S. E. Mons. Schneider, vescovo ausiliare di Santa Maria in Astana |
Pubblichiamo in anteprima in Italia il testo che S. E. Mons. Schneider, vescovo ausiliare di Santa Maria in Astana, ha scritto in sostegno al documento di S. E. Mons. Carlo Maria Viganò, pubblicato il 26 agosto scorso sul quotidiano La Verità e dai blog di Marco Tosatti e Aldo Maria Valli.
Riflessione sulla “testimonianza” dell’Arcivescovo Carlo Maria Viganò
pubblicata il 22 agosto 2018
È un fatto raro ed estremamente grave nella storia della Chiesa che un vescovo accusi pubblicamente e specificamente un Papa regnante. In un documento pubblicato recentemente (il 22 agosto 2018), l’arcivescovo Carlo Maria Viganò assicura che da cinque anni papa Francesco era a conoscenza di due fatti: che il cardinale Theodor McCarrick aveva commesso reati sessuali con suoi seminaristi e con suoi sottoposti, e che vi erano sanzioni nei suoi confronti imposte da papa Benedetto XVI.
L’arcivescovo Viganò ha inoltre confermato la sua dichiarazione con un giuramento sacro fatto in nome di Dio. Non c’è, quindi, nessun motivo ragionevole e plausibile per dubitare del contenuto veritiero del documento dell’Arcivescovo Carlo Maria Viganò.
I cattolici di tutto il mondo, i semplici fedeli, i “piccoli”, sono profondamente scioccati e scandalizzati per i gravi casi recentemente venuti alla luce in cui le autorità ecclesiastiche hanno coperto e protetto chierici che hanno commesso reati sessuali contro minori e contro i loro stessi sottoposti. Tale situazione storica, che la Chiesa sta vivendo ai nostri giorni, richiede una trasparenza assoluta a tutti i livelli della gerarchia della Chiesa e innanzi tutto, evidentemente, da parte del Papa.
È del tutto insufficiente e poco convincente che le autorità ecclesiastiche continuino a formulare appelli generali per una tolleranza zero nei casi di abusi sessuali da parte del clero e per arrestare la copertura di tali casi. Ugualmente insufficienti sono le suppliche stereotipate per il perdono da parte delle autorità della Chiesa. Tali appelli per la tolleranza zero e le richieste di perdono diventeranno credibili solo se le autorità della Curia Romana metteranno tutte le carte sul tavolo, dando nomi e cognomi di tutti quelli che nella Curia Romana – indipendentemente dal loro rango e titolo – hanno coperto i casi di abusi sessuali su minori e sottoposti.
Dal documento dell’Arcivescovo Viganò si possono trarre le seguenti conclusioni:
(1) Che la Santa Sede e lo stesso Papa inizino a ripulire senza compromessi la Curia romana e l’episcopato dalle cricche e reti omosessuali. (2) Che il Papa proclami in modo inequivocabile la dottrina Divina sul carattere gravemente peccaminoso degli atti omosessuali. (3) Che siano emanate norme perentorie e dettagliate che impediscano l’ordinazione di uomini con tendenze omosessuali. (4) Che il Papa ripristini la purezza e la genuità dell’intera dottrina cattolica nell’insegnamento e nella predicazione. (5) Che siano restaurati nella Chiesa, attraverso l’insegnamento papale ed episcopale e attraverso le norme pratiche l’ascesi cristiana sempre valida: gli esercizi di digiuno, di penitenza corporale, di abnegazione. (6) Che nella Chiesa sia restaurato lo spirito e la prassi della riparazione e dell’espiazione per i peccati commessi. (7) Che inizi nella Chiesa un processo sicuro e garantito di selezione dei candidati all’episcopato, che siano manifestamente dei veri uomini di Dio; sarebbe, perciò, meglio lasciare le diocesi diversi anni senza un vescovo piuttosto che nominare un candidato che non sia un vero uomo di Dio nella preghiera, nella dottrina e nella vita morale. (8) Che si sviluppi nella Chiesa un movimento, soprattutto tra cardinali, vescovi e sacerdoti, pronti a rinunciare a qualsiasi compromesso e ad ogni corteggiamento nei confronti del mondo.
Non ci deve sorprendere se i principali mezzi di comunicazione internazionali legati alle oligarchie, che promuovono omosessualità e depravazione morale, cominceranno a denigrare la persona dell’arcivescovo Viganò e a coprire con un velo di silenzio i punti centrali del suo documento.
Mentre si diffondeva l’eresia di Lutero e una parte considerevole del clero, e specialmente della Curia romana, erano immersi in una profonda crisi morale, papa Adriano VI si rivolse alla Dieta Imperiale di Norimberga nel 1522 con parole sorprendentemente schiette: “Sappiamo che in questa Santa Sede già da molti anni avvengono cose abominevoli, abusi nelle cose spirituali, prevaricazioni, e tutto è stato pervertito e volto in peggio. Dal capo la corruzione è passata nelle membra, dai Sommi pontefici agli inferiori. Tutti noi, prelati ed ecclesiastici abbiamo deviato, né vi fu chi facesse bene, neppure uno”.
Implacabilità e trasparenza nel rilevare e nel confessare i mali nella vita della Chiesa contribuiranno ad avviare un proficuo processo di purificazione e di rinnovamento spirituale e morale. Prima di condannare gli altri, ogni ecclesiastico con responsabilità nella Chiesa, indipendentemente dal grado e dal titolo, dovrebbe chiedersi, alla presenza di Dio, se egli stesso non abbia in qualche modo coperto degli abusi sessuali. Se si dovesse scoprire colpevole, dovrebbe dichiararlo pubblicamente, perché la Parola di Dio lo ammonisce: “Non vergognarti di riconoscere la tua colpa” (Sir 4, 26). Perché, come san Pietro, il primo Papa, scrisse, “è giunto il momento del giudizio, a partire dalla casa (della Chiesa) di Dio” (1 Pietro4, 17).
+ Athanasius Schneider, Vescovo Ausiliare dell’Arcidiocesi di Santa Maria in Astana
(fonte corrispondenza romana)
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