In Tua Justitia Libera me Domine

Blog della Tradizione Cattolica Apostolica Romana

martedì 19 marzo 2024

MEDITAZIONE PER MARTEDÌ DI PASSIONE


Della carcerazione e condotta di Gesù a' giudici. I. Arriva Giuda nell'orto e, tradendo egli col bacio il suo maestro, si fanno sopra Gesù quegl'insolenti ministri e lo legano come un ribaldo: Comprehenderunt Iesum et ligaverun eum (lo. XVIII, 12).1 Un Dio legato! e perché? e da chi? dalle stesse sue creature. Angeli del cielo, che ne dite? E voi, Gesù mio, perché vi fate legare! O rex regum, piange S. Bernardo, quid tibi et vinculis?2 - Che han che fare le funi de' schiavi e de' rei col re de' regi e col santo de' santi? Ma se gli uomini ardiscono legarvi, voi che siete onnipotente, perché non vi sciogliete e vi liberate da' tormenti, che questi barbari vi apprestano? Ah che non sono già queste funi che vi stringono; l'amore verso di noi è quello che vi lega e vi condanna alla morte. Mira, o uomo, dice S. Bonaventura, come quei cani maltrattano Gesù: chi l'afferra, chi lo spinge, chi lo lega, chi lo percuote.3 E mira Gesù che quale agnello mansueto senza resistenza si fa condurre al sagrificio. E voi discepoli, che fate? perché non accorrete a torlo di mano ai suoi nemici? Almeno perché non lo accompagnate per difender la sua innocenza avanti ai giudici? Ma oh Dio, che ancora i discepoli al vederlo preso e legato se ne fuggono e l'abbandonano! Tunc discipuli eius relinquentes eum omnes fuqerunt (Marc. XIV, 50). oh Gesù mio abbandonato, chi mai prenderà le vostre difese, se i vostri più cari vi lasciano? Ma oimè che questa ingiuria non finì colla vostra Passione! Quante anime dopo essersi consegrate alla vostra sequela e dopo molte grazie speciali ricevute da voi, per qualche passione di vile interesse o di umano rispetto o di sozzo piacere vi abbandonano! Misero me, che di questi ingrati uno son io. Gesù mio perdonatemi ch'io non voglio più lasciarvi. Io v'amo e voglio prima perder la vita che perdere più la vostra grazia. II. Condotto che fu Gesù davanti a Caifas, fu da lui interrogato de' suoi discepoli e della sua dottrina. Gesù rispose ch'egli non avea parlato in segreto ma in pubblico, e che quegli stessi che gli stavano d'intorno ben sapevano ciò che avea insegnato: Ego palam locutus sum... Ecce hi sciunt quae dixerim ego (Io. XVIII, 20, 21). Ma a tal risposta uno di quei ministri, trattandolo da temerario. gli diede un'orribile guanciata con dirgli: Sic respondes pontifici (Ibid. 22).4 O pazienza del mio Signore! E come una risposta sì mansueta meritava un affronto sì grande alla presenza di tanta gente e dello stesso pontefice, il quale in vece di riprendere quell'insolente, col silenzio più presto l'applaudisce?- Ah Gesù mio, voi tutto soffriste per pagare gli affronti ch'io temerario vi ho fatti. Amor mio, ve ne ringrazio. Eterno Padre, perdonatemi per li meriti di Gesù. Mio Redentore, io v'amo più di me stesso. Indi l'iniquo pontefice l'interrogò se veramente egli era il Figlio di Dio. Gesù per rispetto del divin nome affermò esser ciò vero; ed allora Caifas si lacerò le vesti, con dire che Gesù avea bestemmiato; e tutti gridarono ch'era degno di morte: At illi respondentes dixerunt: Reus est mortis (Matth. XXVI, 66). -- Sì, mio Salvatore, ben siete reo di morte, mentre vi siete obbligato a soddisfare per me che son reo di morte eterna. Ma giacché voi colla vostra morte mi avete acquistata la vita, è ragione che la vita mia io la spenda tutta per voi. Io v'amo e non altro desidero che amarvi. E mentre voi che siete il più grande di tutti i re, avete voluto per amor mio essere disprezzato più di tutti gli uomini, io per amor vostro voglio soffrire ogni affronto che mi sarà fatto. Deh! per lo merito de' vostri disprezzi datemi voi forza di sopportarli. III. Avendo il concilio de' sacerdoti dichiarato reo di morte Gesù Cristo, si pose quella canaglia a maltrattarlo per tutta la notte con schiaffi, calci e sputi, come uomo già dichiarato infame: Tunc exspuerunt in faciem eius et colaphis eum ceciderunt (Ibid. 67). Ed indi lo burlavano dicendo: Prophetiza nobis, Christe, quis est qui te percussit? (Ibid. 68).-- Ah mio caro Gesù, questi vi schiaffeggiano, vi sputano in faccia, e voi tacete, e come un agnello senza lamentarvi tutto soffrite e l'offerite per noi? Quasi agnus coram tondente se obmutescet, et non aperiet os suum (Is LIII, 7). Ma se questi non vi conoscono, io vi confesso per mio Dio e Signore, e intendo che quanto voi innocente patite, tutto lo patite per amor mio. Ve ne ringrazio, Gesù mio, e v'amo con tutto il cuore. Fatto giorno, condussero Gesù Cristo a Pilato per farlo condannare a morte. Pilato nondimeno lo dichiarò innocente: ma per liberarsi da' Giudei che seguivano a strepitare, lo mandò da Erode, il quale, desiderando di vedere qualche prodigio per mera sua curiosità, l'andò interrogando di varie cose. Ma Gesù, non meritando risposta quel malvagio, tacque e non gli rispose. onde il superbo gli fe' molti dispregi e specialmente lo fe' vestir da pazzo con una veste bianca.- O Sapienza eterna, o Gesù mio, quest'altra ingiuria vi mancava d'esser trattato da pazzo! o Dio, che ancor io per lo passato, come Erode, v'ho dispregiato! Deh non mi castigate come Erode con privarmi delle vostre voci. Erode non vi conobbe, io vi confesso per mio Dio; Erode non si pentì d'avervi ingiuriato, io me ne pento con tutto il cuore; Erode non v'amò, io v'amo sopra ogni cosa. Deh non mi negate le voci delle vostre ispirazioni! Ditemi quel che volete da me, ch'io colla vostra grazia tutto voglio fare. Maria, speranza mia, pregate Gesù per me. __________________________________ 1 Cohors ergo, et tribunus, et ministri Iudaeorum comprehenderunt Iesum et ligaverunt eum. Io. XVIII, 12. 2 «O Rex regum et Domine dominantium, quid tibi et vinculis?» Vitis mystica seu Tractatus de Passione Domini, cap. 4, n. 12. Inter Opera S. Bernardi, ML 184-644. - «O Rex regum et Domine dominantium, quid tibi cum vinculis?» Idem opus, cap. 4, n. 1. Opera S. BONAVENTURAE, VIII, ad Claras Aquas, 1898, pag. 165. - Vedi Appendice, 2, 9°. 3 «Ipse Dominus noster super omnia benedictus Deus, ab hora qua de nocte captus est usque ad sextam crucifixionis suae horam, fuit in bello continuo, doloribus magnis, opprobriis, illusionibus et tormentis. Non enim sibi datur vel modica requies. Sed in quali erat bello et conflictu audi et vide. Alius ipsum dulcem et mitem et pium Iesum apprehendit, alius ligat, alius insurgit et alius exclamat, aius impellit, alius blasphemat, alius exspuit in eum et alius vexat, alius circumvolvit, alius interrogat, alius contra eum falsos testes inquirit et alius inquirentes associat, alius contra eum falsum testimonium dicit, aliusque accusat. (E dopo ricordati nella stessa maniera i tormenti che seguirono fino alla crocifissione, conchiude il pio autore): Vides ergo quomodo usque ad sextam horam passus est longum et durum bellum. Vere intraverunt aquae usque ad suam animam (Ps. 68), et cirucmdederunt eum canes multi (Ps. 21), terribiles, fortes et feroces, et consilium malignantium eum obsedit (Ps. 21)....» Meditationes vitae Christi, cap. 74. Inter Opera S. Bonaventurae, VI, Lugduni, 1668, p. 384. - Vedi Appendice, 2, 7°. 4 Unus assistens ministrorum dedit alapam Iesu, dicens: Sic respondes pontifixi? Io. XVIII, 22. MEDITAZIONE PEL MERCOLEDÌ. Della flagellazione di Gesù Cristo. I. Vedendo Pilato che i Giudei non lasciavano di pretender la morte di Gesù, egli lo condannò a' flagelli: Tunc ergo apprehendit Pilatus Iesum et flagellavit (Io. XIX, 1). Stimò l'ingiusto giudice di quietare con ciò i suoi nemici, e così liberarlo dalla morte. Ma questo ritrovalo riuscì troppo doloroso per Gesù Cristo; mentre scorgendo i Giudei che Pilato dopo un tal supplizio volea liberarlo, come egli disse: Corripiam ergo illum et dimittam (Luc. XXIII, 22), essi corruppero i manigoldi, acciocché lo flagellassero a segno che in quel tormento vi lasciasse la vita. --Entra, anima mia, nel Pretorio di Pilato fatto un giorno orrendo teatro de' dolori e delle ignominie del Redentore; e vedi come Gesù ivi giunto da se stesso si spoglia delle sue vesti, come fu rivelato a S. Brigida,1 ed abbraccia la colonna, con dare un testimonio agli uomini delle sue pene e del suo amore. Guardalo come va l'innocente Agnello col capo dimesso, e tutto verecondo per lo rossore aspetta quel gran tormento. Ecco che quelli barbari, come cani arrabbiati, già se gli avventano sopra. Mira colà: chi gli percuote il petto e chi le spalle, chi li fianchi e chi l'altre parti del corpo; anche la sagra testa e la sua bella faccia non vanno esenti dalle percosse. Oimè! già corre quel sangue divino da ogni parte; già di sangue son pieni i flagelli e le mani de' carnefici, la colonna ed anche la terra. oh Dio, che non trovando i percussori parte più sana da ferire aggiungono piaghe a piaghe, e lacerano da per tutto quelle sacrosante carni: Et super dolorem vulnerum meorum addiderunt (Ps. LXVIII, 27). - O anima, come hai potuto offendere un Dio flagellato per te' ? E voi, Gesù mio, come avete potuto tanto patire per un ingrato? o piaghe di Gesù, voi siete la mia speranza. o Gesù mio, voi siete l'unico amore dell'anima mia. II. Troppo tormentosa fu questa flagellazione per Gesù Cristo, poiché i carnefici furono sessanta, come fu rivelato a S. Maria Maddalena de' Pazzi, gli uni sottentrando agli altri:2 gli strumenti scelti a quest'ufficio furono i più fieri, onde ogni colpo fe' piaga. Le battiture poi giunsero a più migliaia, sicché arrivarono a comparire scoperte anche l'ossa delle coste di nostro Signore, come fu rivelato a S. Brigida.3 Giunsero in somma a farne una tale strage che Pilato credette di muovere a compassione gli stessi suoi nemici, allorché loro lo mostrò sulla loggia, dicendo: Ecce Homo (Io. XIX, 5). E il profeta Isaia ben ci predisse lo stato compassionevole in cui doveva ridursi il Salvatore nella sua flagellazione, dicendo che la sua carne doveva essere tutta franta: Attritus est propter scelera nostra; e il suo benedetto corpo doveva diventare come un corpo di un lebbroso tutto piaghe: Et nos putavimus eum quasi leprosum (Is. LIII, 4). Ah mio Gesù, vi ringrazio di tanto amore. Mi dispiace che anch'io mi sono unito a flagellarvi. Maledico tutti i miei piaceri malvagi, che vi han costato tanta pena. Ricordatemi spesso, Signore, l'amore che mi avete portato, acciocché io v'ami e non v'offenda più. Deh, quale inferno a parte sarebbe per me, se dopo aver conosciuto l'amor vostro e dopo che voi tante volte m'avete perdonato, io misero di nuovo vi offendessi, e mi dannassi! Ah che questo amore e questa misericordia sarebbe nell'inferno un inferno per me più tormentoso. No, amor mio, non lo permettete. Io v'amo, o sommo bene, v'amo con tutto il cuore e voglio sempre amarvi.

lunedì 18 marzo 2024

MEDITAZIONE PER LUNEDÌ Di PASSIONE.





Del sudore di sangue ed agonia di Gesù nell'orto. I. Il nostro amante Redentore, venuta l'ora della sua morte, si portò nell'orto di Getsemani, in cui da se stesso diede principio alla sua amarissima Passione con dar licenza al timore, al tedio e alla mestizia, che venissero a tormentarlo: Coepit pavere, taedere et maestus esse (Marc. XIV, 33; Matth. XXVI, 37).1 Cominciò dunque a sentire un gran timore e tedio della morte e delle pene che doveano accompagnarla. Se gli rappresentarono allora i flagelli, le spine, i chiodi, la croce, e non già l'uno dopo l'altro, ma tutti insieme vennero ad affliggerlo, e specialmente se gli fece innanzi quella morte desolata, che dovea patire abbandonato da ogni conforto umano e divino. Sicché atterrito alla vista dell'orrido apparato di tanti strazi ed ignominie, prega l'Eterno Padre che ne lo liberi: Pater mi, si possibile est, transeat a me calix iste (Matth. XXVI, 29). Ma come? non era Gesù quegli che tanto avea desiderato di patire e morire per gli uomini, dicendo: Baptismo habeo baptizari, et quomodo coarctor usquedum perficiatur? (Luc. XII, 50). E come poi così teme queste pene e questa morte? Ah che ben egli volea morire per noi: ma acciocché non pensassimo ch'esso per virtù della sua divinità morisse senza pena, perciò fece quella preghiera al Padre, per farci conoscere che non solo moriva per nostro amore, ma moriva con una morte sì tormentosa, che grandemente lo spaventava. II. Si aggiunse allora a tormentare l'afflitto Signore una gran mestizia, ond'egli giunse a dire che quella bastava a dargli morte: Tristis est anima mea usque ad mortem (Matth. XXVI, 38). -- Ma, Signore, dalla morte che vi apparecchiano gli uomini, a voi sta liberarvene, se vi piace: perché tanto v'affliggete? --Ah che non tanto furono i tormenti della Passione, quanto i nostri peccati che così afflissero il Cuore del nostro amante Salvatore. Egli per togliere i peccati era venuto in terra; ma vedendo poi che con tutta la sua Passione, pure si avean a commettere tante scelleraggini nel mondo, questa fu la pena che prima di morire lo ridusse a morte e lo fe' sudare vivo sangue in tanta copia, che giunse a bagnare la terra: Et factus est sudor eius sicut guttae sanguinis decurrentis in terram (Luc. XXII, 44). Sì, perché Gesù allora vide innanzi tutt'i peccati che avean da fare gli uomini dopo la sua morte, tutti gli odi, disonestà, furti, bestemmie, sacrilegi, e ogni colpa venne allora colla sua malizia, come una fiera crudele, a lacerargli il Cuore. Ond'egli diceva allora: Questa dunque, o uomini, è la vostra ricompensa al mio amore? Ah s'io vi vedessi a me grati, oh come allegramente anderei ora a morire! ma il vedere, dopo tante mie pene, tanti peccati, dopo tanto mio amore, tanta ingratitudine; questo è quello che mi fa mesto fino alla morte, e mi fa sudar sangue. Dunque, amato mio Gesù, i peccati miei furono quelli che allora tanto vi afflissero. Se meno io avessi peccato, meno voi avreste patito. Quanto più di piacere io mi ho preso in offendervi, tanto più d'affanno io allora v'accrebbi. E come ora non muoio di dolore, pensando che ho pagato l'amor vostro con aggiungervi pena e mestizia? Io dunque ho afflitto quel Cuore che tanto mi ha amato! Colle creature io sono stato ben grato, con voi solo sono stato un ingrato. Gesù mio, perdonatemi, ch'io me ne pento con tutto il cuore. III. Vedendosi Gesù carico de' nostri peccati, procidit in faciem suam (Matth. XXVI, 39), si prostrò colla faccia a terra, come vergognandosi d'alzare gli occhi in cielo; e posto in agonia di morte pregò lungamente: Factus in agonia, prolixius orabat (Luc. XXII, 43). Allora, Signor mio, voi pregaste per me l'Eterno Padre che mi perdonasse offerendovi a morire in soddisfazione delle mie colpe. Anima mia, come non ti arrendi a tanto amore? Come ciò credendo puoi amare altri che Gesù? Su via, buttati a' piedi del tuo agonizzante Signore e digli: Caro mio Redentore, e come avete potuto amare chi tanto vi ha offeso? Come avete potuto soffrire la morte per me, vedendo l'ingratitudine mia? Deh fatemi parte di quel dolore che sentiste nell'orto pe' peccati miei. Ora io gli abborrisco ed unisco questo mio abborrimento a quello che allora ne aveste voi. O amore del mio Gesù, tu sei l'amor mio. Signore, io v'amo, io v'amo, io v'amo, e per amor vostro mi offerisco a patire ogni pena, ogni morte. Deh, per li meriti dell'agonia che soffriste nell'orto, datemi la santa perseveranza. Maria, speranza mia, pregate Gesù per me. 
1 Coepit pavere et taedere. Marc. XIV, 33. - Coepit contristari et maestus esse. Matt. XXVI, 37.

domenica 17 marzo 2024

Prima settimana di Passione Domenica




S. Alfonso Maria de Liguori Meditazioni sulla Passione di Gesù Cristo per ciascun giorno della settimana

MEDITAZIONE PER LA DOMENICA.

Dell'amore di Gesù in patire per noi. I. Il tempo1 dopo la venuta di Gesù Cristo non è più tempo di timore, ma tempo d'amore, come predisse il profeta: Tempus tuum, tempus amantium (Ezech. XVI, 8),2 poiché si è veduto un Dio morire per noi: Christus dilexit nos, et tradidit semet ipsum pro nobis (Eph. V, 2). Nell'antica legge, prima che il Verbo s'incarnasse, potea l'uomo dubitare se Dio l'amasse con tenero amore, ma dopo averlo veduto morire dissanguato3 e vilipeso su d'un patibolo infame, non possiamo più dubitare ch'egli ci ami con tutta la tenerezza. E chi mai potrà arrivare a comprendere qual eccesso d'amore sia stato mai questo del Figlio di Dio, di voler egli pagar la pena de' peccati nostri? Eppure ciò è di fede: Vere languores nostros ipse tulit et dolores nostros ipse portavit (Is. LIII, 4).4 Tutta e stata opera del grande amore che ci porta: Dilexit nos, et lavit nos in sanguine suo (Apoc. I, 5).5 Per lavarci dalle sozzure delle nostre colpe volle egli essere svenato, e col suo sangue farci un bagno di salute. Oh misericordia infinita! Oh bontà infinità! Oh amore infinito di Dio! Ah mio Redentore, troppo mi avete obbligato ad amarvi: troppo vi sarei ingrato, se non vi amassi con tutto il cuore. Gesù mio, io vi ho disprezzato. perché son vivuto scordato del vostro amore: ma voi non vi siete scordato di me. Io vi ho voltato le spalle, e voi mi siete venuto appresso; io v'ho offeso e voi mi avete invitato al perdono e mi avete perdonato; io v'ho tornato ad offendervi, e voi siete tornato a perdonarmi. Deh Signore, per quell'affetto con cui mi amaste sulla croce, legatemi ora a voi colle catene del vostro santo amore: ma legatemi tanto ch'io non abbia più a vedermi separato da voi. V'amo, o sommo bene, e voglio sempre amarvi.6 II. Quello che più deve infiammarci ad amar Gesù Cristo non è tanto la morte, i dolori e le ignominie sofferte per noi, quanto il fine ch'egli ha avuto in patir tante pelle per noi, cioè per dimostrarci il suo amore e per guadagnarsi i nostri cuori: In hoc cognovimus caritatem Dei, quoniam ille animam suam pro nobis posuit (I Io. III, 16). Non era già necessario per salvarci che Gesù patisse tanto e morisse per noi; bastava che spargesse una sola goccia di sangue, una lagrima per la nostra salute; questa goccia o lagrima di un uomo Dio era bastante a salvar mille mondi; ma egli ha voluto spargere tutto il sangue, ha voluto lasciar la vita in un mare di dolori e di disprezzi per farc'intendere l'amore grande che ha per noi e per obbligarci ad amarlo: Caritas... Christi urget nos, dice S. Paolo (II Cor. V, 14); non dice la Passione, la morte, ma l'amore di Gesù Cristo ci sforza ad amarlo. E chi eravamo noi, o Signore, che a tanto caro prezzo abbiate voluto acquistarvi il nostro amore? Pro omnibus mortuus est Christus, ut et qui vivunt iam non sibi vivant, sed ei qui pro ipsis mortuus est (Ibid. 15). Voi dunque. Gesù mio, siete morto per noi, affinché tutti vivessimo solo a voi ed al vostro amore. Ma povero mio Signore, permettetemi che cosi vi chiami, voi siete così amabile, voi avete tanto patito per esser amato dagli uomini; ma quanti sono poi quelli che v'amano? Vedo quasi tutti applicati ad amare chi le ricchezze, chi gli onori, chi li piaceri, chi li parenti, chi gli amici, chi anche le bestie; ma quanti son coloro che amano veramente voi, amabile infinito? Oh Dio son troppo pochi! Ma tra questi pochi voglio essere anch'io, che un tempo pure vi ho offeso con amare il fango; ma ora io vi amo sopra ogni bene. Oh Gesù mio, le pene che avete sofferte per me troppo mi obbligano ad amarvi; ma quello che più mi stringe e m'innamora di voi è l'intendere l'amore che mi avete dimostrato con tanto patire per essere amato da me. Amato mio Signore, voi per amore vi siete dato tutto a me, io per amore mi do tutto a voi. Voi per amor mio siete morto, io per amor vostro voglio morire, quando e come vi piace. Accettatemi ad amarvi e aiutatemi colla vostra grazia.7 III. Non v'è mezzo che possa maggiormente accenderci del divino amore, quanto il considerar la Passione di Gesù Cristo. Dice S. Bonaventura che le piaghe di Gesù Cristo, per esser piaghe d'amore, son dardi che feriscono i cuori più duri, e fiamme che accendono le anime più gelate: O vulnera corda saxa vulnerantia et mentes congelatas inflammantia!8 Un'anima che crede e pensa alla Passione del Signore, è impossibile che l'offenda e che non l'ami, anzi non impazzisca d'amore, vedendo un Dio quasi impazzito per amor nostro: Vidimus Sapientiam amoris nimietate infatuatam (S. Laur. Iustin.).9 Quindi dice l'Apostolo che i Gentili, in sentir predicare la Passione di Gesù crocifisso, la credevano una pazzia: Praedicamus Christum crucifixum, Iudaeis quidem scandalum, Gentibus autem stultitiam (I Cor. I, 23). E com'è possibile, essi diceano, che un Dio onnipotente e felicissimo qual è, abbia voluto morire per le sue creature? Ah Dio innamorato degli uomini, e com'è possibile, diciamo noi che ci crediamo, che una tanta bontà ed un tanto amore resti dagli uomini così mal corrisposto? Suol dirsi che amor con amor si paga: ma il vostro amore con quale amore potrà mai pagarsi? bisognerebbe che un altro Dio morisse per voi per compensare l'amore che ci avete portato in morire per noi. O croce, o piaghe, o morte di Gesù, voi troppo mi stringete ad amarlo. O Dio eterno, o amabile infinito, io v'amo e voglio vivere solo per voi, solo per darvi gusto. Ditemi quel che da me volete, ché io tutto lo voglio fare. Maria speranza mia, pregate Gesù per me.                      

1 In diverse edizioni antiche, i tre punti di ogni meditazione cominciano sempre con le parole Considera, come... 2 Et ecce tempus tuum, tempus amantium. Ezech. XVI, 8. 3 L' edizione di Napoli. 1843 (Gabinetto Letterario), e alcuni altri libretti di Massime eterne, senza data, ma molto probabilmente della seconda metà del '700 hanno lacerato. 4 Alcune edizioni postume, Monza (Corbetta), 1832, Venezia (Antonelli), 1836, Torino (Marietti), 1845, hanno aggiunto: Vulneratus est propter iniquitates nostras, attritus est propter scelera nostra. Is. LIII, 5. 5 Dilexit nos, et lavit nos a peccatis nostris in sanguine suo. Apoc. I, 5. 6 Alcune edizioni antiche, senza data, hanno aggiunto: e sempre vi amerò: altre postume (Corbetta, Antonelli, Marietti): in avvenire. 7 Le edizioni postume sono variamente discordanti riguardo a quest' ultimo periodo. 8 Stimulus amoris, pars 1, cap. 1. Inter Opera S. Bonaventurae, VII, Lugduni, 1668, pag. 194. - Vedi Appendice, 2, 5°. 9 «Adeamus... ad diversorium humanitatis eius (nempe ad specum Bethleemiticum).... Ibi namque agnoscemus exinanitam maiestatem, Verbum abbreviatum, solem carnis nube obtectum, et sapientiam amoris nimietate infatuatam.» S. LAURENTIUS IUSTINIANUS, Sermo in festo Nativitatis Domini. Opera, Lugduni, 1628, pag. 394, col. 2.

venerdì 15 marzo 2024

Il Sacro Manto a San Giuseppe: in preparazione alla Solennità


"Opera Familia Christi "

Nel mese di marzo, la Chiesa ci ricorda la devozione e la festa di San Giuseppe, sposo della Beata Vergine Maria e padre putativo di Nostro Signore Gesù Cristo. Noi dell’Opera Familia Christi, in preparazione alla festa di questo grande Santo, desideriamo proporre a tutti i nostri membri ed amici la pratica del “Sacro Manto a San Giuseppe“.

Molte sono le pratiche di preghiere che la tradizione popolare ha portato avanti nei secoli rivolgendole al grande Santo che tante grazie è solito fare ai suoi più devoti. Le tracce più grandi della devozione e la fiducia illimitata nelle sue grazie ci arrivando dai santi più grandi di ogni epoca: Santa Teresa di Gesù, riguardo alle grazie ottenute da San Giuseppe, affermò: “Qualunque grazia si domanda a San Giuseppe sarà certamente concessa”, San Giovanni Bosco intitolò la sua Congregazione a san Francesco di Sales e, nello scrivere le regole, designò san Giuseppe come compatrono, San Pio da Pietrelcina come sua personale devozione recitava novene a San Giuseppe, San Bernardino da Siena scrisse: «di certo Gesù non nega in Cielo a San Giuseppe quella familiarità, riverenza e sublimissima dignità, che gli ha prestato in terra come figlio e padre».

Ricordiamo inoltre, Papa Leone XIII che, il 15 agosto 1889, nella parte finale della sua Enciclica “Quamquam pluries”, scriveva: “Esiste un’usanza salutare e quanto mai lodevole, praticata già in diversi luoghi: quella di consacrare il mese di marzo a onorare il Santo Patriarca Giuseppe con delle pratiche di pietà quotidiane – e ancora – Certamente la dignità di Madre di Dio è tanto in alto che nulla vi può essere di più sublime. Ma poiché tra Giuseppe e la Beatissima Vergine esistette un nodo coniugale, non c’è dubbio che a quell’altissima dignità, per cui la Madre di Dio sovrasta di gran lunga tutte le creature, Egli si avvicinò quanto nessun altro mai.»

Il Sacro Manto a San Giuseppe, di cui vi proponiamo il sussidio spirituale per poterla praticare quotidianamente, è un florilegio di preghiere tese ad onorare San Giuseppe e volte metterci sotto il Manto della Sua protezione. Il Sacro Manto va recitato per trenta giorni consecutivi, la tradione popolare lega infatti questa pratica al ricordo dei 30 anni che San Giuseppe trascorse accanto a Gesù.
Scarica la devozione: Sacro Manto a San Giuseppe





mercoledì 13 marzo 2024

La Chiesa copta e l'intera ortodossia interrompono il dialogo teologico con La Santa Sede a causa di “ Fiducia Supplicans"



“Dopo una consultazione con le chiese sorelle della famiglia ortodossa orientale, è stato deciso di sospendere il dialogo teologico con la Chiesa cattolica, di rivalutare i risultati che il dialogo ha raggiunto dal suo inizio vent’anni fa e di stabilire nuove regole e meccanismi per il proseguimento del dialogo”. 

Così la Chiesa copto-ortodossa ha interrotto giovedì lo scambio teologico dei suoi specialisti con Roma, in quella che sembra essere una nuova reazione alla dichiarazione della Fiducia Supplicans sulle benedizioni per le coppie irregolari, compresi gli omosessuali. La notizia è riportata da Josè Lorenzo su Religion Digital.
Una settimana fa, il metropolita Hilarion, presidente della Commissione Biblico-Teologica del Patriarcato di Mosca, aveva definito il documento della Dottrina della Fede – già respinto con forza dagli episcopati cattolici africani – una “gravissima deviazione dalle norme morali cristiane”.

Ora, questo nuovo colpo al dialogo ecumenico arriva nientemeno che dalla sessione plenaria del Santo Sinodo della Chiesa copto-ortodossa, guidata da Papa Tawadros II, che si è tenuta il 7 marzo presso il Centro Logos della Residenza Papale nel Monastero di Sant’Anba Bishoy a Wadi Natroun, in Egitto, e a cui hanno partecipato 110 dei suoi 133 membri.

“È una benedizione del peccato”

Insieme a questa clamorosa decisione, il sinodo copto ha manifestato la sua “ferma posizione di rifiuto di tutte le forme di relazioni omosessuali, perché violano la Sacra Bibbia e la legge con cui Dio ha creato l’uomo e la donna, e considera qualsiasi benedizione, di qualsiasi tipo, per tali relazioni come una benedizione del peccato, e questo è inaccettabile”.

Allo stesso modo, la Chiesa copta ha rilasciato una dichiarazione che delinea la sua posizione sull’omosessualità, emessa dopo il dibattito sinodale sulla questione, affermando che “Dio ha dato all’umanità il libero arbitrio di vivere secondo la sua volontà divina e il disegno divino del matrimonio tra un uomo e una donna”.

“Coloro che soffrono di attrazione per lo stesso sesso ma controllano questo desiderio sono lodati per i loro sforzi e sono soggetti alle stesse tentazioni degli individui eterosessuali, come pensieri, vista e attrazioni”, si legge nella dichiarazione.

“Che si astengano dalla comunione”.

“Tuttavia ”, continua la dichiarazione, “se qualcuno sceglie di abbracciare la propria tendenza omosessuale e rifiuta di cercare aiuto spirituale ed emotivo, ma continua a infrangere i comandamenti di Dio, in questo caso la sua situazione diventa uguale a quella di chi vive in adulterio. In questi casi, si dovrebbe avvertire e consigliare loro di astenersi dalla comunione e di cercare il pentimento.

“Di conseguenza, la Chiesa copta ortodossa si oppone fermamente a tutte le forme di attività sessuale al di fuori dei confini del matrimonio, che considera una distorsione sessuale. Rifiuta fermamente l’idea che contesti culturali diversi possano essere utilizzati per giustificare relazioni omosessuali con il pretesto della libertà umana, poiché ritiene che ciò sia dannoso per l’umanità. Se da un lato la Chiesa crede nei diritti e nelle libertà umane, dall’altro sottolinea che queste libertà non sono assolute e non devono essere usate per violare le leggi del Creatore.

Infine, la dichiarazione mostra il suo impegno ad “aiutare le persone che hanno tendenze omosessuali” e sottolinea “che non le respinge, ma dà loro sostegno e assistenza per aiutarle a raggiungere una soluzione emotiva e spirituale”.

giovedì 7 marzo 2024

Nostra Signora di Akita



Con l’appellativo di Nostra Signora di Akita la Chiesa cattolica venera Maria a partire dalle alle apparizioni avute nel 1973 ad Akita, in Giappone, a suor Agnese Katsuko Sasagawa, dell’ordine delle “Serve dell’eucaristia”, allora quarantaduenne.

La luce che la suora vide anticipava la mariofania

La suora spiegò che tutto ebbe inizio il 12 giugno 1973, quando cominciò a vedere una luce brillante proveniente dal tabernacolo della chiesa del suo convento. Insieme a questa luce vi erano degli angeli in adorazione. I fatti straordinari continuarono il 28 giugno, quando uno stimma a forma di croce apparve sulla mano sinistra della suora, e il 6 luglio, giorno del la prima delle tre apparizioni mariane ricevute dalla religiosa, a cui si accompagnarono messaggi di notevole importanza


Suor Agnese assistette infatti a 101 lacrimazioni, anche di sangue, di una statua della Madonna, che ebbero luogo tra il 4 gennaio 1975 e il 15 settembre 1981. Non fu sola però ad assistere a questi fenomeni mistici di grande rilevo e importanza. Con lei ci furono infatti altre cinquecento persone. Le lacrimazioni della statua della Madonna, infatti, insieme elle essudazioni profumate, furono osservate da centinaia di fedeli. Compreso il vescovo del luogo, Sojiro Ito.

La parole del vescovo che autorizzano la venerazione di Akita

Quest’ultimo fece analizzare il liquido lacrimale e le gocce di sangue dalla facoltà di medicina di Akita. La conclusione dei test fu sconvolgente. Si trattava infatti di liquido di natura umana. Poi cominciarono ad arrivare i miracoli. Come ad esempio nel 1981, quando la signora Chun, una donna coreana, ottenne la guarigione immediata da un tumore al cervello in fase terminale.

Il momento in cui avvenne questo miracolo la donna stava pregando davanti alla statua. Fu la scintilla che fece giungere all’autorizzazione, da parte della Chiesa cattolica e per voce di monsignor Giovanni Sojiro Ito, vescovo di Niigata, del culto di “Nostra Signora di Akita”. “Dopo le indagini condotte fino al giorno presente, non si può negare il carattere soprannaturale di una serie di eventi inspiegabili della statua della Vergine onorata ad Akita. Di conseguenza autorizzo che in tutta la diocesi affidata a me si veneri la Santa Madre di Akita“, furono le parole del vescovo.
Il giudizio definitivo sulla vicenda espresso da Joseph Ratzinger

Nel 1988 ci fu poi il giudizio definitivo sulla vicenda, espresso da una figura destinata ad avere una importanza centrale nella storia della Chiesa per gli anni a venire. Si trattava dell’allora cardinale prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, Joseph Ratzinger. Il suo verdetto era chiaro: il prodigio era attendibile e degno di fede.


Il futuro Papa Benedetto XVI non emise documenti ufficiali, ma dieci anni dopo l’ex ambasciatore delle Filippine presso la Santa Sede dichiarò in pubblico che Ratzinger, asserendo l’attendibilità delle apparizioni, rimarco che il messaggio di Akita è “essenzialmente lo stesso” di Fatima.
La prima apparizione avvenuta a Suor Agnese il 6 luglio 1973

Quando avvenne la prima apparizione, il 6 luglio 1973, suor Agnese era affetta da una forma di sordità, da cui però in seguito guarì. Disse di avere visto una una statua della Madonna illuminarsi e animarsi all’interno della cappella del suo convento. Suor Agnese riferì anche di aver visto, già prima dell’apparizione del 6 luglio, il suo angelo custode, che le apparve anche negli anni successivi. In contemporanea, la suora udì una voce che le diceva parole ben scandite e riconoscibili.

“Figlia mia, novizia mia, tu sei stata molto coerente nella fede che hai mostrato. L’orecchio malato è per te qualcosa di molto doloroso, ma ti verrà guarito. Sii paziente. Sacrìficati ed espìa per i peccati del mondo. Tu sei per me una figlia indispensabile. Fai tuoi i propositi delle Serve del Santissimo Sacramento, prega per il Papa, i vescovi e i preti”.
La seconda apparizione che avvenne il successivo 3 agosto

Nello stesso giorno anche alcune suo consorelle notarono qualcosa di molto particolare. Entrate nella cappella, videro che ulla mano destra della statua di Maria era apparso uno stimma a forma di croce, uguale a quello di suor Agnese. Fatto che gettarono scompiglio e grande stupore all’interno della comunità, e che precedettero altre vicende miracolose.Come quella della seconda apparizione, che avvenne il 3 agosto. In quella occasione il messaggio della Vergine fu lungo e articolato. Maria disse che “affinché il mondo possa conoscere la Sua ira, il Padre celeste si sta preparando a infliggere un grande castigo su tutta l’umanità. Con mio Figlio sono intervenuta tante volte per placare l’ira del Padre. Ho impedito l’arrivo di calamità offrendogli le sofferenze del Figlio sulla Croce, il Suo prezioso sangue e le anime dilette che Lo consolano formando una schiera di anime vittime”.
Il duro messaggio che la Madonna consegnò con l’ultimo messaggio

Un messaggio quindi molto duro e che tende a mettere in guardia l’intera umanità. Prima dell’ultima apparizione, il 13 ottobre 1973, in cui il messaggio di Maria spiega la natura dell’imminente castigo divino. “Come ti ho detto, se gli uomini non si pentiranno e non miglioreranno sé stessi, il Padre infliggerà un terribile castigo su tutta l’umanità. Sarà un castigo più grande del diluvio, tale come non se ne è mai visto prima. Il fuoco cadrà dal cielo e spazzerà via una gran parte dell’umanità, i buoni come i cattivi, senza risparmiare né preti né fedeli”, furono alcune parole pronunciate dalla Vergine.

“I sopravvissuti si troveranno così afflitti che invidieranno i morti. Le sole armi che vi restano sono il Rosario e il Segno lasciato da Mio Figlio. Recitate ogni giorno la preghiera del Rosario. Con il Rosario pregate per il Papa, i vescovi e i preti. L’opera del diavolo s’insinuerà anche nella Chiesa in una maniera tale che si vedranno cardinali opporsi ad altri cardinali, e vescovi contro vescovi. I sacerdoti che mi venerano saranno disprezzati e ostacolati dai loro confratelli, chiese e altari saccheggiati”, continuò il messaggio di Maria.
“Se i peccati aumenteranno in numero e gravità, non ci sarà perdono”

“La Chiesa sarà piena di coloro che accettano compromessi e il demonio spingerà molti sacerdoti e anime consacrate a lasciare il servizio del Signore. Il demonio sarà implacabile specialmente contro le anime consacrate a Dio. Il pensiero della perdita di tante anime è la causa della mia tristezza. Se i peccati aumenteranno in numero e gravità, non ci sarà perdono per loro… Prega molto la preghiera del Rosario. Solo io posso ancora salvarvi dalle calamità che si approssimano. Coloro che avranno fiducia in me saranno salvati”.

Alcuni passaggi di questi messaggi che la Madonna consegnò alla religiosa faranno molto dibattere, e sono ancora oggi di grande attualità. La Vergine spiegò che “le sole armi che vi restano sono il Rosario e il Segno lasciato da Mio Figlio”, ma il monito che lasciò per gli impenitenti fu molto severo, accompagnato però dalla consegna di una salda speranza con chi si converte. Un messaggio, hanno fatto notare in molti, di grande continuità con quello ricevuto dai tre pastorelli di Fatima nel 1917.Mostrando inoltre un grande legame di contenuti con molti altri eventi miracolosi del ventesimo secolo, come ad esempio Civitavecchia o Medjugorje. Il 12 giugno la suora ebbe quindi il preludio di una mariofania destinata a segnare nel profondo la coscienza dei cristiani di oggi. Il monito per coloro che rifiutano la Misericordia di Dio è perciò piuttosto chiaro, come anche la certezza che la Vergine cerca continuamente di condurre i propri figli alla beatitudine eterna, proprio come fa una Mamma. Rivelando, allo stesso tempo, la infinita della sua intercessione presso la Santissima Trinità, con le stesse parole di speranza che risuonarono a Fatima. Quelle cioè in cui si afferma che sarà il Suo Cuore Immacolato a trionfare sul male.

I commenti contenenti linguaggio sgradito, insulti , con contenuti a sfondo razzista , sessista ed intolleranti saranno cestinati dall'amministratore del blog che si riserva il diritto di scegliere quali commenti possono essere pubblicati.

Questo sito internet è un blog personale e non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001


Realizzazione siti web - www.webrex2000.com