Blog della Tradizione Cattolica Apostolica Romana

lunedì 24 giugno 2024

I due argentini a spadroneggiare in vaticano.



di A.Di.J.

Carissimi amici e lettori,

quando nelle famiglie ci sono delle dispute tra fratelli, i genitori cercano di essere arbitri e rimettere ordine e richiamare i contendenti della disputa.

Questo principio, dovrebbe essere applicato non solo nelle famiglie, ma anche nelle comunità religiose, specialmente nella Chiesa universale.
Quando il vescovo di Roma è in rottura con tutti gli insegnamenti dei papi,è lecito, senza entrare nei particolari tecnici della controversia attuale,che i vescovi e i cardinali lo frenino e lo inquadrino in quello che storicamente è il ruolo e il ministero del romano pontefice. Il problema è che il vescovo di Roma come Bergoglio ama essere chiamato, non sopporta le critiche ne le correzioni fraterne che il collegio cardinalizio prima, episcopale dopo, hanno incominciato a fargli, e di tutta risposta abbiamo vescovi rimossi dalle loro sedi, cardinali privati del piatto cardinalizio e dei benefici annessi alla propria carica.

Con il Concilio vaticano II, che sembrava che dovesse portare una nuova fiorente primavera nella Chiesa, con nuove attrattive posso tranquillamente caro lettore dirvi, che abbiamo invece avuto un interminabile inverno, che porta a un'era glaciale della fede cattolica che ha posto fine a vocazioni sacerdotali e religiose e ha aperto numerose controversie, divisione all'interno della Chiesa e nel suo corpo mistico, questo è causato dai novatori che pur di essere al passo con il mondo, hanno smarrito la rotta di navigazione e portando in acque torbide la barca di Pietro con il suo timoniere.
Il braccio di ferro che c'è tra i vescovi tedeschi e la Chiesa di Roma e la curia Vaticana, è una guerra di posizione che si protrae da quattro anni. Per il momento lo scontro si è cristallizzato, in attesa di come si svilupperà il prossimo Sinodo previsto per l'autunno. Da una parte c'è il Vaticano e dall'altra i vescovi tedeschi che hanno avviato un cammino fra l'altro che condurrà l'intera chiesa tedesca al Protestantesimo. 
Carissimi lettori,il delitto di scisma, è uno dei tre delitti 'contra fidem', insieme a eresia e apostasia, come mai la Chiesa tedesca, svizzera, francese, e di mezzo mondo, non viene colpita dalla scomunica ? 
(Il processo a Monsignor Viganò è un processo farsa, si vuole colpire la voce della coscienza che rimorde a chi oggi cattolico non lo è più da tempo).
Nel Giugno del 2013 esattamente tre mesi dopo la elezione di Jorge Mario Bergoglio, alla suprema cattedra della Chiesa di Roma, l'ex nunzio apostolico degli USA, mons. Carlo Maria Viganò informa il papa, in una udienza concessagli, sulla condotta immorale del card.Theodore Edgar McCarrick, il dossier presentato al pontefice,era al quanto ricco e corpulento, cadde in Vaticano come un macigno, tanto che la Segreteria di Stato,corre ai ripari dicendo che al momento della nomina dell’arcivescovo a Washington Theodore McCarrick, nel 2000, la Santa Sede ha agito sulla base di informazioni parziali e incomplete. Jorge Mario Bergoglio, che fu eletto papa grazie all'aiuto e ai voti portati dell’ex cardinale arcivescovo di Washington suo grande amico , era bene informato sui presunti abusi del cardinale McCarrick, e si vede costretto a malincuore, visto che ha fatto molto scalpore nel 2018 dopo insistenti accuse che lo vedono protagonista di abusi sessuali reiterati nel tempo, viene sospeso a divinis, e successivamente nel 2019 viene dimesso dallo stato clericale dalla Congregazione per la dottrina della fede. 
Nel suo documento, mons.Viganò fa riferimento a decine di cardinali e vescovi tolleranti o promotori della "corruzione", aggiungendo ora i nomi di tre cardinali, cioè Julian Herranz, Jozef Tomko e Salvatore De Giorgi. I tre, su incarico di Benedetto XVI, hanno indagato nel 2012 dopo lo scandalo Vatileaks: anche loro non avrebbero denunciato quanto sapessero. Papa Francesco, non perdonerà mai mons.Carlo Maria Viganò di avergli forzato la mano e da buon argentino vendicativo che è, ha giurato di fargliela pagare.Occorre ricordare che già nel caso dello scandalo pedofilia in Cile, inizialmente Francesco minimizzò. Il pontefice argentino ha cercato di arginare, in Irlanda, la rabbia contro la Chiesa per i casi di pedofilia. Il «rapporto Viganò» mira a togliergli credibilità.


A renderlo insidioso non è tanto l’autore, profondo conoscitore della Santa Sede. Il problema è  di un Papa al corrente degli abusi; e incline a sottovalutarli per ragioni di realpolitik. A dilatare l’eco è quanto è avvenuto in Cile. Bergoglio ha difeso vescovi colpevoli di abusi sessuali, liquidando come «calunnie» le accuse. Poi, di fronte alla reazione dell’arcivescovo di Boston, Patrick O’Malley, ha ammesso di essere stato informato male, e aperto un’inchiesta. E l’episcopato cileno si è dimesso in massa. riconoscere le proprie responsabilità e iniziare a rimuovere vescovi prima difesi a spada tratta. Sicuramente è la conferma della gravità della questione pedofilia nella Chiesa e di uno scontro di potere in Vaticano sempre acceso.
Oggi per rifarsi la Verginità, la cricca modernista vaticana, dopo aver aperto alle benedizioni Gay con la Dichiarazione “Fiducia supplicans” ,vuole colpire mons. Viganò per aver denunciato giustamente e messo in discussione il cattivo operato dei due argentini in Vaticano Bergoglio e Fernàndez. Non è necessario essere teologi di spiccata ortodossia per capire che la favorita nomina a prefetto del Dicastero della Dottrina della Fede (DDF) di Víctor Manuel Card. FERNÁNDEZ, avrebbe finito di spalancare le porte dell’eresia e all'apostasia della Chiesa universale.Il solo fatto che Francesco abbia potuto pensare e mettere a capo del DDF ad un vescovo come Tucho con le sue posizioni ha il sapore di uno schiaffo sonoro a tutti quei cardinali prefetti timorati di Dio che un tempo guidarono quella che fu una nobile congregazione, -ora decaduta a dicastero-oggi grazie alla ditta Bergoglio-Tucho può essere considerata una Cloaca Maxima.

sabato 22 giugno 2024

Cum ex apostolatus officio



La bolla dogmatica Cum ex apostolatus officio afferma: “Se mai dovesse accadere in qualche tempo che un vescovo … o un cardinale di Romana Chiesa oppure lo stesso Romano Pontefice, che prima della sua promozione a cardinale o alla sua elevazione a Romano Pontefice, avesse deviato dalla fede cattolica o fosse caduto in qualche eresia, la sua promozione o elevazione, anche se avvenuta con la concordanza e l’unanime consenso di tutti i cardinali, sia nulla, non valida e senza alcun valore”.
Paolo IV, al termine della sua Bolla, dichiara: “Pertanto, a nessun uomo sia lecito infrangere questo foglio di nostra approvazione, né contraddirlo con temeraria audacia. Che se qualcuno avesse la presunzione d’attentarvisi, sappia che incorrerà nello sdegno di Dio Onnipotente e dei suoi Beati Apostoli Pietro e Paolo”. (1559)

PAOLO, VESCOVO, SERVO DEI SERVI DI DIO, 
AD PERPETUAM REI MEMORIAM.

Impedire il Magistero dell’errore

Poiché, a causa della carica d’Apostolato affidataci da Dio, benché con meriti non condicevoli, incombe su di noi il dovere d’avere cura generale del gregge del Signore, e siccome per questo motivo, siamo tenuti a vigilare assiduamente per la custodia fedele e per la sua salvifica direzione e diligentemente provvedere come vigilante Pastore, a che siano respinti dall’ovile di Cristo coloro i quali, in questi nostri tempi, indottivi dai loro peccati, poggiandosi oltre il lecito nella propria prudenza, insorgono contro la disciplina della vera ortodossia e pervertendo il modo di comprendere le Sacre Scritture, per mezzo di fittizie invenzioni, tentano di scindere l’unità della Chiesa Cattolica e la tunica inconsutile del Signore, ed affinché non possano continuare nel magistero dell’errore coloro che hanno sdegnato di essere discepoli della verità.

1 – Finalità della Costituzione: Allontanare i lupi dal gregge di Cristo.

Noi, riteniamo che una siffatta materia sia talmente grave e pericolosa che lo stesso Romano Pontefice, il quale agisce in terra quale Vicario di Dio e di Nostro Signore Gesù Cristo ed ha avuto piena potestà su tutti i popoli ed i regni, e tutti giudica senza che da nessuno possa essere giudicato, qualora sia riconosciuto deviato dalla fede possa essere redarguito, e che quanto maggiore è il pericolo, tanto più diligentemente ed in modo completo si deve provvedere, con lo scopo d’impedire che dei falsi profeti o altre persone investite di giurisdizione secolare possano miserevolmente irretire le anime semplici e trascinare con sé alla perdizione ed alla morte eterna innumerevoli popoli, affidati alle loro cure e governo per le necessità spirituali o temporali; né accada in alcun tempo di vedere nel luogo santo l’abominio della desolazione predetta dal Profeta Daniele, desiderosi come siamo, per quanto ci è possibile con l’aiuto di Dio e come c’impone il nostro dovere di Pastore, di catturare le volpi indaffarate a distruggere la vigna del Signore e di tener lontani i lupi dagli ovili, per non apparire come cani muti che non hanno voglia di abbaiare, per non subire la condanna dei cattivi agricoltori o essere assimilati al mercenario.

2 – Approvazione e rinnovo delle pene precedenti contro gli eretici.

Dopo approfondito esame di tale questione con i nostri venerabili fratelli i Cardinali di Santa Romana Chiesa, con il loro parere ed unanime consenso, Noi, con Apostolica autorità, approviamo e rinnoviamo tutte e ciascuna, le sentenze, censure e pene di scomunica, sospensione, interdizione e privazione, in qualsiasi modo proferite e promulgate contro gli eretici e gli scismatici da qualsiasi dei Romani Pontefici, nostri predecessori o esistenti in nome loro, comprese le loro lettere non collezionate, ovvero dai sacri concili ricevute dalla Chiesa di Dio, o dai decreti dei Santi Padri, o dei sacri canoni, o dalle Costituzioni ed Ordinamenti Apostolici, e vogliamo e decretiamo che essi siano in perpetuo osservati e che si torni alla loro vigente osservanza ove essa sia per caso in disuso, ma doveva essere vigenti; inoltre che incorrano nelle predette sentenze, censure e pene tutti coloro che siano stati, fino ad ora, sorpresi sul fatto o abbiano confessato o siano stati convinti o di aver deviato dalla fede, o di essere caduti in qualche eresia, od incorsi in uno scisma, per averli promossi o commessi, di qualunque stato, grado, ordine, condizione e preminenza essi godano, anche se episcopale, arciepiscopale, primaziale o di altra maggiore dignità quale l’onore del cardinalato o l’incarico della legazione della Sede Apostolica in qualsiasi luogo, sia perpetua che temporanea; quanto che risplenda con l’autorità e l’eccellenza mondana quale la comitale, la baronale, la marchionale, la ducale, la regia o imperiale.

3 – Sulle pene da imporre alla gerarchia deviata dalla fede.

Legge e definizione dottrinale: privazione ipso facto delle cariche ecclesiastiche. Considerando non di meno che coloro i quali non si astengono dal male per amore della virtù, meritano di essere distolti per timore delle pene e che i vescovi, arcivescovi, patriarchi, primati, cardinali, legati, conti, baroni, marchesi, duchi, re ed imperatori, i quali debbono istruire gli altri e dare loro il buon esempio per conservarli nella fede cattolica, prevaricando peccano più gravemente degli altri in quanto dannano non solo se stessi, ma trascinano con se alla perdizione nell’abisso della morte altri innumerevoli popoli affidati alla loro cura o governo, o in altro modo a loro sottomessi; Noi, su simile avviso ed assenso (dei cardinali) con questa nostra Costituzione valida in perpetuo, in odio a così grave crimine, in rapporto al quale nessun altro può essere più grave e pernicioso nella Chiesa di Dio, nella pienezza della Apostolica potestà, sanzioniamo, stabiliamo, decretiamo e definiamo, che permangano nella loro forza ed efficacia le predette sentenze, censure e pene e producano i loro effetti, per tutti e ciascuno dei vescovi, arcivescovi, patriarchi, primati, cardinali, legati, conti, baroni, marchesi, duchi, re ed imperatori i quali, come prima è stato stabilito fino ad oggi, siano stati colti sul fatto, o abbiano confessato o ne siano stati convinti per aver deviato dalla fede o siano caduti in eresia o siano incorsi in uno scisma per averlo promosso o commesso, oppure quelli che nel futuro, siano colti sul fatto per aver deviato dalla fede o per esser caduti in eresia o incorsi in uno scisma, per averlo suscitato o commesso, tanto se lo confesseranno come se ne saranno stati convinti, poiché tali crimini li rendono più inescusabili degli altri, oltre le sentenze, censure e pene suddette, essi siano anche, per il fatto stesso e senza bisogno di alcuna altra procedura di diritto o di fatto, interamente e totalmente privati in perpetuo dei loro Ordini, delle loro chiese cattedrali, anche metropolitane, patriarcali e primaziali, della loro dignità cardinalizia e di ogni incarico di Legato, come pure di ogni voce attiva e passiva e di ogni autorità, nonché‚ di monasteri, benefici ed uffici ecclesiastici con o senza cura di anime, siano essi secolari o regolari di qualunque ordine che avessero ottenuto per qualsiasi concessione o dispensa Apostolica, o altre come titolari, commendatari, amministratori od in qualunque altra maniera e nei quali beneficiassero di qualche diritto, benché‚ saranno parimenti privati di tutti i frutti, rendite e proventi annuali a loro riservati ed assegnati, anche contee, baronie, marchesati, ducati, regni ed imperi; inoltre, tutti costoro saranno considerati come inabili ed incapaci a tali funzioni come dei relapsi e dei sovversivi in tutto e per tutto, per cui, anche se prima abiurassero in pubblico giudizio tali eresie, mai ed in nessun momento potranno essere restituiti, rimessi, reintegrati e riabilitati nel loro primitivo stato nelle chiese cattedrali, metropolitane, patriarcali e primaziali o nella dignità del Cardinalato od in qualsiasi altra dignità maggiore o minore, nella loro voce attiva o passiva, nella loro autorità, nei loro monasteri e benefici ossia nella loro contea, baronia, marchesato, ducato, regno ed impero; al contrario, siano abbandonati all’arbitrio del potere secolare che rivendichi il diritto di punirli, a meno che mostrando i segni di un vero pentimento ed i frutti di una dovuta penitenza, per la benignità e la clemenza della stessa Sede, non siano relegati in qualche monastero od altro luogo soggetto a regola per darsi a perpetua penitenza con il pane del dolore e l’acqua dell’afflizione. Essi saranno considerati come tali da tutti, di qualunque stato, grado, condizione e preminenza siano e di qualunque dignità anche episcopale, arciepiscopale, patriarcale, primaziale o altra maggiore ecclesiastica anche cardinalizia, ovvero che siano rivestiti di qualsiasi autorità ed eccellenza secolare, come la comitale, la baronale, la marchionale, la ducale, la regale e l’imperiale, e come persone di tale specie dovranno essere evitate ed escluse da ogni umana consolazione.

4 – Estinzione della vacanza delle cariche ecclesiastiche

Coloro i quali pretendono di avere un diritto di patronato (e di nomina delle persone idonee a reggere le chiese cattedrali, comprese le metropolitane, patriarcali, primaziali o anche monasteri ed altri benefici ecclesiastici resisi vacanti a seguito di tali privazioni, affinché‚ non siano esposti agli inconvenienti di una diuturna vacanza, ma dopo averli strappati alla servitù degli eretici, siano affidati a persone idonee a dirigere fedelmente i popoli nella via della giustizia, dovranno presentare a Noi o al Romano Pontefice allora regnante, queste persone idonee alle necessità di queste chiese, monasteri ed altri benefici, nei limiti di tempo fissati dal diritto o stabiliti da particolari accordi con la Sede, altrimenti, trascorso il termine come sopra prescritto, la libera disposizione, delle chiese e monasteri, o anche dei benefici predetti, sia devoluto di pieno diritto a Noi od al Romano Pontefice suddetto.

5 – Pene per il delitto di favoreggiamento delle eresie.

Inoltre, incorreranno nella sentenza di scomunica «ipso facto», tutti quelli che scientemente si assumeranno la responsabilità d’accogliere e difendere, o favorire coloro che, come già detto, siano colti sul fatto, o confessino o siano convinti in giudizio, oppure diano loro attendibilità o insegnino i loro dogmi; e siano tenuti come infami; né siano ammessi, né possano esserlo con voce, sia di persona, sia per iscritto o a mezzo delegato o di procuratore per cariche pubbliche o private, consigli, o sinodi o concilio generale o provinciale, né conclave di cardinali, né alcuna congregazione di fedeli od elezione di qualcuno, né potranno testimoniare; non saranno intestabili, né chiamati a successione ereditaria, e nessuno sarà tenuto a rispondere ad essi in alcun affare; se poi abbiano la funzione di giudici, le loro sentenze non avranno alcun valore e nessuna causa andrà portata alle loro udienze; se avvocati il loro patrocinio sia totalmente rifiutato; se notai, i rogiti da loro redatti siano senza forza o validità. Oltre a ciò, siano i chierici privati di tutte e ciascuna delle loro chiese, anche cattedrali, metropolitane, patriarcali e primaziali, delle loro dignità, monasteri, benefici e cariche ecclesiastiche in qualsivoglia modo, come sopra riferito, dalle qualifiche ottenute anche regolarmente, da loro come dai laici, anche se rivestiti, come si è detto, regolarmente delle suddette dignità, siano privati «ipso facto», anche se in possesso regolare, di ogni regno, ducato, dominio, feudo e di ogni bene temporale posseduto; i loro regni, ducati, domini, feudi e gli altri beni di questo tipo, diverranno per diritto, di pubblica proprietà o anche proprietà di quei primi occupanti che siano nella sincerità della fede e nell’unità con la Santa Romana Chiesa sotto la nostra obbedienza o quella dei nostri successori, i Romani Pontefici canonicamente eletti.

6 – Nullità della giurisdizione ordinaria e pontificale in tutti gli eretici.

Aggiungiamo che, se mai dovesse accadere in qualche tempo che un vescovo, anche se agisce in qualità di arcivescovo o di patriarca o primate od un cardinale di Romana Chiesa, come detto, od un legato, oppure lo stesso Romano Pontefice, che prima della sua promozione a cardinale od alla sua elevazione a Romano Pontefice, avesse deviato dalla fede cattolica o fosse caduto in qualche eresia (o fosse incorso in uno scisma o abbia questo suscitato), sia nulla, non valida e senza alcun valore, la sua promozione od elevazione, anche se avvenuta con la concordanza e l’unanime consenso di tutti i cardinali; neppure si potrà dire che essa è convalidata col ricevimento della carica, della consacrazione o del possesso o quasi possesso susseguente del governo e dell’amministrazione, ovvero per l’intronizzazione o adorazione dello stesso Romano Pontefice o per l’obbedienza lui prestata da tutti e per il decorso di qualsiasi durata di tempo nel detto esercizio della sua carica, né essa potrebbe in alcuna sua parte essere ritenuta legittima, e si giudichi aver attribuito od attribuire una facoltà nulla, per amministrare a tali persone promosse come vescovi od arcivescovi o patriarchi o primati od assunte come cardinali o come Romano Pontefice, in cose spirituali o temporali; ma difettino di qualsiasi forza tutte e ciascuna di qualsivoglia loro parola, azione, opera di amministrazione o ad esse conseguenti, non possano conferire nessuna fermezza di diritto, e le persone stesse che fossero state così promosse od elevate, siano per il fatto stesso e senza bisogno di una ulteriore dichiarazione, private di ogni dignità, posto, onore, titolo, autorità, carica e potere.

7 – La liceità delle persone subordinate di recedere impunemente dall’obbedienza e devozione alle autorità deviate dalla fede.

E sia lecito a tutte ed a ciascuna delle persone subordinate a coloro che siano stati in tal modo promossi od elevati, ove non abbiano precedentemente deviato dalla fede, né siano state eretiche e non siano incorse in uno scisma o questo abbiano provocato o commesso, e tanto ai chierici secolari e regolari così come ai laici come pure ai cardinali, compresi quelli che avessero partecipato all’elezione di un Pontefice che in precedenza aveva deviato dalla fede o fosse eretico o scismatico o avesse aderito ad altre dottrine, anche se gli avessero prestato obbedienza e lo avessero adorato e così pure ai castellani, ai prefetti, ai capitani e funzionari, compresi quelli della nostra alma Urbe e di tutto lo Stato Ecclesiastico, anche quelli obbligati e vincolati a coloro così promossi od elevati per vassallaggio o giuramento o per cauzione, sia lecito ritenersi in qualsiasi tempo ed impunemente liberati dalla obbedienza e devozione verso quelli in tal modo promossi ed elevati, evitandoli quali maghi, pagani, pubblicani ed eresiarchi, fermo tuttavia da parte di queste medesime persone sottoposte, l’obbligo di fedeltà e di obbedienza da prestarsi ai futuri vescovi, arcivescovi, patriarchi, primati, cardinali e Romano Pontefice canonicamente subentranti [ai deviati]. Ed a maggior confusione di quelli in tale modo promossi ed elevati, ove pretendano di continuare l’amministrazione, sia lecito richiedere l’aiuto del braccio secolare, né per questo, coloro che si sottraggono alla fedeltà ed all’obbedienza verso quelli che fossero stati nel modo già detto promossi ed elevati, siano soggetti ad alcuna di quelle censure e punizioni comminate a quanti vorrebbero scindere la tunica del Signore.

8 – Permanenza dei documenti precedenti e deroga dei contrari

Non ostano all’applicabilità di queste disposizioni, le costituzioni ed ordinamenti apostolici, né i privilegi, gli indulti e le lettere apostoliche dirette ai vescovi, arcivescovi, patriarchi, primati e cardinali, né qualsiasi altro disposto di qualunque tenore e forma e con qualsivoglia clausola e neppure i decreti anche se emanati «motu proprio» e con scienza certa nella pienezza della potestà Apostolica, o promulgati concistorialmente od in qualsiasi altro modo e reiteratamente approvati e rinnovati od inseriti nel «corpus iuris», né qualsivoglia capitolo di conclave, anche se corroborati da giuramento o dalla conferma apostolica o rinforzate in qualsiasi altro modo, compreso il giuramento da parte del medesimo. Tenute presenti tutte le risoluzioni sopra precisate, esse debbono aversi come inserite, parola per parola, in quelle che dovranno restare in vigore, mentre per la presente deroghiamo tutte le altre disposizioni ad esse contrarie, soltanto in modo speciale ed espresso.

9 – Mandato di pubblicazione solenne

Affinché‚ pervenga notizia delle presenti lettere a coloro che ne hanno interesse, vogliamo che esse, od una loro copia (che dovrà essere autenticata mediante sottoscrizione di un pubblico notaio e l’apposizione del sigillo di persona investita di dignità ecclesiastica), siano pubblicate ed affisse sulle porte della Basilica del Principe degli Apostoli in Roma e della Cancelleria Apostolica e messe all’angolo del Campo dei Fiori da uno dei nostri corrieri; e che copia di esse sia lasciata affissa nello stesso luogo, e che l’ordine di pubblicazione, di affissione e di lasciare affisse le copie sia sufficiente allo scopo e sia pertanto solenne e legittima la pubblicazione, senza che si debba richiedere o aspettare altra.

10 – Illiceità degli Atti contrari e sanzioni penali e divine

Pertanto, a nessun uomo sia lecito infrangere questo foglio di nostra approvazione, innovazione, sanzione, statuto, derogazione, volontà e decreto, né contraddirlo con temeraria audacia. Che se qualcuno avesse la presunzione d’attentarvisi, sappia che incorrerà nello sdegno di Dio Onnipotente e dei suoi Beati Apostoli Pietro e Paolo.

Data a Roma, in San Pietro, nell’anno 1559 dall’Incarnazione del Signore, il giorno 15 marzo, IV anno del Nostro Pontificato.

venerdì 21 giugno 2024

Difendiamo la nostra fede con la verità senza paura



A.Di J
Carissimi amici e lettori,

oggi ancora più di ieri, siamo tenuti a combattere la Buona Battaglia per conservare e difendere la fede cattolica. Senza paura, senza timore, perché noi difendiamo la Verità, e la Verità non muta. Non ci sono tante verità, ma c'è ne sta una sola e questa verità noi la professiamo nel Credo In Unum Deum. 

Carissimi Gesù lo aveva già predetto .

"Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, viene l'ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. Ma vi ho detto queste cose affinché, quando verrà la loro ora, ve ne ricordiate, perché io ve l'ho detto".
E nella Prima lettera di San Pietro al capitolo 3:12-17 ci dice: «Chi vi farà del male, se siete zelanti nel bene?
Se poi doveste soffrire per la giustizia, beati voi! Non vi sgomenti la paura che incutono e non vi agitate; ma glorificate il Cristo come Signore nei vostri cuori. Siate sempre pronti a rendere conto della speranza che è in voi a tutti quelli che vi chiedono spiegazioni. Tuttavia, fatelo con mansuetudine e rispetto, e avendo la coscienza pulita, affinché quando sparlano di voi, rimangano svergognati quelli che calunniano la vostra buona condotta in Cristo. Infatti, è meglio che soffriate per aver fatto il bene, se tale è la volontà di Dio, che per aver fatto il male» .

Il singolo cristiano è dunque oggi chiamato a difendere la fede dagli attacchi interni ed esterni. Senza timore,senza paura, di sentirsi  apostrofare scismatico dai cattivi pastori che siedono in Vaticano. Per di più, anche gli stessi credenti oggi sono portati ad avere dubbi visto i cambiamenti della dottrina cattolica post-concilio vaticano II, più o meno estesi, nel cammino della loro fede. 
Ma, certamente, il pericolo più grave sono gli attacchi che più decisi oggi, vengono portati avanti dall'interno della Chiesa, e dalla sua apostata gerarchia, ogni giorno le viviamo tutti, clero e fedeli rimasti fedeli alla Chiesa e alla sana dottrina di sempre.
Fino a poco tempo fa, l’idea di un papa che promulgasse un errore dottrinale significativo era impensabile. Oggi questo però è all'ordine del giorno nel silenzio di molti. Eppure la verità di Cristo rimane la stessa non muta. Il suo Vangelo è tramandato nella Scrittura, nella Tradizione, e nell'insegnamento magisteriale cumulativo di papi, vescovi, concili e sinodi nel corso della storia. I vescovi anzitutto, ma anche i semplici fedeli hanno il dovere e il privilegio di difendere la fede.È sempre utile ricordare che un papa non crea dottrine; egli chiarisce le dottrine per conservare la Fede "depositum fidei" che ha ricevuto.
(si intende quell'unico patrimonio di tutte le verità, sia in ordine alla conoscenza (fede) che al comportamento (morale), insegnate agli Apostoli da Gesù, che è mediatore e pienezza della Rivelazione,e da questi trasmesse al collegio dei Vescovi quali loro successori).
I Padri del Concilio Vaticano I hanno definito l'autorità magisteriale del papa. Ma collegano la sua autorità alla Scrittura e alla Tradizione, l'intera storia dottrinale della Chiesa. 
Con Jorge Mario Bergoglio, e Tucho questo non è più così, conservare e insegnare fedelmente la verità cattolica per questa apostata gerarchia è da Pelagiani.
Questi vescovi infedeli che tradiscono il loro ufficio, di solito per negligenza, ma oggi con insegnamenti errati deliberatamente. Le violazioni dottrinali dell'insegnamento della Chiesa da parte del vescovo di Roma e dei vescovi, in coscienza non possono obbligare i fedeli.Tali errori possono intorbidare le acque del magistero ordinario, ma ovviamente non possono obbligare in coscienza. seminare confusione da parte della gerarchia romana e persino suggerire l'impensabile,porterebbero a credere che le porte degli inferi hanno prevalso nella Chiesa.Ogni presunto pensiero magisteriale che un papa alla fine decreta deve sempre essere giudicato in accordo alla Scrittura e alla Tradizione. Anche le dichiarazioni conciliari, comprese le dichiarazioni sinodali, devono essere in linea con la Scrittura e la Tradizione.Quindi, i vescovi (sostenuti da retti teologi ) devono riconoscere il loro obbligo di rispondere alle dichiarazioni papali che sono pericolosamente ambigue o che contraddicono la Scrittura e la Tradizione. Devono farlo con fermezza e senza paura, sia perché - sotto la guida dello Spirito Santo - con il loro giuramento hanno solennemente promesso di farlo, sia perché hanno il contenuto storico della Rivelazione dalla loro parte.

giovedì 20 giugno 2024

Mons. Viganò accusato di scisma da chi è realmente eretico e scismatico




A,Di J.
Carissimi amici e lettori,
S.E.R.Monsignor Carlo Maria Viganò è stato convocato per “prendere nota delle accuse e delle prove circa il delitto di scisma di cui viene accusato dai suoi detrattori”. Un’accusa infame e pesante quella che viene mossa dal Dicastero per la Dottrina della Fede che a capo si ritrova il cardinale argentino Víctor Manuel Fernández, detto "Tucho" Mistico e melodrammatico, prefetto dell'ex Sant'Uffizio il pretoriano più fedele di Jorge Mario Bergoglio , cui deve tutto. Loquace, insofferente alle critiche, è l'uomo che deve mettere in pratica la rivoluzione promessa (che pare che sia abbastanza esperto in fatto di eresie e attentati all'unità della fede e dottrina. Parrebbe anche espertissimo di come gli uomini e le donne vivono l’orgasmo e qual è la differenza c'è tra un orgasmo maschile e uno femminile.) Nei confronti dell’ex nunzio apostolico negli Stati Uniti, che più volte ha criticato giustamente Bergoglio, arrivando a chiederne le dimissioni. Si tratta di un processo penale farsa extragiudiziale dove potete tutti stare sereni che il verdetto è stato già emesso.Mons. Viganò intanto commenta la convocazione con un “considero le accuse contro di me un onore“. L’ex nunzio Usa, dopo essere stato informato “con una semplice e-mail”, risponde: “Presumo che la sentenza sia già stata preparata dato che si tratta di un processo extragiudiziale. Io considero le accuse contro me un onore. È necessario che l’Episcopato, il clero e il popolo di Dio si chiedano seriamente se sia coerente con la professione della fede cattolica assistere passivamente alla distruzione sistematica della Chiesa da parte dei suoi leader proprio come altri sovversivi stanno distruggendo la società civile. Nessun cattolico degno del nome – conclude – può essere in comunione con questa ‘chiesa bergogliana perché agisce in chiara discontinuità e rottura con tutti i Papi della storia e con la Chiesa di Cristo”.
Qui potete leggere la dichiarazione integrale ATTENDITE A FALSIS PROPHETIS.

Chi cerca di nuocere alla reputazione di qualcuno con la maldicenza o con critiche maligne: ma certamente coloro che in coscienza, sanno che il loro operato ha moltissime zone d'ombra,da quando Bergoglio si è portato il suo Pretoriano in Vaticano e che è diventato prefetto del dicastero per la Dottrina della fede, “Tucho” – per gli amici e per i parenti – ha rivoluzionato il settore di sua competenza. 
L’ex Sant’Uffizio, austero e silenzioso, un giorno sì e l’altro no risponde ai dubbi e alle richieste di vescovi da tutto il mondo. I trans possono fare da padrini ai battesimi? E le ceneri del nonno, si possono tenere in casa? E le unioni gay, le benediciamo o no? E i filippini possono essere massoni? Il prefetto, nel frattempo ammantato di porpora cardinalizia, risponde a tutti e pubblica sul sito del dicastero. Paginette in Word, formato A4, con la firma del Pontefice scannerizzata e malamente incollata (nessun reato o complotto, Francesco sa e approva tutto quella che un tempo fu una nobile congregazione, -ora decaduta a dicastero-già presieduta da prefetti timorati di Dio, oggi grazie alla ditta Bergoglio-Tucho può essere considerata il Porcile Vaticano).
L'amata Chiesa di Dio infestata dai massoni!! Stiamo vivendo il compimento della profezia della Madonna de La Salette e parte del Terzo Segreto di Fatima. 
TUTTO SI STA COMPIENDO APRITE GLI OCCHI!! !!

Mons. Carlo Maria Viganò ATTENDITE A FALSIS PROPHETIS





Comunicato a proposito dell'avvio del processo penale extragiudiziale per delitto di scisma


(Art. 2 SST; can. 1364 CIC)


Il Dicastero per la Dottrina della Fede mi ha comunicato, con una semplice email, l’avvio di un processo penale extragiudiziale nei miei confronti, con l’accusa di essere incorso nel delitto di scisma e contestandomi di aver negato la legittimità di «Papa Francesco», di aver rotto la comunione «con Lui» e di aver rifiutato il Concilio Vaticano II. Mi si convoca al Palazzo del Sant’Uffizio il 20 Giugno, in persona o rappresentato da un Avvocato. Presumo che anche la condanna sia già pronta, visto il processo extragiudiziale.

Considero le accuse rivolte nei miei riguardi come un motivo di onore. Credo che la formulazione stessa dei capi d’accusa confermi le tesi che ho più e più volte sostenuto nei miei interventi. Non è un caso che l’accusa nei miei confronti riguardi la messa in discussione della legittimità di Jorge Mario Bergoglio e il rifiuto del Vaticano II: il Concilio rappresenta il cancro ideologico, teologico, morale e liturgico di cui la bergogliana “chiesa sinodale” è necessaria metastasi.

Occorre che l’Episcopato, il Clero e il popolo di Dio si interroghino seriamente se sia coerente con la professione della Fede Cattolica assistere passivamente alla sistematica distruzione della Chiesa da parte dei suoi vertici, esattamente come altri eversori stanno distruggendo la società civile. Il globalismo chiede la sostituzione etnica: Bergoglio promuove l’immigrazione incontrollata e chiede l’integrazione delle culture e delle religioni. Il globalismo sostiene l’ideologia LGBTQ+: Bergoglio autorizza la benedizione delle coppie omosessuali e impone ai fedeli l’accettazione dell’omosessualismo, mentre copre gli scandali dei suoi protetti e li promuove ai più alti posti di responsabilità. Il globalismo impone l’agenda green: Bergoglio rende culto all’idolo della Pachamama, scrive deliranti encicliche sull’ambiente, sostiene l’Agenda 2030 e attacca chi mette in discussione la teoria sul riscaldamento globale di origine antropica. Esorbita dal proprio ruolo in questioni di stretta pertinenza della scienza, ma sempre e solo in una direzione, che è quella diametralmente opposta a ciò che la Chiesa ha sempre insegnato. Ha imposto l’uso dei sieri genici sperimentali, che hanno provocato danni gravissimi, decessi e sterilità, definendoli «un atto d’amore», in cambio dei finanziamenti delle industrie farmaceutiche e delle fondazioni filantropiche. La sua totale consentaneità con la religione di Davos è scandalosa. Ovunque i governi al servizio del Word Economic Forum hanno introdotto o esteso l’aborto, promosso il vizio, legittimato le unioni omosessuali o la transizione di genere, incentivato l’eutanasia e tollerato la persecuzione dei Cattolici, non una parola è stata spesa in difesa della Fede o della Morale minacciate, a sostegno delle battaglie civili di tanti Cattolici abbandonati dal Vaticano e dai Vescovi. Non una parola per i Cattolici perseguitati in Cina, complice la Santa Sede che considera i miliardi di Pechino più importanti della vita e della libertà di migliaia di Cinesi fedeli alla Chiesa Romana. Nessuno scisma, nella “chiesa sinodale” presieduta da Bergoglio, si ravvisa né da parte dell’Episcopato Tedesco, né dei Vescovi di nomina governativa consacrati in Cina senza il mandato di Roma. Perché la loro azione è coerente con la distruzione della Chiesa, e quindi va dissimulata, minimizzata, tollerata e infine incoraggiata. In questi undici anni di “pontificato” la Chiesa Cattolica è stata umiliata e screditata soprattutto a causa degli scandali e della corruzione dei vertici della Gerarchia, totalmente ignorati mentre il più spietato autoritarismo vaticano infieriva su Sacerdoti e Religiosi fedeli, piccole comunità di Monache tradizionali, comunità legate alla Messa in latino.

Questo zelo a senso unico ricorda il fanatismo di Cromwell, tipico di chi sfida la Provvidenza nella presunzione di sapersi finalmente in cima alla piramide gerarchica, libero di fare e disfare a piacimento senza che nessuno obbietti alcunché. E quest’opera di distruzione, questa volontà di rinunciare alla salvezza delle anime in nome di una pace umana che nega Dio non è un’invenzione di Bergoglio, ma lo scopo principale (e inconfessabile) di chi ha usato un Concilio per contraddire il Magistero cattolico e iniziare a demolire la Chiesa dall’interno, per piccoli passi, ma sempre in un’unica direzione, sempre con l’indulgente tolleranza o la colpevole inazione, se non addirittura l’esplicita approvazione delle Autorità romane. La Chiesa Cattolica è stata occupata lentamente ma inesorabilmente e a Bergoglio è stato dato l’incarico di farla diventare un’agenzia filantropica, la “chiesa dell’umanità, dell’inclusione, dell’ambiente” al servizio del Nuovo Ordine Mondiale. Ma questa non è la Chiesa Cattolica: è la sua contraffazione.

La Rinunzia di Benedetto XVI e la nomina da parte della Mafia di San Gallo di un successore in linea con i diktat dell’Agenda 2030 doveva consentire – e ha effettivamente consentito – di gestire il golpe globale con la complicità e l’autorevolezza della Chiesa di Roma. Bergoglio è per la Chiesa ciò che altri leader mondiali sono per le loro Nazioni: traditori, eversori, liquidatori finali della società tradizionale e certi dell’impunità. Il vizio di consenso (vitium consensus) da parte di Bergoglio nell’accettare l’elezione si basa appunto sull’evidente alienità della sua azione di governo e di magistero rispetto a ciò che qualsiasi Cattolico di qualsiasi tempo si aspetta dal Vicario di Cristo e dal Successore del Principe degli Apostoli. Tutto ciò che Bergoglio compie costituisce un’offesa e una provocazione a tutta la Chiesa Cattolica, ai suoi Santi di tutti i tempi, ai Martiri che sono stati uccisi in odium Fidei, ai Papi di tutti i tempi fino al Concilio Vaticano II.

Questa è anche e principalmente un’offesa al divino Capo della Chiesa, Nostro Signore Gesù Cristo, la Cui sacra autorità Bergoglio esercita in danno al Corpo Mistico, con un’azione che è troppo sistematica e coerente per poter apparire frutto di mera incapacità. Nell’opera di Bergoglio e della sua cerchia si concretizza il monito del Signore: Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di agnelli, ma che nell’intimo sono lupi rapaci (Mt 7, 15). Con costoro mi onoro di non avere né volere alcuna comunione ecclesiale: la loro è una lobby, che dissimula la propria complicità con i padroni del mondo per ingannare tante anime e impedire ogni resistenza all’instaurazione del Regno dell’Anticristo.

Dinanzi alle accuse del Dicastero rivendico, come Successore degli Apostoli, di essere in piena comunione con la Chiesa Cattolica Apostolica Romana, con il Magistero dei Romani Pontefici e con l’ininterrotta Tradizione dottrinale, morale e liturgica che essi hanno fedelmente custodito.

Ripudio gli errori neomodernisti insiti nel Concilio Vaticano II e nel cosiddetto “magistero postconciliare”, in particolare in materia di collegialità, di ecumenismo, di libertà religiosa, di laicità dello Stato e di liturgia.

Ripudio, respingo e condanno gli scandali, gli errori e le eresie di Jorge Mario Bergoglio, che manifesta una gestione assolutamente tirannica del potere, esercitata contro lo scopo che legittima l’Autorità nella Chiesa: un’autorità che è vicaria di quella di Cristo, e che come tale a Lui solo deve obbedire. Questa separazione del Papato dal proprio principio legittimante che è Cristo Pontefice trasforma il ministerium in una tirannide autoreferenziale.

Con questa “chiesa bergogliana”, nessun Cattolico degno di questo nome può essere in comunione, perché essa agisce in palese discontinuità e rottura con tutti i Papi della storia e con la Chiesa di Cristo.

Cinquant’anni fa, in quello stesso Palazzo del Sant’Uffizio, l’Arcivescovo Marcel Lefebvre venne convocato e accusato di scisma per aver rifiutato il Vaticano II. La sua difesa è la mia, le sue parole sono le mie, miei sono i suoi argomenti dinanzi ai quali le Autorità romane non hanno potuto condannarlo per eresia, dovendo aspettare che consacrasse dei Vescovi per avere il pretesto di dichiararlo scismatico e revocargli la scomunica quando ormai era morto. Lo schema si ripete anche dopo che dieci lustri hanno dimostrato la scelta profetica di Mons. Lefebvre.

In questi tempi di apostasia, i Cattolici troveranno nei Pastori fedeli al mandato ricevuto da Nostro Signore un esempio e un incoraggiamento a permanere nella Verità di Cristo.

Depositum custodi, secondo l’esortazione dell’Apostolo: avvicinandosi il momento in cui dovrò rendere conto al Figlio di Dio di ogni mia azione, intendo perseverare nel bonum certamen e non venir meno alla testimonianza di Fede che è richiesta a chi come Vescovo è insignito della pienezza del Sacerdozio e costituito Successore degli Apostoli.

Invito tutti i Cattolici a pregare perché il Signore venga in soccorso della Sua Chiesa e infonda coraggio a quanti sono perseguitati a causa della Fede.

 

+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo
20 Giugno 2024
S.cti Silverii Papæ et Martyris
B.ti Dermitii O’Hurley, Episcopi et Martyris

Con la festa della Beata Vergine Maria Consolatrice-si da inizio alla novena dei Principi degli Apostoli i Santi Pietro e Paolo.

 

Carissimi amici e lettori,

Il 20 giugno ricorre la festa liturgica della Beata Vergine Maria Consolatrice (La Consolata) a Torino nello stesso giorno si da inizio alla novena dei Principi degli Apostoli i Santi Pietro e Paolo.

La devozione torinese verso la Consolata, Patrona dell’ Arcidiocesi, è certamente la più sentita oltre ad essere la più antica.
Le origini sono remote, secondo la tradizione il protovescovo S. Massimo fu il costruttore di un’antica chiesa mariana proprio a ridosso delle mura cittadine, presso la torre angolare i cui resti sono ancora visibili. Simbolicamente allineato alle antiche mura, a prova della protezione, sorge oggi l’altare maggiore in cui è collocata la veneratissima effige.

Originale è il titolo di “Consolata”, probabilmente un’antica storpiatura dialettale, “la Consolà”, del più consueto “Consolatrix afflictorum”.

Per noi è bello pregare Maria meditando che Consolata da Dio è più che mai Consolatrice nostra.

Nella storia remota sull’origine del Santuario troviamo l’anziano Re Arduino di Ivrea che, ritiratosi nell’Abbazia di Fruttuaria, ebbe in sogno il compito dalla Madonna, insieme a S. Benedetto e S. Maria Maddalena, di costruire tre chiese a lei dedicate: la Consolata, Belmonte nel Canavese e a Crea nel Monferrato.

Nel 1104 la Vergine apparve anche ad un cieco di Briancon, Giovanni Ravachio, a cui disse di recarsi a Torino dove, trovando un quadro che la rappresentava, avrebbe acquistato la vista. Il cieco ottenne ascolto solo dalla donna di servizio. Messosi in viaggio per un momento gli si aprirono gli occhi presso Pozzo Strada (oggi vi sorge la parrocchia dedicata alla Natività di Maria) e vide da lontano il campanile di S. Andrea (antico titolo del Santuario). Giunto finalmente alla meta, scavando, trovò l’immagine della Vergine e acquistò la sospirata vista. Probabilmente l’icona era stata nascosta durante l'imperversare dell’eresia del vescovo iconoclasta Claudio, affinché non fosse distrutta.

Accorse il vescovo Mainardo, allora residente a Testona di Moncalieri, e la miracolosa immagine venne ricollocata con i dovuti onori. Quest’effige oggi non esiste più mentre vi è nella parte bassa del Santuario la cappella sotterranea detta “delle Grazie”. Il quadro oggi venerato è invece dono del Cardinale Della Rovere (il costruttore del Duomo) ed è attribuito ad Antoniazzo Romano. Opera della fine del XV secolo si ispira alla Salus Populi Romani. La devozione della città verso la Vergine Consolata è rimasta costante nei secoli, il popolo con i suoi sovrani vi si raccoglieva in preghiera sia nelle occasioni felici, sia in quelle infauste: centinaia di ex-voto lo testimoniano. Tra i vari avvenimenti che videro la Consolata particolarmente invocata, ricordiamo l’assedio alla città da parte dei francesi nel 1706. La città di Torino fu davvero consolata! Nel 1906 San Pio X conferì al Santuario il titolo di Basilica Minore. La festa si celebra, preceduta dalla solenne novena, il 20 giugno.


Preghiera alla Consolata

Oppresso dalla tribolazione, gemendo e piangendo sotto il peso delle mie miserie, a Voi ricorro, o Beatissima Vergine Maria. Voi siete in Cielo la Regina degli Angeli e dei Santi, ma qui in terra Voi volete essere la Madre delle consolazioni. Voi siete la Consolata; ed io Vostro figlio benché indegno voglio essere simile a Voi, voglio essere consolato. Io non Vi chiedo onori, o Maria, non piaceri, non ricchezze: io Vi chiedo consolazione. O Madre mia dolcissima, Voi sapete il modo, Voi conoscete la via per esaudirmi; in Voi pienamente mi affido. Dite una parola a quel Gesù che con tanto amore tenete fra le Vostre braccia: ed io gusterò la gioia del conforto. Da Voi consolato, o Maria, e dal Vostro Divin figlio, io porterò in pace le stesse mie tribolazioni; mi sarà facile il soffrire, mi sarà dolce il morire; e come sarò giunto ai piedi del Vostro trono, io canterò senza posa in eterno le Vostre misericordie. Così sia. Salve Regina….

Prega per noi, Vergine Consolatrice. Intercedi per il tuo popolo.



Nel Nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo....
Io credo in Dio, Padre onnipotente……
1. O santi Apostoli Pietro e Paolo, che rinunciaste a tutte le cose del mondo per seguire al primo invito il Santo Maestro di tutti gli uomini, Cristo Gesù, otteneteci, vi preghiamo, che anche noi viviamo con il cuore sempre staccato da tutte le cose terrene e sempre pronti a seguire le divine ispirazioni. Impetrateci la grazia della perseveranza, il coraggio dei grandi missionari, la fedeltà alla santa Madre Chiesa. 1Gloria al Padre...
2. O santi Apostoli Pietro e Paolo, che, istruiti da Gesù Cristo, impiegaste tutta la vita nell'annunciare ai diversi popoli il Suo Divino Vangelo, otteneteci, vi preghiamo, di essere sempre fedeli osservanti di quella Religione santissima alla quale obbediste con tanti stenti e, a vostra imitazione, aiutateci a dilatarla, difenderla e glorificarla con le parole, con le opere e con tutte quante le nostre forze. Supplicate per tutta la Chiesa e per noi la richiesta al Cristo, di ottenere santi sacerdoti. 1Gloria al Padre...
3. O santi Apostoli Pietro e Paolo, che dopo aver osservato e incessantemente predicato il Vangelo, ne confermaste tutte le verità sostenendo intrepidi le più crudeli persecuzioni e i più tormentosi martirii in sua difesa, ottenete a tutte le nostre Comunità, vi preghiamo, la grazia di essere sempre disposti, come Voi, a preferire piuttosto la morte che tradire in qualsiasi maniera la causa della Fede. Otteneteci dal buon Dio Vescovi coraggiosi e fedeli all'insegnamento della Chiesa; proteggete Voi stessi il Sommo Pontefice da ogni pericolo.
1Gloria al Padre...
Santi Pietro e Paolo, pregate per noi – fateci degni delle promesse di Cristo.

Oremus

Deus, qui hodiérnam diem Apostolórum tuórum Petri et Pauli martyrio consecrásti: da Ecclésiae tuae, eórum in ómnibus sequi praecéptum; per quos religiónis sumpsit exórdium. Per Dóminum nostrum Iesum Christum, Fílium tuum, qui tecum vívit et regnat in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia saécula saeculórum.
M. - Amen



O Dio, che consacrasti questo giorno col martirio dei tuoi Apostoli Pietro e Paolo: concedi alla tua Chiesa di seguire in ogni cosa i precetti di coloro, per mezzo dei quali ebbe principio la religione. Per il nostro Signore Gesú Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con Te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i sécoli dei sécoli. M. - Amen


martedì 18 giugno 2024

Tradizionalisti contro progressisti. Frà Leone




di Frà Leone da Bagnoregio
Si fa un gran parlare di due opposte fazioni che si contendono la scena ecclesiale. Come due tifoserie o due tribù l’una contro l’altra armata. Tradizionalisti contro progressisti. E debbo dirvi che ultimamente mi sento un po’ a disagio a discutere negli ambienti ecclesiastici, si sente strisciare un pensiero che sembra, quasi una specie di acquiescenza se non teologica, ma almeno pratica al modernismo. Se in ambienti della “chiesa conciliare” ci sono sacerdoti che aprono gli occhi, negli ambienti “tradizionalisti” pare il contrario, incomincia a diffondersi il pensiero che in fondo in fondo il modernismo sia, in effetti, un’eresia di secondo ordine.

Preso atto che le autorità della “chiesa conciliare” per la gran parte, pongono in essere apertis verbis dottrine, fatti ed atteggiamenti tipicamente modernisti o di sapore modernista, non si ha neppure più il coraggio di contrastare queste dottrine e questi fatti in modo specifico.


Si da assodato che il modernismo sia un po’ l’errore dei fratelli che si sbagliano o che esagerano su certe posizioni, ma che in fondo condividono la dottrina cattolica in molti punti.


Prima di analizzare cosa sia l’eresia modernista seguendo l’enciclica di San Pio X Pascendi e gli altri atti pontifici di sanzione e condanna, ci si consenta di formulare alcune considerazioni o aspetti che ci paiono attinenti e confacenti alla comprensione degli errori dottrinali del modernismo.


Per certi aspetti la dottrina modernista ha molte analogie con l’eresia giansenista. Ci vollero più condanne, più provvedimenti e bolle pontificie per distruggerla o perlomeno limitarla drasticamente, ma il suo spirito continuò ad aleggiare negli ambienti ecclesiastici per lungo tempo.


Il metodo comune in entrambe le eresie era quella di un “silenzio ossequioso” alle disposizioni pontificie. I modernisti chinavano il capo provvisoriamente, pronti a rialzarlo ogni qualvolta l’occasione era favorevole ai loro intenti. Così scriveva San Pio X: “E così essi operano scientemente e volentemente; sì perché è loro regola che l’autorità debba essere spinta, non rovesciata; si perché hanno bisogno di non uscire dalla cerchia della Chiesa per poter cangiare a poco a poco la coscienza collettiva”.
Il subdolo sotterfugio fu però smascherato dai pontefici con la Bolla Ad sacram beati Petri sedem, e Vineam Domini, almeno per i giansenisti perché lo palesarono apertamente.


Per il modernismo le cose andarono diversamente, non ci fu continuità sistematica nella condanna.
Il modernismo fu condannato solo da San Pio X e in modo più blando da Pio XII con l’enciclica Humani Generis. Questa poca assiduità da parte dei Sommi Pontefici permise il diffondersi dell’errore tra i sacerdoti che furono poi promossi alle alte cariche della Chiesa.


Il modernismo prima di essere un’eresia è un’anti ontologia, è un errore filosofico che attacca l’Ente, è la filosofia del sentimento, dell’immanenza e della fenomenologia, che distrugge o vuole distruggere il principio metafisico della realtà e della conoscenza. Se le scienze naturali sono ancelle della filosofia, per i modernisti le scienze devono essere anti filosofiche e anti teologiche. Secondo la filosofia tradizionale le scienze naturali non fanno altro che confortare gli assunti ontologici e l’esistenza di Dio, infatti, l’autore della natura è anche l’autore della vita.


Trasponendo il concetto in ambito teologico non ci può essere contraddizione tra teologia o Rivelazione e scienze naturali, perché l’autore di entrambi è sempre e solo Dio. L’autore della vita è pure l’autore della fede. Se un errore è grave in ambito filosofico diventa letale trasposto in ambito teologico. Per i modernisti ci può essere contraddizione, anzi quasi ci deve essere contraddizione, la religione è rilegata all’interno della coscienza umana.


San Pio X nella mirabile enciclica “Pascendi Dominici gregis” incomincia con l’analizzare i modernisti in abito filosofico. La conoscenza di Dio tramite la ragione punto di partenza di ogni metafisica, viene posta in disparte ed ecco apparire la conoscenza tramite il sentimento: “Dunque il sentimento religioso, che per vitale immanenza si sprigiona dai nascondigli della subcoscienza, è il germe di tutta la religione, ed è insieme la ragione di quanto fu e sarà per essere in qualsivoglia religione”.


La conoscenza che nella filosofia cristiana secondo il metodo tomista, prende origine dal rivelabile, cioè quei concetti che la ragione umana riesce a conoscere con la luce dell’intelletto, diventano un semplice sentimento e questo sentimento cerca di conoscere Dio.


La parte teologica non si discosta molto dalla parte filosofica, il credere si rifà nuovamente al sentimento religioso e all’esperienza individuale: “Nel sentimento religioso, si deve riconoscere quasi una certa intuizione del cuore, la quale mette l’uomo in contatto immediato con la realtà stessa di Dio e gli infonde una tale persuasione dell’esistenza di Lui e della sua azione sia dentro sia fuori dall’uomo, da sorpassare di gran lunga ogni convincimento scientifico”.


I dogmi diventano quindi solo dei simboli e a cui fare riferimento e che possono mutare con il passare dei tempi.


Veniamo, quindi, a cosa conduce questo nuovo ordine a cui fare riferimento: “Qui giova subito notare che, posta questa dottrina dell’esperienza unitamente all’altra del simbolismo, ogni religione, sia pure quella degli idolatri, deve ritenersi siccome vera. Perché, infatti, non sarà possibile che tali esperienze s’incontrino in ogni religione? E che si siano, di fatto, incontrate non pochi lo pretendono. E con qual diritto modernisti negheranno la verità ad un’esperienza affermata da un mussulmano? Con qual diritto rivendicheranno esperienze vere pei soli cattolici”?


E’ quello che ormai chiaramente si evince con il nuovo corso ecumenico scaturito dal Vaticano II!
Così continua San Pio X: “Ed, infatti i modernisti non negano, concedono anzi, altri velatamente altri apertissimamente, che tutte le religioni son vere. E che non possano sentire altrimenti, è cosa manifesta”.


Papa Sarto ha già visto le conseguenze: “Tutt’al più, nel conflitto fra diverse religioni, i modernisti potranno sostenere che la cattolica ha più di verità perché più vivente, e merita con più ragione il titolo di cristiana, perché risponde più pienamente alle origini del cristianesimo”.


Sembra di sentire riecheggiare le parole dei teologi conciliari e di chi dovrebbe detenere la suprema autorità della Chiesa.


Veniamo, quindi, al campo politico: “Ma non basta alla scuola dei modernisti che lo Stato sia separato dalla Chiesa. Come la fede, quanto agli elementi fenomenici, deve sottostare alla scienza, così nelle cose temporali la Chiesa ha da assoggettarsi allo Stato”.


Più avanti l’enciclica entra nel dettaglio sul pensiero modernista in capo politico: “Nei tempi che corrono il sentimento di libertà è giunto al suo pieno sviluppo. Nello stato civile la pubblica coscienza ha voluto un regime popolare. Ma la coscienza dell’uomo, come la vita, è una sola. Se dunque l‘autorità della Chiesa non vuol suscitare e mantenere una guerra intestina nelle coscienze umane, uopo è che si pieghi anch’essa a forme democratiche; tanto più che, a negarvisi, lo sfacelo sarebbe imminente. È da pazzo il credere che possa aversi un regresso nel sentimento di libertà quale domina al presente. Stretto e rinchiuso con violenza strariperà più potente, distruggendo insieme la religione e la Chiesa”.


Per quanto riguarda l’autorità ecclesiastica, questa deve piegarsi alle esigenze del mondo moderno: “In generale vogliono ammonita la Chiesa che, poiché il fine della potestà ecclesiastica è tutto spirituale, disdice ogni esterno apparato di magnificenza con che essa si circonda agli occhi delle moltitudini. Nel che non riflettono che se la religione è essenzialmente spirituale non è tuttavia ristretta al solo spirito; e che l’onore tributato all’autorità ridonda su Gesù Cristo che ne fu istitutore”.


Ed ecco il pauperismo che ora va in voga con Il nuovo corso dettato prima da Paolo VI e Giovanni Paolo II ed ora particolarmente da Francesco!


Il modernista vuole tutto riformare, si parla ora di cambiare ulteriormente le istituzioni ecclesiastiche ritenute ormai troppo obsolete, e tutto questo lo si è imposto e lo si vuole imporre perché questo cambiamento è voluto dallo Spirito Santo uno spirito “carismatico” pervade, infatti l’animo dei modernisti.


La Curia Romana e le varie istituzioni furono già sconvolte da Paolo VI e da Giovanni Paolo II, ora Francesco pretende di cambiare ancora di più, sempre più radicalmente verso un modello democratico e verso una “comunione ecclesiale” non ben definita, questi intenti erano già stati enucleati dai modernisti al tempo di San Pio X e il papa li riconobbe e riconobbe il loro intento: “Strepitano a gran voce perché il regime ecclesiastico debba essere rinnovato per ogni verso, ma specialmente pel disciplinare e il dogmatico. Perciò pretendono che dentro e fuori si debba accordare colla coscienza moderna, che tutta è volta a democrazia; perché dicono doversi nel governo dar la sua parte al clero inferiore e perfino al laicato, e decentrare, Ci si passi la parola, l’autorità troppo riunita e ristretta nel centro. Le Congregazioni romane si devono svecchiare … Chiedono che il clero ritorni all’antica umiltà e povertà, ma lo vogliono di mente e di opere consenziente coi precetti del modernismo”.


E’ evidente che queste dottrine ed il modo di comportarsi di queste persone permeati pervasi e completamente immersi nel modernismo, in un mondo oppresso dal consumismo e vittima del materialismo parlare del soprannaturale del trascendente, dei diritti di Dio e della sottomissione dell’uomo a Dio sono realtà fuori dalla umana comprensione della cultura contemporanea dove tutto è pervaso di democratismo e libertà individuale i modernisti hanno il plauso delle masse. Si veda oggi quanto successo riscuote Francesco con i suoi gesti e le sue esternazioni.


Veniamo ora alla definizione del modernismo in quanto eresia, papa San Pio X così afferma: “Ora, se quasi di un solo sguardo abbracciamo l’intero sistema, niuno si stupirà ove Noi lo definiamo, affermando esser esso la sintesi di tutte le eresie. Certo, se taluno si fosse proposto di concentrare quasi il succo ed il sangue di quanti errori circa la fede furono sinora asseriti, non avrebbe mai potuto riuscire a far meglio di quel che hanno fatto i modernisti. Questi anzi tanto più oltre si spinsero che, come già osservammo, non pure il cattolicesimo ma ogni qualsiasi religione hanno distrutta. Così si spiegano i plausi dei razionalisti: perciò coloro, che fra i razionalisti parlano più franco ed aperto, si rallegrano di non avere alleati più efficaci dei modernisti”.


Si comprendono, quindi, alla luce dell’enciclica che condanna il modernismo, certe affermazioni tipiche della “chiesa contemporanea”, come “il non abbiate paura” ora tanto in voga, circa certe adunate della gioventù, poste in essere per esaltare l’uomo, circa certi scritti di Giovanni Paolo II e ora di Francesco in cui si esprime il concetto che l’uomo porta a Dio, ecco cosa scriveva nella “Pascedi” San Pio X: “Dunque di legittima conseguenza inferiamo che Dio e l’uomo sono la stessa cosa; e perciò il panteismo. Finalmente pari è la conseguenza che si trae dalla loro decantata distinzione fra la scienza e la fede. L’oggetto della scienza lo pongono essi nella realtà del conoscibile; quel lo della fede nella realtà dell’inconoscibile. Orbene l’inconoscibile è tale per la totale mancanza di proporzione fra l’oggetto e la mente. Ma questa mancanza di proporzione, secondo gli stessi modernisti, non potrà mai esser tolta. Dunque l’inconoscibile resterà sempre inconoscibile tanto pel credente quanto pel filosofo. Dunque, se si avrà una religione, questa sarà della realtà dell’inconoscibile”.


Commentando gli errori del modernismo si è ricostruito passo passo il Vaticano II! Si sono ricostruiti ben cinque “pontificati”!


Come è possibile allora cercare un compromesso con questi nemici acerrimi della religione cattolica?
Come è possibile credere ancora che ci sia buona fede da chi è il sostenitore di tali errori ed eresie.
Se si trattasse di cercare il compromesso con il luteranesimo o il calvinismo da parte dei cosiddetti “tradizionalisti” ci si strapperebbe le vesti si farebbero barricate, non si comprende perché il modernismo è considerato un’eresia minore, forse perché con il suo “silenzio ossequioso” è riuscito ad impadronirsi dei Palazzi Apostolici, delle diocesi, delle università cattoliche e di ogni altra istituzione.
La Chiesa è occupata dai modernisti.


Jacques Ploncad d’Assac, lo aveva già scritto circa una trentina di anni or sono: si sono costruite speranze totalmente umane, ma non soprannaturali.


Questo articolo non è esauriente per comprendere la complessità e la struttura del modernismo, sia storico che ne è la radice, sia contemporaneo che ne è la conseguenza e la degenerazione, ma il fatto grave è che si continui anche oggi dopo i disastri a prendere sottogamba il problema, non ci si rende conto della gravità dell’eresia modernista.


Sembra quasi che non sia da considerarsi modernismo quanto fanno e dicono certe gerarchie conciliari, ma un errore passeggero.


Il Signore ci illumini.

lunedì 17 giugno 2024

Le persecuzioni del Vaticano contro la messa tridentina sono riprese




Carissimi amici e lettori,

Ancora una volta, la Messa tridentina è sotto attacco,dalla stessa gerarchia ecclesiastica, esattamente provenienti dagli ambienti vicini al cardinale Roche e dai guerrieri liturgici vicini a Casa Santa Marta in Vaticano dove sorge la lussuosa residenza di Jorge Mario Bergoglio. Già due volte in passato (prima della repressione contro i francescani dell'Immacolata, e Traditionis Custodes ), Rorate Caeli ci metteva in guardia e con dolore debbo dire che la previsione era esatta.“Si sta cercando di realizzare al più presto un documento vaticano con una soluzione severa, radicale e definitiva che bandisca la Messa tradizionale in latino”.
La notizia si legge nel sito rorate-caeli.blogspot.com che se ne occupa in un articolo carico di preoccupazione.Cattolici vigilate state in guardia non arretrate,poiché l'eresia, le persecuzioni, partono dalla stessa direzione Casa Santa Marta.

Spiega l’articolo: “Gli stessi ideologi che hanno imposto la Traditionis custodes e la sua attuazione, e che sono ancora frustrati per i suoi risultati apparentemente lenti, soprattutto negli Stati Uniti e in Francia, vogliono vietare la Messa tradizionale e chiuderla ovunque e immediatamente. Vogliono farlo mentre Francesco è ancora al potere. E vogliono che il provvedimento sia il più ampio, definitivo e irreversibile possibile”.

Precisato che queste voci provengono da fonti credibili, il sito aggiunge: “Vi esortiamo a prenderle il più seriamente possibile, e a fare ciò che potete nella vostra posizione, come laici, sacerdoti, vescovi, cardinali, religiosi e religiose, per evitare che il divieto diventi una misura concreta”.

“Possiamo impedire che ciò avvenga? Sì, possiamo: con la preghiera, il sacrificio, la penitenza, l’influenza e la pressione, di qualsiasi tipo, che possiamo esercitare. Il nemico è forte, ma il Signore e la Madonna sono più forti. Quando avremo ulteriori informazioni da rendere pubbliche, ve le comunicheremo”.

Circa le fonti menzionate, il sito precisa: “Quello che possiamo dire è che queste voci provengono dalle stesse fonti che hanno rivelato a Rorate che il Vaticano aveva inviato un sondaggio ai vescovi sul Summorum Pontificum (in preparazione di quella che sarebbe diventata la Traditionis custodes), e Rorate è stato il primo a pubblicarlo. Sono le stesse che per prime hanno rivelato che era in arrivo un documento come Traditionis custodes”. A queste si sono aggiunte altre fonti che all’epoca di Traditiones custodes il sito Rorate-caeli ancora non conosceva ma ora confermano l’arrivo del nuovo provvedimento.

Fonti:
rorate-caeli.blogspot.com
Aldo Maria Valli
blog.messainlatino.it


Mons. Marian Eleganti, “Il Vescovo di Roma nell’esercizio dell’ufficio di Pietro”




Carissimi amici e lettori,
S.E.R. il vescovo ausiliare emerito di Coira ha reagito alla pubblicazione del documento “Il Vescovo di Roma” da parte del “Dicastero per l’unità dei cristiani”. Mons. Marian Eleganti, già nel 2022, si era fatto notare per la sua motivata opposizione al Sinodo sulla sinodalità che è entrato nella sua fase continentale."Non mi fido più del sinodo" Lo fa senza giri di parole. Marian Eleganti con una “prima, spontanea reazione al nuovo documento sull’esercizio dell’ufficio di Pietro”. Gli risponde in una lettera aperta il cardinale Kurt Koch, prefetto del Dicastero della Fede.

Lettera aperta
sulla “prima reazione spontanea” al documento di studio “Il Vescovo di Roma”



Caro Vescovo Marian Eleganti
Ho letto la tua “prima reazione spontanea” al documento pubblicato dal “Dicastero per l’unità dei cristiani” sull’esercizio del primato papale in prospettiva ecumenica e ho dovuto constatare con grande disappunto le mostruosità che hai inserito in questo documento e quindi anche verso di me, presumo. Perché ciò che scrivi su questo documento naturalmente riguarda anche e soprattutto me come redattore di questo documento. Devo quindi innanzitutto ricordare che questo documento non è un testo di insegnamento, ma un testo di studio che offre una sintesi delle risposte che le diverse Chiese cristiane hanno avuto all’enciclica Ut unum sint di Papa Giovanni Paolo II e ai risultati dei dialoghi ecumenici su questo argomento che ha avuto luogo negli ultimi decenni. Se si prende sul serio la natura di un testo del genere, è impossibile identificare semplicemente le affermazioni in esso citate con le convinzioni del redattore. Inoltre non si tratta di una dichiarazione dottrinale della Chiesa cattolica, ma piuttosto di un documento di studio con suggerimenti per ulteriori discussioni ecumeniche.

In termini di contenuto, la tua affermazione all’inizio della tua dichiarazione è semplicemente sbagliata; secondo cui nel documento vaticano l’accettazione della giurisdizione papale cattolico-romana da parte di altri cristiani è vista come un “criterio per la sua validità e legittimità” e di conseguenza il papato diventerà allora nuovo e quindi compreso o praticato in modo diverso rispetto a prima. Le affermazioni dei dialoghi ecumenici citate nel documento non vengono presentate come “criterio di validità e legittimità” dei dogmi papali, ma come contributi destinati a servire a rafforzare le idee dei Papi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI a proseguire e approfondire il dibattito ecumenico auspicato e promosso circa l’esercizio concreto del primato papale, nella chiara consapevolezza che tutti i suggerimenti contenuti nel documento non saranno decisi dai teologi, ma dal Papa.

Non si tratta quindi affatto di adottare i dogmi papali del Concilio Vaticano I. Il documento non ricalca in alcun modo la tua sintesi, un po’ semplicistica: “Dimenticate la dogmatizzazione del primato giurisdizionale romano nel Vaticano I e ritornate al periodo della Riforma, al primo millennio e in generale al periodo apostolico”. Al contrario, il documento propone che, considerando il Concilio Vaticano I, la Chiesa cattolica cerchi nuove forme di espressione e un nuovo vocabolario, che però resti fedele all’intenzione originaria e si integri nell’ecclesiologia di comunione, nella quale nientemeno che l’allora cardinale Joseph Ratzinger vide “il vero cuore del Vaticano II”, più precisamente “la cosa nuova e allo stesso tempo del tutto originale che questo Concilio ci ha donato”.

Inutile dire che una tale ricollocazione dei dogmi papali del Concilio Vaticano I alla luce del Concilio Vaticano II rientra nell’autorità del magistero della Chiesa, così come lo stesso Concilio Vaticano II ha intrapreso tale ricollocazione. Come cattolico, suppongo che la guida della Chiesa da parte dello Spirito Santo non si sia fermata al Vaticano I, ma che lo Spirito Santo abbia accompagnato la Chiesa anche durante il Vaticano I e continui a farlo anche oggi. Dalla tua affermazione non mi è chiaro se condividi questa convinzione. Perché da un lato tu sottolinei – giustamente – la perdurante validità del Concilio Vaticano I, mentre dall’altro criticho il Concilio Vaticano II in modo del tutto idiosincratico, accusandolo, ad esempio, di aver “diluito semanticamente” l’immagine di sé e le rivendicazioni della Chiesa cattolica.. Sono consapevole che il “subsistit in” utilizzato nella costituzione ecclesiastica “Lumen Gentium” viene interpretato in modo errato da vari teologi, cioè non alla luce della confessione di Cristo. Ciò però non cambia il fatto che si tratta di una decisione dottrinale di un concilio che non va messa in discussione ma va interpretata correttamente. Ci sono anche interpretazioni autentiche del “subsistit” di Papa Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI che vanno decisamente in una direzione diversa dalla tua.

Per favore permettimi di fare un’altra domanda. Mi colpisce stranamente quando ora pretendi il primato giurisdizionale del Papa e l’obbedienza ecclesiastica alle decisioni dottrinali papali in modo assoluto; ma in dichiarazioni precedenti hai rivendicato la tua libertà di mettere in discussione o addirittura di rifiutare molte delle decisioni giurisdizionali dell’attuale Papa.. Non riesco a capire come le due cose possano andare insieme.

Ma torniamo alla tua visione di uno dei punti cruciali in termini di fede, che non posso escludere dal tuo intervento. Tu scrivi che nel documento citato si separa l’umano dal divino riguardo all’ufficio papale e si pretende che il papato sia «legge divina e umana », e ciò si afferma «per rendere particolarmente storico il suo esercizio giurisdizionale». e relativizzarlo criticamente”, e questo significa “non credere nella Chiesa come istituzione divina”. Tuttavia, la tua dichiarazione oltraggiosa non trova alcun fondamento nel documento.

Sai quanto me che anche il dogma cristologico di Calcedonia parla di Gesù Cristo come di una persona dotata di due nature, divina e umana. E in analogia alla confessione di Cristo, la costituzione del Concilio Vaticano II dice qualcosa di simile a proposito della chiesa: «La società dotata degli organi gerarchici e del corpo misterioso di Cristo, l’assemblea visibile e la comunità spirituale, la chiesa terrena e la Chiesa dotata dei doni celesti non sono “da considerarsi come due entità diverse, ma costituiscono piuttosto un’unica realtà complessa, che cresce insieme dagli elementi umani e divini” (“Lumen Gentium”, n. 8). Mentre per te la Chiesa è evidentemente una “realtà divina”, il Concilio parla invece di “un’unica realtà complessa”.

Ma se c’è anche un elemento umano in Cristo e nella Chiesa, come può il papato, come tu affermi, essere divino senza alcun elemento umano? Se così fosse, Papa San Giovanni Paolo II non avrebbe mai dovuto distinguere tra la natura del primato papale e la forma del suo esercizio concreto e invitare i cristiani di altre Chiese ad entrare in dialogo con lui sull’esercizio del primato papale in per raggiungere una forma che possa essere adottata anche da altre chiese. Ma questo è proprio ciò che ha fatto il Santo Padre nella sua enciclica sul lavoro ecumenico, “Ut unum sint”, perché era convinto che il ristabilimento dell’unità dei cristiani è la volontà del Signore e che anche lui doveva essere obbediente a questa volontà. Era quindi sua profonda convinzione che al Papa fosse affidato il servizio dell’unità non solo della sua Chiesa cattolica romana, ma di tutti i cristiani, e che il suo ufficio trovasse “la sua particolarissima spiegazione” nel campo dell’ecumenismo.

Questa distinzione fatta da Papa Giovanni Paolo II tra la natura del primato e la forma concreta del suo esercizio è stata fatta anche da Papa Benedetto XVI. e il relativo invito all’ecumenismo è stato rinnovato, ad esempio in occasione dell’incontro con i rappresentanti delle Chiese ortodosse a Friburgo nel settembre 2011: «Sappiamo che è soprattutto con la questione del primato che dobbiamo continuare a lottare con pazienza e umiltà per comprenderla adeguatamente. Penso che le riflessioni sulla distinzione tra natura e forma dell’esercizio del primato, che Papa Giovanni Paolo II ha fatto nell’enciclica Ut unum sint (n. 95), possano continuare a darci feconda ispirazione.

Cito volutamente questi testi per chiederti di comprendere che devo astenermi dall’essere accusato di gravi eresie quando riprendo e continuo un tema importante del Magistero dei Papi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Il “Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani” è stato ed è guidato da questa preoccupazione; e alla luce delle tue accuse, devo ai miei colleghi sottolinearlo per salvare il loro onore ortodosso.

Ti sono grato che descrivi la tua affermazione come la “prima reazione spontanea”. Questo è davvero quello che è. E senza dubbio avresti fatto bene a studiare la questione in dettaglio prima di pubblicare la tua dichiarazione. Ti chiedo anche di includere in questo studio l’enciclica innovativa “Ut unum sint” di Papa Giovanni Paolo II e gli insegnamenti ecumenici di Papa Benedetto XVI. Spero che allora potrai vedere che anch’io sono impegnato nelle istruzioni dottrinali di questi Papi e continuerò a sforzarmi di seguirle.

Per il resto, apprezzo la tua passione per la chiarezza e la purezza della fede cattolica, e sono fondamentalmente d’accordo con gran parte di ciò che hai scritto nella tua dichiarazione. Ma per il bene dei credenti, non posso permettere che resti in piedi il modo in fraintendi e condanni il documento del “Dicastero per l’unità dei cristiani”. Così facendo non hai creato chiarezza, ma piuttosto confusione. Perché se la passione per la chiarezza non riguarda l’insieme della fede e il suo autorevole annuncio da parte dei pontefici, c’è il pericolo che la passione per la chiarezza possa scivolare nel soggettivo e allora il soggettivo possa diventare esso stesso giudice del magistero della Chiesa .

In questa preoccupazione condivisa, ti auguro la benedizione di Dio e ti saluto affettuosamente

Kurt Card. Koch

Vaticano, 16 giugno 2024

domenica 16 giugno 2024

IL PRIMATO DEL VESCOVO DI ROMA NEL PRIMO MILLENNIO

di NELLO CIPRIANI
Il primato del vescovo di Roma è oggi al centro del dibattito teologico, per il suo enorme impatto nel dialogo ecumenico. Certamente la dottrina e l'esercizio di questo primato trovano il loro fondamento nei libri del Nuovo Testamento, che permettono di risalire alla volontà stessa di Cristo. Ma tali testi scritturistici non sono stati intesi in maniera omogenea nella Chiesa. Lo sviluppo della coscienza ecclesiale su questo, come su altri punti dottrinali, è legato inevitabilmente alle circostanze storiche e geografiche. Ciò impone un approccio storico-critico al tema, alle fonti letterarie e ai fatti tramandati. Noi qui ci limitiamo a esaminare le risonanze o le letture che di tali testi sono state fatte nella chiesa del primo millennio: la coscienza sempre più chiara delle responsabilità primaziali da parte dei successori di Pietro, e le contestazioni o la ricezione più o meno ampia e convinta nelle altre parti della Chiesa. La chiesa romana nell'età sub-apostolica Le prime ed esplicite rivendicazioni del primato non incominciano ad affiorare se non verso la fine del I e durante il II secolo. Sono due i documenti più significativi al riguardo: la lettera di Clemente Romano ai Corinzi e la lettera di Ignazio di Antiochia ai Romani. La prima lettera si presenta non tanto come un intervento personale di Clemente quanto come un intervento della chiesa romana:"La chiesa di Dio che è pellegrina in Roma alla chiesa di Dio che è pellegrina in Corinto". I mittenti si rammaricano di essere intervenuti troppo tardi a sedare la contesa ecclesiale di Corinto, a causa di circostanze avverse(1,1); essi preferiscono esortare fraternamente alla concordia e all'unità, ma non rinunciano a richiamare all'ordine, ricordando le norme stabilite dalla tradizione circa la successione dei ministeri nella chiesa(40-44) e usando un tono perfino minaccioso(57,1-2; 59,1-2); per essere certi dei buoni risultati della loro iniziativa, affidano la lettera ad alcuni inviati, "che saranno testimoni tra voi e noi", affinché si conosca "che tutta la nostra sollecitudine è stata ed è che raggiungiate al più presto la pace"(63,3-4). La lettera, quindi, più che la coscienza di un primato personale del vescovo di Roma, attesta la consapevolezza di una precisa responsabilità della chiesa di Roma nei confronti di quella di Corinto. Tale consapevolezza sembra condivisa dai cristiani della città greca, che accolse la lettera con rispetto e venerazione. La stessa coscienza sembra riflettersi nella lettera di S.Ignazio di Antiochia ai Romani. Il suo saluto iniziale alla chiesa di Roma è assai diverso da quello rivolto alle altre chiese: essa non è soltanto "la chiesa amata e illuminata per volontà di colui che ha voluto tutte le cose che sono secondo la carità di Cristo"; è ancora la chiesa "che presiede nel luogo della regione dei Romani, degna di Dio, degna di onore, degna di beatitudine, degna di lode, bene ordinata, casta e che presiede alla carità, avendo la legge di Cristo e il nome del Padre". Gli studiosi si sono impegnati a decifrare soprattutto le espressioni: "presiede nel luogo della regione dei Romani", e "presiede alla carità". Chi ci vede affermata una preminenza solo morale, dovuta alla generosa attività caritativa di quella chiesa, e chi un riconoscimento della sua autorità. E' uno dei tanti testi, concernenti il nostro tema, che difficilmente si possono leggere senza farsi influenzare dalle proprie convinzioni previe. E' interessante comunque notare da un lato il rispetto manifestato da Ignazio verso la Chiesa di Roma, alla quale non osa dare ordini, perché essa li ha ricevuti dagli Apostoli Pietro e Paolo (IV,3) e essa stessa ha insegnato e comandato agli altri (III,1), dall'altro il suo assoluto silenzio circa la presenza di un vescovo a Roma, mentre l'accenno non manca nelle sue lettere dirette alle chiese dell'Asia minore. A Roma in questo tempo non era ancora avvenuto il passaggio dal collegio dei presbiteri all'episcopato monarchico nella direzione della chiesa, anche se Clemente, l'autore della lettera, doveva ricoprire un ruolo eminente. La posizione di preminenza della chiesa romana nel II sec. è testimoniata anche dal gran numero di cristiani, ortodossi e eretici, che vi accorrono: il martire Giustino vi istituì una scuola di filosofia; Policarpo, vescovo di Smirne, martirizzato nel 167, vi venne a consultare il papa Aniceto sulla questione della Pasqua[1]; il giudeo-cristiano Egesippo vi dimorò a lungo allo scopo di stabilire l'ordine della successione apostolica dall'inizio fino al papa Eleuterio[2]. Soprattutto le visite di questi ultimi mostrano che la preminenza della chiesa romana non era legata tanto al fatto di essere nella capitale dell'impero, quanto a motivi religiosi. Ciò appare confermato dalle testimonianze di diversi autori del II secolo, riferite da Eusebio di Cesarea: sia Papia di Gerapoli che Clemente Alessandrino nei loro scritti avrebbero parlato della predicazione romana di Pietro, associandogli l'evangelista Marco[3]; Dionigi di Corinto verso il 170 avrebbe attestato la missione apostolica e il martirio sia di Pietro che di Paolo a Roma[4]; il presbitero romano Gaio, nei primi anni del III secolo, si diceva in grado di mostrare sul colle Vaticano e sulla via Ostiense le tombe dei due Apostoli, "che hanno fondato questa chiesa"[5]. La preminenza della chiesa di Roma nel II sec., insomma, appare legata non tanto a fattori politici, quanto al ricordo della dimora, dell'insegnamento e del martirio di Pietro e di Paolo nella città. Ireneo e Tertulliano Sugli stessi motivi insistono anche teologi importanti come Ireneo e Tertulliano, quando, per combattere gli gnostici, sono costretti ad appellarsi alla regola della fede, trasmessa dalla tradizione apostolica, fedelmente conservata a Roma attraverso la successione apostolica. Grande rilievo assume la posizione di Ireneo, vescovo di Lione nella seconda metà del II sec., ma originario dell'Asia minore. Egli indica nella comunione con la chiesa di Roma il criterio sicuro per conoscere l'autentica regola della fede, trasmessa dalla tradizione apostolica[6]; e per dimostrare la ininterrotta successione dei vescovi romani dagli apostoli Pietro e Paolo, ne riferisce la lista completa[7]. Egli è convinto che la Chiesa di Roma "è la chiesa più grande e più antica, conosciuta da tutti e stabilita a Roma dai due gloriosi apostoli Pietro e Paolo... Pertanto a questa chiesa propter potentiorem principalitatem deve convergere ogni altra chiesa, cioè i fedeli che sono dovunque, perché in essa è stata sempre custodita la tradizione che viene dagli Apostoli da coloro che sono dovunque"[8]. Potentior principalitas non pare che voglia dire una più potente autorità, quanto piuttosto una più alta origine. Anche così, il discorso di Ireneo non lascia dubbi: riconosce il ruolo preminente della chiesa di Roma nell'accertamento della fede e della comunione cattolica.
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