatare che la parola “cuore” è a dir poco abusata, così come i concetti di “esperienza” ed “esistenza”. Un passaggio su tutti: «Il richiamo allʼesperienza personale è uno degli aspetti più significativi e originali del cammino spirituale che uno inizia a Medjugorje. La Madonna è ben lontana da una catechesi astratta. Il cristianesimo non è tanto una dottrina quanto una vita. Maria ti invita a capire, a cogliere e a vivere. Lʼitinerario che lei propone ti porta a sperimentare nel tuo cuore la grandezza e la bellezza della vita quando Dio è presente e la illumina. Come si impara a pregare pregando, così si apprende la fede vivendo. Se non si vive nel cuore non si può sentire né Dio, ne la Madonna, né la grazia (03.07.1986)»(151). Certo la fede informe senza le opere concrete non vale molto,ma qui i termini “esperienza personale”, “cristianesimo non dottrina ma vita”, “fede imparata vivendo” richiamano purtroppo in maniera evidente la fede concepita in maniera naturalista e già condannata dalla Pascendi di san Pio X come fenomeno immanente, come puro sentimento che sgorga dallʼiniziativa personale e non come dono trascendente e soprannaturale. Lo stesso dicasi, ahimè, della grazia che qui, contro la concezione classica di “habitus entitativus”(152) del tutto trascendente, si può invece “sentire”, e addirittura si deve sentire se si vuol essere sicuri della bontà della propria fede che “si vive nel cuore”. Il problema è che tale visione distorta della fede è ancora una volta attribuita alla Madre di Dio e che Medjugorje diventa unico metro della fede: «…delle persone che riscuotevano tutta la mia fiducia vedevano la Madonna ogni giorno. Sì, la Madonna cʼera e dunque tutta la fede cristiana è vera, dalla prima allʼultima parola. Se la Madonna è viva oggi, allora lʼaldilà esiste e la vita umana ha un destino di gloria. Se la Madonna appare, allora non sono solo e la navicella della mia vita non naviga senza speranza e senza meta. Il pensiero che la Madonna cʼè perché alcune persone meritevoli di fiducia (sic) la vedono ogni giorno, rappresenta una grande forza e un motivo di credibilità a sostegno della fede che solo un presuntuoso potrebbe disprezzare [...]; quando uno ti dice che la Madonna esiste, perché lʼha vista pochi minuti prima, ti dona una verità più grande di mille prediche. Unʼintera biblioteca di libri di teologia non avrebbe la medesima efficacia trascinante»(153). È chiaro dunque che per Padre Livio la fede si appoggia non sullʼautorità di Dio che si rivela in un Deposito della fede trasmesso sin dai tempi apostolici dal Magistero costante della Chiesa, ma sul “se la Madonna appare”. E questa certezza della bontà dellʼapparizione come divina non ci viene neanchʼessa dal confronto col Magistero, ma dalle «persone meritevoli di fiducia». Di quale fiducia? Di quella che scaturisce dalla conformità al dogma? Ancora no, ma dalla “mia fiducia”, quella stessa che scaturisce dalla stessa esperienza personale che mi dà la certezza della fede, come visto qui sopra. N o t i a m o i n o l t r e c h e a n c h e le affermazioni come quelle citate a proposito della peculiarità, ma che dico, supereminenza di Medjugorje su ogni santuario mariano al mondo, sono purtroppo supportate solo dallʼautorità di chi le afferma e non sono mai suffragate da alcun documento. Dunque, poiché quidquid gratis asseritur, gratis negatur(154) non ci soffermeremo oltre su tali affermazioni, anche perché lʼaspetto teologico delle asserzioni dei fautori di Medjugorje meriterebbe una trattazione più ampia. Ci interessa invece sapere, come dicevamo, che cosa ha spinto religiosi e sacerdoti come Laurentin e Padre Livio verso Medjugorje. Crediamo di intravedere la risposta nelle seguenti parole di Padre Livio(155): «Qualcuno dirà che basta la fede. Certo! Ma quando la fede è assopita, quando è esposta al dubbio, [...] quando Dio sembra tacere, quando questo mondo sembra inabissarsi nellʼincredulità, quale luce, quale conforto, quale forza se una persona ti dà la certezza che la Madonna cʼè perché lʼha vista. La testimonianza di chi vede la Madonna aiuta la fede. Egli ti certifica lʼesistenza di un altro mondo e ti conferma che tutto ciò in cui credi è vero»(156); e ancora: «Il nostro tempo ha visto la più impressionante eclissi di Dio da quando è stato creato il mondo. Gli uomini, secondo quanto afferma la Madonna a Medjugorje, stanno costruendo “un mondo nuovo senza Dio” solamente colle loro forze e perciò sono infelici e senza gioia nel cuore (25.03.1997). La tenebra, il dubbio, lʼinsicurezza e lʼangoscia per il futuro penetrano nelle coscienze. La fede di molti vacilla sotto le spinte di una mentalità pagana, atea, materialista ed egoista. È in questa tempesta spirituale che vanno collocate le apparizioni della Madonna a Medjugorje. Esse costituiscono la risposta misericordiosa di Dio a un momento di grande smarrimento spirituale dellʼumanità»(157). È dunque la crisi della fede che spinge tante anime verso Medjugorje. E a questo proposito lungi da noi il negare che “il fumo di satana” sia entrato addirittura tra le mura della Chiesa, come affermerà, ahimè troppo tardi, lo stesso Papa Montini. Ma sarà difficile che a tale crisi si possa rispondere con la “fede-sentimento vitale” di cui sopra. Se infatti la fede-virtù trascendente ci dà qui giù la certezza dei misteri soprannaturali senza darcene lʼevidenza, ma soltanto unʼimmagine «per speculum in aenigmate» (158), ed è perciò accompagnata sempre da una certa oscurità a volte anche penosa, ma più spesso consolante, fino al momento dellʼincontro «facie ad faciem»(159), che ne sarà della “fede-sentimento” alla quale non interessa la dottrina, cioè lʼadesione dellʼintelligenza ad un oggetto preciso proposto dalla stessa autorità di Dio tramite la Chiesa? «Tantum ardere vanum, tantum lucere parum, ardere et lucere perfectum»(160). Una “fede vivente” senza la luce della dottrina rivelata è cieca e sterile. Ben vengano dunque le «otto ore di preghiera (Messa, ufficio e rosario) e dodici ore di lezioni religiose al giorno»(161) che si possono ascoltare a Radio Maria, ma si ritorni al Magistero di sempre e non lo si confonda coi vaneggiamenti degli pseudoteologi dellʼimmediato pre e post-concilio che hanno portato alla Chiesa, invece di una primavera ricca di frutti, un inverno spietato che da troppo tempo sterilizza le vocazioni, le famiglie e la Chiesa tutta. È questo un appello più che spassionato a Padre Livio, che invece ne sembra decisamente influenzato, poiché spesso cita i “nuovi teologi” in trasmissione: «Effettivamente a Roma, al tempo del Concilio, ho conosciuto molti dei teologi più “avanzati” (sic) di allora: da Congar, a Chenu, a Rahner. Nel mio seminario insegnava filosofia Padre Ernesto Balducci, mio confratello; ma era un Balducci un poʼ prima edizione, agostiniano e legato a La Pira. Grazie a lui ho conosciuto appunto il sindaco di Firenze e don Milani, che era piuttosto diverso da come lo dipingono ora, molto più prete e meno contestatore; anzi mi ha fatto impressione per il suo attaccamento alla Chiesa. Io comunque, non sono mai stato progressista nel senso dellʼortodossia»(162). “Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei” diceva lʼadagio. Sarebbe troppo lungo discutere in questʼarticolo se i teologi summenzionati fossero semplicemente “avanzati” o chiaramente eretici. Ci basti dire che Chenu, Congar e Rahner con Küng et de Lubac furono spesso nel mirino del Card. Ottaviani, allora Segretario del SantʼUffizio, e che si adoperarono tutti per opporre allʼ«operazione di polizia intellettuale, nelle mura chiuse della Scolastica» degli Schemata preparatori del Card. Ottaviani «la speranza di una considerazione pastorale allʼaltezza dei problemi di evangelizzazione posti da un mondo nuovo»(163). A tale scuola di pensiero, (guardacaso?) aderì anche un giovane René Laurentin, lodato da Chenu per aver «esposto con vigore, in questi tempi di fame, la tesi classica (sic) del primato della destinazione comune dei beni, sui diritti di appropriazione privata»(164). Giudichi chi può se il disprezzo della sana Scolastica e le vittorie di questi “nuovi teologi” abbiano portato alla Chiesa «dellʼaria fresca»(165) come si augurava Giovanni XXIII o il mefitico odore solforico del “fumo di Satana”, ricordato qui sopra. Don Milani fu poi il profeta della “disobbedienza civile”, pensiero che gli meritò diverse censure da parte del Card. Ermenegildo Florit, allora Ordinario della diocesi di Firenze, e, se la memoria non ci inganna, finalmente la suspensio a divinis. La sua concezione dellʼ “obiezione di coscienza” metteva questʼultima al di sopra di qualunque altra autorità, concezione che non sarebbe senzʼaltro dispiaciuta a Lutero, e che, per quanto visto qui sopra, non dispiace a Padre Livio. Stupirà poi qualcuno sapere che La Pira, lo storico inseguitore del dialogo coi comunisti e fondatore del giornale “Avvenire”, propagò con la Democrazia Cristiana quello stesso cattolicesimo liberale inventato in Francia dal sacerdote Felicité de Lammenais e propagato dal suo giornale che si chiamava, altra coincidenza, “LʼAvenir”? Lammenais, con lʼadesione al pensiero liberale perse il sacerdozio e la fede, e morì fuori dalla Chiesa(166). Ed è questo pensiero che sta alla base degli errori dei nuovi teologi del Concilio e di Don Milani, che lo si voglia o no. MIRACOLI E CONVERSIONI A MEDJUGORJE? Rimane da esaminare lʼaspetto delle vere o presunte guarigioni e conversioni che si sarebbero verificate a Medjugorje. Per le prime, Padre Laurentin sembra riportarne molte a pag. 150 e seguenti del suo La Vergine appare a Medjugorje, e dice: «Degli oltre 360 casi dichiarati alla canonica di Medjugorje (fino al 1991, n.d.r.), soltanto una ventina presentano lʼopportunità di riunire un dossier sufficientemente documentato ai fini di un esame rigoroso». Ricordiamo che nel campo delle guarigioni, la Santa Sede si avvale principalmente dellʼaiuto del Bureau Medical (Ufficio Medico) di Lourdes. Esso è composto da decine di medici di ogni religione e ideologia che esaminano i casi di guarigione. Se uno solo dei membri si oppone allʼinspiegabilità della guarigione il caso viene archiviato. Mons. Žanić afferma al par. 4 del suo Rapporto che «Laurentin ha scelto cinquantasei dossier e li ha inviati al Bureau Medical di Lourdes. Il dottor Mangiapan ha risposto nel suo bollettino dʼaprile 1984 che quei dossier non avevano alcun valore e che non si potevano utilizzare come prove serie delle apparizioni di Medjugorje». Laurentin poi torna alla carica con altri casi di guarigione vere o presunte quali quello di Diana Basile, Damir Koric e Rita Klaus. Non ci risulta che il Bureau Medical abbia ancora considerato nessuna di queste come inspiegabile. Il fenomeno Medjugorje appare poi davvero ridimensionato se si pensa ai circa ventimila casi di guarigione verificatisi a Lourdes e presi in considerazione dal Bureau Medical: di questi, solo qualche migliaio sono stati dichiarati inspiegabili scientificamente dallo stesso Bureau, e tra questi la Chiesa ne ha riconosciuti a tuttʼoggi come miracolosi solo una settantina. Questo perchè il criterio sperimentale è solo uno dei molteplici criteri usati dalla Chiesa per attribuire unʼorigine divina ai fatti straordinari, siano essi apparizioni o guarigioni. Ammesso e non concesso che tutte le guarigioni di Medjugorje risultassero un giorno vere, la non-ortodossia dottrinale rimarrebbe comunque, tra gli altri, uno scoglio insormontabile per concludere della bontà delle apparizioni a Medjugorje. Né questo impedirebbe a priori la verità delle guarigioni stesse o delle eventuali conversioni. Iddio, infatti, «che permette il male per tirarne un più gran bene» (san Tommaso dʼAquino) può anche, senza esserne obbligato, elargire vere grazie permettendo talvolta guarigioni e conversioni in circostanze avverse, secondo lʼadagio di san Paolo «diligentibus Deum omnia cooperantur in bonum - Per chi ama Dio tutto coopera al bene» (Rm 8, 28). Il che significa che chi, cercando sinceramente di servir Dio, si mettesse involontariamente in una situazione oggettivamente pericolosa, «Iddio, che scruta i reni e i cuori» (Ps 7, 10) saprà premiare la buona volontà colle grazie necessarie e fornire i lumi sufficienti per uscire da quella circostanza negativa che non fu causa, ma solo occasione di grazia. È la storia di ogni conversione. Ed il caso più eclatante di questa manifestazione della Saggezza Divina è proprio san Paolo, che, perseguitando i buoni cristiani con zelo sincero di servir Dio, fu prescelto come testimone di quel Gesù che perseguitava perchè dapprima lo credeva un impostore. San Paolo si sbagliava sui mezzi, ma non sul fine. Il suo era più un errore che un peccato. Così ne è senza dubbio di molte anime, congelate dallʼinverno postconciliare il quale, dopo la dottrina e la liturgia, ha fatto tabula rasa della spiritualità e della vera mistica. Esse, cercando Dio, possono confondere lʼardore sensibile delle apparizioni e delle consolazioni con il fuoco della Carità e della Grazia. Ma, se perseverano con buona volontà nel cercare di sciogliere ogni dubbio per trovare la verità, Iddio non mancherà di illuminarle con sovrabbondante generosità. È una prima conversione alla quale altre ne dovranno succedere per potere arrivare alla perfezione, così come alla prima conversione di Pietro, che abbandonò le reti per seguire Gesù che lo chiamava, successe una seconda conversione col pentimento dopo il tradimento del Giovedì Santo ed una terza colla luce della Pentecoste. Solo allora lʼopera fu perfetta. Preghiamo la Madre di Dio, Sede della Sapienza, Maglio delle eresie e Rifugio dei peccatori, affinchè ci risparmi tutti dagli errori del nostro tempo per portarci al Suo Dolce Figliolo Gesù, unica Via, Verità e dunque...Vita. Maria Immacolata apparsa veramente a Lourdes, a Fatima e alla Rue du Bac per confortarci in questi tempi malvagi, preservateci da ogni male. Tempora bona veniant.
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