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“Se il Vaticano si accorderà con Pechino, dovremo seguire la nostra coscienza”

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"Forse il Papa è un po' ingenuo, non ha il background per conoscere i comunisti in Cina. Il Papa conosce i comunisti perseguitati in America latina, ma potrebbe non conoscere i persecutori comunisti che hanno ucciso centinaia di migliaia di persone".
La bordata arriva da Hong Kong, e a parlare è il cardinale Joseph Zen, che così s'è espresso alla Scuola salesiana dove ancora insegna. Zen è da sempre un fiero oppositore di ogni intesa con il governo di Pechino. Più volte ha parlato di appeasement e di "resa" del Vaticano davanti alle pretese cinesi. Questa volta è andato oltre, aggiungendo che siglare un accordo con il regime comunista significherebbe "tradire Gesù Cristo".

Il porporato ottantaquattrenne, arcivescovo emerito di Hong Kong, ha anche sempre smentito l'idea – che negli ultimi tempi ha preso forza anche a Roma – secondo cui vi sarebbe un'unica grande chiesa cattolica, non riconoscendo cioè l'esistenza di una comunità "sotterranea", fedele cioè al Papa di Roma e ostile a quella patriottica controllata dal governo.
Si va verso una "falsa libertà", ha osservato il cardinale Zen: si dà "l'impressione della libertà, ma non è una libertà reale. La gente prima o poi vedrà che i vescovi sono burattini del governo e non pastori del gregge". Quindi, l'attacco ai presuli della chiesa patriottica: "I vescovi ufficiali non stanno predicando davvero il Vangelo. Predicano l'obbedienza all'autorità comunista". Il cardinale Joseph Zen Ze-kiun, arcivescovo emerito di Hong Kong, si appella ai cattolici cinesi affinché contemplino l’idea di non considerare valido l’eventuale accordo che la Santa Sede potrebbe raggiungere con le autorità di Pechino, se riterranno che l’agreement “sia contrario al principio di fede”. Il porporato salesiano lo scrive sul suo blog personale, attaccando “i filogovernativi” e “gli opportunisti della chiesa” auspicanti che Roma firmi al più presto “un accordo per legittimare l’attuale situazione anomala”. Zen parte dal presupposto che ogni intesa possibile – che appare probabile, se si leggono le pur prudenti dichiarazioni degli ultimi mesi rese dai principali tessitori del negoziato vaticani – porterà la firma del Papa. Se pace sarà, insomma, lo si dovrà al via libera di Francesco. Di conseguenza, prosegue il cardinale cinese, bisognerà obbedire “a tutto ciò che egli dirà”. Però, aggiungeva, “il criterio ultimo per giudicare come comportarci è la coscienza” e quindi “se secondo la coscienza il contenuto di un accordo è contrario al principio di fede, non va seguito”.

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