Nei mesi scorsi è tornato con violenza davanti ai nostri occhi lo spinoso tema dell’eutanasia, argomento che suscita sempre accesi dibattiti e aspre polemiche. Non entrerò nel merito del caso del DJ Fabiano Antoniani da cui si è riacceso il dibattito, anche se inevitabilmente prendo spunto da questo fatto di cronaca, vorrei semplicemente fare un analisi partendo da una domanda: cos’è che spinge sempre più persone a chiedere l’eutanasia per se o per un proprio caro? La risposta è semplice quanto complessa, perché il motivo non è certamente da ricercare o riconducibile ad una moda o ad una mentalità dominante come qualcuno potrebbe ipotizzare, senza troppi giri di parole bisogna necessariamente dire che alla base di ciò che è accaduto in questi giorni e che spinge molta gente a sostenere e ricorrere all’eutanasia c’è una profonda quanto patologica perdita di fede. Per capire questo basta fare una breve riflessione. Il credente cristiano sa bene che il messaggio fondamentale del vangelo è quello di un Dio che attraverso la sofferenza e la morte redime le nostre anime e apre cosi le porte della vita eterna. È il mistero della Passione, Morte e Risurrezione che abbiamo celebrato meno di una settimana fa. Chi crede quindi sa bene che la vita non è solo una questione di regole ed equilibri biologici, ma anche e soprattutto un dono ricevuto da Dio da custodire e preservare. La vita merita di essere vissuta per conoscere colui che ce l’ha donata, per amarlo e servirlo e per goderlo poi nell’eternità una volta che viene meno l’equilibrio biologico che empiricamente parlando ci tiene in vita. La qualità della vita non si misura dal grado di salute che si possiede ne dalle possibilità economiche o di successo che uno può avere. Dal punto di vista ateo (e non dico laico che significa ben altro) la vita appunto è un equilibrio di processi biologici senza uno scopo preciso, ma con uno scopo attribuito dall’individuo stesso il quale si pone degli obiettivi, più o meno simili a quello di altri individui. Dal momento in cui questi obiettivi vengono meno, gli equilibri biologici passano in secondo piano e l’individuo si sente autorizzato, dato che non esiste un’autorità suprema, a porre fine a quell’equilibrio biologico.
Il problema dell’eutanasia è un problema comparso nel momento in cui gli uomini hanno messo da parte il loro rapporto con Dio e guarda il caso oggi compare nuovamente davanti ai nostri occhi. Anche se molti tendono a spostare il problema su un versante meramente giuridico o su un piano morale non chiaramente specificato, il problema di fondo è sempre e comunque un problema di fede. Quando si considera la vita solo dal punto di vista biologico o materiale è chiaro che nel momento in cui viene meno una qualità biologica o una qualità materiale, nulla ha più senso, e quando qualcosa non ha più senso è inservibile, inutile, compresa la vita.
La gravità di ciò a cui stiamo assistendo non è nella scelta di porre fine ad una vita, perché questo è il punto di arrivo di un processo complesso nel quale non è mai entrato l’elemento della fede in Dio, e questo assume una gravità ancora maggiore quando a sostenere questa scelta sono uomini che si dicono credenti, ma che dimostrano di avere una fede troppo poco forte e spesso una fede bambina.
Arrivati a questo punto c’è da porsi una domanda. Di chi è la responsabilità di questa perdita di fede? A mio modesto parere penso che i primi responsabili siano quei “cristiani maturi” accompagnati da un clero ideologizzato che invece di trasmettere la vera fede cristiana hanno saputo ben edulcorarla al punto tale che tutti sono disposti ad accoglierla ma nessuno a metterla in pratica, arrivando poi al punto che ciò che viene nuovamente trasmesso non è altro che un vago sentimento religioso svuotato di contenuti ed incapace di farci affrontare i veri problemi che la vita ci mette davanti. Il problema della fede quindi non nasce oggi ma è un problema che oggi sta dando i suoi frutti marci.
Io personalmente non mi meraviglio di questo dibattito e di ciò che viene affermato da vari esponenti religiosi e politici perché come detto prima è il frutto di ciò che si è seminato nel passato. E questo discorso è applicabile a numerosi argomenti molto dibattuti come ad esempio il discorso sull’aborto, tornato recentemente alla ribalta. In tutti questi casi una parola spesso usata ed abusata è “Diritto”. Si parla di diritto alla vita, diritto alla morte, diritto di qua… e diritto di la… ma c’è un discorso da fare che non è sottovalutabile, da dove nasce il diritto a qualcosa? Ciò che abbiamo perduto oltre la fede è il concetto di natura, infatti ogni diritto scaturisce dalla natura.
E nessun diritto naturale va ad accavallarsi o a prevalere su un altro diritto. Ad esempio il diritto di nascere di un feto non può venire meno per un ipotetico diritto di abortire, proprio perché naturalmente non esiste un diritto all’aborto, in quanto l’aborto è innaturale. È naturale nascere e non sopprimere la vita. Nei salotti televisivi in merito all’eutanasia si sente spesso chiedere, “chi ha il diritto di decidere della propria morte o della morte di un’altra persona?” è una domanda cruciale, perché per volontà di Dio e per natura, nessuno ha il diritto di suicidarsi o di uccidere nessuno, ma dal punto di vista ateo esposto in precedenza, chiunque si trovi in una condizione di disagio si può sentire autorizzato a togliersi la vita. Anche se può sembrare un discorso portato all’estremo se ci riflettiamo bene ci rendiamo conto che in realtà di estremo non c’è proprio nulla, basti pensare alle persone che per causa della crisi economica si sono tolte la vita, o quei giovani che non trovando lavoro sono caduti in una depressione tale che li ha condotti al suicidio. La conseguenza di questo modo di ragionare è un auto-annientamento della specie umana di cui già parlava Padre Pio, che conversando con un suo confratello sull’aborto affermava che esso oltre ad essere un omicidio è anche un suicidio; il suicidio della razza umana.
Un altro elemento che entra in gioco è l’egoismo dilagante in cui viviamo, non siamo più in grado di accompagnare con la nostra presenza coloro che soffrono, non sappiamo più trasmettere i veri valori della fede cristiana che ci aiutano a superare le difficoltà. Pensiamo sempre più spesso a star bene noi anche a costo di dimenticarci di nostra madre. Viviamo in una società che ha rinchiuso i propri anziani in “case di riposo” che sono più che altro depositi di veicoli usati destinati alla rottamazione. Non ci interessiamo più di curare chi soffre, ma lo lasciamo logorarsi nel proprio dolore. Mi pare ovvio che chi vive in questo modo chieda la morte. Ci si sente abbandonati da tutti, anche da Dio. Perché ci siamo dimenticati che Dio a volte agisce anche e soprattutto attraverso di noi.
Spesso si sentono persone dire di avere molta fede, ma quando si trovano di fronte alla sofferenza questa “fede” crolla improvvisamente, ma così come la forza fisica si vede quando si corre in salita, la fede in Dio si misura quando ci troviamo di fronte alla sofferenza, perché è li che Dio vuole da noi uno sforzo maggiore.
In questi giorni si stanno approvando i vari articoli di una legge iniqua, che non va solo contro Dio e la sua legge, ma che va contro l’uomo stesso, che non essendo più in grado di affrontare la vita preferisce eliminarla, con l’illusione di eliminare anche la sofferenza. Ma per un credente in Gesù Cristo questa è un assurdità, perche chi crede in Cristo sa bene che la vera vita non è quella attuale ma quella futura, ovvero la vita eterna. Chi crede sa bene che senza la croce non c’è vita eterna ma DANNAZIONE ETERNA.
Le leggi umane non possono andare contro la legge suprema di Dio e della natura da lui creata, e non ci si può rifugiare dietro il fatto che lo stato è laico, perché non è mettendo la testa sotto la sabbia che ci si libera di Dio. Affermare che lo stato è laico non significa che si può legiferare in maniera indiscriminata e incontrollata. I credenti in Cristo e nella sua Chiesa devono prendere posizioni nette e inequivocabili, ricordandosi delle parole stesse di Gesu «il vostro parlare sia Si Si, No No, ciò che è in più viene dal maligno» (Mt. 5,37). I compromessi non fanno parte di chi è discepolo di Gesù Cristo. E di fronte all’approvazione di leggi come questa LA CHIESA NON PUO’ TACERE, si rischierebbe di essere complici di un delitto contro l’umanità consumato per di più davanti gli occhi di Dio.
Desidero rivolgere un appello a coloro che si professano cristiani, e invitarli ad unirsi in preghiera affinché ogni uomo scopra l’unico vero Dio rivelato da Gesù Cristo che incarnatosi ha condiviso tutta la nostra natura umana, compresa la sofferenza, e che attraverso di essa ha redento le nostre anime, confermando tutto in maniera mirabile e straordinaria attraverso la Risurrezione dai morti. Che il Signore perdoni coloro che con i propri atti o con il proprio silenzio contribuiscono a costruire una società della morte e non della speranza nella vita eterna.
don Leonardo Sacco
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