Articolo di Alejandro Sosa Laprida
Francesco e la laicità dello Stato
Prima di tutto è necessario considerare in che consista il cosiddetto principio di laicità: si tratta della pietra angolare del pensiero illuminista, con la quale Dio è escluso dalla sfera pubblica, e lo Stato, nell’esercizio della sue funzioni, si emancipa dalla rivelazione divina e dal magistero ecclesiastico; in tal modo esso sarebbe in grado di agire in modo totalitario, rifiutandosi di ammettere ogni istanza morale superiore capace di illuminarlo intellettualmente e di orientarlo moralmente nella suo agire, sia che si tratti della legge naturale, della legge divina o della legge ecclesiastica.
Lo Stato moderno concepisce se stesso come del tutto slegato da qualsiasi tipo di trascendenza spirituale o etica a cui sottomettersi al fine di stabilire e di conservare la sua legittimità. In questo modo, lo Stato liberale non riconosce altra legittimità se non quella che provenga dalla cosiddetta volontà generale, la quale si fonda unicamente sulla legge positiva che gli uomini si danno da loro stessi. La separazione fra la Chiesa e lo Stato è la logica conseguenza di questo principio, col quale si esonera la società politicamente organizzata dal rendere a Dio il culto pubblico che Gli è dovuto, dal rispettare la legge divina nella sua legislazione e dal sottomettersi all’insegnamento della Chiesa in materia di fede e di morale.
Questa supposta indipendenza del potere temporale dal potere spirituale non deve confondersi con la legittima autonomia di cui gode la società civile rispetto all’autorità religiosa nell’ambito suo proprio, cioè nella ricerca del bene comune temporale, che a sua volta è ordinato alla ricerca del bene comune soprannaturale e cioè alla salvezza delle anime. È questa la dottrina cattolica tradizionale della distinzione dei poteri spirituale e temporale e della subordinazione indiretta del secondo rispetto al primo.
La laicità viola l’ordine naturale esistente tra i due poteri ed erige lo Stato a potere assoluto, trasformandolo così in una macchina da guerra il cui scopo è la scristianizzazione delle istituzioni, delle leggi e della società nel suo insieme. Il grande artefice della pretesaneutralità religiosa dello Stato è la massoneria, nemico giurato della civiltà cristiana. Dettaneutralità non è altro che una soperchieria, dato che il potere temporale è incapace di prescindere da un’istanza spirituale di ordine superiore che lo fornisca dei principii morali atti a regolare la sua attività.
La Stato laico è neutro solo in apparenza, posto che riceve i suoi principii direttivi in materia spirituale e morale da quella contro-Chiesa che è la massoneria: «La laicità è la pietra angolare della libertà. Essa è propria di noi massoni. La riceviamo grezza, la tagliamo progressivamente e ci è preziosa perché ci servirà per edificare il tempio ideale, il futuro felice dell’uomo, del quale desideriamo che sia l’unico signore.» (La laicità: 1905-2005, Edimaf, 2005, p. 117, pubblicato dal Grande Oriente di Francia per commemorare il centenario della legge del 1905 che separa la Chiesa dallo Stato).
Posto questo richiamo di base, senza il quale si potrebbero perdere di vista le cruciali implicazioni che solleva questo argomento, esaminiamo la posizione di Francesco a riguardo.
In un discorso rivolto alla classe dirigente brasiliana il 27 luglio, nel corso della Giornata Mondiale della Gioventù, svoltasi a Rio de Janeiro, Francesco espresse un elogio entusiasta della laicità e del pluralismo religioso, al punto di rallegrarsi per la funzione sociale svolta dalle «grandi tradizioni religiose, che esercitano il fecondo ruolo di lievito della vita sociale e di animazione della democrazia.» E fino a concludere che «la laicità dello Stato,(…) senza assumere come propria alcuna posizione confessionale, favorisce la coabitazione tra le diverse religioni.»
Laicismo, pluralismo, ecumenismo, relativismo religioso, democraticismo: il numero e la portata degli errori contenuti in queste poche parole, errori condannati formalmente e in diverse occasioni dal magistero, richiederebbero una lunga esposizione che supererebbe ampiamente i limiti di questo articolo. Per coloro che volessero approfondire la dottrina cattolica in materia, ecco i documenti essenziali: Mirari vos (Gregorio XVI, 1832); Quanta cura e Syllabus (Pio IX, 1864); Immortale Dei e Libertas (Leone XIII, 1885 e 1888);Vehementer nos e Notre charge apostolique (San Pio X, 1906 e 1910); Ubi arcano e Quas primas (Pio XI, 1922 e 1925); Ci riesce (Pio XII, 1953).
A titolo d’esempio, leggiamo un passo dell’enciclica Quas Primas con la quale Pio XI istituì la solennità di Cristo Re:
«La celebrazione di questa festa, che si rinnova ogni anno, sarà anche d’ammonimento per le nazioni: che il dovere di venerare pubblicamente Cristo e di prestargli obbedienza riguarda non solo i privati, ma anche i magistrati e i governanti, e li richiamerà al pensiero del giudizio finale, nel quale Cristo, scacciato dalla società o anche solo ignorato e disprezzato, vendicherà acerbamente le tante ingiurie ricevute, richiedendo la sua regale dignità che la società intera si uniformi ai divini comandamenti e ai principî cristiani, sia nello stabilire le leggi, sia nell’amministrare la giustizia, sia infine nell’informare l’animo dei giovani alla santa dottrina e alla santità dei costumi.»
La lettura di questi testi del magistero permette di comprendere che lo Stato laico, suppostoneutro, non confessionale, incompetente in materia religiosa e altre fallacie del genere, non è altro che un’aberrazione filosofica, morale e giuridica moderna, una mostruosità politica, una menzogna ideologica che calpesta la legge divina e l’ordine naturale. La distinzione – senza separazione – dei due poteri, temporale e spirituale, è anche qualcosa di molto diversa dalla pretesa indipendenza del temporale rispetto allo spirituale, in relazione a Dio, alla Chiesa, alla legge divina e alla legge naturale: tale “indipendenza” si chiama apostasia delle nazioni, e questa apostasia è il frutto maturo dell’Illuminismo, della massoneria, della Rivoluzione francese e di tutte le sette infernali che da questa derivano: liberalismo, socialismo, comunismo, anarchismo, ecc.
Sono i nemici spietati di Dio e della Sua Chiesa che hanno raggiunto il loro diabolico obiettivo di distruggere completamente la società cristiana e di erigere al suo posto la città dell’uomo senza Dio, una creatura insensata, inebriata dalla falsa autonomia che pretende di godere rispetto Dio: in questo sta la caratteristica essenziale di ciò che si è soliti chiamare modernità, al di là delle sue differenti e multiformi facce, il cui esito, in definitiva, non può essere altro che il regno dell’Anticristo.
L'Anticristo - Signorelli - Orvieto
Questa figura escatologica dell’uomo empio porterà ineluttabilmente la società moderna, secolarizzata e apostata, al parossismo della sua rivolta contro tutto ciò che sta al di sopra della sua volontà indipendente e sovrana, di cui ci vengono già offerte le minacciose primizie: si pensi, solo per citare una manciata di esempi rappresentativi, a quelle inimmaginabili aberrazioni che sono il matrimonio omosessuale, l’adozione omo-parentale, ildiritto all’aborto, la legalizzazione dell’industria pornografica, la scuola senza Dio, ma con la teoria del gender e l’educazione sessuale obbligatoria per corrompere l’infanzia e contaminare l’innocenza delle anime innocenti…
Personificazione terrificante della creatura che intende fare della sua libertà, considerata come assoluta, l’unica fonte della legge e della morale, creatura imbevuta della sua vacuità ontologica e accecata dalla sua risibile arroganza che pretende incredibilmente di prendere il posto di Dio.
Ribadisco che è in questa pretesa insensata della creatura di prescindere dal suo Creatore che sta la caratteristica che definisce la modernità, è essa che costituisce la radice del male moderno, follia metafisica che si manifesta col ripiegamento dell’individuo sulla propria soggettività, accompagnato dal rifiuto categorico di un ordine oggettivo di cui dovrebbe riconoscere e l’anteriorità cronologica e la superiorità ontologica, e a cui è chiamato a sottomettersi liberamente per realizzare appieno la sua umanità.
Questa attitudine moderna si connota per molteplici sfaccettature: nominalismo, volontarismo, soggettivismo, individualismo, umanesimo, razionalismo, naturalismo, protestantesimo, liberalismo, relativismo, utopismo, socialismo, femminismo, omosessualismo, la cui radice è sempre la stessa e cioè il soggetto autonomo che pretende di emanciparsi dall’ordine oggettivo delle cose, e il cui esito tragico e inevitabile è l’irragionevole progetto di creare una “civiltà” che, dopo aver espulso Dio dalla società, si fondi esclusivamente sul sovrano libero arbitrio dell’uomo, divenuto fonte di ogni legittimità.
E oggi più che mai si rende indispensabile proclamare ai quattro venti che: il principio della laicità costituisce la più perfetta incarnazione e la figura emblematica del: «quando voi ne mangiaste [del frutto proibito], si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male» (Gn. 3, 5); esattamente quanto il serpente suggerì ad Eva, la quale, dando prova di una grande apertura mentale e di una sincera adesione al pluralismo religioso, si addentrò con maturità e fiducia in un dialogo reciprocamente arricchente con il suo rispettabile interlocutore… Il risultato è ben noto, per come si è rivelato certamente fatale per l’umanità: appena aver mangiato, Adamo ed Eva si ritrovarono nudi e furono puniti da Dio con la cacciata dal Paradiso.
Anche le vecchie nazioni europee che hanno costituito la Cristianità, hanno mangiato il frutto, questa volta chiamato Diritti umani, Democrazia e Laicità. Ed ora sono nude. Quanto al castigo, ineluttabile, prima o poi finirà con l’arrivare: «Vidi salire dal mare una bestia che aveva dieci corna e sette teste, sulle corna dieci diademi e su ciascuna testa un titolo blasfemo. … Le fu permesso di far guerra contro i santi e di vincerli; le fu dato potere sopra ogni stirpe, popolo, lingua e nazione.» (Ap. 13, 1 e 7).
Ma l’Anticristo, «l’uomo iniquo, il figlio della perdizione» (2 Ts. 2, 3) non verrà da solo: sarà preceduto da un falso profeta, parodia diabolica del ruolo di precursore esercitato a suo tempo da San Giovanni Battista, quando predispose i cuori all’imminente venuta del Messia: «Vidi poi salire dalla terra un'altra bestia, che aveva due corna, simili a quelle di un agnello, che però parlava come un drago.» (Ap. 13, 11). Le due bestie che vengono dal mare e dalla terra sono l’Anticristo e il falso profeta, indissociabili, come lo sono il potere temporale e il potere spirituale nella società.
In regime di cristianità, i due poteri hanno collaborato al fine di far rispettare la legge divina nella società. Ma nel caso di cui parliamo, i due poteri hanno cambiato segno e si sono dedicati al servizio di Satana: la seconda bestia - il potere religioso infedele - aprendo la strada al primo e inducendo gli uomini a sottomettervisi: «e costringe la terra e i suoi abitanti ad adorare la prima bestia» (Ap.13, 12). La prima bestia rappresenta il potere temporale apostata, quello del regime democratico laico e secolarizzato, nemico di Dio, potere mondano che un giorno sarà detenuto da una persona concreta: l’Anticristo. La seconda bestia, da parte sua, rappresenta il potere religioso corrotto, a capo del quale vi sarà anche una persona concreta, il falso profeta o Anticristo religioso.
Quando verrà il tempo in cui vedremo attuarsi davanti ai nostri occhi attoniti il compimento queste profezie?
Non è facile avere certezze di ordine pratico in questo campo, né pertanto dare una risposta categorica. Tuttavia, non è azzardato affermare che quando il nuovo Papa loda appassionatamente la laicità dello Stato, seguendo in questo l’esempio dei suoi recenti predecessori e conformandosi al magistero post-conciliare, la necessità di scrutare le profezie appena citate appare chiaramente urgente.
IV. L’ideologia omosessualista
Nel corso della conferenza stampa del 29 luglio 2013, tenuta in volo tra Rio de Janeiro e Roma, di ritorno dalla GMG, Francesco ebbe modo di dire: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla?». Frase estremamente ambigua e inquietante, visto che il termine “gay” non designa genericamente gli omosessuali, ma soprattutto quelli che rivendicano pubblicamente la «cultura» e lo stile di vita dell’impurità contro natura.
Perché usare un termine che genera confusione, totalmente estraneo al vocabolario cattolico e tratto dal gergo della lobby “gay”, avallando così indirettamente il suo linguaggio sovversivo e manipolatore?
Perché non premurarsi ad aggiungere, per evitare equivoci, che sebbene non si giudichi moralmente in sé la persona afflitta da questa tendenza, la pratica dell’atto invece realizza un comportamento gravemente disordinato sul piano morale?
Sorprendentemente, Francesco non l’ha fatto, e naturalmente, il giorno seguente, la stragrande maggioranza della stampa mondiale titolò l’articolo sull’atipica conferenza stampa pontificia riprendendo testualmente l’interrogativo formulato da Francesco. Si può parlare di incompetenza da parte di qualcuno che padroneggia alla perfezione l’arte della comunicazione mediatica? Difficile crederlo… E se anche fosse così, il contesto esigeva che si eliminasse ogni rischio di ambiguità, esprimendo immediatamente le precisazioni opportune. Ma le precisazioni non ci sono state; né durante la conferenza stampa, né dopo; né per bocca di Francesco, né ad opera della Sala Stampa del Vaticano. E intanto, la stampa mondiale gongolava impudicamente per la sconcertante uscita bergogliana…
Nella lunga intervista concessa da Francesco alle riviste culturali gesuite, il 19, 23 e 29 agosto, pubblicata ne L’Osservatore Romano il 21 settembre, si sarebbe potuto supporre che Francesco non perdesse l’occasione per fare chiarezza su questa spinosa questione, troncando in toto le polemiche suscitate dalle sue infelici dichiarazioni e dissipando drasticamente la confusione e la diffusa inquietudine che esse avevano provocato.
Vediamo quindi se colse l’occasione per farlo:
<>«A Buenos Aires ricevevo lettere di persone omosessuali, che sono “feriti sociali” perché mi dicono che sentono come la Chiesa li abbia sempre condannati. Ma la Chiesa non vuole fare questo. Durante il volo di ritorno da Rio de Janeiro ho detto che, se una persona omosessuale è di buona volontà ed è in cerca di Dio, io non sono nessuno per giudicarla. Dicendo questo io ho detto quel che dice il Catechismo [della Chiesa cattolica]. La religione ha il diritto di esprimere la propria opinione a servizio della gente, ma Dio nella creazione ci ha resi liberi: l’ingerenza spirituale nella vita personale non è possibile. Una volta una persona, in maniera provocatoria, mi chiese se approvavo l’omosessualità. Io allora le risposi con un’altra domanda: “Dimmi: Dio, quando guarda a una persona omosessuale, ne approva l’esistenza con affetto o la respinge condannandola?”. Bisogna sempre considerare la persona. Qui entriamo nel mistero dell’uomo. Nella vita Dio accompagna le persone, e noi dobbiamo accompagnarle a partire dalla loro condizione. Bisogna accompagnare con misericordia. Quando questo accade, lo Spirito Santo ispira il sacerdote a dire la cosa più giusta».
Ci sarebbe molto da dire su queste affermazioni. Molto, per usare un eufemismo, tranne che si distinguano per la loro chiarezza… Per motivi di brevità, mi limiterò solo ad alcune osservazioni superficiali:
1. Contrariamente a ciò che afferma, le dichiarazioni di Francesco brillano perché non hanno alcun riscontro nel Catechismo. In esso si trova chiaramente espressa la dottrina della Chiesa (§ 2357-2359), esattamente quella di cui Francesco non ha parlato nell’intervista, nella quale ha disseminato l’ambiguità, ha usato un linguaggio demagogico e ha aggiunto ancora più confusione.
2. È inconcepibile che possa dire che «la religione ha il diritto di esprimere la propria opinione al servizio della gente.» La religione? Quale? Che si tratti delle religioni in generale e cioè delle «grandi tradizioni religiose, che esercitano il fecondo ruolo di lievito della vita sociale e di animazione della democrazia» (Cfr. III)? Linguaggio sorprendente in bocca a chi si trova seduto sul trono di San Pietro… Perché non dire semplicemente «la Chiesa»?
E soprattutto, è indispensabile affermare che la Chiesa non esprime assolutamente «la sua opinione», essa ammaestra le nazioni, in conformità col mandato ricevuto dal suo Divino Maestro: «Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato.» (Mt. 28, 19-20).
3. E continua dicendo: «ma Dio nella creazione ci ha resi liberi: l’ingerenza spirituale nella vita personale non è possibile.» Ambiguità sibillina, caratteristica detestabile in chi ha ricevuto la missione di «ammaestrare tutte le nazioni», ma tratto classico sulle labbra di Francesco… Perché se l’uomo, in virtù del suo libero arbitrio, può rifiutarsi di obbedire alla Chiesa, tuttavia non è moralmente libero di farlo: la Chiesa ha ricevuto da Gesù Cristo il potere di obbligare le coscienze dei suoi fedeli (Mt. 18, 15-19).
Pretendere che «l’ingerenza spirituale nella vita personale non è possibile», equivale a divinizzare la coscienza individuale e a farne un assoluto: siamo al cospetto del principio fondamentale della religione umanista e massonica del 1789: «Nessuno deve essere disturbato per le sue opinioni anche religiose» (Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, n° 10). Questa libertà di coscienza falsa e rivoluzionaria è già stata condannata dal magistero della Chiesa: Gregorio XVI ha definito che pretendere di «ammettere e garantire per ciascuno la libertà di coscienza» è, non solo assurdo, ma perfino «un delirio» (Mirari Vos, 1832).
4. Infine, il fatto di rispondere ad una domanda - …una persona… mi chiese se approvavo l’omosessualità – con un’altra domanda, che per di più è di un ermetismo poco comune, è indegno di colui a cui è stato affidato il compito di insegnare all’universalità del fedeli. Risposta nella quale si riscontra ancora quell’ambiguità esasperante che lo caratterizza, che non distingue tra la condanna del peccato e quella del peccatore, e dà ad intendere che il fatto di «approvare l’esistenza» (sic!) del peccatore renda inutile la riprovazione che esige il suo atto peccaminoso. Non v’è dubbio invece che Nostro Signore ci ha insegnato a parlare in un altro modo: «Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno.» (Mt 5, 37).
Ma ritorniamo alla conferenza stampa sull’aereo, tenuta dopo la celebrazione della GMG di Rio de Janeiro. Francesco aggiunse che queste persone «non debbono essere discriminate, ma integrate nella società.»
A chi allude? A quelle che senza pudore alcuno si proclamano “gay” o a quelle che, patendo senza colpa la mortificante inclinazione contro-natura, si sforzano meritoriamente di vivere decentemente?
Un’ulteriore ambiguità che naturalmente rimarrà senza alcun chiarimento del Vaticano, ma la cui interpretazione “progressista”, abbandonata ai “mezzi d’informazione di massa”, sarà quella che si imporrà con forza nell’immaginario collettivo.
Ma in verità, vi è qualcosa di peggio della ricorrente ambiguità bergogliana presente in questa affermazione, e che si manifesta in quel dilemma irrisolto prima segnalato. Mi riferisco al fatto che le sue parole, non solo seminano l’ambiguità, elemento sufficiente per metterle in discussione, ma sono puramente e semplicemente false. Esse afferiscono all’ideologia ugualitaria della lotta «contro le discriminazioni», che promuovono i partigiani del femminismo e dell’omosessualismo, genuina macchina da guerra al servizio della legittimazione di quelle tante aberrazioni che il partito del «progresso» si sforza di inventare, con particolare riferimento all’infame “matrimonio” omosessuale.
Dov’è la falsità? Nel fatto che anche nel secondo corno del dilemma posto prima, è perfettamente legittimo e ragionevole effettuare certe discriminazioni che, in relazione al bene comune della società, emarginino queste persone in determinati contesti. È quello che la Chiesa ha sempre fatto, per esempio, riguardo al sacerdozio, alla vita religiosa e all’educazione dei bambini. Inutile dire che dette discriminazioni sono ancora più legittime quando si tratta di persone che, oltre ad avere una tendenza disordinata, conducono una vita omosessuale attiva, foss’anche in maniera discreta; e sono legittime, a fortiori, se si ha a che fare con chi esibisce pubblicamente e svergognatamente i suoi cattivi costumi, rivendicando orgogliosamente i suoi fantasiosi diritti: mi riferisco ai “gay”, per impiegare l’atipico vocabolo bergogliano, certamente inusitato nel linguaggio di un successore di San Pietro.
Gli individui appartenenti a quest’ultima categoria, quella degli ideologi della causa omosessualista, per esempio gli organizzatori del Gay Pride e i militanti delle associazioni sovversive tipo Act-Up, hanno ancor meno diritto di essere «integrati nella società», mentre invece dovrebbero esserne esclusi giustamente e senza tanti complimenti; come gli accoliti della setta LGBT che hanno ancora meno diritto di essere esentati da «ogni forma di discriminazione», e dovrebbero essere privati della libertà e allontanati senza troppe cerimonie dalla vita sociale per aver attentato al pudore ed aver indotto alla corruzione la gioventù.
Ritornando alla conferenza stampa pontificia in aereo, assistiamo sbalorditi alla prosecuzione dello strano discorso di Francesco davanti ad un pubblico affascinato dalla sua disarmante spontaneità e dal tenore altamente mediatico delle sue parole:
«Il problema non è avere questa tendenza, … Il problema è fare lobby di questa tendenza, questa è la cosa grave, perché tutte le lobby sono un male».
Purtroppo, questa affermazione è del tutto gratuita e non regge al minimo esame: che il fatto di avere questa tendenza costituisca per la persona interessata un grave problema di ordine psicologico e morale, nonché un serio motivo di preoccupazione per il suo ambiente, è cosa indiscutibile. Ma pretendere che l’omosessualità non sia un problema, se non quando si abbia una “lobby”, è una notoria fallacia che contribuisce a banalizzare l’omosessualità e a renderla accettabile.
Infine, è necessario precisare che, contrariamente a quanto sostiene Francesco, nessuna lobby è intrinsecamente cattiva. Infatti, dato che una lobby è «un insieme di persone che si propongono di esercitare la loro influenza su chi ha facoltà di decisioni politiche, per ottenere l’emanazione di provvedimenti normativi, in proprio favore o dei loro clienti, riguardo a determinati problemi o interessi» (Dizionario Treccani), essa sarà buona nella misura in cui si batte per cause giuste, e cattiva quando si impegna per cause inique. Per fare un esempio, le azioni condotte dai gruppi femministi in favore dell’aborto, sono riprovevoli, mentre quelle condotte dai gruppi pro-vita per lottare contro la legalizzazione dello stesso crimine, sono encomiabili.
Tutte queste affermazioni di Francesco sono particolarmente aggravate dal contesto internazionale in cui vengono espresse, e cioè nel bel mezzo di una violenta battaglia culturale tra sostenitori e oppositori del “matrimonio” omosessuale, che si sta diffondendo a macchia d’olio su scala planetaria. E’ difficile attribuire a queste affermazioni solo eventuali inesattezze di linguaggio, così come sembra impossibile negare la complicità oggettiva delle parole di Francesco con i propositi manifesti dalla lobby “gay”: normalizzazione dell’omosessualità e legittimazione delle sue insostenibili rivendicazioni sociali.
Queste dichiarazioni hanno seminato confusione tra i cattolici e hanno favorito oggettivamente i nemici di Dio, che lottano ferocemente perché vengano riconosciuti i presunti “diritti” degli omosessuali all’interno della Chiesa e nella società civile. Prova inconfutabile di ciò è che la più autorevole pubblicazione della comunità LGBT negli Stati Uniti, The Advocate, ha eletto Francesco come «Persona dell’anno 2013», sperticandosi in lodi per il suo atteggiamento di apertura e di tolleranza nei confronti degli omosessuali.
Ecco, a titolo di esempio, tre casi che permettono di prendere coscienza della gravità del contesto in cui si situano queste infelici dichiarazioni.
Esse sono giunte appena due mesi dopo che il cardinale Angelo Bagnasco, Presidente dellaConferenza Episcopale Italiana, ha celebrato a Genova i funerali di Don Gallo, famoso prete comunista e anarchico, difensore dell’aborto e della causa omosessuale; durante i funerali il cardinale ha tessuto l’elogio di questo prete e ha permesso che due omosessuali facessero l’apologia dell’ideologia LGBT nel corso della lettura della “preghiera universale”, nella quale hanno ringraziato il prete apostata per averli aiutati a “sentirsi creature trans-gender(sic!) desiderate e amate da Dio”, dopo di che ha distribuito loro la comunione, profanando così le sante specie eucaristiche, scandalizzando enormemente i fedeli e seminando la confusione nelle anime.
Cosa più inquietante è che non c’è stata alcuna reazione ufficiale del Vaticano, che riprovasse i fatti. Vale la pena sottolineare che Don Gallo ha esercitato il suo “ministero pastorale” in totale impunità, senza mai essere molestato o punito dalla gerarchia ecclesiastica. E va aggiunto che i funerali si sono svolti in forma ufficiale, celebrati con gran pompa nientemeno che dalla figura più importante dell’episcopato italiano, omelia ditirambica inclusa.
Altro fatto sintomatico, scelto tra molti altri: la Pontificia Università San Francesco Saveriodi Bogotà, in Colombia, fondata e gestita dai gesuiti, da dodici anni organizza un annuale «Ciclo Académico Rosa», che promuove sfacciatamente lo stile di vita “gay”. Nel 2013, per la prima volta, si sarebbe dovuto svolgere nei locali dell’Università, dal 28 al 30 agosto. La cosa ha causato la forte reazione dei laici indignati, i quali, grazie ad un comportamento degno di un’autentica “lobby” cattolica, hanno costretto l’Università a trovare un altro posto per organizzare il suo immondo incontro di degenerati. Inutile dire che da parte delle autorità accademiche non vi fu alcuna sanzione nei confronti degli organizzatori dell’infame evento. Cosa che va da sé nell’era del culto del “dialogo” con l’errore e in tempi di esaltazione del “pluralismo” ideologico… E questa impunità dura già da dodici lunghi anni. Nessuna sanzione neanche da parte della Conferenza Episcopale Colombiana; mentre appare inutile sottolineare l’assoluto silenzio del Vaticano.
Da notare la reazione del direttore dell’Università, Padre Joaquin Emilio Sanchez: essa fu immediata e altamente edificante. Infatti, in un duro comunicato stampa indirizzato alla “comunità educativa”, espresse la sua indignazione per la «violazione della legittima autonomia universitaria», e dichiarò che «nessuna discriminazione sarà tollerata» e avvisò i suoi avversari minacciandoli che «stiamo effettuando tutti i passi necessarii presso le autorità competenti perché la situazione tanto irregolare e dolorosa che stiamo vivendo a causa del “ciclo rosa” non si ripeta mai più».
Da parte sua, il Padre Carlos Novoa, ex Rettore dell’Università, professore di teologia morale e in possesso di un dottorato di ricerca in “etica sessuale”, promotore spudorato dell’aborto, ha osservato che la misura «rivela un ritorno dell’Inquisizione in una parte della Chiesa cattolica ed è la risultante della presenza di gruppi oscurantisti e fanatici.» La sua pubblica posizione contraria all’insegnamento del magistero ecclesiale non gli ha procurato alcuna sanzione da parte della Gerarchia del suo paese, e ancor meno da parte delle autorità della detta Università “pontificia”. Questo prete edificante continua alacremente ad esercitare il suo “ministero pastorale”, dispensando con impegno il suo “insegnamento universitario” agli studenti, i quali, immaginano di ricevere un’educazione cattolica, e invece sono soggetti alla perversione sistematica delle loro intelligenze.
Il terzo e ultimo esempio viene dall’Università Cattolica di Cordoba, in Argentina, anch’essa diretta dai gesuiti. In un’intervista pubblicata il 12 agosto 2013, il Padre Rafael Velasco, rettore dell’Università dal 2005 e grande specialista in “diritti umani”, in mezzo a una litania di dichiarazioni eterodosse, ci ha fatto l’onore di metterci a parte della sua profonda visione teologica: «Se la Chiesa vuole essere un segno del fatto che Dio è vicino a tutti, cosa che essa deve fare, prima di tutto non deve escludere nessuno. Deve effettuare riforme molto importanti: i divorziati devono essere ammessi alla comunione, gli omosessuali, quando vivono in maniera stabile con i loro compagni, devono comunicarsi anch’essi. Diciamo che la donna è importante, ma la escludiamo dal ministero sacerdotale. Questi sono i segni che sarebbero più comprensibili.»
Questi tre casi che ho citato, tratti da un interminabile elenco di situazioni simili, illustrano molto bene il continuo progresso, consentito e incoraggiato, dell’ideologia omosessualista e della “teoria del genere” all’interno della Chiesa. Ed è proprio in questo contesto allarmante di progresso permanente e inarrestabile delle idee LGBT, tanto nella società civile quanto in seno al clero, che si inscrivono le parole inaudite pronunciate da Francesco nella conferenza stampa internazionale tenuta in pieno volo, come a coronamento della super-mediatizzataGMG di Rio de Janeiro: «Chi sono io per giudicare una persona “gay”?»
Francamente, devo ammettere che tutto questo è come un brutto sogno, un incubo indescrivibile dal quale desidero svegliarmi quanto prima…
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