P. Ludovico Acernese afferma che sotto la croce Maria, Madre di Dio, diventa anche Madre dell’umanità. Il cappuccino irpino però aggiunge subito che questa mistica maternità include anche le prerogative che il martirio incruento, vissuto in totale unione di intenti e di soprannaturale amore col Figlio Divino, fanno meritare a Maria. Grazie alla sua partecipazione attiva al disegno redentivo di Dio per l’umanità, a partire dall’evento del Golgota, Maria diviene, infatti, anche Corredentrice del genere umano e Mediatrice di tutte le grazie. La teologia della corredenzione di Maria. Teologicamente la corredenzione di Maria viene giustificata da P. Ludovico, in primo luogo, col dogma della comunione dei santi e quindi con la dottrina del merito definita dal Concilio di Trento. In secondo luogo, viene enunciata a partire da due argomenti sviluppati nei precedenti capitoli, ossia la teologia dell’Immacolata Concezione di Maria e la sua Maternità divina. Secondo la fede cattolica esiste una comunione efficace fra i santi in cielo e il popolo di Dio peregrinante sulla terra, per cui i primi hanno il compito di intercedere, grazie ai meriti acquistati in vita, per i secondi, ottenendo loro le grazie necessarie per la salvezza o per alcuni bisogni particolari.
La dottrina del merito afferma, invece, che il nostro Signore Gesù Cristo, per sua libera decisione, associa l’uomo all’opera della sua grazia per cui, benché soltanto sul piano creaturale e quindi riflesso, perché l’iniziativa e la capacità della giustificazione sono proprie solo di Dio, realmente anche noi meritiamo con le buone opere e ci santifichiamo, non in virtù propria, ma in relazione al sacrificio redentivo di Cristo. Le anime che hanno raggiunto un alto grado di santità, anche sulla terra, secondo l’insegnamento costante della Chiesa, possono meritare anche per gli altri, intercedendo per loro e ottenendo per loro la grazia santificante e altri favori divini utili per la loro salvezza. Tutte queste grazie e questi beni sono oggetto della preghiera cristiana dei singoli e delle comunità. Ora, se questo vale per le anime che hanno raggiunto uno stato di santità capace di meritare “in sovrabbondanza” anche per gli altri, in sommo grado vale per la Vergine Maria, Immacolata e dunque santificata già nel grembo materno. Approfondendo questo discorso, abbiamo visto nei capitoli precedenti come P. Ludovico Acernese definisce Maria Immacolata “gloria della stirpe umana”, “novella Eva che genera alla grazia e alla vita la progenie di Dio L’Immacolata è quindi la “prediletta di Dio”, la sua “idea più sublime”, la creatura più santa che si sia mai avuta sulla terra, fin dal primo istante del suo concepimento, e, per questo motivo, in vista della sua missione futura di Madre di Dio, anche la persona più gradita a Dio, la sua gloria e il suo compiacimento. Redenta in modo preventivo, Maria è, perciò capace di meritare, per grazia, dal primo momento del suo concepimento, continuando, nello stesso tempo, a crescere nella fede, nella speranza e nella carità. Abbiamo visto come, secondo il pensiero di P. Ludovico Acernese, dal primo istante del suo concepimento Maria è subito arricchita dei doni dello Spirito Santo, delle virtù infuse e dell’amore trasformante delle tre Persone della Santissima Trinità e vive in perfetta unione con Dio. Non essendo soggetta, come tutti gli altri uomini, alla legge del peccato e della concupiscenza, conseguenza appunto della colpa originale, tutto quello che Maria merita, in pensieri, parole e opere, ha valore di intercessione per gli altri, pur accrescendo di fatto la sua santità e la sua perfezione e quindi il suo grado di merito personale e di gloria davanti a Dio. Una volta divenuta Madre di Dio, P. Ludovico ha spiegato poi che Maria manifesta questo suo stato ontologico così sublime e originale al mondo, quando, nell’Incarnazione, viene presentata come la via attraverso la quale entra nel mondo il suo Redentore, il Figlio di Dio incarnato nel suo seno. Da allora Ella stabilisce con Cristo, per vocazione divina, un legame intrinseco e indissolubile, per cui “i destini sono comuni”, a tutti i livelli e Maria partecipa con un ruolo attivo, oltre che passivo, alla sua opera redentiva. Maria, pur restando sul piano creaturale, viene resa perciò partecipe dei meriti speciali della vita, passione e morte del suo Figlio Divino che liberamente, come associa ogni uomo al suo mistero di morte e di risurrezione, elegge Maria a partecipare in modo eccezionale, anche se sempre subordinato e solo per grazia, alla salvezza del genere umano. E’ qui che si colloca la teologia della corredenzione di Maria di P. Ludovico Acernese. Se Gesù è l’unico redentore, mediatore e salvatore del mondo, Maria, sua Madre, è la corredentrice del genere umano, la mediatrice di tutte le grazie e la regina del cielo e della terra, arca di alleanza novella fra Dio e l’uomo, non per virtù propria, ma in relazione ai meriti di Cristo e per l’altissima vocazione a cui è stata chiamata sin dal primo istante della sua vita. In quanto immacolata e quindi capace di meritare anche per gli altri e in quanto Madre di Dio, Maria è divenuta strada obbligatoria fra Dio e gli uomini. Lo prova anche il fatto che nella S. Scrittura Maria è sempre presente in tutti i momenti della redenzione. Lo prova la sua unione unica e soprannaturale con la persona di Gesù. Non è Lei che gli offre la materia del sacrificio, avendogli dato la sua carne e il suo sangue? E non è Lei che, stando in piedi sotto la croce, si unisce spiritualmente ma profondamente allo stesso sacrificio immolandosi, a sua volta, con Lui, così come ne ha condiviso in passato tutta la vita, dal concepimento verginale alla morte di croce? In che modo si può parlare correttamente allora della corredenzione di Maria? La rivelazione dell’ora di Maria sotto la croce. A tutte queste domande P. Ludovico risponde basandosi sulla Sacra Scrittura. E dice che è appunto dal Vangelo di Giovanni che, nell’ora della croce, viene rivelato questo stupendo mistero della corredenzione di Maria. Mentre, infatti, si rende manifesta per tutti la massima glorificazione di Dio da parte di Gesù, l’unico Redentore del mondo in quanto Dio-Uomo, si esplicita anche la regalità di Maria per P. Ludovico. Egli fa notare come, sotto la croce, Maria non sia presentata dall’evangelista come una donna affranta dal dolore, abbattuta e piagnucolante, ma, al contrario, come la Donna forte, la Regina, la Martire che, insieme col Figlio, assume tutta la gravità di quest’ora svelando, come Lui, la propria regalità e la propria potenza mediatrice sul mondo e sulla morte. “Eccola - esclama P. Ludovico - immobile a pie’ della Croce: con quella eroica fortezza, soffrendo non finiti dolori, dimostrò di non avere perduto, come non perderà giammai, le ammirande qualifiche di Regina vivente, di Madre feconda, di Donna gloriosa”. E ne spiega i motivi: “Essendo Gesù Cristo Dio e Uomo sulla Croce soffrì tanto, quanto non ebbero e non avranno a soffrire tutti i martiri, perché le azioni e i patimenti di Lui come Uomo, essendo inseparabili dal valore di Lui come Dio, vennero così improntate di un merito infinito. Ora Maria fu vera Madre di Gesù-Dio. Dunque per la Passione e morte del Figlio soffrì pure Maria un martirio non finito. La quale verità è conseguenza legittima della identità del fine per cui soffriva col Figlio e della somiglianza della condizione che avea col medesimo. Né qui cade a proposito la distinzione del martirio fisico e morale nel Figlio e soltanto morale nella Madre; poiché, siccome l’immagine è inseparabile dall’oggetto che la produce, essendo Maria unita a Gesù nell’unità della Redenzione, sia per il fine, sia per i mezzi, nessun merito di martirio del Figlio può mancare alla Madre. E come l’impareggiabilità del martirio della Croce ridondò ad impareggiabile gloria della sovranità di Gesù Cristo, siffattamente che in sostanza non furono i Giudei che Lo crocifissero, ma fu Egli medesimo che volle esserlo per dare a noi argomenti di potere e di salvezza, così, non altrimenti, Maria sotto la Croce di Gesù manifestò in pieno la sua gloria di essere Madre di Lui e per Lui Regina, come scrive anche San Giovanni Damasceno. Impareggiabilmente Martire e Regina di tutti i Martiri”. La Donna forte che sta sotto la croce col Figlio Divino partecipa, dunque, del suo martirio in maniera incruenta ma altrettanto vera ed efficace, soffrendo tutti i dolori che soltanto una persona sensibile e cosciente fino in fondo della realtà della esistenza umana può soffrire. Il suo martirio però è definito impareggiabile da P. Ludovico perché Maria era Immacolata e quindi non aveva bisogno di altra redenzione, ma soffriva, a livello creaturale, come Gesù, in espiazione del peccato del mondo, Madre di Dio e dell’umanità che in quel momento assumeva nella sua essenza per generarla nel dolore e nell’amore come una novella Eva, come Corredentrice, appunto, e Regina del cielo e della terra.La corredenzione di Maria è quindi l’epilogo della sua partecipazione unica al mistero dell’Incarnazione del Verbo. Come è stata presente fin dai primordi del progetto salvifico di Dio per l’uomo (ricordiamo la profezia di Gen 3, 15), ora è presente nell’ora del suo pieno compimento, di nuovo con un ruolo attivo, quello appunto di corredimere, immolandosi col Figlio, per la salvezza del genere umano. Il suo ruolo attivo è testimoniato dal suo “stare” sotto la croce nel senso di partecipazione attiva alla crocifissione di Gesù, come se anche Maria fosse stata crocifissa in modo incruento. E questo ruolo di cooperazione esprime la sua costante presenza nello svolgersi e nell’attuazione del disegno divino di redenzione per tutta l’umanità: così nel momento dell’Incarnazione del Verbo, così sul Calvario, così nella Pentecoste, quando la sua preghiera ottiene alla Chiesa nascente il dono dello Spirito Santo. Propriamente P. Ludovico dice che la corredenzione di Maria viene colta proprio nel martirio incruento sofferto in sintonia con le intenzioni sacrificali e riparatrici del Figlio per la salvezza di tutto il genere umano. Maria, la prima redente in vista dei meriti di Cristo, intercede per noi immolandosi ai piedi della croce in modo unico e tremendo che le fa partecipare di tutti i dolori del Figlio redimendo insieme con Lui la superbia e l’autosufficienza umana con la fede e l’obbedienza alla Volontà di Dio fino alla morte di croce. Maria partecipa al sacrificio di Cristo come sua Madre, come Colei che ne fornisce il corpo e il sangue e, in un certo senso, come la Virgo sacerdos che lo immola per la salvezza dei fratelli, vittima e allo stesso tempo attrice del sacrificio. Non merita per virtù propria, non essendo Dio e non avendo nessuna potestà divina. Ma merita come ogni altro uomo e più di ogni altro uomo perché Lei sola Immacolata e Lei sola Madre di Dio. Perciò, per libera iniziativa di Dio, come è stata innalzata alla dignità della maternità divina, così ora, sotto la croce, viene associata attivamente all’opera della redenzione come Corredentrice del genere umano. Ancora una volta Maria diviene quindi la strada per entrare nella vita divina, il modello della sofferenza e della espiazione redentrice e l’avvocata dei peccatori. Madre di una nuova progenie generata nel dolore. Proprio per questo martirio, simile alle doglie di un parto, Maria sotto la croce diventa, per P. Ludovico, anche Madre nostra: “Sotto la Croce Maria non solamente apparve Donna forte e Regina, ma anche Madre feconda. Potrebbe sembrare un assurdo a chi considerasse solo che Maria sulla Croce perdeva il suo Unigenito, nato per opera dello Spirito Santo. Ma questo assurdo svanisce completamente dinanzi alle parole di Gesù: Donna, ecco tuo figlio, consegnandole in perpetuo retaggio Giovanni, il quale rappresentava tutta l’umanità ed il tema della novella Chiesa Cattolica. Questo solenne gesto del Salvatore morente costituisce una nuova generazione morale di adozione”. Padre Acernese afferma cioè che la partecipazione fisica, spirituale e morale alla crocifissione del Figlio permette alla Madre di prendere parte anche ai meriti infiniti che Gesù sulla croce acquista per tutto il genere umano. Questa elezione è raffigurata nell’immagine della generazione dolorosa di una nuova progenie che Maria concepisce per la sua fede, così come aveva fatto per il Verbo Divino. E’ Gesù stesso, anzi, che sancisce questa sua vocazione alla maternità universale “consegnandole”, come afferma P. Ludovico, il discepolo prediletto e, con lui, la Chiesa intera, suo Corpo Mistico partorito al momento dell’Incarnazione e tutta l’umanità che Maria “adotta” come Madre per redimere e salvare insieme al suo Figlio, assumendone in sé il peso del peccato e la forza della redenzione. Se Gesù, come Uomo-Dio, aveva in sé tutte le prerogative per salvare “dal di dentro” l’umanità assumendone, secondo la cristologia di San Cirillo, ogni cosa tranne il peccato, Maria, Madre dell’Uomo-Dio e Immacolata, è l’unica creatura degna di intercedere in favore dell’umanità peccatrice, ancora più “al di dentro” del suo Figlio, senza però averne gli stessi poteri, in quanto solo Dio può liberare dal peccato e della morte, ma semplicemente per grazia, perché così è piaciuto al suo Figlio Divino che ha voluto innalzare la Madre al di sopra di ogni altra creatura sulla terra. E qui P. Ludovico intravede l’investitura di un’altra missione: la Vergine Madre che, a Betlemme aveva dato alla luce Gesù nel gaudio più sublime, ora partorisce nel dolore la sua nuova progenie che, dalla croce, il Figlio morente, le chiede di generare: siamo noi, tutti i suoi figli peccatori. Sant’Agostino afferma che la caritas mater est, ossia che l’amore genera e riproduce la persona che ama. Così Maria genera Gesù nel suo cuore e nella sua mente prima ancora che nel suo corpo e, secondo lo spirito, continua a generarlo nelle anime che rinascono in Lei. Sul Calvario, sotto la croce genera nel tormento della sua fede e dell’abbandono alla volontà di Dio la progenie dei redenti per formare in loro l’immagine perfetta di Cristo e aiutarli a raggiungere, come dice San Paolo, la piena statura di Cristo, offrendosi come mediatrice anche in questo progetto salvifico divino, come Madre nostra e avvocata presso Dio per noi. Riprendendo questo pensiero, P. Ludovico precisa che sotto la croce “Maria per Gesù ottenne non una sola generazione, ma tutte quelle che si succederanno sino alla consumazione dei secoli; ebbe a figli dei popoli che non oblieranno mai il suo Governo materno, disinteressato, amoroso, eguale e perpetuo. Per questo riuscì a sopravvivere all’oceano dei dolori con impareggiabile martirio e con impareggiabile fortezza. E fu allora che dalla Fortezza di tanto martirio generati i cattolici potettero sostenere eroicamente pericoli e persecuzioni, andando con animo impavido incontro alla morte. E poiché Gesù fondò la sua Chiesa, predicando che nessuno salirà in alto se non dal profondo delle angustie e ch’Egli confitto in Croce, dalla medesima avrebbe manifestato la sua gloria, così Maria in forza delle amarezze sofferte nella Crocifissione del Figlio poté ritenere il regio materno diritto sui popoli quali suoi figliuoli, mentre noi figliuoli dobbiamo adoperarci a sapercela conservare quale Madre nostra. Il martirio della Madre di Dio e Madre nostra fu, dunque, glorioso e sorgente di Redenzione. Le quali glorie seppero tanto più dello straordinario in quanto che Maria medesima come un altro Abramo offriva sulla Croce Gesù per noi. E' vero che il cuore di Lei a tale atto sentivasi dilaniato, ma non si arrestò punto e l'offerta fu compiuta; sicché abbia pure reclamato la natura con i suoi moti pietosi, siansi composti a corruccio i materni affetti senza scoppiarne il Cuore a quelli affanni, l'abbia affogata il pianto mal rattenuto, sia stato grande come il mare la sua contrizione, velut mare contritio tua, come il mare in tempesta, i cavalloni delle onde che alzano e che si abbassano, i venti impetuosi che danzano in mezzo ad esse, Ella non ha ritirato il passo, ma immobile sul Calvario offre alla divina Giustizia sulla Croce Gesù per noi in mezzo ad un mare ampio profondo tempestoso di amarissimi ed ineffabili dolori: velut mare contritio tua! Che inespugnabile fortezza! e quale, o Signori, quale anima nell'estremo dolore più grande? Lo dirò adesso con le frasi di un pio contemplativo, il Beato Amedeo: Maria soffrendo ed offrendo alla Giustizia di Dio Colui per cui soffriva vinse la condizione del sesso e sovranzò le forze medesime della natura: Vicit hominem, vicit sexum, passa est supra humanitatem. L'ho detto poco innanzi a' pretesi martiri politici; or l'ho ripetuto col beato Amedeo a loro ed a tutti i figli di Adamo, che passano nella valle del dolore e del pianto: in hac lacrymarum valle. In questa valle da una banda il dolore, il pianto, la impazienza, la fiacchezza e la viltà, dall'altra banda la fortezza, la sofferenza inesprimibile e la Gloria pressoché infinita di Maria, che sta accanto alla Croce del Figlio: juxta Crucem”. Maria Immacolata, sotto la croce, per P. Ludovico rappresenta vicariamente tutta l’umanità, a livello creaturale, come Gesù sulla croce la rappresenta a livello divino-umano. Maria è l’immagine della creaturalità già redenta che soffre non per sé ma per gli altri. Dunque è una sofferenza redentrice, vittoriosa che assurge Maria al di sopra della natura e la rende forte fino al sacrifico supremo di sé per la salvezza di tutte le altre creature della terra che sono ancora soggetti al dolore e alla morte. Anche per questo è Corredentrice, perché assume su di sé tutto il peso dei dolori del mondo, insieme al suo Figlio Divino, per la fortezza che Egli stesso ha riversato in Lei, offrendosi in sacrificio con un martirio immenso come il mare, secondo la metafora adoperata dal nostro autore, incruento ma altrettanto crocifiggente che non culminerà con la morte, come quello di Cristo, proprio per non confondersi col suo e per lasciare su questa valle di lacrime come segno di speranza per la Chiesa nascente Colei che, sola fra tutte, era passata in pieno nel mistero pasquale comprendendolo fino in fondo.Conseguenze pratiche per la vita spirituale di ciascuno di noi sono chiaramente le grazie che l’intercessione e l’esempio di Maria ottengono per noi, soprattutto la misericordia di Dio: “Oh effetti prodigiosi del giusto martirio! oh fortezza oh misericordia oh vita perenne di nostra salvezza! La misericordia è nata dalla fortezza di Gesù e di Maria. Questa virtù è uscita in campo, è salita al Calvario, su la Croce si distese col divin Figlio, di costa al Figlio in Croce passava nel cuor della Madre, dal cuor della Madre nell'anima del Figlio. E la fortezza che è incrollabile virtù "fortitudo est immobilis" gloriosa "gloriosa" chiarezza "claritudo " dell'animo "animi" tra gli avversi avvenimenti "inter adversa, come la definì l'Arpinate oratore, la mostrò ampiamente sul calvario accanto alla croce, juxta crucem, l'Addolorata Maria tanto per la sua immarcescibile corona di glorie, quanto per accrescere il fonte della grazia e della misericordia per noi. Perché nella gloria dei dolori scaturigine di glorie per Maria e di grazie e misericordia per noi, non dimentichiamo, andiamo alla casa del dolore e del pianto, andiamo dall'Addolorata Maria, siamo forti in mezzo alle sventure, combattiamo i nemici dell'anima nostra, ogni giorno aggiungiam con le mani, sieno ancora cruenti per le spine, un fiore che debba curare la nostra chioma in Paradiso. Colà i figli tutti, che combattono e sperano, lo dico con le parole dell'Innografo Lombardo, saranno coronati. E la Madre addolorata sarà quella che insieme col suo Figlio UomoDio chiamerà ogni figlio di tutti e due: vieni, hai combattuto; ha combattuto il divin Figlio ed io; vieni, tu ancora hai combattuto: vieni, vieni: veni coronaberis. Per essere incoronati in cielo, nella milizia della vita "militia est vita hominis super terram" seguitiamo a combattere, cantiam le glorie de' dolori e della fortezza di Maria, rinnoviamo i nostri cuori per confortare coll'esempio di tanta fortezza la nostra debolezza”. Corredentori con la Corredentrice. Con la dottrina sulla corredenzione di Maria P. Ludovico Acernese ci esorta, a livello pastorale, a non trascurare, anzi a valorizzare l’intercessione di Maria nella realizzazione del regno di Dio sulla terra, infondendo la certezza della sua potente mediazione presso Dio non solo a livello individuale, ma anche comunitario. In secondo luogo egli ci invita a divenire anche noi corredentori con la Corredentrice, perché questa è l’altissima vocazione cristiana. Lo scrive parlando ai suoi fedeli: “l'azione della vita del cristiano, se vero cristiano, è redentrice, è salvatrice”6. Ogni battezzato, in quanto è unito a Cristo e si mantiene nella sua grazia, può meritare per sé e per i suoi cari. Ora, se le sue azioni buone passano per Maria, sono offerte a Lei, che è stata la creatura più accetta a Dio e, per l’unione dei dolori e di volontà, fu la corredentrice dell’umanità, esse acquistano anche i meriti dell’intercessione di Maria e sono maggiormente fruttuosi per la salvezza nostra e dei nostri fratelli.P. Ludovico insiste sull’azione rigeneratrice che Maria continua a compiere in noi riproducendo in chi a Lei si affida totalmente la persona amata da Lei, cioè Gesù. Facendoci suoi figli, con la vera devozione a Lei che vuol dire imitazione di Maria, unione con Maria, fino all’assimilazione in Lei e alla sequela della sua vita, Maria stessa formerà in noi l’immagine del suo Figlio Divino, ci aiuterà a seguire Gesù, a imitarlo nella nostra vita e a vivere in unione con Lui. In tal modo la nostra vita avrà, insieme a quella di Maria e di Gesù, valore redentivo. Questa verità aiuta, infine, a rivalutare il dogma della comunione dei santi, di quella comunione che unisce la Chiesa pellegrina sulla terra ai fedeli che sono già in cielo. Ma corrobora anche il senso si appartenenza alla Chiesa, la grande famiglia di Dio, in cui tutti dobbiamo sentirci fratelli, solidali, come afferma San Paolo, delle gioie e dei dolori gli uni degli altri. Perciò, conclude il nostro cappuccino irpino, ogni cristiano deve riscoprire il senso del suo battesimo alla luce della dottrina mariana della Corredenzione come vocazione a partecipare ai dolori di Cristo per risorgere con Lui alla vita nuova della grazia e della carità.
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