con la rivoluzione francese abbiamo la Decapitazione del Principio Monarchico , con il Vaticano II, abbiamo la democratizzazione della Chiesa e si è cercato di espellere la religione dallo spazio pubblico relegandola a una sfera privata è stato proprio così?...
“Dopo i primi tre secoli dalle origini della Chiesa, nel corso dei quali il sangue dei cristiani fecondò l’intera terra, si può dire che mai la Chiesa ha corso un tale pericolo come quello che si manifestò alla fine del XVIII secolo. Fu allora infatti che una filosofia in delirio, prolungamento dell’eresia e dell’apostasia dei novatori, acquistò sugli spiriti una potenza universale di sedizione e provocò uno sconvolgimento totale con il proposito determinato di rovinare i fondamenti cristiani della società, non solo in Francia, ma poco a poco in tutte le nazioni. Così rigettata pubblicamente l’autorità della Chiesa, poiché si è cessato di tenere la religione come custode salvaguardia del diritto e del dovere e dell’ordine nella società, si insegnò che il potere ha origine dal popolo e non da Dio; che tutti gli uomini sono uguali per natura come per diritto; che a ciascuno è lecito ciò che gli piace se non è espressamente proibito dalla legge; che nulla ha forza di legge se non è comandato dalla moltitudine e ciò che è più grave che si può pensare e pubblicare in fatto di religione tutto ciò che si vuole sotto pretesto che ciò non reca danno a nessuno“.
(Benedetto XV 7 Marzo 1917)
Con il Concilio Vaticano II, che può essere tranquillamente considerato il 1789 della Chiesa, le “deviazioni dottrinali, morali, liturgiche e disciplinari che ne scaturiscono e progressivamente sviluppatesi fino a oggi” punta su una questione che, per tanti sia fonte di sofferenza e smarrimento.
Inutile girarci attorno: se oggi abbiamo una Chiesa che in molte occasioni prende vie ereticali di matrice gnostica e si ispira a quel vago umanitarismo che tanto piace al mondo e che, non a caso, le procura l’applauso di chi è sempre stato nemico della Chiesa stessa, è perché il Concilio Vaticano II, a differenza di tutti quelli che lo precedettero, pretese, in fin dei conti, di fondare una Chiesa nuova.
È vero che ciò non venne mai proclamato e che anzi si parlò della necessità del rinnovamento senza intaccare il depositum fidei, ma i circoli modernisti di fatto utilizzarono il Concilio per introdurre una discontinuità. E lo strumento retorico a cui si fece ricorso fu l’espressione, del tutto inedita, “spirito del Concilio”, concetto che permise di fatto di introdurre sconvolgimenti, ben al di là di quanto era scritto nei testi. La rivoluzione conciliare è incompatibile con il cristianesimo e con la dottrina cattolica e con il magistero dei papi, e può essere considerata una rivoluzione anticristiana.
C’è il passaggio aperto al nemico, la collaborazione aperta con il male, che esige scelte ideologiche e una partecipazione attiva al processo rivoluzionario.
Poi c’è il secondo tradimento, quello dell’omissione dei propri doveri. È l’atteggiamento di chi tace per amore della propria tranquillità e della propria sicurezza. È l’atteggiamento di quei moderati che odiano i difensori della fede più dei loro nemici. Sono coloro che hanno paura della proclamazione della verità e preferiscono la via del negoziato e del compromesso con l’errore.
Si pensa alla carriera ecclesiastica e alla tranquillità. Pierre Gaxotte che aveva le idee molto chiare osserva “se lo scandalo era raro, molto raro era anche lo zelo. Giornate senza contrasti, studi senza fede, religione senza fiamma.” Questa è la vita di molti ecclesiastici sia di ieri che di oggi. Soccorrono i poveri, ma non li cercano; i più attivi si occupano della complicata gestione delle fondazioni umanitarie; i più eruditi redigono memoriali per le accademie; i più ambiziosi si fanno avanti nelle assemblee locali. Tra tante preoccupazioni terrene, non resta niente per Dio. La scristianizzazione della società si manifesta in vari modi: Oltre che nel calendario, la scristianizzazione si manifesta con il cambiamento della morale non solo dei nomi cristiani e dei nomi delle località che fanno riferimenti religiosi. Ecco, credo che questa affermazione di Paolo VI "la religione dell'uomo che si fa Dio" metta in rilievo il dramma di chi, cresciuto nella Chiesa del dopo Concilio, a distanza di decenni non può o non vuole aprire gli occhi e rendersi conto dell’inganno. Ciò che la rivoluzione conciliare volle decapitare fu il principio della sacralizzazione dell’ordine temporale. Il Concilio fa sue la prerogative della rivoluzione francese, "Liberté, Égalité, Fraternité" che nel linguaggio ecclesiastico si traduce con "ecumenico," "collegialità," e "libertà religiosa" leva così la sua bandiera: la fonte dell’autorità non sarà più Dio, ma l'uomo che si sostituisce a Dio, divinizzandosi. Non vi è sovranità divina a cui il re terreno deve sottomettersi, né vi sarà sovranità politica a cui il popolo si subordinerà. Il Sovrano sarà il popolo, cioè la società degli eguali quanto nella società civile, quanto dentro la Chiesa. È il sogno antico degli eretici medievali: dei Catari, dei Valdesi, degli Ussiti e degli Anabattisti, e poi dei cospiratori massonici e carbonari. Lo stesso sogno che affiorerà nei rivoluzionari di professione del XX secolo, perché il progetto non cambia: il progetto è quello di distruggere alla radice la civiltà cristiana, disfare la civiltà cristiana, frutto del preziosissimo sangue di nostro Signore Gesù Cristo, regredire alla barbarie e al tribalismo.
Giunge un momento nella nostra vita in cui, per disposizione della Provvidenza, ci è posta dinanzi una scelta determinante per il futuro della Chiesa e per la nostra salvezza eterna. Parlo della scelta tra il comprendere l’errore in cui siamo caduti praticamente tutti, e quasi sempre senza cattive intenzioni, e il voler continuare a volgere altrove lo sguardo o giustificarci con la fatidica frase i tempi cambiano, la società si è evoluta, non possiamo restare indietro.
In questi ultimi decenni i progressisti i modernisti sono riusciti nel loro intento, hanno astutamente nascosto nei testi conciliari quelle espressioni di equivocità che all’epoca parevano innocue ai più ma che oggi si manifestano nella loro valenza eversiva. Il Concilio ha introdotto un nuovo modo di porsi davanti a Dio. Considerando che l’uomo è cambiato, i Padri conciliari ne dedussero che bisognava modificare il rapporto tra l’uomo e Dio, passando dal teocentrismo all’antropocentrismo. Inversione radicale dei fini: la religione non più al servizio di Dio, ma al servizio dell’umanità. «L’uomo è la sola creatura che Dio abbia voluto per se stessa», «Tutto quanto esiste sulla terra deve essere riferito all'uomo, come a suo centro e a suo vertice», osa dichiarare la costituzione Gaudium et spes.
E Paolo VI, nel suo sorprendente discorso di chiusura del Vaticano II, arriverà a dire: «La religione del Dio che si è fatto Uomo s’è incontrata con la religione (perché tale è) dell’uomo che si fa Dio. […] anche noi, noi più di tutti, siamo i cultori dell’uomo».
Se quest’ultimo è il fine e il vertice di tutto, evidentemente bisognerà ripensare tutta la teologia cattolica. La Chiesa conciliare si è definita come un mezzo, un’istituzione (tra molte altre), un segno al servizio dell’uomo. È la famosa teoria della Chiesa sacramento. Giovanni Paolo II potrà così dire che «la Chiesa ha rivelato l’uomo a se stesso» o anche che «l’uomo è il cammino della Chiesa». Se le cose stanno così, si comprende allora come la liturgia abbia per obiettivo la celebrazione dell’umanità, soggetto del rito sacro e del sacerdozio.
Da qui, gli altari rivolti all’assemblea dei fedeli, di cui il prete è l’animatore, la nuova Messa essendo democratica e non gerarchica.
Da qui il rigetto del carattere propiziatorio del santo Sacrificio della Messa. La «Messa di Lutero» (diceva Mons. Lefebvre), che studi attenti hanno dimostrato essere di origine, non solo protestante, ma talmudica, si definisce come la «sinassi sacra dei fedeli», come dice l’articolo 7 dell’Istituzione del Novus Ordo Missae di Paolo VI. La cosiddetta celebrazione dell’Eucarestia non è più il memoriale della Croce, ma quello della cena. È la dottrina della Messa-pasto. Secondo questa nuova teologia, il regno di Dio non è più la Chiesa cattolica, ma l’umanità intera.
La missione della Chiesa conciliare sarà allora quella di preparare l’avvento del regno temporale verso cui convergono tutte le religioni, poiché in effetti il genere umano tende ad una crescente unità, i cui segni sono «la socializzazione di tutte le cose, la condivisione delle ricchezze, la rivendicazione dei diritti dell’uomo». Il ruolo della nuova Chiesa si riduce nell’accelerare questo processo di unificazione. È così che si giustificano il dialogo interreligioso e l’ecumenismo liberale, che sono al servizio di una pace in divenire. Da cui le assemblee sincretiste come Assisi, o i raduni di massa destinate, secondo i disegni dell’ONU, a preparare l’avvento di un mondialismo politico-religioso, cioè un governo mondiale e una religione anch’essa mondiale ecologica confinata nel ruolo di animatrice della democrazia universale.
In questo schema, la regalità sociale di Gesù Cristo appare evidentemente obsoleta. Così la Chiesa conciliare si allea con entusiasmo alla laicità dello Stato e quando occorre impone tale alleanza con la forza, come in Spagna (1967) e in Colombia (1973), le quali, su richiesta espressa di Paolo VI, abbandonarono le loro costituzioni cattoliche.
Questa unità spirituale del genere umano si declina in diversi gradi di comunione, in molteplici cerchi concentrici; le coscienze sono più o meno informate dalla fede, ma nessuno può essere escluso, poiché «il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo» (Gaudium et spes). E allora, per essere salvati, non c’è più bisogno di essere battezzati e di credere. La questione della salvezza e della dannazione ha perso ogni urgenza e perfino ogni senso. E infatti la pastorale conciliare fa a meno del peccato originale e della degradazione della natura umana. La salvezza non è altro che una presa di coscienza personale, dal momento che l’uomo afferma la sua straordinaria dignità.
Questo significa che il Vaticano II è in totale rottura, non solo con la Tradizione cattolica, ma più in generale con la religione cattolica, poiché questo Concilio consiste nell’esaltare la persona umana e nell’assicurare l’unità del genere umano. Quello che si può legittimamente dire è che la gerarchia della Chiesa ha rinunciato ad essere segno di contraddizione, aprendosi totalmente al mondo, cioè all’errore, alla menzogna e all’apostasia, voltando le spalle agli ammonimenti dell’Apostolo Giacomo, che nella sua Lettera grida a voce alta: «Gente infedele! Non sapete che amare il mondo è odiare Dio? Chi dunque vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio». Per ciò stesso, la Chiesa cattolica s’è eclissata, è stata affossata, cedendo il posto alla chiesa conciliare e alla sua «rivoluzione d’ottobre».
Infatti, il Vaticano II è riuscito a mettere in pratica la divisa della rivoluzione: la “libertà” è stata introdotta con la libertà religiosa o la libertà delle religioni, che mette sullo steso piano l’errore e la verità, e promuove la laicità dello Stato negando nel contempo il regno sociale di Gesù Cristo; "l'uguaglianza” è stata insinuata con la collegialità e il velenoso principio dell’egualitarismo democratico (con le conferenze episcopali, il vescovo non è più il maestro della sua diocesi, mentre con i consigli parrocchiali, il parroco non lo è più nella sua parrocchia, ecc.); infine la “fraternità” è stata raggiunta sotto la forma dell’ecumenismo liberale che abbraccia tutti gli errori e le eresie e tende la mano a tutti i nemici della Chiesa cattolica, a cominciare dai Giudei considerati come «fratelli maggiori». La Chiesa conciliare arriva perfino ad insegnare che l’Antica Alleanza sarebbe sempre valida e che non è stata sostituita dalla Nuova Alleanza, cosa che sta a significare, a rigore di logica, che la venuta di Cristo sulla terra, la sua Passione, la sua Morte e la sua Resurrezione in definita sarebbero inutili.
Se quest’ultimo è il fine e il vertice di tutto, evidentemente bisognerà ripensare tutta la teologia cattolica. La Chiesa conciliare si è definita come un mezzo, un’istituzione (tra molte altre), un segno al servizio dell’uomo. È la famosa teoria della Chiesa sacramento. Giovanni Paolo II potrà così dire che «la Chiesa ha rivelato l’uomo a se stesso» o anche che «l’uomo è il cammino della Chiesa». Se le cose stanno così, si comprende allora come la liturgia abbia per obiettivo la celebrazione dell’umanità, soggetto del rito sacro e del sacerdozio.
Da qui, gli altari rivolti all’assemblea dei fedeli, di cui il prete è l’animatore, la nuova Messa essendo democratica e non gerarchica.
Da qui il rigetto del carattere propiziatorio del santo Sacrificio della Messa. La «Messa di Lutero» (diceva Mons. Lefebvre), che studi attenti hanno dimostrato essere di origine, non solo protestante, ma talmudica, si definisce come la «sinassi sacra dei fedeli», come dice l’articolo 7 dell’Istituzione del Novus Ordo Missae di Paolo VI. La cosiddetta celebrazione dell’Eucarestia non è più il memoriale della Croce, ma quello della cena. È la dottrina della Messa-pasto. Secondo questa nuova teologia, il regno di Dio non è più la Chiesa cattolica, ma l’umanità intera.
La missione della Chiesa conciliare sarà allora quella di preparare l’avvento del regno temporale verso cui convergono tutte le religioni, poiché in effetti il genere umano tende ad una crescente unità, i cui segni sono «la socializzazione di tutte le cose, la condivisione delle ricchezze, la rivendicazione dei diritti dell’uomo». Il ruolo della nuova Chiesa si riduce nell’accelerare questo processo di unificazione. È così che si giustificano il dialogo interreligioso e l’ecumenismo liberale, che sono al servizio di una pace in divenire. Da cui le assemblee sincretiste come Assisi, o i raduni di massa destinate, secondo i disegni dell’ONU, a preparare l’avvento di un mondialismo politico-religioso, cioè un governo mondiale e una religione anch’essa mondiale ecologica confinata nel ruolo di animatrice della democrazia universale.
In questo schema, la regalità sociale di Gesù Cristo appare evidentemente obsoleta. Così la Chiesa conciliare si allea con entusiasmo alla laicità dello Stato e quando occorre impone tale alleanza con la forza, come in Spagna (1967) e in Colombia (1973), le quali, su richiesta espressa di Paolo VI, abbandonarono le loro costituzioni cattoliche.
Questa unità spirituale del genere umano si declina in diversi gradi di comunione, in molteplici cerchi concentrici; le coscienze sono più o meno informate dalla fede, ma nessuno può essere escluso, poiché «il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo» (Gaudium et spes). E allora, per essere salvati, non c’è più bisogno di essere battezzati e di credere. La questione della salvezza e della dannazione ha perso ogni urgenza e perfino ogni senso. E infatti la pastorale conciliare fa a meno del peccato originale e della degradazione della natura umana. La salvezza non è altro che una presa di coscienza personale, dal momento che l’uomo afferma la sua straordinaria dignità.
Questo significa che il Vaticano II è in totale rottura, non solo con la Tradizione cattolica, ma più in generale con la religione cattolica, poiché questo Concilio consiste nell’esaltare la persona umana e nell’assicurare l’unità del genere umano. Quello che si può legittimamente dire è che la gerarchia della Chiesa ha rinunciato ad essere segno di contraddizione, aprendosi totalmente al mondo, cioè all’errore, alla menzogna e all’apostasia, voltando le spalle agli ammonimenti dell’Apostolo Giacomo, che nella sua Lettera grida a voce alta: «Gente infedele! Non sapete che amare il mondo è odiare Dio? Chi dunque vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio». Per ciò stesso, la Chiesa cattolica s’è eclissata, è stata affossata, cedendo il posto alla chiesa conciliare e alla sua «rivoluzione d’ottobre».
Infatti, il Vaticano II è riuscito a mettere in pratica la divisa della rivoluzione: la “libertà” è stata introdotta con la libertà religiosa o la libertà delle religioni, che mette sullo steso piano l’errore e la verità, e promuove la laicità dello Stato negando nel contempo il regno sociale di Gesù Cristo; "l'uguaglianza” è stata insinuata con la collegialità e il velenoso principio dell’egualitarismo democratico (con le conferenze episcopali, il vescovo non è più il maestro della sua diocesi, mentre con i consigli parrocchiali, il parroco non lo è più nella sua parrocchia, ecc.); infine la “fraternità” è stata raggiunta sotto la forma dell’ecumenismo liberale che abbraccia tutti gli errori e le eresie e tende la mano a tutti i nemici della Chiesa cattolica, a cominciare dai Giudei considerati come «fratelli maggiori». La Chiesa conciliare arriva perfino ad insegnare che l’Antica Alleanza sarebbe sempre valida e che non è stata sostituita dalla Nuova Alleanza, cosa che sta a significare, a rigore di logica, che la venuta di Cristo sulla terra, la sua Passione, la sua Morte e la sua Resurrezione in definita sarebbero inutili.
Cosa ci si aspetta da Leone XIV? In primo luogo che rimetta ordine nel caos dottrinale che regna sovrano nella Chiesa, dovrebbero diventare i suoi obiettivi primari, avere il coraggio di recidere e amputare l'arto in fase di cancrena e quello di ristabilire l'ordine all'interno della Chiesa, soprattutto dopo un lungo periodo di divisioni dottrinali circondandosi di collaboratori timorati di Dio che amano la Chiesa più del mondo.

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