Diventato Pontefice ama passeggiare da solo nei giardini Vaticani, l’aria aperta gli ricorda le sue origini, i lunghi tragitti percorsi lungo le campagne venete per andare a scuola o far visita a un malato. Non ama la ridondanza del cerimoniale, e cerca di ridurla. Al contempo, non vuole adulazioni o particolari omaggi. In San Pietro proibisce gli applausi al suo arrivo, giustificando la scelta con una frase laconica: “Gli applausi in Chiesa si fanno solo al Signore e non al Papa”.
"Quel decreto me lo ha ispirato Iddio!"
Patriarca di Venezia, nel 1897, dal 9 all’ 11 agosto, indice il XIX Congresso Eucaristico nazionale, perché il pensiero di Cristo “sia nelle nostre intelligenze, la sua morale nei costumi, la sua carità nelle istituzioni, la sua giustizia nelle leggi’’.
Giuseppe Sarto è un grande sostenitore della centralità dell'Eucaristia; già nella città lagunare esorta i parroci perché vi facciano accedere le persone con più facilità e frequenza, anche quotidiana, e i ragazzi anche prima dell’età prevista.
Nel 1905, pontefice, in occasione di un altro Congresso Eucaristico afferma: “È il divino sacramento che ci assicura l’eterna vita e ci rende certi di combattere vittoriosamente contro i nemici... Gesù è il più grande dei benefici che abbia avuto l’umanità desolata”.
L’Eucaristia è per lui “la via più breve per giungere al Cielo ”.
Ed ecco quale sarà la sua riforma in materia eucaristica: il 20 dicembre 1905 esce il decreto Sacra Tridentina Synodus in cui ordina che “la comunione frequente e quotidiana sia accessibile a tutti i fedeli senza distinzioni di classi e di distinzioni”.
Il 7 dicembre dell’anno dopo, con il decreto Post editum, dispensa gli ammalati dal digiuno per poter ricevere il Sacramento.
Infine i fanciulli: con il decreto Quam singulari, l’età della prima comunione viene anticipata a sette anni. Soprattutto in Francia, quest’ultimo aspetto della riforma riceve critiche. Ma lui, come sempre, non indietreggia e dice senza mezzi termini: “Quel decreto me lo ha ispirato Iddio!”.
Nel 1905 Pio X favorisce la presenza dei cattolici nelle istituzioni
È dello stesso anno, il 1905, l’enciclica II fermo proposito, in cui papa Pio X tempera il non expedit, il divieto imposto ai cattolici da Pio IX di partecipare alla vita politica, e dà impulso alla fondazione dell’Azione cattolica italiana.
Giuseppe Sarto è contrario alla formazione di un vero e proprio partito politico dei cattolici, ma non alla loro presenza nelle istituzioni.
Lo dimostra anche da patriarca di Venezia quando so-stiene il nascere di una coalizione tra cattolici e moderati. Non solo. E vicino all’Opera dei Congressi e alla sua attività.
Guarda di buon occhio la nascita delle casse rurali e operaie, di cooperative e assicurazioni di ispirazione cattolica così come suggerito da Leone XIII. Accoglie dunque questi primi tentativi di organizzazione cattolica nella società civile.
Sappiamo che appoggia la nascita del Banco San Marco, nel 1895, e della Società cattolica di assicurazione che viene alla luce a Verona l’anno successivo.
Di tutto questo devono, nella sua ottica, occuparsi i laici, non i religiosi a cui non conviene maneggiare il denaro. Nel seminario di Venezia istituisce una facoltà di Diritto canonico. E sogna, di mostrandosi anche in questo molto lungimirante, una Università cattolica.
Il 20 luglio 1903, ecco la notizia della morte di Leone XIII. Poco tempo dopo, vediamo Giuseppe Sarto, con l’abito e la papalina bianchi, scegliere il suo motto: “Instaurare omnia in Christo”.
Il cardinale veneto rimarrà sul soglio pontificio per undici anni.
Un grande riformatore
Uno storico lo ha definito “il più grande riformatore della vita interna della Chiesa dopo il Concilio di Trento".
E in effetti, il programma di riforma pastorale di Pio X colpisce per ampiezza e lungimiranza.
Proprio lui, che nel 1907 condanna 65 proposizioni moderniste con il decreto Lamentabili sane exitu e due mesi dopo, con l’enciclica Pascendi dominici gregis, conferma il suo biasimo senza appelli per questa nuova corrente di pensiero che attraversa la Chiesa dell’epoca, compie un’opera di ammodernamento della Chiesa stessa.
Le sue riforme ecclesiastiche, che portano l’impronta di quarant’anni di esperienza pastorale e della competenza dei collaboratori di cui ha saputo circondarsi, saranno riprese da Pio XII, e rappresentano, in materia di liturgia, catechesi, formazione nei seminari, diritto canonico, gli inizi di un’opera di innovazione.
Uno dei primi atti da Pontefice è il motu proprio Tra le sollecitudini, 22 novembre 1903.
In 29 articoli, Pio X mette mano alla riforma della musica sacra che segna, di fatto, il ritorno del canto gregoriano, la cui solennità e bellezza, secondo Sarto, sono mezzo efficace di dialogo tra Dio e l’uomo, in particolare di elevazione di quest’ultimo. Distraggono le anime musiche e strumenti che esulino da quelli tradizionali. E di fronte ai contrasti e agli indugi nell’intraprendere il cambio di rotta, il Papa scrive al suo vicario: “Ella, Signor cardinale, non adoperi indulgenza; non conceda dilazioni. Il taglio ha da farsi: lo si faccia immediatamente, risolutamente... Noi vogliamo che in tutti i collegi e seminari della Città eterna sia introdotto di nuovo l’antichissimo canto romano che risuonava un tempo nelle nostre chiese formando la delizia delle generazioni passate”.
La politica della Chiesa è quella di non fare politica
Il motu proprio Fin dalla prima, del 18 dicembre 1903, segna invece il riordino dell'azione popolare cristiana e benedice l’attività delle forze cattoliche nella società civile.
Sarto non ha alcuna nostalgia per il potere temporale dei papi, tanto che si dice che un giorno abbia detto: “Se il re mi mandasse a dire di riprendere possesso di Roma, perché egli se ne parte e me la lascia, io gli farei rispondere: resti al Quirinale e se ne parlerà un’altra volta! Ci mancherebbe altro per la Santa Sede!”.
Così esortava spesso un suo collaboratore: “Si ricordi sempre, la politica della Chiesa è quella di non fare politica e di andare sempre per la retta via”. Forse non sono riformatrici queste parole?
Con la costituzione Commissum nobis, del 20 gennaio 1904, il Pontefice proibisce finalmente la possibilità del veto da parte degli stati europei durante il Conclave.
Affermando così l’autonomia e l’indipendenza della Chiesa, che deve rispondere solo allo Spirito Santo, e i cui cardinali, dice, devono badare esclusivamente “alla gloria di Dio e al bene della Chiesa”. Fu una decisione coraggiosa e memorabile, che segna la fine di un’epoca.
Il 19 marzo 1904 viene emanato il motu proprio Arduum sane munus, con il quale il Papa intende mettere mano alla codificazione del diritto canonico.
L'editto del Sindaco di Riese:
RIESE PIO X
29 MAGGIO 1954
E’ questa la data che tutti noi, a caratteri d'oro, dobbiamo recare scolpita nel cuore e come sacra eredità trasmettere ai figli ed ai nipoti nostri!
Oggi l’Infallibilità del Romano Pontefice, con rito solenne, al cospetto di una moltitudine di gente d’ogni nazione, d’ogni lingua e d’ogni colore, fra la profonda commozione del mondo intero, proclamerà “ SANTO ” il Beato PIO X!
E noi Gli fummo concittadini e fratelli; noi rechiamo nell’animo e nel cuore lo stesso flusso di vita, che a LUI vita diede il 2 giugno del 1835; noi rechiamo impresse nella pupilla le stesse visioni di serenità della nostra terra, che colpirono lo sguardo SUO, accompagnandolo con accorata nostalgia anche nel Soglio Pontificio !
Ma sopratutto con LUI comune ci fu e ci sarà sempre la Fede, quale EGLI alimentò ai piedi del nostro santuario delle Cendrole e dove pur noi, non immemori dei padri nostri, ricorreremo, spronati dal giuramento fatto di salutare ed onorare Maria “ Salus Populi Resiensis.
Solo così a noi riverberà un raggio di quella gloria, che oggi cinge PIO X SANTO da LUI potremo sperare intercessione, benedizioni e grazie.
+ Mons. Valentino Gallo
Arciprete
° Prof. Gastone Andreazza
Sindaco
Come vescovo di Roma vuole raggiungere tutti, nessuno escluso.
“Con il bollettino ufficiale Acta apostolicae sedis, inoltre, raccoglie gli atti pontifici a cui viene conferito valore di legge per l’intera realtà cattolica, contribuendo a dare ordine e stabilità normativa alla Chiesa, in un periodo di grandi sconvolgimenti per essa e la realtà europea”.
Ma Pio X è anche vescovo di Roma, e come pastore della diocesi non si sottrae agli impegni di guida delle pecore a lui affidate. Come aveva sempre fatto nella sua vita di parroco, vescovo e patriarca, cerca soluzioni ai problemi.
Per contrastare il basso livello di consapevolezza religiosa dei romani, fa sì che almeno quindici delle sessanta parrocchie della città siano trasferite in periferia, costruendo chiese e nominando nuovi parroci. Nei preti anziani, invece, mira a risvegliare una spiritualità spesso sopita. Sarto vuole raggiungere tutti, desidera che nessuno sia escluso dal dono prezioso della fede.
Il riordino dei seminari e le esortazioni del clero
Tornando alle riforme liturgiche, c’è poi quella del breviario romano, con la costituzione apostolica Divino afflatu del 1 novembre 1911, che entra in vigore due anni dopo. Grazie a Giuseppe Sarto, il giorno della domenica recupera un posto di centralità rispetto alle feste dei santi.
In continuità con la sua storia personale e le sue convinzioni di sempre, sono le novità introdotte nei seminari e le tante esortazioni del clero. A quest’ultimo è rivolta l’enciclica Pieni l’animo, del 28 luglio 1906, in cui stigmatizza l’unico obiettivo: preparare “ministri di Cristo”.
Per il riordino dei seminari in Italia, spesso segnati dalla tentazione del carrierismo e da una formazione talora insufficiente, nomina una commissione pontificia. Ne nascono il Programma generale di studi e le Norme per l’ordinamento educativo e disciplinare. Vedono la luce i seminari regionali e i programmi di studio sono equiparati a quelli delle scuole pubbliche. Gli studi filosofici e teologici vengono rafforzati e protratti nel tempo.
Nel 1908 scrive ai sacerdoti: “Il prete è crocifisso al mondo”.
Sempre al clero è rivolta l’esortazione apostolica Haerent animo, uscita in occasione, il 4 agosto 1908, del cinquantesimo del suo sacerdozio, in cui, ancora una volta, invita all’oblazione e sottolinea il dovere della santità “che è richiesta - dice - dalla dignità del vostro grado...
Una gran folla di malati, di ciechi, di zoppi, di paralitici aspetta i soccorsi della vostra carità”. “Il prete - dice ancora - è crocifisso al mondo”, e per lui “il mondo è crocifisso”.
Sarto insiste sulla responsabilità di sacerdoti e vescovi come pastori. Parla sì di pastore che deve condurre e di gregge che, mansueto, deve obbedire, ma lo fa nell’ottica evangelica, per cui il pastore non può non essere pronto a dare la vita per le pecore.
Il 29 giugno 1908, con la costituzione apostolica Sapienti consilio, abbozza una riforma della curia romana; l’8 luglio dello stesso anno, scrive la lettera Quidquid consilii che ha come tema, in una profetica ottica ecumenica, l'unione delle chiese orientali.
Poi c’è la riforma del catechismo, che non poteva mancare visto che Giuseppe Sarto gli aveva dato in tutta la sua vita sacerdotale un’importanza estrema.
Il catechismo, canale di trasmissione delle verità della fede, ha un ruolo essenziale nell’economia della salvezza.
Papa Sarto vi dedica un’enciclica, l'Acerbo nimis, in cui si legge tra l’altro: “Certo l'elemosina, con cui solleviamo le angustie dei poverelli, è dal Signore altamente encomiata. Ma chi vorrà negare che encomio di gran lunga maggiore si debba allo zelo e alla fatica, onde si procacciano, non già passeggeri vantaggi ai corpi ma, coll'insegnare ed ammonire, eterni beni alle anime? Nulla per verità è più desiderato e caro a Gesù Cristo salvatore delle anime; il quale, per bocca di Isaia, volle di sé af-fermare: ‘Io sono stato mandato per evangelizzare i poveri’ In ogni diocesi devono nascere scuole di religione e in ogni parrocchia deve essere adottato un testo unico di catechismo, da lui stes-so pensato, in cui “la precisione delle definizioni dogmatiche non permetta interpretazioni personali od omissioni”.
Tra le riforme di Pio X nel segno della modernizzazione, di particolare importanza quella del diritto canonico raccolto per la prima volta in un Codice. Questa scelta ha permesso di passare da un insieme disorganico di leggi che regolamentavano da un punto di vista giuridico la Chiesa, a un sistema ordinato e preciso che rimarrà l'ossatura portante fino al 1983 .
"lo mi rassegno completamente al Crocefisso"
“Io mi consiglio davanti al Crocifisso, e poi prendo le mie decisioni”, dice il Papa a chi gli riferisce le ostilità che le sue riforme incontrano. Superati i settant’anni, l’uomo Sarto ha le abitudini di sempre. La sua intensa giornata inizia all’alba con la preghiera, i suoi pasti sono frugali, non ama il lusso ma l’essenzialità.
Giovane sacerdote, era entrato a far parte del Terz’Ordine francescano, l'Imitazione di Cristo è il testo che più lo sostiene nella spiritualità, si confessa in ginocchio per terra, dal suo segretario.
Diventato Pontefice ama passeggiare da solo nei giardini Vaticani, l’aria aperta gli ricorda le sue origini, i lunghi tragitti percorsi lungo le campagne venete per andare a scuola o far visita a un malato. Non ama la ridondanza del cerimoniale, e cerca di ridurla. Al contempo, non vuole adulazioni o particolari omaggi. In San Pietro proibisce gli applausi al suo arrivo, giustificando la scelta con una frase laconica: “Gli applausi in Chiesa si fanno solo al Signore e non al Papa”.
Sancte Pie Decime, Gloriose Patrone, Ora pro Nobis!
Te Sancte Pie Decime confitemur.
Ave Maria!
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