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Il desiderio di Dio è il nostro vero fine

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Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia; e tutte queste cose vi saranno sopraggiunte" (Matteo 6:33)

Bisogna ricercare la verità e la giustizia, seguendo la ragione e non il proprio interesse, e obbedendo a Dio. La vita vi è concepita come ricerca appassionata del sapere vero e della virtù di giustizia. Ma che cosa è il Bene ( il regno di Dio) che stavamo cercando ? Di fronte a questa domanda esistono due maniere di porsi: negare che sia una domanda legittima, oppure prenderla in tutta la sua serietà. La prima posizione è quella del nichilismo; la seconda, dello spirito religioso. Questo è il vero spartiacque fra chi non crede in nulla e chi crede in qualcosa. Chi non crede in nulla giudica che sia una domanda priva di senso; chi crede in qualcosa, o è alla ricerca di qualcosa, ritiene che sia la domanda decisiva, dalla quale dipende tutto il resto. Il fine ultimo dell’esistenza è tornare a Dio.

Quando professiamo la nostra fede, cominciamo dicendo: « Io credo » oppure: « Noi crediamo ». Perciò, prima di esporre la fede della Chiesa, così come è confessata nel Credo, celebrata nella liturgia, vissuta nella pratica dei comandamenti e nella preghiera, ci domandiamo che cosa significa « credere ». La fede è la risposta dell'uomo a Dio che gli si rivela e gli si dona, apportando nello stesso tempo una luce sovrabbondante all'uomo in cerca del senso ultimo della vita. 

Il desiderio di Dio è inscritto nel cuore dell'uomo, perché l'uomo è stato creato da Dio e per Dio; e Dio non cessa di attirare a sé l'uomo e soltanto in Dio l'uomo troverà la verità e la felicità che cerca senza posa: "L'uomo è creato per lodare, riverire e servire Dio nostro Signore, e così raggiungere la salvezza; le altre realtà di questo mondo sono create per l'uomo e per aiutarlo a conseguire il fine per cui è creato. Da questo segue che l'uomo deve servirsene tanto quanto lo aiutano per il suo fine, e deve allontanarsene tanto quanto gli sono di ostacolo. Perciò è necessario renderci indifferenti verso tutte le realtà create (in tutto quello che è lasciato alla scelta del nostro libero arbitrio e non gli è proibito), in modo che non desideriamo da parte nostra la salute piuttosto che la malattia, la ricchezza piuttosto che la povertà, l'onore piuttosto che il disonore, una vita lunga piuttosto che una vita breve, e così per tutto il resto, desiderando e scegliendo soltanto quello che ci può condurre meglio al fine per cui siamo creati"(esercizi di Sant'Ignazio). 
La giustizia a cui l’uomo è chiamato, è una risposta esigente alla giustizia di Dio, che presenta i tratti della Misericordia e del Perdono, della Grazia e della Fedeltà. 
Allo stesso tempo possiamo notare, soprattutto negli scritti Sapienziali, come la giustizia di Dio sia rivolta in modo particolare ai poveri e ai sofferenti. Leggiamo nel Salmo 98 che “Il Signore ha manifestato la sua salvezza, agli occhi dei popoli ha rivelato la sua giustizia”. Ancora nel Salmo 103 si dice che “il Signore ha compiuto atti di giustizia, ha reso il diritto a tutti gli oppressi”.Tale giustizia tra Dio e l’uomo viene portata a compimento da Cristo, divenendo “una nuova e definitiva alleanza, quale compimento messianico della giustizia salvifica di Dio e anticipazione escatologica dei ‘nuovi cieli e della nuova terra in cui avrà dimora stabile la giustizia’ (2Pt 3,13)”.Il fine dell’uomo non è infatti il dominio della realtà creata, ma la contemplazione di Dio: tale fine l’uomo lo raggiunge compiendo quell’itinerario fatto di impegno e di sforzo per orientare tutta la realtà creata, con e attraverso l’uomo, in quell’ordine finalistico che ha come termine Dio. In questo senso diviene centrale e fondamentale il rapporto tra la giustizia e la fede, proprio perché non può esserci l’una senza l’altra. O meglio la fede, in particolare la fede in Gesù Cristo, si pone come l’orizzonte di precomprensione della giustizia, che a sua volta riceve dalla fede una nuova luce. 
Oggi molti cristiani pensano che con la morte finisca tutto. Quale grave errore! 
L’uomo ha un’anima spirituale e immortale che, nel momento della morte, si stacca del proprio corpo e, trovandosi al cospetto di Dio, dovrà ricevere – come insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica citando i Concili – una retribuzione eterna, in un giudizio particolare, che mette la sua vita in rapporto a Cristo. Per cui, o passerà attraverso una purificazione, il Purgatorio, o entrerà immediatamente nella beatitudine del cielo, il Paradiso, oppure si dannerà immediatamente per sempre, Inferno. Sia il Vangelo e la Chiesa a riguardo così ammoniscono: “Siccome non conosciamo né il giorno né l’ora bisogna, come ci avvisa il Signore, che vegliamo assiduamente affinché, finito l’unico corso della nostra vita terrena, meritiamo con Lui di entrare al banchetto nuziale ed essere annoverati fra i beati, né ci si comandi come a servi cattivi e pigri di andare al fuoco eterno, nelle tenebre esteriori dove ci sarà pianto e stridore di denti”. 
Non rimandiamo il momento della conversione ma, facendo un attento esame di coscienza, decidiamo la Confessione e l’inizio di una vita nuova con Gesù. Infatti, ammonendoci ci ricorda, “che giova all’uomo guadagnare il mondo intero se poi perde la propria anima?”


Hildegardis 

P.S Questo scritto e un rimando alla vicenda Silvia/Aisha che ha apostatato alla Vera Fede Cattolica per aderire a una falsa religione.(QUI)







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