Blog della Tradizione Cattolica Apostolica Romana

mercoledì 6 gennaio 2016

La Famiglia naturale di Alessandro Fiore



L’estrema importanza e l’attualità del tema non sfuggiranno a nessuno. Oggi la crisi in cui è entrata la famiglia ci obbliga a prestare ancora maggiore attenzione a questa “prima società umana” e sopratutto a capire su cosa si fonda la “naturalità” della famiglia e del matrimonio. 

Crisi della Famiglia È un fatto noto che, specialmente negli ultimi cinquant’anni, gli attacchi sferrati alla famiglia e al matrimonio, in particolare dalla stessa società civile e dalle sue leggi, sono stati caratterizzati da una violenza sconosciuta nei secoli passati.
Gli stati contemporanei non si sono infatti limitati a minare l’unità d e l l a f a m i g l i a e l’indissolubilità del matrimonio con le leggi sul divorzio, non si sono fermati dopo aver distrutto il bene primario della prole con l’aborto e la diffusione dei metodi contraccettivi, ma sono giunti a cambiare la struttura più profonda della famiglia, cioè a snaturarla, e se possibile a cancellare il ricordo di quello che poteva essere una “famiglia naturale”. Ricordiamo a questo proposito l’introduzione della disciplina del “Pacs” nel primo libro del codice civile francese il 15 novembre 1999, definito «un contratto concluso tra due persone fisiche maggiorenni, di sesso differente o dello stesso sesso, per organizzare la loro vita comune» (1). La legislazione francese dava dunque rilevanza giuridica alle unioni contro natura, ma non giungeva ancora ad includerle nel concetto di matrimonio. A questo ci pensò la legislazione olandese che dal 2001 consentì agli omosessuali di ricorrere ad un istituto definito quale matrimonio e previde che la “coppia” potesse adottare minori. La Spagna di Zapatero, purtroppo conosciuta per i “progressi sociali” che ha realizzato, approvò la modifica di 16 articoli del Codice civile spagnolo consentendo così alle persone dello stesso sesso di accedere al matrimonio, così come adottare minori. Non solo: essendo forse ben coscienti che lo stesso linguaggio poteva richiamare concetti in sintonia con la legge naturale e per questo non molto graditi, le parole, così naturali, di “padre” e “madre” furono sostituite, nei nuovi certificati di nascita, con il freddo “progenitore A”, “progenitore B” (2). Davanti a questi ed altri interventi delle pubbliche autorità che demoliscono così la cellula base dello stato, diventa ancor più necessario capire perché la famiglia e il matrimonio, in particolare la concezione cattolica di questi, siano fondati sul diritto naturale. Essi sono cioè imposti all’uomo, prima ancora che dalla Rivelazione soprannaturale, dalla natura stessa, o meglio dall’Autore della natura. Né si tratta di un’imposizione arbitraria, ma di una legge che assicura il bene dell’uomo nella sua dimensione sia personale che sociale: la violazione di questa legge iscritta nella natura dell’uomo non può dunque che portare un colpo mortale tanto ai singoli quanto alla società civile e, di riflesso, anche alla Chiesa. In questa indagine sulla legge naturale ci faremo guidare specialmente da san Tommaso che come nessun altro ha messo in luce la legge naturale e la distinzione tra naturale e soprannaturale nonché le relazioni intercorrenti tra questi due mondi.


 Ricordiamo il principio che in qualche modo riassume tutta la sua dottrina: gratia non tollit sed perficit naturam; la grazia non sopprime ma perfeziona la natura. “Naturale” In primo luogo sembra necessario capire il senso che l’aggettivo “naturale” ha in morale. Non a caso già san Tommaso notava che “natura” può avere vari significati: natura multis modis dicitur. Limitandoci al significato che qui ci interessa, il Dottore Angelico spiega che la natura è «l’essenza della cosa in quanto ordinata all’operazione propria della cosa stessa» (3). Ogni cosa ha cioè un’essenza a cui corrispondono delle operazioni o attività proprie: così “ragionare” è attività propria dell’uomo, “mangiare” attività propria del vivente. D’altra parte l’essenza stessa dell’uomo lo rende non solo capace, ma incline a ragionare, come l’essenza del vivente lo inclina a mangiare. Naturale esprimerà allora ciò a cui la natura è inclinata, cioè il fine proprio del soggetto, e poiché il fine di ogni essere consiste nella sua perfezione, è naturale a un determinato soggetto ciò che serve al suo perfezionamento. Ora Dio è Autore della natura dell’uomo. Ne segue che, siccome Lui vuole il bene delle Sue creature, vuole che raggiungano la loro perfezione o fine. Perciò è Volontà di Dio ciò che risulta necessario o molto conveniente alla perfezione materiale e sopratutto spirituale dell’uomo ed a cui la natura inclina: queste inclinazioni naturali sono messe da Dio nell’uomo per indicargli in cosa consiste il suo bene naturale e per facilitargli il conseguimento dello stesso. La nozione di naturale che serve di base alla legge o diritto naturale è dunque costituita da tutto ciò al quale l’essenza dell’uomo tende in quanto necessario o conveniente al bene dell’uomo, cioè alla sua perfezione spirituale e corporale. Si basa cioè su una finalità iscritta nella natura e in quanto tale voluta da Dio (4). Non sempre una tale concezione della natura ha ispirato i sistemi di “diritto naturale”: è il caso di un certo giusnaturalismo illuministico. Famosa è la concezione di J.J. Rousseau per il quale il diritto naturale non sarebbe altro che il diritto vigente in un supposto (e fantastico) stato di natura pura, primitiva e felice: lo stato del “buon selvaggio”. Naturale ha per questo pensatore un significato genetico o “storico” (anche se niente è meno storico dello stato di natura ipotizzato) e non finalistico. L’uomo naturale è quello della condizione presociale di libertà, indipendenza e uguaglianza, è l’uomo “buono per natura” poi rovinato dalla civiltà. Insomma per Rousseau, “Tarzan” nella giungla è il tipo di uomo che vive secondo la legge naturale. Secondo, invece, la concezione cristiana e realista della legge naturale, l’aggettivo naturale non richiama la “giungla” o l’uomo astratto dalla cultura e dalla civiltà, ma la perfezione della persona in quanto tale, perfezione alla quale la persona è inclinata: in questo senso la civiltà e anche la tecnologia sono secondo natura; l’uomo virtuoso che studia sui libri e magari utilizza un computer è più naturale di Tarzan nella giungla. Natura dunque come tendenza che scaturisce dai principi intrinseci della persona umana e perfezione della stessa persona. Non si possono scindere i due aspetti: una tendenza veramente naturale (e non una deviazione della natura che può avvenire accidentalmente e in casi rari) è necessariamente ordinata alla perfezione dell’essere umano in quanto tale. Nella Somma Teologica, san Tommaso si chiede se il matrimonio sia naturale e risponde: «… può dirsi naturale una cosa cui la natura ha inclinazione, ma che viene compiuta mediante il libero arbitrio: sono naturali in tal senso gli atti di virtù. E in questo senso è naturale il matrimonio: poiché ad esso la ragione naturale inclina per due motivi. Primo, per raggiungere il suo fine principale che è la prole... Secondo, per raggiungere il fine secondario del matrimonio, che è l’aiuto reciproco dei coniugi nella vita di famiglia» (5). Ecco esposta la dottrina tradizionale sui fini del matrimonio: il fine primario, che consiste nella procreazione ed educazione dei figli; i fini secondari, cioè l’aiuto e il perfezionamento reciproco dei coniugi, ai quali si aggiunge il rimedio per la concupiscenza. Si tratta dunque di scoprire in relazione alla famiglia e al matrimonio le inclinazioni che l’uomo ha per natura e che tendono a realizzare il suo vero bene come essere corporale, spirituale e sociale. Tutto quello che apparirà essere tendenza necessaria o molto conveniente verso questo bene sarà dunque di “diritto naturale”. La Rivelazione sul matrimonio La sola ragione può giungere, riflettendo sulla natura dell’uomo, a scoprire la legge naturale che deve regolare i rapporti nella famiglia. La famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna come unione indissolubile è infatti l’unico mezzo per perpetuare la specie umana, salvaguardare il fine dell’atto procreativo e garantire la corretta formazione ed educazione dei figli e la pace sociale. Tuttavia anche la fede ci insegna ciò che appartiene al matrimonio in quanto istituto di diritto naturale. Le parole di Nostro Signore sono chiare al riguardo: «Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: “Per questo lascerà l’uomo suo padre e sua madre e si unirà con sua moglie e i due saranno una sola carne”? Perciò essi non sono più due, ma una sola carne. Non divida dunque l’uomo quello che Dio ha congiunto” (Matt. 19, 4-6). Qui Nostro Signore si riferisce al matrimonio nella sua prima istituzione, dunque come istituto naturale, e ricorda che è unione indissolubile tra uomo e donna (6). Questa dottrina rivelata è stata definita dai concili ecumenici ed è costante nel Magistero. Pio XI la ricorda nella sua Enciclica “Casti Connubii”: «Questa è la dottrina della Sacra Scrittura, questa la costante ed universale tradizione della Chiesa; questa la solenne definizione del Concilio Tridentino che proclama e conferma con le parole stesse della Sacra Scrittura l’origine da Dio Creatore della perpetuità e indissolubilità del vincolo del matrimonio, e la sua stabilità ed unità». L’unione tra uomo e donna Come si diceva, la ragione, basandosi sull’osservazione della natura dell’uomo, arriva alle stesse verità confermate da Dio con la Rivelazione. Anzitutto la famiglia, cioè quella società composta di genitori e figli, implica un’unione tra soggetti di sesso differente, un uomo e una donna. Questo può apparire talmente evidente da risultare banale, eppure il pensiero contemporaneo è riuscito a oscurare anche questa verità. Se guardiamo la struttura dell’uomo con un sano realismo ci rendiamo subito conto della finalità della diversità dei sessi. Non esiste l’essere umano “astratto”, ma l’essere umano esiste come uomo o come donna. Tutta la struttura fisica, biologica e psicologica dell’uomo e della donna manifesta sia la complementarietà dei sessi sia la loro ordinazione alla generazione ed educazione della prole. Ciò è ovvio in relazione agli organi riproduttori e all’atto coniugale: come l’occhio è fatto per vedere e l’orecchio per sentire, così gli organi sessuali sono ordinati alla riproduzione. Questo è il fatto fondamentale di cui gli altri sono conseguenza: come l’uomo e la donna sono fatti per la generazione dei figli, così sono fatti per portare il figlio concepito verso la perfezione fisica, psicologica e spirituale. Infatti tutta la natura dell’essere umano, specialmente quella della donna-madre, è ordinata a garantire lo sviluppo del figlio nel quadro di un’unione tra uomo e donna. La complementarietà del sistema riproduttore ne è la prima testimonianza, ma è solo l’inizio. Nella formazione dell’organismo, rispettivamente maschile o femminile, hanno importanza fondamentale gli ormoni sessuali. In condizioni normali l’organismo si plasma anatomicamente, morfologicamente e fisiologicamente in modo diverso e complementare. Quello femminile in maniera da essere un giorno atto a tutte le funzioni della maternità. Quello maschile in modo da svolgere le funzioni della paternità. Ne segue una complementarietà anche psicologica: «Il corpo femminile è dotato di una sensibilità interna più viva che non il corpo maschile... La donna è più affettiva ed emotiva. Si commuove più facilmente dell’uomo... L’affettività porta la donna ad essere più compassionevole, più tenera dell’uomo. La sensibilità e l’emotività influiscono nelle facoltà intellettive, e l’intelligenza della donna si esplica generalmente in modo diverso da quella dell’uomo. L’intelligenza della donna è più intuitiva, quella dell’uomo più discorsiva... si pensi alle intuizioni che la madre ha nei riguardi dei figli o la sposa nei riguardi del marito. La donna è allocentrica... il suo maggiore interesse è per gli esseri vivi, perché è essenzialmente materna; la sua tendenza fondamentale è l’amore» (7). Tutti questi aspetti psicologici rendono la donna idonea a svolgere le funzioni delicate della maternità. La figura del padre, essendo ovviamente necessaria per la generazione, assume un’importanza fondamentale durante l’infanzia e l’adolescenza del bambino, in particolare sotto il profilo psicologico. Nei primissimi anni di vita del bambino, però, è incontestabile il ruolo prevalente svolto dalla madre. La scienza contemporanea Le scoperte della scienza ci rivelano sempre più l’importanza del rapporto madre-figlio specie nei primi anni di vita del bambino ed illustrano in maniera ancor più chiara che la madre è fatta per il figlio e viceversa: una relazione meravigliosa si instaura dai primi momenti di esistenza del figlio nel grembo di sua madre. Durante la gravidanza il corpo della madre si modifica per fare spazio al bambino, accoglierlo, nutrirlo e proteggerlo. Muta l’assetto ormonale, la circolazione sanguigna e la respirazione; gli equilibri dell’intero organismo si riorganizzano e i ritmi rallentano. Per nove mesi la madre dà a suo figlio tutte le sostanze di cui ha bisogno, esercitando già “biologicamente” quella beneficenza che eserciterà in diversissimi modi dopo la nascita del figlio. Ma nel seno della madre questa beneficenza è reciproca: vari studi hanno messo in luce che, in caso di emergenza, cioè di malattia della madre o di lesione dei suoi tessuti, le cellule staminali del feto attraversano la placenta e si mettono a disposizione dell’organismo materno, potendo ristrutturare e rigenerare i tessuti danneggiati della madre. Per esempio, se la madre ha un infarto, parte delle cellule staminali del feto diventano cellule miocardiche e si trasferiscono nel corpo della madre. Così, proteggendo la salute della mamma, il feto accresce anche le probabilità di completare il proprio sviluppo. Le sue cellule staminali rimangono poi nel midollo osseo materno per tutto il resto della vita della madre (8). Al momento del parto si sprigionano una serie di ormoni che fanno sì che la donna sia in grado di sopportare il dolore, di gestire le varie fasi del travaglio e di prepararsi emotivamente all’imminente nascita del bambino. Appena il bambino viene alla luce è importante che sia messo il prima possibile in contatto con la madre: il calore trasmesso dal corpo della mamma può permettere la sopravvivenza del figlio prematuro, che non possiede ancora sufficienti organi di adattamento alla temperatura ambiente, molto meglio di quanto lo faccia una incubatrice, costituendo così il miglior modo per proteggere il bambino dall’ipotermia (9). La voce, il cullare e lo stesso battito cardiaco della madre sono importanti fattori di stimolazione della respirazione del bambino, soggetto a ricorrenti apnee (10). Essenziale è poi il contributo del latte materno, non solo per l’alimentazione del bambino ma anche per la sua azione immunologica che lo protegge da infezioni e dalle malattie più diverse. Il latte materno contiene tutte le sostanze che assicurano la crescita ideale di un bambino per i primi sei mesi di vita. Il primo latte che fuoriesce dal seno è una piccola quantità di liquido denso e giallastro, chiamato colostro, ricco di grassi e di anticorpi utili al neonato. Inoltre, la presenza nel latte materno di calcio, lipidi, zuccheri ecc. sembra adattarsi gradualmente alle necessità del bambino. Insomma il latte materno è fatto proprio per il bambino. Quando il bambino succhia il capezzolo della madre innesca un meccanismo, sia in se stesso sia nella madre, che provoca lo sviluppo di piccoli villi intestinali permettendo a tutti e due di assorbire il 50% in più di nutrimento (12). Ancora più sorprendenti sono i risultati di diverse ricerche sulla funzione delle carezze della madre: esse hanno influenza sul corretto sviluppo cognitivo del bambino, sulla sua intelligenza e sulla capacità di far fronte allo stress per tutto il resto della sua vita. Infatti durante le prime fasi di crescita, nel processo di s v i l u p p o n e u r a l e dei bambini interviene un ormone chiamato “ormone di rilascio della corticotropina”. Questo, se presente in quantità troppo elevate, tende a distruggere le spine dendritiche dei neuroni, ovvero quei rami dei neuroni che hanno la funzione di inviare e ricevere segnali e che giocano un ruolo importante nel processo di consolidamento della memoria. Gli stimoli tattili forniti dalla madre favoriscono una diminuzione dei livelli di espressione di questo ormone e di conseguenza i neuroni sviluppano più terminazioni nervose e aumenta l’abilità del bambino di apprendere e memorizzare, nonché la sua capacità di far fronte allo stress (13). Ma non solo: le carezze della madre aiutano a sviluppare la vista del bambino e, infine, modulano i livelli dell’ormone Igf-1: questo ormone ha un ruolo importante nella crescita corporea del bambino per cui, con le carezze, la madre aiuta il bambino a crescere fisicamente (14). La psicologia Sotto il profilo più strettamente psicologico le relazioni tra madre e bambino sono altrettanto strette e profonde, tanto che alcuni psicologi parlano di “diade madre-bambino”. Si è notato che il bambino riesce a percepire gli atteggiamenti e i desideri consci ed inconsci della madre: questo si avvicina a certe forme di “linguaggio” utilizzate inconsciamente da altri mammiferi, comunicazione che avviene per mezzo di determinati atteggiamenti posturali e vocalizzazioni. Si parla di percezione “cinestetica” per designare quella comprensione istintiva che, come altri mammiferi, il bambino ha degli stati d’animo della madre attraverso segnali dovuti a variazioni di equilibrio, di tensione muscolare, di postura, temperatura, vibrazioni, ritmo e suoni. L’adulto tende a sostituire questo tipo di “linguaggio” con quello conscio e convenzionale. Ebbene sembra che la madre, capace di comprendere il suo bambino e di interpretare i suoi desideri in base a minimi dettagli, ritrovi almeno in parte e naturalmente la capacità di percezione cinestetica. Questo scambio comunicativo modellerà la personalità psicologica del bambino. L’importanza di questa comunicazione incessante con la madre, fatta di cure e segni d’affetto, si evince per contrasto dalle conseguenze fortemente negative prodotte da una “carenza affettiva” parziale o totale. Per quanto riguarda quella parziale (è il caso dei lattanti che dopo aver avuto rapporti soddisfacenti con la madre, ne sono poi privati per un lungo periodo), durante il terzo mese di carenza affettiva il bambino rifiuta il contatto con gli altri, è affetto da insonnia, frequente perdita di peso e rigidità nelle espressioni del viso. Se in un periodo tra il terzo e il quinto mese la madre ritorna o si trova una curatrice soddisfacente, allora nel bambino scompaiono questi sintomi. Molto più disastrose sono le conseguenze di carenza affettiva totale (è il caso di lattanti allevati nei primi tre mesi dalla madre e poi svezzati e privati in modo quasi totale di attenzioni affettive): si presentano in questo caso prima i sintomi di carenza parziale, anche se poi il ritardo nello sviluppo cognitivo diventa più evidente. I bambini giacciono sul loro letto con espressione vuota, le attività motrici si presentano in alcuni di questi come spasmi e in alcuni casi giungono fino all’età di quattro anni senza poter camminare né parlare. La mancanza di cure affettive arresta lo sviluppo di ogni parte della personalità e rende il bambino aggressivo contro se stesso. In molti casi questa carenza affettiva totale porta alla morte (15). Non si pensi che tanta insistenza sul ruolo della madre metta in ombra il ruolo del padre. Anzi è proprio valorizzando il ruolo specifico della madre che viene valorizzato anche quello del padre. Da una parte, dato che le cure materne, per essere davvero convenienti, assorbono il tempo e l’attenzione della donna, diventa ancor più necessario che il padre provveda al mantenimento sia del figlio che della moglie; d’altra parte, e soprattutto, la natura impone che il padre intervenga nella generazione e poi nella formazione ed educazione del figlio, per portarlo alla perfezione fisica e spirituale. La figura paterna è capitale per lo sviluppo della personalità psicologica e per l’equilibrio affettivo del figlio, soprattutto durante l’infanzia e l’adolescenza: l’uomo ha il profilo psicologico ideale e l’autorità per imporre la disciplina necessaria (la mancanza della figura paterna è alla radice dell’aumento della delinquenza infantile, come mostrano anche i dati statistici (16)) e un rapporto positivo con il padre è importantissimo per il normale sviluppo affettivo del bambino, in particolare per quanto riguarda le relazioni con l’altro sesso (17). A lungo termine un rapporto affettivo equilibrato con entrambi i genitori porta molti benefici psicologici: aiuta il bambino ad osservare il mondo e a prendere iniziative, incoraggia lo sviluppo del pensiero logico, facilita la socializzazione e lo sviluppo del linguaggio, aiuta a reagire agli stress, a fronteggiare frustrazioni, dolori e paure, consente un giusto equilibrio tra dipendenza e indipendenza e favorisce lo sviluppo di relazioni affettive sane negli anni a venire (18). Due funzioni necessarie e complementari dunque, quella della madre e quella del padre, a livello biologico, psicologico e morale. Perciò, come ricorda in maniera efficace Pio XI, la legge naturale «vieta che nel corpo di questa famiglia sia separato il cuore dal capo, con danno sommo del corpo intiero e con pericolo prossimo di rovina. Se l’uomo infatti è il capo, la donna è il cuore; e come l’uno tiene il primato del governo, così l’altra può e deve attribuirsi come suo proprio il primato dell’amore». Questi fatti devono sicuramente far riflettere tutti i genitori e specialmente le madri: il loro bambino ha bisogno di stare il più tempo possibile con loro, specie nei delicati anni della prima infanzia. Una mancanza di quest’affetto e delle cure materne ha delle conseguenze negative per tutta la vita del figlio. È meraviglioso constatare come dei gesti di affetto che potrebbero sembrare scontati e banali, come l’abbraccio e le carezze di una madre, abbiano un senso che si iscrive in quell’armonioso progetto di Dio che inclina naturalmente la persona al bene della sua famiglia. Tutto questo ordine e finalità nella struttura biologica e psicologica della sessualità umana indica allora che la famiglia naturale è voluta (evidentemente dall’Autore della natura) in quanto fondata sull’unione tra uomo e donna, e ordinata alla procreazione, alla cura e alla formazione dei figli. Ecco tutta la profondità racchiusa nel passo biblico: «Maschio e femmina li creò» e nel successivo comandamento: «Crescete e moltiplicatevi». È evidente allora quanto sia contro natura la pretesa di fondare una “famiglia” su un’unione tra persone dello stesso sesso. Impossibile che tra queste avvenga una generazione naturale. Impossibile che i bambini cresciuti in queste “unioni” beneficino dei mezzi fondamentali che la natura procura ai genitori naturali per la formazione corporale e psicologica del bambino: queste “famiglie omosessuali”, come risulta dalle verità sopra esposte, non solo causano un danno morale e psicologico al bambino eventualmente adottato, ma possono causare anche un danno fisico e biologico. Sempre più numerosi sono gli studi scientifici che mostrano come i bambini (ormai adolescenti o adulti) cresciuti da coppie omosessuali siano svantaggiati da tutti i punti di vista rispetto a quelli cresciuti in famiglie normali, e abbiano una probabilità molto maggiore di soffrire di deficienze morali, psichiche e fisiche: da questi studi si apprende, ad esempio, che tra i giovani cresciuti da coppie “gay”, dal 12% al 24% ha pensato al suicidio (rispetto all’8% di quelli cresciuti da coppie normali), dal 20% al 28% sono disoccupati (più del doppio rispetto ai giovani cresciuti in coppie normali), addirittura il 40% contrae malattie sessualmente trasmissibili, e in generale, i giovani cresciuti da omosessuali sono più propensi al tradimento (il 40% contro il 13%), meno sani, più poveri, più inclini all’uso di droga e alla criminalità, ecc (19) (e tutto ciò non dovrebbe sorprendere, visto che percentuali simili e anche maggiori valgono per le persone omosessuali in genere (20)). Infine, nella “coppia omosessuale”, è impossibile che sia fatta salva la ragion d’essere, la finalità, insomma la moralità del rapporto sessuale, e, in conseguenza, queste unioni sono fondate su un legame vizioso. La dottrina cattolica, fondata sulla Rivelazione esplicita, è chiara nel qualificare l’atto sessuale contro natura (intrinsecamente e astrazione fatta delle conseguenze) quale grave peccato mortale. Quest’atto infatti si oppone all’intenzione o fine primario dell’atto in quanto voluto dalla natura e da Dio. «Il bene di ciascuno consiste nel conseguimento del fine proprio: il male nel deviare dal fine dovuto»: ecco l’importante principio ricordato da san Tommaso, che si applica dappertutto in campo morale. Ora il fine evidente dell’atto sessuale è, come abbiamo detto, la generazione di un altro essere umano: questo è il bene cui tende l’atto. Connesso all’atto è anche il piacere che è pure esso un bene, ordinato a facilitare e ad inclinare alla generazione, favorendo anche l’amore coniugale. Altrettanto evidente è il fatto che tra i due beni, il primo è di gran lunga superiore: la generazione di una persona è un bene incomparabilmente più prezioso rispetto a un piacere transitorio. Questo deve essere necessariamente subordinato alla generazione della persona umana. Colui che - contro l’ordinazione manifesta della natura imposta dall’Autore della natura, che vuole che l’atto sessuale sia aperto alla vita - impedisce deliberatamente il fine principale dell’atto, sia mediante metodi contraccettivi, sia in un rapporto omosessuale, compie un atto gravemente egoistico poiché subordina (al punto di escluderlo positivamente) il bene di una nuova vita al proprio piacere sensuale. Il peccato contro natura è a suo modo un peccato contro la vita: senz’altro non si tratta della distruzione di una vita esistente attualmente, ed in ciò si differenzia ad esempio dall’aborto (perciò il danno materiale è molto più grave nel caso dell’aborto), ma intenzionalmente si priva dell’esistenza una vita futura a cui l’atto è immediatamente ordinato: la nuova vita non è più un’astratta possibilità ma il fine dovuto e naturale dell’atto posto. Perciò san Tommaso non esitò a dire che «dopo il peccato di omicidio, mediante il quale una natura umana esistente in atto viene distrutta, tiene il secondo posto questo tipo di peccato, mediante il quale si impedisce la generazione della natura umana» (21). Questo peccato è sì distinto dall’aborto, ma in verità si inserisce nella sua stessa logica: se il fine del piacere è più meritevole di essere perseguito nell’atto sessuale rispetto al fine che è la generazione di un figlio, il valore riconosciuto al piacere transitorio supera in qualche modo il valore dato alla vita di un’altra persona. Allora perché non sarebbe più importante e quindi perché non dovrebbe prevalere il piacere, o la tranquillità della coppia, o il benessere fisico e psichico della donna sulla vita del figlio? Una stessa logica unisce contraccezione, atti omosessuali e aborto. Non stupisce allora, dopo quanto detto, che la Chiesa giudichi così severamente il peccato contro natura. Come ricorda papa Pio XI: «Non vi può esser ragione alcuna, sia pur gravissima, che valga a rendere conforme a natura ed onesto ciò che è intrinsecamente contro natura. E poiché l’atto del coniugio è, di sua propria natura, diretto alla generazione della prole, coloro che nell’usarne lo rendono studiosamente incapace di questo effetto, operano contro natura, e compiono un’azione turpe e intrinsecamente disonesta. Quindi non meraviglia se la Maestà divina, come attestano le stesse Sacre Scritture, abbia in sommo odio tale delitto nefando, e l’abbia talvolta castigato con la pena di morte...» (22).Conclusione Abbiamo osservato la natura, in particolare la natura umana, per scoprire le sue leggi, per leggervi la Volontà del Creatore che ordina tutto al bene delle Sue creature. Questa indagine ci ha portato a due verità fondamentali: la prima, che il bene dell’essere umano, che la generazione, lo sviluppo e la perfezione morale della persona non sono garantiti né generalmente possibili al di fuori di una famiglia naturale composta di padre, madre e figli; è questa realtà naturale che è stata elevata da Dio all’ordine della grazia, ed è questa realtà che la grazia presuppone: gratia non tollit sed perficit naturam. In secondo luogo, che tutti i dati biologici e psicologici che conseguono alla struttura organizzata dell’uomo indicano in maniera lampante l’azione e il progetto, e dunque la Volontà di un’Intelligenza ordinatrice: si intravede la premura di Dio per i Suoi figli, Lui che nei minimi dettagli ha fatto la natura in modo che concorra alla loro perfezione materiale e spirituale. Se l’uomo fosse frutto del caso, se tutta la natura fosse il risultato di un incontro cieco tra molecole, una combinazione fortuita, secondo quanto sostiene in fondo l’ideologia evoluzionistica ancora imperante, effettivamente, perché non provare altre combinazioni? Perché non combinare, invece di padre con madre, padre con padre o progenitore A con progenitore B? Perché non ipotizzare la fecondazione artificiale, la clonazione umana ed altri orrori? Ma se invece siamo, come la natura indica, la ragione dimostra e la fede conferma, il frutto di una Volontà che è Amore, che ha disposto i mezzi naturali necessari alla nostra perfezione umana, al nostro bene come persone, allora sconvolgere questo progetto è privare le persone del loro bene fondamentale, è tradire la volontà di Chi ci ha creati. La persona, specialmente nel momento più delicato dell’infanzia, ha diritto a questConclusione Abbiamo osservato la natura, in particolare la natura umana, per scoprire le sue leggi, per leggervi la Volontà del Creatore che ordina tutto al bene delle Sue creature. Questa indagine ci ha portato a due verità fondamentali: la prima, che il bene dell’essere umano, che la generazione, lo sviluppo e la perfezione morale della persona non sono garantiti né generalmente possibili al di fuori di una famiglia naturale composta di padre, madre e figli; è questa realtà naturale che è stata elevata da Dio all’ordine della grazia, ed è questa realtà che la grazia presuppone: gratia non tollit sed perficit naturam. In secondo luogo, che tutti i dati biologici e psicologici che conseguono alla struttura organizzata dell’uomo indicano in maniera lampante l’azione e il progetto, e dunque la Volontà di un’Intelligenza ordinatrice: si intravede la premura di Dio per i Suoi figli, Lui che nei minimi dettagli ha fatto la natura in modo che concorra alla loro perfezione materiale e spirituale. Se l’uomo fosse frutto del caso, se tutta la natura fosse il risultato di un incontro cieco tra molecole, una combinazione fortuita, secondo quanto sostiene in fondo l’ideologia evoluzionistica ancora imperante, effettivamente, perché non provare altre combinazioni? Perché non combinare, invece di padre con madre, padre con padre o progenitore A con progenitore B? Perché non ipotizzare la fecondazione artificiale, la clonazione umana ed altri orrori? Ma se invece siamo, come la natura indica, la ragione dimostra e la fede conferma, il frutto di una Volontà che è Amore, che ha disposto i mezzi naturali necessari alla nostra perfezione umana, al nostro bene come persone, allora sconvolgere questo progetto è privare le persone del loro bene fondamentale, è tradire la volontà di Chi ci ha creati. La persona, specialmente nel momento più delicato dell’infanzia, ha diritto a questo bene, ha il diritto di nascere, formarsi e crescere tra le braccia di una madre e un padre, in una famiglia naturale. .

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